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da 35 a 44......
CAPO II
Svolgimento storico della fortificazione fino alla fine del 1° periodo dell`epoca contemporanea.
EPOCA I
Fortificazione primitiva od antistorica
35. Origine delle fortificazioni e delle prime armi. L'uomo primitivo che per difendere la propria donna o la propria preda dall'attacco di altro uomo, e per aver dominio sopra di esso, sale sopra ad un rialzo di terreno o ad una roccia, oppure per essere protetto contro le offese si riparò dietro ad una pianta o ad una piega del suolo, oppure per ostacolare l`attacco interpose fra se e l`avversario un corso d'acqua, od un viluppo di piante spinose, od altro, applicò istintivamente del principi di fortificazione naturale.
Riconoscendo poi i vantaggi ricavati nelle offese, o nella difesa, da quelle posizioni elevate o da quelle masse coprenti, o da quegli ostacoli, ed imitando tali accidentalità topografiche quando non esistevano, o modificandole quando la natura non le presentava, favorevoli, gli uomini primitivi hanno potuto costituire delle prime fortificazioni artificiali, che appunto vengono classificate come antistoriche, o primitive.
36. Anche le prime armi furono somministrate all'uomo dalla natura, dal caso, dall'istinto. Le mani, i piedi, i denti furono le prime armi naturali; un pezzo di legno, un pezzo di pietra greggia le prime armi artificiali.
I passaggi da queste alle armi più perfezionate si rilevano logici e regolarissimi dello studio degli avanzi dell'età delta pietra greggia, della pietra levigata, del bronzo, ed infine del ferro.
Una pietra legata con un tendine, o con una liana, all'estremità di un bastone, per rendere più potente la sua azione, generò la mazza d'armi, e quando fu modificata la pietra da contundente in tagliente, per accrescere l`effetto, si ebbe l`ascia. Così una pietra appuntita, adattata in prolungamento di un manico di legno o di un corno di quadrupede, costituì il pugnale; e la pietra delta stessa forma legata alla estremità di una lunga asta, permise di offendere di punta, ed originò la lancia.
E contemporaneamente, o poco dopo, sorse l`idea di lanciare le armi all'avversario per colpirlo da lungi; e si lanciarono dapprima sassi a mano, poi colla fionda; e si lanciarono a mano le lance che presero il nome di giavellotti, o si lanciarono con degli archi e si chiamarono frecce.
Le prime armi difensive ebbero la stessa origine; una corteccia di pianta formò il primo scudo; una pelle di animale la prima corazza; un teschio vuoto all'interno costituì il primo elmo. Anzi per spaventare gli avversari i teschi si lasciarono colla pelle e col pelo, con le orecchie, coi denti; ed i primi elmi metallici ebbero poi tutte le parti corrispondenti agli elmi naturali, per il principio d'imitazione che si riscontra in tutti i primi lavori eseguiti dagli uomini.
37. Caratteri delle fortificazioni. I mezzi impiegati per fortificare dettero all'arte in sul suo nascere i caratteri che ha attualmente la fortificazione campale, e le opere consistevano in trinceramenti costituiti da una massa coprente di terra e qualche volta da un fosso (per ricavare il materiale per il rilevato), oppure da palancate di fusti e tronchi d'albero, da palizzate, da abbattute e simili. Ma al fine di rendere più difficile l`assalto, presso alcuni popoli si cercò di rendere più ripide le scarpate dei rialzi terrosi sostenendoli con rivestimenti, o comprendendoli fra pareti di palafitte, oppure anche col formarli di strati di fusti o di travi disposti a reticolato in diversi ordini con terra battuta e con rottami di rocce, costituendo così opere di materiali misti; come racconta Giulio Cesare di aver trovato nelle Gallie, e come è rappresentato in modo evidente nella colonna Traiana di Roma.
Il tracciato era il più semplice, cioè a fronti rettilinei, od a fronti curvi, senza fiancheggiamento; e mancavano particolari di qualunque genere, eccettuato, presso alcuni popoli, una piattaforma di combattimento ricavata sulla massa coprente, e munita qualche volta di parapetto.
Il modo di attacco era l'assalto a viva fora, abbattendo gli ostacoli, oppure scalandoli; quindi la lotta a corpo a corpo accanita, cruenta, fino alla soppressione di uno degli avversari, giacché non era nelle condizioni civili e morali dei popoli l`attacco per accerchiamento e la resa per inedia o per fame.
Fortificazioni di legname e di terra trovarono Alessandro il Grande nelle Indie, i romani nelle guerre contro i galli e contro Mitridate, Cortez nel Messico, Cool, nella Nuova Zelanda; e si trovano ancora attualmente presso le tribù nell'interno dell'Africa come hanno riportato Stanley, Cecchi, Matteucci ed altri esploratori.
Le storie ci ricordano con sufficiente chiarezza di descrizione l'oppido gallico, il campo romano, il ring avaro.
L'oppido gallico fu generalmente un elevato pianoro, cinto da terrapieno di terra, legno e pietrame, sormontato da una palancata; qualche volta, segnatamente all'epoca delle guerre coi romani, ebbe piccole torri di legno e terra.
