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Ambrose Bierce (1842- 1914)
Figlio di contadini, individualista, antischiavista, autodidatta. Nel 1861 all’ età di 18 anni, fu arruolato nelle truppe nordiste (9° Reggimento dell’ Indiana), partecipando a svariate battaglie. Nella primavera 1863 si offrì volontario nei ricognitori/cartografi, che si infiltravano oltre le linee per raccogliere informazioni e disegnare mappe del territorio nemico, rischiando se catturati la fucilazione come spie. Con tale incarico partecipò alle campagne del Tennessee, di Chattanooga e di Atlanta, venendo promosso ufficiale. Il 23 luglio 1864 fu colpito alla testa da una pallottola che gli spaccò il cranio. Sopravvissuto miracolosamente, tornò a casa in convalescenza. Rientrato in servizio, alla fine della guerra nel 1865, era ufficiale volontario col grado di maggiore. Finito il conflitto, il governo americano affidò al generale Hazen, comandante del Signal Corps ed ex- superiore di Bierce, il compito di tracciare mappe precise del selvaggio west, in vista della sua colonizzazione. Nel luglio 1866 Ambrose Bierce, al comando di un reparto del genio, partì da Omaha attraversando il territorio indiano sino a giungere a San Francisco alla fine dell’ anno. In quel periodo lo scioglimento di numerose unità dopo la fine della guerra civile significò la riduzione dell’ organico e la retrocessione di quasi tutti gli ufficiali. Per Bierce, allora ventiquattrenne, avrebbe significato tornare sottotenente, ripartendo dal gradino più basso con scarse prospettive di carriera. Dimessosi dall’ esercito, iniziò la collaborazione con varie testate giornalistiche di San Francisco. Innovatore, cinico e battagliero, raggiunse grande notorietà come giornalista satirico. Nel contempo pubblicò un gran numero di racconti western, fantasy, storie di fantasmi, e ricordi di guerra. Dopo una parentesi a Londra, fu per venti anni collaboratore dell’ Examiner di Randolph Hearst, trasferendosi poi a New York come opinionista politico e commentatore di riferimento della catena giornalistica del magnate americano. Nel 1908 all’ età di sessantasei anni, si ritirò a vita privata, impiegando oltre tre anni a raccogliere tutta la sua produzione letteraria precedente in una mastodontica opera in 12 volumi, per un totale di oltre un milione di parole. Settantunenne, nel 1913 attraversò il confine tra Stati Uniti e Messico a Ciudad Juarez con una carovana di cavalli e muli da soma, per unirsi ai rivoluzionari di Pancho Villa in qualità di corrispondente di guerra. Si era procurato le migliori attrezzature tecniche allora disponibili e persino un gran numero di piccioni viaggiatori. Scomparve senza dare più notizia di sé durante la battaglia di Ojinaga, l’ 11 gennaio 1914, avendo il dubbio onore di essere il primo giornalista americano “missing in action” del ventesimo secolo. Nei successivi cento anni oltre cento spedizioni di ricerca finanziate dal governo, dai familiari, da giornali o da privati setacciarono senza esito il Messico alla ricerca di indizi sulla sorte del “vecchio gringo”. Bierce, i suoi cavalli, i suoi muli e i suoi piccioni erano letteralmente scomparsi dalla faccia della terra senza lasciare traccia. Ciò diede adito alle più svariate ipotesi (caduto in combattimento, fucilato da una delle due parti in conflitto con l’ accusa di spionaggio, ucciso per rapina da sbandati o peones allettati dal bestiame e dai costosi bagagli, morto per cause naturali, ritiratosi in convento, sposato a una donna locale, ecc.), facendo di lui in qualche modo l’ Ettore Majorana americano.
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Joseph Cotten (Quarto potere di Wells) pilota, 1925
Allegato 260902
Charlton Heston , 1941
Allegato 260903
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Deianira, la foto di C. Heston risale certamente agli anni '60 e non ha a che vedere con il servizio militare da lui effettivamente postato...
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Giuseppe “Peppino” Ceccarelli alias Ceccarius (1889-1972).
Combattente, pubblicista, collezionista, studioso di romanistica, intellettuale, animatore della vita politica e culturale di Roma, fondatore del Gruppo dei Romanisti. Figlio del commerciante di generi coloniali Eugenio Ceccarelli, il piccolo Peppino si dimostra romano verace, dal carattere acuto e bonario, vivacizzato dal pronto spirito salace che caratterizza gli abitanti dell’ Urbe. Dal 1904 al 1909 studia nel prestigioso liceo Visconti, è politicamente impegnato e frequenta il circolo giovanile della Lega Navale. Presta servizio di leva come soldato semplice nel 1910. Dopo il congedo si sposa e lavora nella drogheria di famiglia, ma nel 1913 la giovane moglie muore di parto dando alla luce la prima figlia, Clara. Nel maggio 1915 l’ Italia entra in guerra e Giuseppe Ceccarelli è richiamato col grado di caporale ed assegnato al 45° Reggimento Fanteria. Durante il conflitto dimostra una naturale attitudine al comando e raggiunge rapidamente il grado di sergente maggiore, assegnato alla Compagnia Comando reggimentale. Nel 1917 è nominato Aspirante Ufficiale e su sua richiesta ammesso alla scuola mitraglieri di Brescia. Al termine del corso è assegnato alla 241^ Sezione Mitraglieri Fiat. Catturato dai tedeschi durante l’ offensiva di Caporetto, è trasferito come prigioniero di guerra in Germania, prima a Crossen e poi a Celle, dove stringe amicizia con Carlo Emilio Gadda. Rimpatria nel dicembre 1918, trovando la famiglia (che nel frattempo è stata costretta a cedere la storica drogheria di Piazza Montanara) in gravi difficoltà economiche. Nel 1919 trova lavoro come impiegato di concetto presso il Governatorato di Roma e in seguito viene assunto all’ Ilva (poi Italsider) dove resterà sino al 1963 come direttore centrale dell’ ufficio di Roma, consulente del settore Stampa e membro del comitato di redazione della rivista aziendale Noi dell’ Ilva. Si risposa nel 1921 con la sorella di un ex- commilitone, che gli darà altri due figli, Francesca Romana e Luigi. Il 28 ottobre 1922, indossata la camicia azzurra del Partito Nazionalista, di cui è consigliere e deputato provinciale, partecipa alla “Marcia su Roma” a fianco dei fascisti. Nel 1923 si iscrive al P.N.F. Nel 1925 è Vicefederale nel Direttorio della Federazione romana e promuove la creazione della biblioteca provinciale. Il 21 giugno 1925 partecipa come oratore al Congresso Fascista dell’ Augusteo. Dal 1925 al 1944 è membro della giunta direttiva dell’ Istituto di studi romani. Nel 1926 per conto dell’ Ilva dirige come regista il lungometraggio intitolato Col ferro e col fuoco, che sarà il primo documentario industriale italiano. Dal 1926 al 1927 è membro della Commissione di revisione nel Consiglio di disciplina del P.N.F. romano. Nel 1927 organizza la Mostra del costume romano e del Lazio a Palazzo Valentini e nello stesso anno sovraintende al trasferimento della Federazione fascista a Palazzo Braschi. Nel 1929 con l’ aiuto di Boncompagni Ludovisi, allora Governatore di Roma, fonda il Museo di Roma e nello stesso anno è tra i curatori della Mostra di Roma nell’ 800. Nel 1930 organizza la sfilata dei costumi folkloristici regionali in occasione delle nozze tra Umberto di Savoia e Maria Josè. Nel 1936 è tra i fondatori della rivista L’ Urbe. Dal 1941 tiene una rubrica fissa su La strenna dei Romanisti. Dal 1946 al 1957 raccoglie in dodici volumi di Bibliografia Romana tutto ciò che viene pubblicato su Roma in Italia e all’ estero in quel periodo. Dal 1951 è presidente del Gruppo dei Romanisti. Dal 1952 membro ordinario dell’ Istituto di studi romani. Dal 1961 al 1970 è consigliere dell’ organo direttivo dell’ Istituto di studi romani. Con lo pseudonimo di Ceccarius pubblica importanti testi di argomento storico e urbanistico. Scrive oltre seimila articoli sulle riviste: Idea Nazionale, La Tribuna, Il Tempo, Illustrazione Italiana, Nuova Antologia, Almanacco dei bibliotecari, Roma fascista, Capitolium. Ricopre le cariche di: accademico cultore dell’ Accademia Nazionale di san Luca, accademico della Pontificia Accademia dei virtuosi del Pantheon, presidente del Comitato Romano del Regio Istituto per la storia del Risorgimento, socio della Società romana di storia patria, membro del Consiglio nazionale delle Corporazioni, consigliere dell’ Oratorio Filippino, socio della Romana Accademia degli Arcadi col nome di Ostilio Cisseio, membro del Consiglio direttivo della stampa romana. Insignito del Premio “Cultori di Roma” nel 1965. Dopo la sua morte gli viene intitolato il viale alberato nei giardini della Mole Adriana, sul lato ovest di Castel Sant’ Angelo. Col materiale donato dal figlio Luigi nel 1972, presso la Biblioteca Nazionale Centrale di Roma viene costituito il “Fondo Ceccarius” composto da 4.000 volumi, 5.000 opuscoli, 100.000 ritagli di giornale e 1.500 fotografie. Giuseppe Ceccarelli (Ceccarius) è sepolto al Pincetto, nel Cimitero Monumentale del Verano.
