Cordoglio alla famiglia, senza dimenticare che è morto per la nostra sicurezza in patria.
Riposi in pace.
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Cordoglio alla famiglia, senza dimenticare che è morto per la nostra sicurezza in patria.
Riposi in pace.
ancora una croce su cui fermarsi a meditare, ormai, e purtroppo, sono notizie che passano in seconda pagina dei telegiornali.
Qunado invece meriterebbero più spazio.
una preghiera per Miotto, caduto sotto il fuoco nemico
by GDF
Mi unisco al cordoglio: riposi in pace.
Brutto modo per chiudere l'anno. [11
Un pensiero alla famiglia.
Riposi in pace e possa la sua Famiglia, distrutta dal dolore dell'immensa perdita, avere il rispetto che merita.
Cieli blu...
Ciao Francesco
Riporto la lettera che scrisse il Caporal maggiore Matteo Miotto dopo la morte dei 4 Alpini ad ottobre, vale la pena di "perdere" un minuto per leggerla, fidatevi.
"Voglio ringraziare a nome mio, ma soprattutto a nome di tutti noi militari in missione, chi ci vuole ascoltare e non ci degna del suo pensiero solo in tristi occasioni come quando il tricolore avvolge quattro alpini morti facendo il loro dovere.
Corrono giorni in cui identità* e valori sembrano superati, soffocati da una realtà* che ci nega il tempo per pensare a cosa siamo, da dove veniamo, a cosa apparteniamo...
Questi popoli di terre sventurate, dove spadroneggia la corruzione, dove a comandare non sono solo i governanti ma anche ancora i capi clan, questi popoli hanno saputo conservare le loro radici dopo che i migliori eserciti, le più grosse armate hanno marciato sulle loro case: invano. L'essenza del popolo afghano è viva, le loro tradizioni si ripetono immutate, possiamo ritenerle sbagliate, arcaiche, ma da migliaia di anni sono rimaste immutate. Gente che nasce, vive e muore per amore delle proprie radici, della propria terra e di essa si nutre. Allora riesci a capire che questo strano popolo dalle usanze a volte anche stravaganti ha qualcosa da insegnare anche a noi.
Come ogni giorno partiamo per una pattuglia. Avvicinandoci ai nostri mezzi Lince, prima di uscire, sguardi bassi, qualche gesto di rito scaramantico, segni della croce... Nel mezzo blindo, all'interno, non una parola. Solo la radio che ci aggiorna su possibili insurgents avvistati, su possibili zone per imboscate, nient'altro nell'aria... Consapevoli che il suolo afghano è cosparso di ordigni artigianali pronti ad esplodere al passaggio delle sei tonnellate del nostro Lince.
Siamo il primo mezzo della colonna, ogni metro potrebbe essere l'ultimo, ma non ci pensi. La testa è troppo impegnata a scorgere nel terreno qualcosa di anomalo, finalmente siamo alle porte del villaggio...
Veniamo accolti dai bambini che da dieci diventano venti, trenta, siamo circondati, si portano una mano alla bocca ormai sappiamo cosa vogliono: hanno fame...
Li guardi: sono scalzi, con addosso qualche straccio che a occhio ha già* vestito più di qualche fratello o sorella... Dei loro padri e delle loro madri neanche l'ombra, il villaggio, il nostro villaggio, è un via vai di bambini che hanno tutta l'aria di non essere li per giocare...
Non sono li a caso, hanno quattro, cinque anni, i più grandi massimo dieci e con loro un mucchio di sterpaglie. Poi guardi bene, sotto le sterpaglie c'è un asinello, stracarico, porta con sé il raccolto, stanno lavorando... e i fratelli maggiori , si intenda non più che quattordicenni, con un gregge che lascia sbigottiti anche i nostri alpini sardi, gente che di capre e pecore ne sa qualcosa...
Dietro le finestre delle capanne di fango e fieno un adulto ci guarda, dalla barba gli daresti sessanta settanta anni poi scopri che ne ha massimo trenta... Delle donne neanche l'ombra, quelle poche che tardano a rientrare al nostro arrivo al villaggio indossano il burqa integrale: ci saranno quaranta gradi all'ombra...
Quel poco che abbiamo con noi lo lasciamo qui. Ognuno prima di uscire per una pattuglia sa che deve riempire bene le proprie tasche e il mezzo con acqua e viveri: non serviranno certo a noi... Che dicano poi che noi alpini siamo cambiati...
Mi ricordo quando mio nonno mi parlava della guerra: "brutta cosa bocia, beato ti che non te la vedarè mai..." Ed eccomi qua, valle del Gulistan, Afghanistan centrale, in testa quello strano copricapo con la penna che per noi alpini è sacro. Se potessi ascoltarmi, ti direi "visto ,nonno, che te te si sbaià*..."
Caporal Maggiore Matteo Miotto
Thiene (Vicenza) - Valle del Gulistan, novembre 2010"
Il mio glorioso Settimo Reggimento piange ed onora,ed io con lui,un altro Fratello Alpino caduto...
Parole magnifiche che, realmente, danno il senso della responsabilita' ma, soprattutto, del sincero impegno di chi, in Guerra, viene ricordato, purtroppo, solo in occasione di disgrazie.
Lascia esterrefatti l'amore per la Patria e per la propria Missione in persone cosi' giovani.
Onore a Matteo di Zane' (VI), che sento vicino non solo perche' a due passi da casa mia,
Grazie a tutti i militi impegnati in missioni di pace o di Peace keeping.
Se poi non fosse morto sembrerebbe propaganda e retorica. Leggerla, sapendo cosa è successo, la rende ancora più toccante.Citazione:
Originariamente Scritto da Alpino X
Ciao
ieri seguendo i funerali di Stato a Roma non sono riuscito a trattenere le lacrime.
Credo che tante parole siano inutili.
Riposi in pace