Il campo romano fu dapprima un recinto chiuso da robusto vallo (parapetto) di terra, preceduto da fosso e fiancheggiato da torri di legno e di pietre a secco. Fattosi permanente il campo, trasformatosi man mano in colonia militare, ebbe robuste mura merlate, preceduto da fosso e da cammino coperto, e fiancheggiato da torri di muratura; il che ci trasporta ad altra epoca della storia. Del ring avaro si dirà qui avanti.
38. Esempio di fortificazione primitiva. Quando gli avari invasero l`Europa orientate nel VI e VII secolo, diffusero fra i popoli del basso Danubio i loro costumi ed i loro modi di costruire, fra gli altri quello di fortificare i loro villaggi, detti rings. In base a narrazioni dei cronisti dei re Carolingi, che combatterono gli avari predetti, il GARNIER ha potuto nella sua opera "Storia dell'abitazione umana" ricostruire un ring con la sua cinta fortificata, e dare una sezione della cinta, che qui è riprodotta (Fig. 2, Tav. II).
Il tracciato era ad elisse, costituito da parecchi terrapieni concentrici, e delle tende e capanne distribuite negli spazi fra l`uno e l`altro. Nello spazio più esterno stavano i combattenti minuti e loro famiglie, più all'interno i capi, i maggiorenti, i preti e nel contro era la tenda o la capanna del sovrano.
Il profilo (figura citata) era costituito da un rilevato di terra a sezione trapezia, rinforzato nel mezzo da una palancata, e rivestito dalle parti esterne con grosse zolle ed anche con pietre grossolanamente squadrate. Delle piantagioni tenevano meglio collegate le varie parti.
I passaggi attraverso ai rampari erano fatti in galleria per mezzo di. travi verticali e di altri orizzontali, come mostra il profilo citato, che si immagina appunto essere condotto per una delle aperture di entrata ed uscita della cinta.
Non si ha memoria che esistesse fosso.
EPOCA II.
Fortificazione antica.
39. Generalità . - Condizione dei popoli ed armi. - Per resistere meglio agli attacchi, per premunirsi dagli incendi, per utilizzare materiali più alla mano, per fare opere più durevoli, si sostituì dai primi uomini al legname la muratura. Anzi presso alcuni popoli forse non si attraversò l`epoca delle opere di terra e di legno, e si usarono fin dai primi tempi grosse pietre rozze, così come venivano incontrate in natura, raddrizzate in luoghi opportuni a guisa di grande palizzate (come erano gli allineamenti dei galli), oppure accumulate a guisa di rozze muraglie, come si è trovato nel Messico e nel Perù.
Di più, di mano in mano che i popoli progredirono in civiltà progredirono evidentemente le arti e le industrie, e con esse la costituzione e la fabbricazione delle armi; e si escogitarono nuovi artifizi per attaccare, ed altri per difendere le fortificazioni.
40. Primo passo fu la sostituzione dei metalli alla pietra e la possibilità di avere così delle armi più potenti e più robuste.
Le armi principali in uso fra gli Indi, gli Assiri, i Caldei, i Fenici, gli Egizi, gli Etruschi, i Galli, i Greci, i Romani (che furono i popoli che si contesero nell'antichità il primato del vivere civile e cercarono, ed ebbero, volta per volta il dominio del mondo allora conosciuto) erano, per l'offesa: spumoni, accette, lunghi spiedi, stocchi lunghi e grosse, larghe coltella (specie di daghe), falci, scuri, picche, e (più tardi) lance, spade e sciabole; e per la difesa : elmi, corazze prima di cuoio e di stoffe preparate impenetrabili alle armi, poi di metallo a maglie, scudi di legno coperti di pelle e scudi di metallo, gambiere.
Come preparazione alla lotta corpo a corpo si apriva la lotta da lungi con armi da gitto, e queste ebbero grande diffusione specialmente fra i popoli orientali. Di più, furono addestrati per la guerra cavalli, elefanti che portavano torrette con armati, cammelli, tori, e perfino struzzi montati da sagittari o da frombolieri; e si faceva uso di carri da guerra tirati da uno, due o quattro cavalli, montati da guerrieri, di carri falciati, di carri di fuoco, e simili.
41. In quanto ai mezzi di attaccare le fortificazioni, nei primi secoli dell'epoca antica, continuo ad essere impiegata la scalata: ma se le opere erano di legname si cercava di distruggere un tratto di massa coprente col fuoco, al fine di aprire una breccia che permettesse di dare più facilmente l`assalto. In seguito si impiegarono ancora macchine da guerra, delle quali il primo cenno che da la storia si riferisce alla guerra dei giudei condotti da Uzzia, figlio di Amasia, contro gli ammoniti e filistei (anno 806 av. E. V.); esse raggiunsero la massima perfezione sotto Filippo il Macedone ed Alessandro Magno, e poco di poi al tempo dell'assedio di Rodi, per opera di Demetrio, figlio di Antigono, negli anni 305, 306 av. E. V., tanto che egli si meritò il nome di Poliorcete, o prenditore delle città
I romani appresero l'uso delle macchine dai Greci, e cominciarono ad impiegarle nelle guerre puniche e, nelle loro spedizioni in Grecia.