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Emilio Pucci, marchese di Barsento, nasce a Napoli il 20 novembre 1914 dalla nobile famiglia fiorentina dei Pucci. In gioventù si dedica allo sci e alla pittura. Nel 1934 è selezionato nella nazionale italiana di sci e partecipa alle Olimpiadi invernali del 1936. Vince una borsa di studio e si trasferisce negli Stati Uniti, in Oregon, dove nel 1937 ottiene al Reed College un master in scienze sociali. Invece di rientrare direttamente in Italia, compie il giro del mondo imbarcandosi come marinaio su una vecchia nave mercantile. Al suo rimpatrio viene arrestato dai CC.RR. in quanto dichiarato renitente alla leva dalle autorità militari, ma grazie all’ amicizia con personaggi del regime fascista, risolve subito i suoi problemi con la giustizia. Seguendo l’ esempio dei suoi amici altolocati, tra cui Bruno Mussolini e Galeazzo Ciano, nel 1938 si arruola nella Regia Aeronautica. Inizialmente giudicato inidoneo all’ attività di volo a causa del fisico gracile, dopo molte insistenze ottiene di essere ammesso alla Scuola di Volo di Viterbo. Nominato sottotenente di complemento nel luglio 1939, presta servizio come pilota a Pisa, Aviano,Viterbo e infine presso la 58^ Sq. / 10° Gr. / 10° Stormo B.T. su Savoia Marchetti S. 79 con sede a Milano. Poco dopo il 10 giugno 1940 lo Stormo viene rischierato sull’ aeroporto libico di Benina. Nel settembre 1940 Emilio Pucci è trasferito al 33° Gr. Bombardamento Notturno operante in Libia ma presto rimpatriato per infezione renale contratta in servizio. Durante la licenza di convalescenza in Italia si laurea in scienze politiche. Il 5 giugno 1941 è assegnato alla Squadriglia B.G.R. (Bombardamento a Grande Raggio) di Pisa. Effettua il passaggio sul nuovo quadrimotore sperimentale Piaggio P.108, ma dopo l’incidente in cui perde la vita Bruno Mussolini l’ attività di volo viene temporaneamente sospesa. Nel settembre 1941 è assegnato al 2° Nucleo Addestramento Siluranti di Napoli. Trasferito nel marzo 1942 alla 205^ Sq. / 41° Gr. Aut. Aerosiluranti di Gadurrà (Rodi). Su velivoli Savoia Marchetti S. 84 partecipa alla “Battaglia di mezzo giugno” (14-15 giugno 1942) e alla “Battaglia di mezzo agosto” (11-14 agosto 1942). Trasferito a inizio 1943 al 105° Gr. Aerosiluranti di stanza a Decimomannu. Partecipa ad azioni contro naviglio avversario su Malta nel marzo-maggio 1943 (42 azioni di volo, 10 siluramenti, abbattimento di un bimotore Bristol Blenheim). Il suo reparto ormai decimato è trasferito a Forlì e posto in posizione quadro. Il 10 luglio 1943 la sua domanda di passare alla specialità della caccia viene accolta ed è destinato alla Scuola Caccia di Gorizia. Il 25 luglio 1943 è all’ Ospedale Militare di Ferrara per approfonditi controlli medici e gli viene concessa una licenza per malattia. L’ 8 settembre lo coglie mentre viaggia in treno tra Gorizia e Firenze. Avuta notizia dell’ armistizio alla stazione di Venezia, tenta invano di telefonare alla Scuola di Gorizia e alla 2^ Squadra Aerea di Padova per avere ordini. Messosi in borghese, raggiunge Firenze con mezzi di fortuna. Nell’ ottobre 1943, ancora convalescente per i postumi dell’ infezione renale contratta in AS, è contattato da Edda Ciano Mussolini (con la quale intratteneva una intima amicizia sino dal 1934) che lo informa dell’ arresto del marito a Verona, chiedendogli aiuto. Nel gennaio 1944 è dichiarato inabile al servizio attivo dall’ Istituto Medico Legale dell’ A.N.R. e accompagna in Svizzera Edda e i figli con la sua Fiat Topolino. Rientrato in Italia, mette in salvo i diari di Galeazzo insieme alla spia tedesca Felicitas Beetz. Arrestato dalla Gestapo il 10 gennaio1944, viene rinchiuso nel carcere milanese di San Vittore e ripetutamente torturato. Scarcerato dopo nove mesi, sfugge alla sorveglianza fascista rifugiandosi definitivamente in territorio elvetico. Ricoverato all’ ospedale di Lugano per le torture subite (due fratture del cranio, ecchimosi ed ematomi in tutto il corpo, lesione permanente del timpano sinistro). Rimessosi in salute, per mantenersi lavora come maestro di sci a Zermatt fino alla fine della guerra. Dopo il referendum istituzionale del 2 giugno 1946 ottiene il congedo definitivo dall’ Aeronautica Militare. Nel 1947 lavora come istruttore di sci al Sestriere. Nello stesso anno inizia la sua attività nel campo della moda. Apre la sua prima boutique a Capri nel 1950. Organizza la prima sfilata di moda a Firenze nel 1951. Stabilisce la sede della sua casa di mode (ceduta dagli eredi nel 2000 al gruppo francese LMVH-Louis Vuitton) nel palazzo di famiglia, al recapito Marchese Emilio Pucci, Palazzo Pucci, Via dei Pucci 6, Firenze. Sin da subito popolarissimo negli Stati Uniti, espande la sua attività dalla moda femminile alla moda maschile, ai profumi, alle ceramiche, all’ arredamento per la casa. Negli anni ’60 disegna il logo della missione Apollo 15 della N.A.S.A. ; le uniformi del personale di volo della Braniff International Airways ; la divisa classica del Corpo dei VV.UU. di Roma (divisa blu, casco e guanti bianchi). Nello stesso periodo entra in politica. Consigliere comunale a Firenze, prende la parola durante la prima seduta del consiglio per replicare al sindaco democristiano Giorgio La Pira (pacifista, sostenitore del disarmo unilaterale, apologeta dei vietcong e “compagno di strada” del P.C.I.) che in campagna elettorale lo aveva definito “uno sporco fascista da prendere a calci”. Emilio Pucci chiede se il primo cittadino ha come lui il brevetto di pilota e avendone avuta risposta negativa dice: “Allora prima di fare certe affermazioni ci pensi bene, sennò la prossima volta la faccio volare io, ma dalla tromba delle scale”. Deputato della Repubblica Italiana nelle legislature IV e V, eletto dal 1963 al 1972 nel collegio elettorale di Firenze nelle file del Partito Liberale Italiano. Sottosegretario al Ministero dei Trasporti. Muore a Firenze il 29 novembre 1992.