Delle macchine da guerra antiche, alcune erano da gitto come le catapulte, la balista, il mangano, l'onagro, il trabucco (macchine nevro-balistiche) per lanciare grosse saette, o travi, o pietre, o materie incendiarie; altre da cozzo per rovinare la massa coprente, come il bolcione e l`ariete; altre, infine, di assalto per sollevare l`attaccante al disopra di detta massa coprente e facilitargli la scalata, come le scale, le sambuche, i tollenoni e le torri mobili od elepoli, oppure per fargli semplicemente acquistare dominio sui difensori, come i terrazzi, le torri fisse, o per proteggerlo contro i tiri della difesa, come le vigne, le testuggini, i mantelletti. Qualche volta l`attaccante si avvicinava alla massa coprente per scalzarne il piede e farla rovinare, il che si diceva fare la mina.
La difesa impiegava armi da gitto e da mano, pietre, acqua ed olio bollente e fuoco, ed ancora macchine da gitto e torsi di legname fisse per conseguire risultati analoghi a quelle dell'attacco. La gittata massima dell'arco, che era l`arma principale da mano, variava da 200#61624;250 passi; quella massima delle macchine nevro-balistiche da 600#61624;650 passi.
Delle principali macchine da guerra e dei mezzi di attacco e di difesa, verrà trattato in un capo a parte e baste qui l'averne dato un semplice cenno, per vedere l'influenza loro sullo sviluppo dell'arte fortificatoria.
42. Caratteri ed elementi delle fortificazione antica. La fortificazione perdette dunque il suo carattere campale, che aveva all'epoca preistorica, per acquistare quello di permanente: e difatti di moltissime opere di quest'epoca storica si hanno grandiosi avanzi, che permettono di fare uno studio dei loro elementi e del loro complesso.
Gli elementi principali delle fortificazioni antiche sono le mura con o senza fosse e le torri - e qui ne versa dato qualche cenno.
43. Mura. Sembra che le prime muraglie che circondarono i luoghi abitati fossero costruite al fine di rendere ripide le scarpate delle elevazioni, sulle quali erano costruite i centri di abitazione in parole, e che soltanto in epoche successive si avessero, presso i vari popoli, le muraglie isolate. In ogni modo, esse furono costituite dapprima di grosse pietre comunque assestate fra di loro con pietre minori, opus tumultuaria (Fig. 3, Tav. I); quindi con pietre lavorate e presentanti il paramento esterno a disposizione studiata, costruzione detta ad opus incerta (Fig. 4) - successivamente a grandi pietre squadrate, e più tardi a mattoni .
Le prime muraglie erano fatte senza malta, e si conoscono nella storia col nome di costruzioni ciclopiche, perché attribuite dalle leggende ai ciclopi ; e col nome di pelasgiche, perché sono opera del pelasgi, primi abitatori di molte regioni d'Europa, di Asia e dell'Africa Nord-est.
Le dimensioni delle pietre erano sempre notevoli, alcune volte smisurate. Nelle mura di Tirinto (fondata ad anni 1690 (?) a.v. E. V.) le pietre più piccole non potevano essere, secondo Pausania, smosse da due buoi; l'architrave di una porta dell'acropoli (ancora esistente) misura m. 3,40 di lunghezza; e l`architrave della porta detta dei Leone, nell'acropoli di Micene, ha le seguenti dimensioni: in. 5,00 X 2,00 X 1,2 = m3 12, e pesa perciò circa 30 mila chilogrammi.
44. L'altezza delle mura fu variabilissima, da 3 o 4 m., fino a 30 m. e più; così quelle di Pompei erano circa 10 m., quelle di Tirinto circa 13, quelle di Cartagine m 14, quelle di Roma variabili da m. 8 a m. 14, quelle di Ninive arrivavano fino a m. 31,40.
45. Anche la grossezza ebbe dei limiti diversissimi, variando da m. 1,40 (alcuni tratti delle mura imperiali di Roma) a m. 6,28 al Pireo presso Atene ed a Bisanzio, a in. 9,40 a Ninive, fino a quasi in. 22,00 a Babilonia.
46. Raramente le mura ebbero solo carattere passivo [Fig. 5, Tav. I, dalle mura di Roma di Aureliano )].
Per renderle attive era ricavata nella loro parte superiore una piattaforma, accessibile ai difensori, limitata verso l`esterno da un muretto alto da 0,90 ad 1,20, detto parapetto, che permetteva ancora l'impiego di armi da gitto e riparava i difensori fino all`anca od al petto (Fig. 6 e 7, dalle mura di Roma d'Aureliano). Presso i popoli più civili, per ottenere maggior protezione ai difensori, si accrebbe l`altezza del parapetto fino ad essere un poco maggiore di quella dell'uomo, praticandovi degli intagli, che si dissero arciere, o balestriere, o saettiere (dal loro ufficio) e che rimasero separate fra di loro da parti piene, che si chiamarono merli (Fig. 8, schizzo prospettico).