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3 Medaglie d’ Argento al Valor Militare
2 Croci di Guerra al Valor Militare
(Restituite nel 1982 in segno di protesta per il conferimento da parte del presidente Pertini di analoga decorazione al gappista Rosario Bentivegna, responsabile dell’ attentato del 23 marzo 1944 a via Rasella).
Croce di Ferro di 2^ classe
Cavaliere del Lavoro della Repubblica Italiana
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Don Giuseppe Tomasi, 12° Duca di Palma, 11° Principe di Lampedusa, Barone della Torretta, Grande di Spagna di prima Classe nasce a Palermo il 23 dicembre 1896 da Giulio Maria Tomasi (1868-1934) e Beatrice Mastrogiovanni Tasca di Cutrò (1870-1946). Taciturno e solitario, oppresso fin dall’ infanzia da una madre ansiosa e autoritaria passa il suo tempo immerso nella lettura. Dal 1911 frequenta il Liceo Classico a Roma. Nel 1915 si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza dell’ Università di Roma. All’ entrata in guerra dell’ Italia è chiamato alle armi come sottotenente di artiglieria. Catturato dagli austriaci a Caporetto, viene recluso in un campo di prigionia in Ungheria, ma fugge e torna in Italia a piedi. E’ congedato nel 1918 col grado di tenente. Non termina gli studi universitari ma torna a Palermo e resta in casa della madre, che lo vuole sempre accanto. Si dedica saltuariamente a studi letterari. Nel 1925 si reca a Genova e comincia a collaborare con riviste letterarie ma dopo sei mesi torna di nuovo a casa dalla madre. Nel 1932 sposa a Riga la psicanalista Alexandra Wolff Stormsee, da lui soprannominata Licy, ma ben presto i due si separano per la presenza incombente e possessiva della madre di lui. Nel 1934 alla morte del padre eredita i titoli nobiliari e una vasta proprietà terriera. Nel 1940 è richiamato in servizio ma subito congedato in quanto dirigente dell’ azienda agricola di famiglia. Nel 1944 è nominato presidente della C.R.I. per la provincia di Palermo e in seguito presidente regionale della C.R.I. fino al 1946. Dopo la morte della madre nel 1946, inizia a frequentare giovani intellettuali palermitani. Nel 1954 recatosi ad un convegno letterario a San Pellegrino Terme col cugino Lucio Piccolo, conosce Eugenio Montale e Maria Bellonci. Nello stesso anno inizia a scrivere il suo unico romanzo, Il Gattopardo, terminato due anni dopo. Nel 1957 gli viene diagnosticato un tumore ai polmoni. Muore a Roma il 23 luglio 1957 ed è sepolto al Cimitero dei Cappuccini di Palermo. Nel 1958 il suo libro, già rifiutato da Mondadori e Einaudi, viene pubblicato postumo da Feltrinelli e vince il Premio Strega nel 1959.
Clark Gable.
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Fiorenzo Magni (1909-2012).
Già rinomato ciclista dilettante alla metà degli anni ’30, fu chiamato alle armi poco dopo l’ entrata in guerra dell’ Italia e destinato al 19° Artiglieria di Firenze nonostante la sua specifica richiesta di prestare servizio come bersagliere ciclista. Mentre era in licenza per partecipare a una gara, il suo reparto andò totalmente perduto nel siluramento della nave che lo trasferiva in Albania. Assegnato al Battaglione Olimpico di Roma, nel 1941 passò al professionismo e nel 1942 conquistò il primato mondiale di velocità in pista sui 50 e 100 chilometri. Trasferito a Firenze nel 41° Artiglieria all’ inizio del 1943, vi rimase sino all’ armistizio. Rientrato a Vaiano, suo paese natale, aderì alla R.S.I. arruolandosi nella Milizia Ferroviaria. Nel gennaio 1944 il suo reparto partecipò con altre unità fasciste alla battaglia di Valibona, scontrandosi coi partigiani. Trasferitosi a Monza con la madre nel 1944, nell’ aprile 1945 passò in clandestinità nascondendosi sotto falso nome a San Marino, in Puglia e a Roma. Nel 1946 fu squalificato dall’ UVI per l’ adesione al fascismo e per aver gareggiato sotto falso nome. Processato nel 1947 per l’ uccisione del capobanda Lanciotto Ballerini e per collaborazionismo fu prosciolto dalla prima accusa per non aver commesso il fatto e beneficiò dell’ “Amnistia Togliatti” per la seconda. Nel 1951, in quanto ex-repubblichino gli fu impedito di rendere omaggio al Milite Ignoto insieme agli altri partecipanti a quel Giro d’ Italia (che si aggiudicò nonostante un grave infortunio a una spalla). Nel 2017, a cinque anni dalla morte di Magni, la presidente dell’ A.N.P.I. di Prato ha messo il veto alla proposta del sindaco Pd di intitolargli una strada della città toscana, dichiarando quanto segue: “La storia, anche quella personale, è fatta di scelte di cui ognuno di noi è direttamente responsabile. Non parlo solo di responsabilità giuridica ma anche e soprattutto di quella morale. Anche se sono trascorsi più di 70 anni, non possiamo dimenticare che ci fu chi scelse coraggiosamente di rischiare la vita per la libertà e chi si nascose vigliaccamente dietro una divisa e un manganello. Fiorenzo Magni, come altri ragazzi di allora, ha fatto la sua scelta, ha scelto la parte sbagliata e non è accettabile che oggi si ricerchino attenuanti. Noi adulti abbiamo grandi responsabilità verso i ragazzi. Attenzione quindi a costruire falsi eroi e a negare la responsabilità di scelte sbagliate”.
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Fiorenzo Magni, gloria del ciclismo nazionale e unanimemente considerato il terzo campione per importanza dopo Bartali e Coppi, tornò a gareggiare nel 1947. Vinse tre volte la Milano-Sanremo (1949, 1950, 1951) ; tre volte il Giro d’ Italia (1948, 1951, 1955) ; tre volte il Giro delle Fiandre (1949, 1950, 1951). Ritiratosi nel 1956, fu commissario tecnico della Nazionale di Ciclismo (1963-1966), presidente dell’ Associazione Corridori, presidente della Lega del Professionismo, presidente della Fondazione del Ghisallo, presidente onorario dell’ Associazione Azzurri d’ Italia, socio onorario della Federazione Ciclistica Italiana. Dal 1951 al 2009 fu titolare di concessionarie Moto Guzzi, Lancia ed Opel, nonchè commerciante di idrocarburi per uso domestico. Morì a Monza all’ età di 92 anni. Non rinnegò mai le sue idee politiche.
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Medaglia d’ Oro al Valore Atletico (1942)
Medaglia d’ Oro della Federazione Ciclistica Italiana (1949)
Commendatore dell’ Ordine al merito della Repubblica Italiana (1966)
Premio Vincenzo Torriani (2000)
Ordine Olimpico (2001)
Collare d’ Oro al Merito Sportivo (2004)
Premio Mendrisio d’ Oro (2011)
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Ernest Hemingway
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John G. Agar (1921-2002).