Altro modo di rendere attive le mura, o possibile da esse le offese, fu quello di intagliare le saettiere nelle mura stesse ad altezza opportune, perché riuscisse agevole ai difensori l'occuparle, e perché si avessero sulla campagna dei tiri più radenti di quelli provenienti dalla piattaforma superiore (Fig. 9, dalle mura di Roma): e quando le mura erano molto grosse, vi si praticavano delle nicchie, nelle cui pareti frontali si aprivano poi le saettiere in parola. (v. Fig. 10 ed 11. La Fig. 10 da, di più esempio di piattaforma in riporto, costruita con materiali di circostanza; e la Fig. 11, presa dalle mura di Roma, rappresenta delle nicchie riunite fra di loro da comunicazioni, costituendo cosi delle grandiose gallerie).
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Fino a che periodo arriva?
Ciao.
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copiando e incollando si perdono delle formattazioni del testo;
proviamo ad intercettarle:
#61624; significa "a" (essendo nel testo originale quel simbolo di diviso -trattino con due puntini, uno sopra e uno sotto!!!);
su alcuni nomi propri non ho fatto una verifica serissima.... nei prossimi giorni farò, se necessario, l'errata corrige.
La prima parte è un po' pallosa, lo so.... ma le chicche arriveranno!!!!!
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risposta per italien: arriva sino al 1896, data di pubblicazione del testo... ma sono valide anche per I° e un alcuni casi, II° guerra mondiale!!
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da 45 a 55
45. Anche la grossezza ebbe dei limiti diversissimi, variando da m. 1,40 (alcuni tratti delle mura imperiali di Roma) a m. 6,28 al Pireo presso Atene ed a Bisanzio, a m. 9,40 a Ninive, fino a quasi m. 22,00 a Babilonia.
46. Raramente le mura ebbero solo carattere passivo [Fig. 5, Tav. I, dalle mura di Roma di Aureliano )].
Per renderle attive era ricavata nella loro parte superiore una piattaforma, accessibile ai difensori, limitata verso l`esterno da un muretto alto da 0,90 ad 1,20, detto parapetto, che permetteva ancora l'impiego di armi da gitto e riparava i difensori fino all`anca od al petto (Fig. 6 e 7, dalle mura di Roma d'Aureliano). Presso i popoli più civili, per ottenere maggior protezione ai difensori, si accrebbe l`altezza del parapetto fino ad essere un poco maggiore di quella dell'uomo, praticandovi degli intagli, che si dissero arciere, o balestriere, o saettiere (dal loro ufficio) e che rimasero separate fra di loro da parti piene, che si chiamarono merli (Fig. 8, schizzo prospettico).
Altro modo di rendere attive le mura, o possibile da esse le offese, fu quello di intagliare le saettiere nelle mura stesse ad altezza opportune, perché riuscisse agevole ai difensori l'occuparle, e perché si avessero sulla campagna dei tiri più radenti di quelli provenienti dalla piattaforma superiore (Fig. 9, dalle mura di Roma): e quando le mura erano molto grosse, vi si praticavano delle nicchie, nelle cui pareti frontali si aprivano poi le saettiere in parola. (v. Fig. 10 ed 11. La Fig. 10 da, di più esempio di piattaforma in riporto, costruita con materiali di circostanza; e la Fig. 11, presa dalle mura di Roma, rappresenta delle nicchie riunite fra di loro da comunicazioni, costituendo cosi delle grandiose gallerie).
47. Tutte queste disposizioni però non davano ancora la possibilità ai difensori di offendere l`avversario, che fosse giunto al piede delle mura e ne tentasse la demolizione, o preparasse la scalata, e perciò negli ultimi secoli del periodo storico che si considera, presso alcune nazioni, si allargò la piattaforma portando all'esterno delle mura il parapetto merlato e sostenendolo con dei modiglioni, o beccatelli, e con architravi di legno o dl pietra, oppure con archi, e ricavando nella porzione di piattaforma sporgente delle buche a piombo sul piede del muro da difendere, e dette per questo piombatoie (v. Fig. 12).
48. Un`altra modificazione che non tardò a rendersi necessaria nel profilo delle mura, in seguito alla invenzione delle torri mobile di legno, le quali facevano acquistare all'attaccante dominio sulla piattaforma delle mura stesse, consistette nell'aggiunta di un tetto di legname, che serviva ancora a proteggere i difensori contro le intemperie (v. le Fig. 13 e 14, Tav. I. In quest'ultima figura, presa nel VIOLLET-LE-DUC ), si ha disposizione per tre ordini di offese).
49. In quanto alla costituzione, le mura si fecero di pietra e di mattoni, finché la dimensione in grossezza non superava i 2 o 3 metri; per mura più grosse si facevano due muri, uno esterno ed uno interno, collegati fra di loro da altri traversali e coi vani ripieni di terra o di pietrame (Fig. 8). Alle volte invece si collegarono i muri trasversali con archi, e si formarono così dei locali per ricovero dei difensori, o per scuderie, o per magazzini, come si praticò nelle cinte di Cartagine, di Atene, di Bisanzio, di Ninive e di Babilonia.
Al fine poi di resistere meglio agli urti degli arieti usati nell`attacco delle piazze forti, si hanno scampi di mura terrapienate ed anche di mura rinforzate da travi di quercia incassate a righe orizzontali verso la parete esterna e distanti, riga da riga, 4 braccia, come riporta FILONE DI BISANZIO . Si da a questo proposito a Fig. 15 la sezione dell'aggere di Servio Tullio, mirabile esempio di terrapieno sostenuto da muro, in parte ancora esistente a Roma, presso la stazione ferroviaria.