Figlio primogenito del re della carne in scatola John Agar Sr., studiò in prestigiose scuole private in Illinois e a New York. Dopo il diploma seguì la famiglia trasferendosi dalla natia Chicago a Los Angeles. Nel 1942 si arruolò nell’ U.S.A.A.C. e fu distaccato a Hollywood con l’ incarico di consulente militare per la realizzazione di pellicole di argomento aeronautico durante la 2^ guerra mondiale. Nel 1945 sposò l’ ex bambina prodigio del cinema americano, Shirley Temple, appena diciassettenne. Nel dopoguerra debuttò come attore con le migliori premesse, facendo da spalla a John Wayne in due western epici diretti da John Ford: Il massacro di Fort Apache (1948) e I cavalieri del nordovest (1949), nonché nel kolossal bellico Iwo Jima, deserto di fuoco (1949). Nel 1950, Shirley Temple chiese e ottenne il divorzio da Agar, nonché la custodia esclusiva della figlia Linda Susan, motivandolo coi gravi problemi di alcolismo e la crescente gelosia professionale del coniuge. Da allora la carriera di Agar andò rapidamente declinando. Partecipò ad oltre 50 films, spesso in parti da caratterista, ma si trattava di b-movies, pellicole western, horror o di fantascienza a basso costo e di scarsa qualità, destinate ai circuiti dei “drive-in” e delle seconde visioni. A partire dagli anni ’60 per mantenere la famiglia (si era risposato con una modella e aveva altri due figli) fece anche sporadiche apparizioni in numerosissime serie TV statunitensi. All’ inizio degli anni ’70 visse un breve rilancio grazie a John Wayne che lo volle come suo partner ne I due invincibili (1969), Chisum (1970) e Il grande Jack (1971). John G. Agar morì ad 81 anni di età per enfisema polmonare.
Alex Haley (1921-1992).
Arruolatosi volontario a 17 anni come mozzo della U.S. Coast Guard nel 1939, durante la 2^ Guerra Mondiale fu imbarcato come cuoco di bordo su varie navi dell’ U.S.C.G. in zona di guerra. Congedatosi dopo 20 anni di servizio nel 1959, intraprese la carriera di giornalista free-lance scrivendo articoli per il Reader’s Digest, il New York Time Magazine e Playboy. Scrisse la biografia di Malcom X e molti romanzi, alcuni dei quali ispirati alla storia della sua famiglia. Dal più noto di essi, Radici, venne tratta nel 1977 la omonima serie televisiva. Militante per i diritti degli afroamericani, tre volte sposato e padre di tre figli, fu insignito della Medaglia d’ Onore di Ellis Island.
Leopoldo Trieste (1917-2003).
Nato a Reggio Calabria, ma trasferitosi a Roma in tenera età con la famiglia, fin da giovanissimo si appassiona al teatro. Allievo di regia cinematografica al Centro sperimentale nel 1940, è prescelto per dirigere il “provino” di fine corso - in realtà un cortometraggio (soli 1000 m. di pellicola) valevole come esame - di ambientazione antico romana, girato in economia nell’ agro romano, immediatamente a ridosso dell’ acquedotto di Cinecittà. L’ anno successivo è chiamato alle armi e destinato alla Scuola Guastatori di Civitavecchia, dove riceve l’ addestramento basico della specialità e vi resta in servizio in attesa di essere destinato a reparti operanti. All’ inizio del 1942 viene destinato come esperto in demolizioni presso il Gruppo bande irregolari del Montenegro (ovvero alle formazioni di monarchici montenegrini armate dal nostro governo d’ occupazione in funzione anti-comunista). A pochi giorni dall’ imbarco però, giunge il contrordine. Il suo provino di fine corso del Centro Sperimentale è stato proiettato durante un convegno sulla cinematografia dell’ asse tenutosi in Germania e Goebbels in persona ha molto lodato l’ abilità del giovane regista. Le nostre autorità militari non ritengono opportuno sprecare il talento del geniere Leopoldo Trieste spedendolo in un territorio infido e ad alto tasso di mortalità, dunque lo aggregano al Centro Fotocinematografico del Regio Esercito, spedendolo con la cinepresa in spalla a fare da cameraman militare in una zona di retrovia ritenuta tranquilla e inattaccabile, la Sicilia. Tempo pochi mesi, la ritirata dalla Libia e lo sbarco americano nel nordafrica francese creano i presupposti perché sull’ isola si scaraventi la crescente potenza distruttiva delle forze aeree alleate. Leopoldo filma i risultati delle incursioni, i lutti, le distruzione, la crescente ostilità dei siciliani, la palese arroganza dei tedeschi. In due occasioni, a Palermo e ad Enna, finisce sepolto in rifugi antiaerei crollati sotto le bombe, ma viene estratto vivo. Nell’ estate del 1943 segue lo sbarco alleato, la ritirata verso lo Stretto di Messina e l’ imbarco fortunoso su un pontone armato della KM stracarico di feriti. Giunto sulla costa calabra sotto il fuoco dei P-38 Lightning che fanno il tiro al bersaglio sui fuggiaschi indifesi, abbandona la cinepresa Arriflex fracassata da un proiettile da 12,7 e risale la penisola con mezzi di fortuna, scampando a vari bombardamenti. Giunge a Roma malconcio ma vivo, alla fine di agosto. Resta in licenza di convalescenza fino al 10 settembre 1943, quando chiude la sua esperienza militare rifugiandosi in casa dei genitori a Piazza Bologna, dove resterà sino alla liberazione di Roma. Nel secondo dopoguerra porta avanti l’ attività di drammaturgo, sceneggiatore, regista teatrale e cinematografico. Scrive una trilogia di stampo neorealista sulle conseguenze della guerra e della violenza, composta dai drammi teatrali La frontiera (1945), Cronaca (1946) ed N.N. (1947). Debutta come attore cinematografico con Federico Fellini ne Lo sceicco bianco (1952) e I vitelloni (1953). In seguito diviene apprezzato caratterista partecipando a numerosissimi altri film italiani e stranieri, riproponendo vizi virtù e luoghi comuni dell’ uomo meridionale. Negli anni ’60 /’70 partecipa ad alcuni popolari sceneggiati televisivi RAI. La sua ultima interpretazione risale al 2000, col personaggio di Lello Rizzitano nell’ episodio Il cane di terracotta della fiction Il commissario Montalbano. Nastro d’ argento come migliore attore non protagonista nel 1965, 1985 e 1996. David di Donatello come miglior attore non protagonista nel 1996.
Gino Bartali (1914-2000).
Nato a Ponte a Ema, si avvicinò al ciclismo come dilettante all’ inizio degli anni ’30. Fu ciclista professionista dal 1934 al 1954. Vinse tre Giri d’Italia (1936, 1937, 1946), due Tour de France (1938, 1948), quattro Milano-Sanremo (1939, 1940, 1947, 1950), tre Giri di Lombardia (1936, 1939, 1940). Nel 1935 prestò servizio di leva nella Regia Aeronautica col grado di aviere semplice e la mansione di portaordini ciclista, cosa che gli permise di continuare ad allenarsi. Nel 1937 divenne terziariocarmelitano con il nome di Fra Tarcisio di S.Teresa di Gesù Bambino. Richiamato alle armi nel 1941, fu inizialmente destinato in Umbria, presso l’ aeroporto militare di Passignano sul Trasimeno. Nel 1942 transitò dalla Regia Aeronautica al Regio Esercito, venendo incorporato come tutti gli sportivi di livello nazionale nel Btg. Olimpico di stanza a Roma. Nel ’42 /’43 partecipò a numerose gare militari, ricevendo dall’ esercito solo un modesto rimborso delle spese di viaggio. Tornato a Firenze dopo l’ armistizio dell’ 8 settembre 1943, su sollecitazione di alte autorità ecclesiastiche si arruolò nel locale distaccamento della G.N.R. stradale, in qualità di riparatore di biciclette. Lo status di milite e la possibilità di circolare liberamente in uniforme gli permisero di adoperarsi in favore dei rifugiati ebrei, come membro dell'organizzazione clandestina DELASEM. Fece numerosi viaggi in bicicletta dalla stazione di Terontola-Cortona fino ad Assisi, trasportando documenti e foto tessere nascosti nei tubi del telaio della bicicletta affinché una stamperia segreta potesse falsificare i documenti necessari alla fuga di ebrei rifugiati, contribuendo così a salvare oltre 800 persone. Notoriamente legato agli ambienti cattolici, suscitò presto sospetti nelle autorità fasciste e per due volte venne interrogato dal maggiore Carità, ma in entrambi i casi fu rilasciato. Ormai apertamente ricercato dalla polizia, dovette sfollare sotto falso nome a Città di Castello, dove rimase cinque mesi, nascosto da parenti e amici sino al giugno del 1944. Nel secondo dopoguerra riprese in pieno l’ attività agonistica segnalandosi in particolare per la sua vittoria al Tour de France del 1948, impresa che disinnescò il clima da guerra civile creato dall’ attentato di Pallante contro il segretario del P.C.I. Palmiro Togliatti. Al rientro in Italia, ricevuto da Alcide De Gasperi e Giulio Andreotti, chiese loro in premio di non dover mai più pagare le tasse, vita natural durante. La richiesta fu rifiutata, segnando la definitiva rottura dei rapporti tra il campione e la DC. Ma il legame di Bartali con la chiesa rimase inalterato. Profondamente cattolico, fu ripetutamente ricevuto in Vaticano da Pio XII e nel 1950 fece una donazione importante, di circa 100.000 pesetas, per contribuire al completamento dei lavori della Sagrada Familia a Barcellona. Ritiratosi nel 1954, fu allenatore e dirigente sportivo dal 1957 al 1971. Negli anni seguenti si dedicò prevalentemente alla famiglia (la moglie Adriana Bani, sposata nel 1940 a Firenze e i tre figli, Andrea, Luigi e Bianca), non esitando però a lanciare strali contro quelli che riteneva i mali del ciclismo: il doping, la corruzione e gli ingaggi miliardari. Nel 1989 e nel 1990 condusse il TG satirico Striscia la notizia. Morì nella sua casa di Firenze per un attacco cardiaco all’ età di 86 anni.