50. Il profilo interno delle mura era verticale; quello esterno era verticale alcune volte (Fig. 7, 9, 11, ecc.), ma più spesso a scarpata (Fig. 5, 6, 8, 10, 13) per dare maggiore resistenza alla costruzione, per diminuire l`angolo morto al suo piede, ed ancora perché resistesse meglio all'urto degli arieti.
51. In fine, e da indicare che per accrescere la difesa delle cinte, in molte di esse - oltre alle mura - fu scavato un ampio fosso, il quale ebbe l`ufficio di impedire l`avvicinarsi dell'avversario al piede delle masse coprenti.
Qualche volta il fosso si scavava alquanto discosto dal muro (specialmente quando era aggiunto a cinte già esistenti), e si creava così una larga berma fra muro e fosso, che poi si proteggeva verso questo con un muricciolo, o con una palizzata, alle quali costruzione si diede nome di antemurale, e più tardi di barbacane .
Opere di questo genere, specialmente con palizzata, si fecero alcune volte esternamente al fosso, ed in particolare in corrispondenza ai ponti antistanti alle porte. Gli spazi così racchiusi, destinati a facilitare ai difensori le sortite e le entrate nelle cinte, si dissero lizze.
FILONE raccomandava di dare ai fossi massima profondità e larghezza non minore di 70 braccia (m. 32); invece il FOLARD, che in principio del secolo scorso ha fatto studi sopra alle fortificazioni antiche, ha dedotto che in esse i fossi avevano larghezza eguale ai 2/3 dell'altezza esterna dei muri, e profondità di 1/3 circa.
La controscarpa si rivestì talora di muratura, ma più spesso si tenne di terra, o si rivestì semplicemente di zolle. Ogni qualvolta era possibile, I fossi venivano inondati.
52. Difesa fiancheggiante - Torri. Col progredire dell'arte degli assedi si escogitarono nuovi mezzi nelle difesa, e l'azione diretta frontale delle mura si completò con l'azione fiancheggiante, dovuta a ripiegamenti opportune delle cinte, od all'aggiunta nelle muraglie rettilinee di torri sporgente sul fronte.
Scrive il MICALI ma essendo il modo fondamentale della "difesa quello di tener lontano con ogni sorta di saettamenti e ferir di fianco gli assalitori, di qui è che a bello studio le mura si facean tortuose, e similmente le strade che conducevano alle - porte delle terse » ed ancora - gli ingegneri etruschi ebbero sempre l`avvertimento di seguitare le sinuosità naturali del monte, non tanto per piantare le muraglie sul vivo del sasso, quanto perché il nemico entrando in quei golfi rimanesse oppresso dal numero dei difensori e dalle armi da lanciare".
Ed il Micali cita in proposito le piante di Volterra, di PopuIonia, di Cossa, di Roselle, di Fiesole, di Cortona; e ad esse si potrebbe aggiungere quella di Roma, per la cinta dei Re .
In quanto alle torri, secondo VIRGILIO, furono la caratteristica delle città fortificate dell'Etruria, e dal loro nome si voleva derivato quello di Turreni e Tirreni ai popoli abitanti il centro d'Italia; ma, come verrà detto più avanti, si erano erette torri a fine di difesa, od anche a fine di osservazione, nelle città più antiche, nel rimanente dell'Europa e dell'Asia, prima che i popoli quivi abitanti avessero commercio cogli etruschi.
53. Le torri ebbero sezione quadrata, rettangolare, pentagonale, esagonale od ottagonale (Fig. 20, Tav. II); ma si preferì generalmente la pianta circolare e quindi la forma rotonda (cilindrica o leggermente tronco-conica), siccome quella che favorisce la resistenza contro gli urti.
Il diametro variava fra gli 8 ed i 10 m.; internamente erano divise in piani mediante solai, o volte, formanti locali per ricovero di uomini. Da questi locali, per mezzo di saettiere, disposte così in più ordini, si poteva dare al fiancheggiamento molta efficacia. Fra piano e piano erano praticate delle scale, e spesso le torri erano le sole comunicazioni per accedere alle piattaforme delle mura; anzi, affinché l`avversario impossessatosi per scalata delle piattaforma non potesse entrare facilmente nelle torri e da questa scendere nella città , nelle piattaforme stesse erano praticate delle tagliate, attraversabili con ponticelli mobili o levatoi, che si ritiravano all'occorrenza nelle torri (v. schizzo alla Fig. 17, Tav. I).
Con questa disposizione le torri servivano ancora come ridotto delle piattaforme, ed in conseguenza del loro dominio, si poteva cercare di scacciarne l`attaccante, quando tentava di afforzarvisi e di scendere poi a conquista dell'abitato.
54. Le torri sporgevano dalla parte esterna delle mura da 1/3 circa ai 2/3 del loro diametro, ed erano ancora aggettanti nell`interno (Fig. 16 e 17, presa la prima dalle mura di Pompei).