INSIGNITO DELLE SEGUENTI ONORIFICENZE
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Medaglia d’ Argento al Valore Atletico
Roma, 1938
Medaglia d’ Oro al Valore Atletico
Roma, 1962
Grande Ufficiale dell’ Ordine al merito della Repubblica Italiana
Roma, 27 dicembre 1986
Cavaliere di gran croce dell’ Ordine al merito della Repubblica Italiana
Roma, 27 dicembre 1992
Collare d’ oro al merito sportivo (postumo)
Roma, 2000
Medaglia d’ Oro al Valor Civile (postuma)
“Nel corso dell'ultimo conflitto mondiale, con encomiabile spirito cristiano e preclara virtù civica, collaborò con una struttura clandestina che diede ospitalità e assistenza ai perseguitati politici e a quanti sfuggirono ai rastrellamenti nazifascisti dell'alta Toscana, riuscendo a salvare circa Ottocento cittadini ebrei. Mirabile esempio di grande spirito di sacrificio e di umana solidarietà.”
Roma, 31 maggio 2005
Giusto dell’ Olocausto nel Giardino dei Giusti del Mondo (postumo)
Padova, 2 ottobre 2011
Giusto tra le nazioni dello Yad Vashem (postumo)
“Cattolico devoto, nel corso dell'occupazione tedesca in Italia ha fatto parte di una rete di salvataggio i cui leader sono stati il rabbino di Firenze Nathan Cassuto e l'arcivescovo della città cardinale Elia Angelo Dalla Costa, trasportando all’ interno della sua bicicletta documenti falsi indispensabili agli ebrei rifugiati, con grave rischio personale aggravato dall’ appartenenza alla Milizia fascista.”
Gerusalemme, 23 settembre 2013
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Eugenio Fasana (1886-1972).
Fu alpinista, pittore, scrittore, giornalista e guida alpina. Nel 1906, all’ età di vent’ anni, prestò servizio militare di leva negli alpini, avendo modo di compiere le prime escursioni. Richiamato in servizio nel 1915, durante la Grande Guerra operò come caporalmaggiore degli alpini sciatori in Valtellina, in Valcamonica e nella Bergamasca. Decorato al V.M. raggiunse il grado di sottotenente, comandando un reparto di zappatori alpini. Nel primo dopoguerra aderì al fascismo, ricoprendo cariche a livello locale, anche in ambito sportivo e dopolavoristico. Nato a Gemonio, primo di cinque figli, lavorò nella cartiera di famiglia per trasferirsi poi alla Cartiera Binda di Milano. Fu fin da giovanissimo un pioniere dell’ alpinismo moderno nonché tra i più vivaci e completi alpinisti italiani della prima metà del novecento. Partecipò ad oltre 120 ascensioni delle Alpi Centrali, Dolomitiche, Bavaresi e Bernesi tra il 1906 e il 1941. Fu membro autorevole del CAAI (Accademici Alpini del CAI) e Presidente della SEM (Società Escursionisti Milanesi) dal 1919 al 1925. Tra i primi in Italia a a praticare lo sci-alpinismo, la discesa libera e lo sci di fondo, fu precursore dei metodi di allenamento attualmente utilizzati dai climbers, arrampicandosi su pareti preparate in palestre al chiuso già nel 1926 e distinguendo l’ alpinismo classico d’ alta montagna dall’ alpinismo acrobatico. Praticò a buon livello anche il sollevamento pesi, venendo insignito di medaglie a livello nazionale. Fu guida alpina personale dei re del Belgio e del pontefice Pio XI. Si dedicò all’ attività letteraria e artistica, partecipando a mostre di pittura alpina e figurativa, accompagnando le proprie opere (oli, chine, carboncini e fotografie ritoccate con interventi pittorici) ai suoi articoli e alle sue pubblicazioni. Scrisse 4 libri: “Uomini di sacco e di corda” (SEM, Milano 1926), “Il Monte Rosa: vicende, uomini, imprese” (Rupicapra, Milano 1931), “Cinquant’ anni di vita della Società Escursionisti Milanesi” (SEM, Milano 1941), “Quando il Gigante si sveglia” (Montes, Torino 1944). Nel 1934 fu ammesso al Gruppo Italiano Scrittori di Montagna, al quale dedicò moltissime pubblicazioni. Tenne conferenze di argomento alpinistico e venne insignito della medaglia dell’ Ordine del Cardo, del quale fu in seguito Vicepresidente. Fu redattore della rivista “Le Prealpi” dal 1909 al 1936 utilizzando svariati pseudonimi. Ebbe una rubrica di alpinismo sul quotidiano “La Stampa” di Torino e un’ altra su “Lo Scarpone”. Collaborò con le principali riviste letterarie e di alpinismo del suo tempo. Compose poesie, canzoni di montagna e aforismi sull'alpinismo. Fasana uscì fortunosamente incolume da clamorose e tragiche imprese, quali la morte dei suoi tre compagni di cordata in una ascensione alla Grigna mentre stava aprendo una nuova via su uno dei Torrioni Magnaghi il 17 maggio 1914, il suo folgoramento sul Petit Dru, la tragedia sulla Rasica il 15 settembre 1935 che costò la perdita di sei uomini per assideramento. Gli furono dedicati un Inno-Marcia per il Trentennio della SEM nel 1921 e una marcia di regolarità e resistenza alpina denominata appunto “Coppa biennale Eugenio Fasana” nel 1942. Morì a Milano all’ età di 86 anni.
Guido Bergamo (1893-1953).