L`altezza fu da 3 a 4 m. in più delle mura, sino al doppio delle mura stesse; a Ninive sembra che le torri giungessero a quasi 63 m. Del resto, anche nella stessa cinta ebbero altezze e forme diverse secondo l'opportunità del luogo, la necessità dell'osservare il terreno da lungi, od altro (Fig. 21, Tav. II, rappresentante, un tratto delta cinta antica di Buda).
55. La distanza fra le torri era tale che esse fiancheggiassero efficacemente il tratto di muro frapposto, detto cortina o metapirgo; ma anche per questo argomento dallo studio dei monumenti antichi non si potrebbe ricavare una regola geometrica, avendo molte volte influito sulla ubicazione delle torri considerazioni di opportunità , di luogo e di tempo, che ora sfuggono ai nostri apprezzamenti. Infatti si hanno tratti della cinta Aureliana di Roma, ove le cortine sono lunghe appena 30 m. altri ove si hanno cortine lunghissime, ed a Cartagine le torri distavano quasi 150 m. l`una dall'altra.
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inizio a mettervi anche le note a piè di pagina , che nella copiatura del teso si perdono:
paragrafo 43
"...e più tardi a mattoni." nota 10= Nelle costruzioni civili e militari di Roma si riscontrano monumenti di tutte queste varie fasi costruttive, e si possono indicare le date approssimative di passaggio dall'una all'altra; così:
â?¢ Le mura della città* di Romolo erano a grandi pietre squadrate e servivano di sostegno alle scarpate del Palatino.
â?¢ Le mura di Servio Tullio erano per la maggior parte isolate ed a grandi pietre squadrate, ed ancora a pietrame tumultuario.
â?¢ Le mura d'Aureliano erano (e sono, perché in grande parte conservate) di mattoni grandi, genere di costruzione detto dell'epoca imperiale.
paragrafo 44
"....di Roma di Aureliano." nota 11=
Le mura antiche di Roma segnano tre epoche importanti nella storia della città*, ora nostra capitale:
Le mura palatine (o della città* di Romolo), dell'epoca di fondazione, 753 a.v. E.V. circa.
Le mura dei Re, o di Servio Tullio (o della città* dei Re), approssimativamente anni 540 a.v. E.V.
Le mura di Aureliano (o della città* imperiale), cominciate ad anni 271 E. V. e completate da Onorio. In parte sono ancora esistenti. (v. BORGATTI, Le mura di Roma - Riv. Art. e Genio, 1890).
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55. La distanza fra le torri era tale che esse fiancheggiassero efficacemente il tratto di muro frapposto, detto cortina o metapirgo; ma anche per questo argomento dallo studio dei monumenti antichi non si potrebbe ricavare una regola geometrica, avendo molte volte influito sulla ubicazione delle torri considerazioni di opportunità*, di luogo e di tempo, che ora sfuggono ai nostri apprezzamenti. Infatti si hanno tratti della cinta Aureliana di Roma, ove le cortine sono lunghe appena 30 m. altri ove si hanno cortine lunghissime, ed a Cartagine le torri distavano quasi 150 m. l`una dall'altra.
56. Porte e poterne. Siccome le porte rappresentavano i punti più deboli delle cinte, erano situate nei luoghi meglio riparati e ne era studiata specialmente la difesa. Così credesi che in tempo di guerra l`unica porta d'entrata e di uscita della Roma palatina fosse la porta Mugonia, praticata ad arte in un rientrante delle mura; e sono mirabili le disposizioni di difesa riscontrate attorno a porta Collina nella cinta di Servio Tullio, che per la sua posizione avanzata in saliente, verso il nord-est, poteva riuscire pericolosa alla sicurezza della città* . Di più, le strade innanzi alle piazze non procedevano di fronte alla porta; ma erano obliquamente condotte, per obbligare gli assalitori a passare per lungo tratto sotto alle mura, a volgere sulla loro sinistra ed a presentare il fianco destro non difeso dallo scudo. Tali erano le porte scee (sinistre) di Troia (Virgilio), tali quelle delle maggiori piazze dell'antichità*, come lasciò scritto Vitruvio .
Le porte più antiche consistevano semplicemente in vani, chiusi da infissi di pietra, o di legno rinforzato da metallo (Fig. 18, Tav. I; Porta di Cefalù). La cittadella di Tirinto aveva 3 porte che erano alte m. 5 circa ed erano chiuse da pietre rettangolari che si muovevano attorno ad un perno centrale. La porta dei Leoni, citata, dell'acropoli di Micene era alta m. 5,30 e larga m. 3 e si chiudeva con saracinesca scorrente in scanalature, che ancora si vedono negli stipiti.
57. Quando la mura aveva il fosso, l`accesso alla città* si faceva per un ponte, il quale poi, o veniva distrutto in tempo di guerra o veniva in parte ritirato nell'interno della cinta.