Nativo di Montebelluna, milita nel movimento giovanile del partito repubblicano partecipando alle prime lotte organizzate dei contadini veneti. Studente di medicina all’ università di Bologna si avvicina agli ambienti sindacali, divenendo presto uno tra i più convinti interventisti. Volontario di guerra, nasconde la laurea in medicina per evitare l’ arruolamento in Sanità. Frequenta il corso A.U. a Bagni della Porretta e viene destinato come sottotenente all’ 8º Reggimento alpini. Presta servizio nei Btg. Cividale e Val Natisone, nel 7° Reparto d’ Assalto, poi di nuovo al Cividale e al Val Seccarello. Introduce nei reparti l’ uso di portare in combattimento il cappello alpino girato con la falda posteriore sul davanti, per non ostacolare la mira. Tale uso è ancor oggi definito “portare il cappello alla Bergamo”. Combattente pluridecorato, al termine della 1^ g.m. è l’ alpino vivente insignito del maggior numero di decorazioni (quattro M.A.V.M., tre Croci di Guerra al V.M., promosso capitano per meriti di guerra). Nel 1919 aderisce alla Massoneria presso la Loggia di Bologna, fonda insieme al fratello Mario il Fascio di Combattimento di Bologna, distaccandosene però quasi subito, infine si candida a Treviso in una lista di repubblicani reduci di guerra. La sua elezione non viene tuttavia convalidata in quanto non raggiunge l’età minima prevista dalla legge. Nel 1921 viene rieletto nelle file del P. R. I. (XXVI Legislatura) ed è attivo nella corrente di sinistra del partito, organizzando una vasta rete di cooperative a Montebelluna e nei paesi del circondario. Il 29 ottobre 1921 insieme all’ On. Raffaele Paolucci accompagna da Aquileia a Venezia la salma del Milite Ignoto diretta a Roma. Il 19 dicembre 1921 è nominato Maestro del Grande Oriente d’ Italia. Avversato dal fascismo, nel 1922 dopo uno scontro armato tra militanti fascisti e repubblicani a Treviso, viene bandito dalla città per evitare rappresaglie. Nel 1924 è di nuovo eletto (XXVII Legislatura), unico deputato non fascista della sua provincia. Aderisce per disciplina di partito alla secessione dell’ Aventino, pur dichiarandosi contrario a rinunciare alle possibilità di lotta offerte dal Parlamento. Nel 1926 poco dopo l’ incendio della sua clinica, viene ufficialmente bandito dalla vita politica e il 9 novembre decade definitivamente dal mandato parlamentare. Dopo un breve esilio in Egitto, rientra in Italia ed è inviato al soggiorno obbligato a Mestre. Ivi vive indisturbato per tutto il ventennio fascista rispettato in quanto ex- combattente, tenendosi lontano dalla politica e dedicandosi alla professione di medico tisiologo. Dopo l’ 8 settembre 1943 organizza i primi nuclei partigiani nel triveneto. Nell’ aprile 1945 dirige l’ insurrezione di Mestre. Nel 1946 si candida alla Costituente, ma non viene eletto. Nel 1948 lascia i repubblicani, aderendo al raggruppamento social-comunista Fronte Democratico Popolare (Fro-De-Pop), che sarà sconfitto dalla DC il 18 aprile dello stesso anno. Esperto tisiologo, pubblica vari saggi sulla cura della tubercolosi. Avendo fatto largo uso della radiologia, muore dopo lunghe sofferenze per le conseguenze della prolungata esposizione ai raggi X.
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INSIGNITO DELLE SEGUENTI DECORAZIONI
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- 3 Croci di Guerra al V.M.
- 1 Promozione per meriti di Guerra
- M.A.V.M.
“Nel ripiegamento, alla testa della sua compagnia, reggeva l’ urto di forze nemiche enormemente superiori, e due volte muoveva al contrattacco, spezzandone momentaneamente l’ impeto. In seguito, completamente accerchiato, apriva con le armi la strada ai superstiti, compiendo lunga marcia notturna per impervie regioni.”
Conca di Fonzaso-Arsiè, 12 novembre 1917.
- M.A.V.M.
“Essendosi il nemico impadronito di un importante caposaldo, si slanciava al contrattacco e con provvida iniziativa dava ordine ad un altro reparto di concorrere all’ azione riuscendo così a scacciare l’ avversario dalla posizione temporaneamente occupata. Già distintosi per abilità e coraggio in un precedente fatto d’ arme.”
Col dell’ Orso, 25 novembre 1917
- M.A.V.M.
“Comandante di una compagnia in posizione assai difficile, contrattaccava con fulminea mossa l’ avversario ricuperando un forte caposaldo e disimpegnando così le nostre unità già scoperte e pericolanti. Coadiuvava poi efficacemente il proprio comandante di battaglione durante lo svolgersi dell’ azione, esempio mirabile di alto spirito militare e sprezzo del pericolo.”
Porte di Salton, 11 dicembre 1917
- M.A.V.M.
“Comandante di battaglione durante lo svolgersi di una decisiva azione avendo reparti staccati in luoghi diversi del fronte di combattimento e di rincalzo ed alle dipendenze dei comandanti le colonne operanti, sceglieva il luogo ove più intenso era il pericolo, per violentissimo e micidiale fuoco delle artiglierie, bombe e mitragliatrici nemiche. Colla persona eretta e col sereno disprezzo della morte, dava esempio di valore e di volontà di sacrificio ai suoi uomini lanciandosi all’ assalto.”
Monte Solarolo – Quota 1676, 26 ottobre 1918
- Grande Ufficiale dell’ Ordine al merito della Repubblica Italiana
Roma, 2 giugno 1953
- Medaglia d’ Oro al Valor Civile (alla memoria)
“Fra i pionieri della radioterapia, benché conscio del pericolo cui si esponeva, essendo ancora rudimentali le misure di protezione dei raggi X, perseverava appassionatamente nella propria opera di soccorso agli infermi e di profonda ricerca scientifica. Contaminato dalle radiazioni, senza rallentare mai la propria azione benefica, era costretto a sottoporsi a ripetuti e dolorosi interventi chirurgici alle mani ed alle ascelle, riportando, infine, l'amputazione completa del braccio sinistro. Con eroica determinazione non desisteva dal proprio lavoro, finché trovava atroce fine tra l'unanime compianto dei benefìcati e di quanti lo conoscevano. Luminoso esempio di abnegazione e di dedizione al dovere spinto fino all'olocausto.”
Montebelluna, 4 ottobre 1956
Padre Clemente Vismara, un mio compaesano probabilmente sconosciuto alla maggioranza di voi:
Nato ad Agrate Brianza nel 1897, eroe della prima guerra passa tre anni in trincea come fante e termina la guerra come sergente maggiore con tre medaglie al valor militare.
Capisce che “la vita ha valore solo se la si dona agli altri” (scriveva) e diventa sacerdote e missionario del Pime nel 1923 e subito parte per la lontana Birmania dov’è destinato a Kengtung, territorio forestale e montuoso abitato da tribali e quasi inesplorato, ancora sotto il dominio di un re locale (saboà) patrocinato dagli inglesi. Parte con due confratelli dall’ultima città col governatore inglese, Toungoo, e arrivano a Kengtung in 14 giorni a cavallo. Tre mesi di sosta per imparare qualcosa delle lingue locali e poi il superiore della missione in sei giorni a cavallo lo porta alla sua ultima destinazione, Monglin ai confini tra Laos, Cina e Thailandia.
Era l’ottobre 1924 e in 32 anni (con un’altra guerra mondiale in mezzo, prigioniero dei giapponesi), fonda tre missioni da zero che oggi sono parrocchie: Monglin, Mong Phyak e Kenglap. Ha con sé tre orfani che gli tengono compagnia, vivono in un capannone di fango e paglia, il suo apostolato è di girare i villaggi dei tribali a cavallo, piantare , riso e salsa piccante. E poi, fin dall’inizio porta a Monglin orfani o bambini abbandonati per educarli. In seguito fonda un orfanotrofio e viveva con 200-250 orfani e orfane. Oggi è invocato come “protettore dei bambini” e fa molte grazie che riguardano i piccoli.
Una vita poverissima e Clemente scrive: “Qui è peggio che quando ero in trincea sull’Adamello e il Monte Maio, ma questa guerra l’ho voluta io e debbo combatterla fino in fondo.
E’ morto nel 1988 a 91 anni nella seconda cittadella cristiana costruita a Mongping, dopo 65 anni di vita missionaria, uno dei fondatori della diocesi di Kengtung in Birmania, che i vescovi birmani hanno proclamato “Patriarca della Birmania” nei suoi 60 anni di Birmania (1983).