Nelle cinte più moderne lateralmente alle porte si collocarono due torri; di più, per evitare che l`attaccante potesse facilmente distruggere il ponte ed ancora per proteggere le sortite del difensore, si costruirono spesso verso la controscarpa due piccolo torri, che costituirono testa di ponte (Fig. 19, Tav. I), e spesso si completa l`opera con una palizzata a lunetta od a dente, formando così un recinto avanzato, che si chiamò lizza, come altra volta si e detto (v. § 50). FILONE suggeriva che davanti alle porte si innalzassero edifici destinati a fare sicure le sortite ed a difendere quelle dal fuoco lanciato e dai proiettili nemici; questo precetto venne nuovamente applicato nei primordi del risorgimento dell'arte fortificatoria; alle costruzioni erette all'uopo si dette un tracciato triangolare od a mezzaluna e furono chiamate rivellini (v. §§ 96, 99, ecc.).
I vani delle porte si chiudevano o col ponte levatoio, come nelle costruzioni simili odierne, o con portoni a cardini, o con saracinesche, od ancora con organi, che erano delle grosse travi verticali che si facevano calare, una indipendente dall'altra, dalla piattaforma corrispondente sulla porta, e ciò perché l`attaccante non potesse, con l'introdurre a tempo un cavalletto, od altro, sotto alla saracinesca, impedire la discesa delta chiusura.
58. Le uscite destiniate esclusivamente ad uso militare avevano la soglia alta sul fondo del fosso, nel quale poi si poteva scendere con scala a mano, che si calava dall'interno e dall'interno si ritirava.
Tali porte si chiamavano più specialmente pusterle, nome che nella fortificazione moderna si cambiò in quello di poterne; ed al loro sbocco sul fosso si riparavano spesso con una lizza (v. esempio della Figura 17, Tav. I).
59. Forma delle piazze antiche. Cinte e cittadelle. Una delle caratteristiche delle lotte fra i popoli dell'antichità* era la distruzione totale o la sottomissione completa di quello fra i popoli che soccombeva; e quindi le lotte, specialmente difensive, erano spinte a tutta oltranza e sostenute da tutti gli individui, anche i meno atti alle armi, come le donne ed i vecchi. Da ciò, come conseguenza, le cinte fortificate non contornavano solamente i centri abitati, ma spesso racchiudevano spazi di gran lunga maggiori, ove si potevano rifugiare gli abitanti delle regioni limitrofe, ed ancora quelle di tutto lo stato; e questo è il motivo perché le fortificazioni di Atene si sviluppavano per 23 km., quelle di Cartagine per 66 km., quelle di Ninive per 86 km., e perché Babilonia abbia avuto un'area di quasi 100 miglia quadrate, presso a poco cinque volte più che Londra attuale .
60. Talora le mura sbarravano un tratto di frontiera, anche sorpassando accidenti topografici di notevole importanza, e si possono citare all'uopo:
a) il muro di Adriano (Valium Hadriani) cominciato, sembra, da Agricola 85 anni dell'E. V. e terminato da Adriano (da cui ebbe nome), separante l'Inghilterra (Albione) dalla Scozia, lungo 100 km., largo da 6 a 10 piedi, alto da 12 a 15, rinforzato da fosso largo 36 piedi e da 300 torri di guardia;
b) il muro di Traiano, in Dobrucia (cominciato ad anni 104 e terminato ad anni 155) lungo 60 km. fatto in parte di mattoni e di pietre ed in parte di terra battuta ed anche di mattoni crudi;
c) la grande muraglia della Cina fondata, sembra, ad anni 244 a.v. E. V. da Thiu-sci-hoang-ti, e che ad anni 200 dopo E. V. aveva raggiunta una lunghezza di 2400 km., e nel secolo VII raggiungeva i 3000 km. Questa cinta in molti luoghi era doppia, in altri tripla ; generalmente era costituita da 2 muri parallele, a scarpata verso la Tartaria (cioè all'esterno), alta 25 piedi circa, più un parapetto di 3 piedi ; in tutto, la cinta era grossa in cima circa 15 piedi, ed era rinforzata da 2400 torri, alte da 40 a 50 piedi, e distanti in media 100 a 150 passi.
61. Si comprende che se si considerano, come viene fatto in questo rapido riassunto storico, le costruzioni antiche di nazioni tanto distanti fra di loro (dalla Pitia o Scotia, a Roma, e fine alla Cina) e di popoli vissuti in epoche tanto diverse (da circa 2000 anni av. E. V. fine ad 800 anni circa dopo E. V.), non si può dedurre un tipo unico scolastico delle cinte che racchiudevano le città*. Pero la costituzione loro più comune consisteva in muraglie intramezzate da torrioni, precedute o no da largo fosso, con aperte qua e la delle porte e delle pusterle, ove l'opportunità* del luogo, o le condizioni del commercio, o dell'azione militare 1o esigevano.
Si riproducono qui i seguenti esempi (Tav. II):
â?¢ Fig. 21. Schizzo prospettico delle mura di Buda, già* citate .
â?¢ Fig. 22. Schizzo prospettico delle mura di Babilonia ricostruite, secondo le descrizioni di antichi scrittori, specialmente Erodoto
â?¢ Fig. 23. Schizzo prospettico della parte esterna delle mura di Pompei, delle quali a Fig. 16, Tav. I, sono date la pianta e la sezione
â?¢ Fig. 24 e 25. Schizzo prospettico delle mura Aureliane di Roma, esterno ed interno, in uno dei tratti ove sono le nicchie-gallerie ed i due ordini di offese .