E' stato dichiarato Venerabile il 15 marzo 2008.
Papa Benedetto XVI ha approvato il miracolo a lui attribuito in data 2 aprile 2011.
Il 26 giugno 2011 è stato proclamato beato dal cardinale Angelo Amato, a nome del Santo Padre, durante la cerimonia di beatificazione presieduta dal cardinale Dionigi Tettamanzi in piazza del duomo a Milano.
Allegato 268040Allegato 268039
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L'attore, doppiatore e cantante Fausto Tommei (all'epoca famoso) da L'Illustrazione del Popolo del 1942.
Angelo Lombardi (1910-1996).
Nato a Genova da famiglia contadina, terminato il sevizio militare di leva si trasferì in Somalia nel 1933, iniziando l’ attività di cacciatore di belve. La sua curiosità e sensibilità nei confronti degli animali esotici lo spinse a non ucciderli ma piuttosto a catturarli vivi, sfruttando la conoscenza delle loro abitudini e della loro vita. Divenuto uno dei maggiori fornitori per i giardini zoologici, aprì anche un suo zoo privato a Salsomaggiore. Nel giugno 1940 fu richiamato alle armi come ufficiale di cavalleria. La sua familiarità con gli animali gli procurò le prime collaborazioni con l’ industria cinematografica. Esordì nel 1941 come controfigura di Massimo Girotti nel film La corona di ferro, diretto da Alessandro Blasetti, sostituendo il protagonista nella scena della fossa dei leoni. Partecipò come consulente di scena o scenografo, in parti dove necessitavano presenze di animali, alle seguenti pellicole italiane e internazionali:
Giungla, di Nunzio Malasomma (1941)
Inferno giallo, di Géza von Radványi (1942)
Due cuori fra le belve, di Giorgio Simonelli (1943)
Fabiola, di Alessandro Blasetti (1949)
Ben-Hur, di William Wyler (1959)
Cleopatra, di Joseph L. Mankiewicz (1963)
La Bibbia, di John Huston (1966)
Nel dopoguerra fu chiamato a Napoli per ricostruire lo zoo cittadino, distrutto dai bombardamenti alleati e saccheggiato dalla popolazione (nel 1944 i pochi animali superstiti erano stati macellati e le loro carne venduta a borsa nera). Esordì in RAI alla metà degli anni ’50 come conduttore televisivo, coadiuvato da Bianca Maria Piccinino e da Andalù Ghezzalì, un ex- ascaro eritreo rimasto in Italia dopo la guerra, già custode per molti anni del Museo Africano di Roma. La trasmissione intitolata L’amico degli animali andò in onda per settantotto puntate, dal 1956 al 1964. Primo esempio di documentario scientifico-educativo della televisione italiana, il programma aveva lo scopo di far conoscere ai teleutenti le varie specie, mostrandole dal vivo ed educando i giovani al rispetto degli animali. Ogni puntata si apriva con la celeberrima frase «Amici dei miei amici, buonasera...» e si chiudeva con l’ altrettanto celebre «Andalù, portali via!». In occasione delle Olimpiadi di Roma del 1960, Angelo Lombardi realizzò un moderno rettilario nei sotterranei della Stazione Termini, totalmente distrutto da un incendio alla metà degli anni ’70. Si battè a favore dell’ apertura dei primi zoo-safari in Italia a Pistoia e Fasano, dove gli animali potessero vivere fuori dalle gabbie. Nel 1976 ideò e realizzò un proprio Safari Park a Pombia, riunendovi le caratteristiche del parco faunistico e quelle del parco di divertimenti. Pubblicò svariati libri divulgativi sugli animali. Si spense all’età di 86 anni stroncato da un infarto nella sua abitazione, nel quartiere romano della Balduina.
Antonello Trombadori (1917-1993).
Nato a Roma dal noto pittore di origine siciliana Francesco Trombadori, studia nei prestigiosi licei romani Mamiani e Visconti. Compagno di scuola di Paolo Bufalini e Giulio Andreotti, intimo amico di Renato Guttuso e Bruno Zevi, frequenta l’ alta società romana, entrando in contatto con numerosi intellettuali dell’ epoca. Regolarmente iscritto alle organizzazioni giovanili del partito fascista, tra il 1937 e il 1940 partecipa ai Littoriali della Cultura e dell’ Arte. Giovanissimo giornalista, collabora con alcune delle più prestigiose riviste del ventennio quali La Ruota, Primato, Città, Corrente, Cinema. Avvicinatosi al Partito Comunista clandestino, vi si iscrive dopo l’entrata dell’Italia in guerra. Laureatosi in Lettere e Filosofia, è chiamato alle armi come ufficiale dei Bersaglieri. Inviato al fronte greco-albanese, rimane ferito e in breve tempo torna a Roma in licenza di convalescenza, aggregato al 2° Rgt. Bersaglieri. Nell’ ottobre del 1941 è arrestato con altri studenti e operai per avere organizzato proteste contro la guerra, diffondendo all’ Università di Roma etichette adesive e stelle filanti con frasi offensive contro Mussolini ed Hitler. Processato dal Tribunale Speciale con le accuse di ricostituzione del Partito Comunista d’ Italia, propaganda sovversiva, vilipendio al Capo del Governo e a un Capo di Stato estero, disfattismo politico. Benito Mussolini in persona gli propone la possibilità di proscioglierlo da ogni accusa in caso di pentimento pubblico. Nonostante il rifiuto di Trombadori, grazie all’ importanza della famiglia gli viene risparmiato il carcere e la condanna - relativamente mite - si limita al confino nella vicina Carsoli. Rientrato a Roma dopo il 25 luglio 1943 diventa responsabile della struttura militare del P.C.I. nella Capitale, agli ordini di Luigi Longo. L’ 8 settembre riceve armi e munizioni dal S.I.M. per ordine del generale del Regio Esercito Giacomo Carboni, rilasciandone regolare ricevuta e provvede a nasconderle in luoghi sicuri (tra i quali il Museo dei Bersaglieri a Porta Pia). Durante l’ occupazione tedesca entra in clandestinità e contribuisce alla creazione dei GAP, formazione terroristica incaricata di effettuare attentati nel territorio della Città Aperta. Arrestato dalle SS il 2 febbraio 1944, è detenuto a Via Tasso ed a Regina Coeli. Inviato al lavoro forzato sul fronte di Anzio, fugge riprendendo l’attività cospirativa fino al 4 giugno 1944. Dopo la liberazione organizza la mostra L’arte contro la barbarie. Nel 1945 presenta l’album di disegni di Guttuso Gott mit uns e nello stesso anno è consulente tecnico di Rossellini e Lizzani per le riprese del film Roma città aperta. Funzionario del P.C.I. nel dopoguerra, è responsabile della sicurezza di Palmiro Togliatti, critico d’ arte e cinematografico per L’Unità e Rinascita, fondatore della rivista marxista Il Contemporaneo, della quale sarà direttore dal 1954 al 1964. Consigliere comunale a Roma dal 1956 al 1966. Inviato speciale in Vietnam del Nord nel 1967. Deputato dal 1968 al 1983, è attivo in numerose commissioni parlamentari. Ostile al movimentismo della sinistra extraparlamentare, si schiera sulle posizioni comuniste moderate rappresentate da Giorgio Napolitano. Dal 1976 si avvicina al Partito Socialista Italiano, fino a dichiararsi non più comunista nel 1983 votando apertamente il P.S.I. di Bettino Craxi. Critico d’ arte, curatore di mostre retrospettive, autore di poesie e sonetti in dialetto romanesco, collaboratore del quotidiano romano Il Messaggero.
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INSIGNITO DELLE SEGUENTI ONORIFICENZE
Medaglia d’ Argento al Valor Militare
Distintivo d’ onore per i patrioti Volontari della Libertà
Medaglia commemorativa della Guerra di Liberazione
Aligi Barducci (1913-1944).