62. Il tracciato delle cinte era poligonale, e la forma del poligono dipendeva dallo spazio da racchiudersi e dalla configurazione del terreno, poiché si badava a collocare, come già* ha riportato il Micali, le mura in modo che l`attaccante incontrasse massima difficoltà* ad avvicinarvisi.
Cosicché vi si osservavano dei salienti collocati nelle posizioni per se stesse già* forti e dei rientranti nelle bassure dove generalmente si sviluppavano le strade ed erano aperte le porte.
Le parti delle cinte che, per le condizioni del terreno o per altre cause, sarebbero riuscite più minacciate o più deboli, venivano talvolta rinforzate mediante l`aggiunta di una seconda od anche di una terza cinta. Nelle cinte di tal genere, dette multiple, la più interna era a più forte per profilo e per scelta di materiali, le altre successivamente meno forti dall'interno all'esterno.
Così Gerusalemme, Babilonia, Rodi, Cartagine, ebbero cinte multiple. Ecbatana, capitale dei Medi, ne ebbe sette, a tracciato ellittico, ciascuna delle quali superava la cinta esterna vicina dell'altezza dei merli; secondo Erodoto, la prima era colorita in bianco, la seconda in nero, la terza in rosso porpora, la quarta in azzurro, la quinta in rosso chiaro, la sesta era argentea e la settima dorata.
A Fig. 26, Tav. II, è riportato uno schizzo della pianta di Cartagine ove è indicata, verso terra, una tripla cinta come risulta dalle descrizioni e dagli avanzi. La sua costituzione era la seguente: all'interno una muraglia (cinta principale) alta m. 14,13 circa, con molte torri fiancheggianti alte 19 m. circa, e fermata da doppio ordine di locali. Il piano inferiore era destinato a scuderie per 300 elefanti ed a magazzini per foraggio, il piano superiore a scuderie per 400 cavalli ed a caserma per 2400 uomini. Poi all'esterno una seconda muraglia più sottile, e finalmente verso la campagna la terza cinta, consistente in un parapetto di terra rinforzato da palizzata e preceduto da un largo fosso.
63. Completava la difesa delle località* fortificate una specie di cittadella o di ridotto, che prendeva il nome di acropoli in Grecia e di arce a Roma, e che si otteneva addossando alla cinta, nella parte più sicura e forte, un tratto di cinta interno od esterno alla principale, che racchiudesse così colla prima uno spazio ove il difensore potesse opporre un'ultima resistenza per attendere soccorsi, per tentare di riprendere il perduto, o per ritirarsi quando l`arce o l`acropoli corrispondeva ad una sicura linea di ritirata. Alle volte queste ridotte erano isolate dalla cinta ed erano costituite da una cinta propria nell'interno della principale; spesso avevano grande estensione e racchiudevano nel loro recinto quanto di più prezioso aveva la città*, ed i cittadini - in case di guerra - vi portavano i loro tesori.
A Roma la città* del re aveva un ridotto sul monte Capitolino (arce capitolina, a difesa dell'attiguo tempio di Giove Massimo), uno sul monte Gianicolo (arce gianicolense, specialmente rivolta verso gli etruschi) tutti e due collegati alla cinta Serviana; e serviva poi da ridotto centrale l'antica città* palatina colla sua cinta. A Cartagine serviva da arce il recinto di Birsa, l`antica città* di Didone (v. Fig. 26, citata); ad Atene l'antica città* di Cecrope, che risultava nel mezzo della città* di Temistocle. Nell'acropoli ateniese (riprodotta a Fig. 27, Tav. II) erano compresi il Parthenon (c) e l`Erechtheum (D), edifici sacri per tutti gli attici fin dai primi tempi. Nella figura citata la lettera A indica la strada di accesso all'acropoli, strada che è, come si vede, soggetta all'azione della cinta per un lungo tratto: la lettera B indica i Propilei, od ingressi architettonici, celebratissimi nella storia di quest'arte.
64. Per completare l`accenno descrittivo delle antiche città*, è da aggiungere che si ponevano speciali cure alle comunicazioni interne, esterne, e fra l'interno e l'esterno. Si è già* detto delle porte e loro difese. Le città* romane avevano lungo il piede interno delle mura e lungo la controscarpa all'esterno delle ampie zone, dette pomeri, dedicate agli dei e consacrate dagli auguri, nelle quali zone non si poteva ne arare (come dice Livio), ne fabbricare, ne abitare (v. aggere di Servio Tullio, Fig. 15, Tav. I), e che servivano per i transito lungo le linea di difesa, per tener sgombro il terreno davanti ad esse, per osservare da lunge l'avversario che tentava artifizi di attacco, etc.
Il pomerio interno era poi tagliato in quattro settori da due vie militari (Decumano e Cardo), e questa disposizione era riprodotta, oltreché nella città*, negli accampamenti temporanei e nelle colonie, specie di accampamenti stabili;,e fu imitata da tatti i popoli che ebbero commercio con Roma, o che ne furono soggetti, il che dette alle città* antiche un carattere comune di forma. Torino romana (Augusta Taurinorum) presenta un mirabile esempio.