Fiorentino, nato nel quartiere Pignone da una modesta famiglia di lavoratori, comincia molto presto a lavorare continuando però a studiare privatamente. Presta servizio militare a Messina nel 1934. Mobilitato per l’ esigenza A.O. viene inviato in Somalia, dove rimane per due anni. Rimpatriato in Italia, dal 1938 lavora in vari uffici a Firenze, Chieti e Como. Nell’ ottobre 1940 ottiene il diploma di ragioniere e si iscrive alla Facoltà di Economia e Commercio dell’ Università di Firenze. Richiamato alle armi col grado di caporalmaggiore, è ammesso al corso A.U. a Pisa, uscendone come sottotenente di complemento. Durante il 1942 presta servizio prima a Como, poi in Liguria. Chiede il trasferimento nel 10º Reggimento Arditi di Santa Severa, divenendo comandante della pattuglia “La Potente”. Dopo un ciclo di operazioni a Pola contro i partigiani slavi, nel maggio 1943 è destinato in Sicilia col II Battaglione, nella zona di Acireale. In seguito ai combattimenti sostenuti dopo lo sbarco alleato, passa le linee rientrando in sede a Santa Marinella con i sopravvissuti del suo reparto. L’ 8 settembre vi viene sorpreso dalla notizia dell’ armistizio. Fedele al giuramento prestato al Re, a differenza di molti commilitoni si rifiuta di continuare a combattere insieme ai tedeschi e tenta senza successo di organizzare una resistenza nella campagna romana. Tornato a Firenze, ai primi di ottobre del 1943 contatta elementi antifascisti presenti in città. Assunto il nome di battaglia Potente, raggiunge una formazione partigiana nella zona di Montepulico. Nonostante l’ ostile diffidenza dei comunisti verso gli ufficiali del Regio Esercito, dimostra grande capacità diplomatica, mediando fra le diverse tendenze dei vari capobanda locali. Raduna tutti i partigiani della zona nella 22^ Brigata Garibaldi, intitolata a Lanciotto Ballerini divenendone il capo militare, sotto l’ occhiuta sorveglianza dei commissari politici imposti dal PCI. Il 29 giugno durante la “Battaglia di Cetica” si scontra con i Brandenburghesi, reparto speciale germanico assimilabile al 10° Arditi. Nel luglio 1944 diviene comandante della Divisione d’ assalto Garibaldi “Arno” (composta dalle brigate Lanciotto, Caiani, Sinigaglia e Fanciullacci), che dopo alcune azioni nel Mugello si sposta a Firenze. Nella lenta avanzata verso nord le truppe inglesi, che sono riuscite a stento a raggiungere l’ Oltrarno, dopo che la notte del 4 agosto sono saltati i ponti sull’ Arno, affidano ai partigiani il lavoro sporco di ripulire la città dalle retroguardie tedesche e dai cecchini fascisti, organizzati in gran numero da Pavolini. La sera dell’ 8 agosto durante un rastrellamento contro i franchi tiratori, Aligi Barducci rimane ferito – ufficialmente dallo scoppio di una granata nemica – mentre si dirige al distretto militare di Piazza Santo Spirito, per accordarsi con il comando alleato. Trasportato prima all’ infermeria del distretto, poi all’ ospedale da campo del Pian dei Giullari e infine all’ ospedale di Greve in Chianti, muore all'alba del giorno seguente all’ età di trentun anni. Insignito di M.O.V.M. alla memoria. Gli sono state intitolate vie a Firenze e in numerosi centri della provincia (Bagno a Ripoli, Borgo San Lorenzo, Certaldo, Figline Valdarno, Impruneta, Reggello, Rufina, San Casciano Val di Pesa, Scandicci, Sesto Fiorentino, Vicchio, San Giovanni Valdarno) oltre che a Castel S. Niccolò (Ar), Calcinaia (Pi) e Fiumicino (Rm).
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M.O.V.M. (alla memoria)
“Sfidando ogni pericolo consacrava la sua attività ad animare, suscitare, rafforzare il fronte della Resistenza in Toscana. Organizzatore dei primi distaccamenti partigiani in quella zona costituì la Brigata Garibaldi Lanciotto, la comandò in ripetuti durissimi scontri guidandola con intrepido valore ed alto spirito di sacrificio in vittoriosi combattimenti come quelli ormai leggendari per la difesa di Cetica. Comandante della Divisione Garibaldi Arno portava i propri reparti all’ avanguardia dell’ esercito alleato nella battaglia per la liberazione di Firenze. Affrontava eroicamente l’ ostinata e rabbiosa resistenza tedesca, apriva un varco tra le file nemiche e guidava i volontari italiani ad entrare combattendo primi in Firenze, sua città natale. Alla testa come sempre dei propri uomini mentre dirigeva l’azione dei Garibaldini contro le retroguardie tedesche asserragliate nella città, cadeva colpito da una granata nemica.”
Firenze, 9 agosto 1944
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Edgardo Sogno (1915-2000).
Iscritto all’ anagrafe come conte Edgardo Pietro Andrea Sogno Rata del Vallino di Ponzone. Conseguita la maturità classica, nel 1933 presta servizio nel Regio Esercito come sottotenente del Rgt. “Nizza Cavalleria”. Laureatosi in Giurisprudenza e in Scienze politiche, nel 1938 prende parte alla guerra di Spagna nel Corpo Truppe Volontarie pur non essendo fascista, ma monarchico e anticomunista. Nello stesso anno circola per Torino con una una stella di David sulla giacca, in segno di protesta per le leggi razziali. Nel 1940 entra in diplomazia e si trasferisce a Roma, dove frequenta noti antifascisti, tra i quali Benedetto Croce e Giaime Pintor. Contrario all’ alleanza coi tedeschi, il 10 giugno 1940, aperte le finestre della sua casa torinese, suona a tutto volume La Marsigliese, inno nazionale di un paese nemico. Richiamato alle armi col grado di tenente, alla fine del 1942 è destinato alla 4^ Armata italiana, che occupa la Francia meridionale. Nel maggio 1943 è arrestato a Nizza con l’accusa di alto tradimento, per aver auspicato pubblicamente la vittoria militare degli Stati Uniti. Rilasciato dopo il 25 luglio viene congedato. Dopo l’8 settembre 1943 si avvicina al Partito Liberale Italiano in clandestinità e ne diviene rappresentante nel CLNAI. Attraversato più volte il fronte, prende contatti col governo con il governo legittimo e con gli alleati, offrendosi di allestire una rete spionistica nelle regioni settentrionali. Paracadutato al nord con due compagni, crea e dirige l’ Organizzazione Franchi, formazione militare badogliana legata all’ Intelligence Service. Arrestato dai tedeschi a Genova il 31 marzo 1944, è rinchiuso nella Casa dello Studente ma riesce a fuggire. Oltre a gestire la sua rete spionistica, tra la fine del 1944 e l’ inizio del 1945 prende contatti con la Brigata Osoppo e, la X^ Flottiglia M.A.S. del comandante Borghese al fine di ostacolare per quanto possibile l’ invasione dei confini orientali da parte delle truppe di Tito. Il 2 febbraio 1945 tenta di liberare Ferruccio Parri, detenuto nell’ albergo Regina di via Santa Margherita, quartier generale delle SS a Milano. Introdottosi nell’ albergo in uniforme tedesca è riconosciuto, catturato e torturato. Inviato un campo di prigionia in provincia di Bolzano, vi resta fino alla fine del conflitto. Tra il 1945 ed il 1946 fonda e dirige le testate Corriere Lombardo e Costume. Dal settembre 1945 al giugno 1946 è deputato per il P.L.I. alla Consulta Nazionale. Dopo il referendum istituzionale del 2 giugno 1946 si appella più volte alla Corte di Cassazione, denunciando brogli elettorali. Abbandonata la politica in dissenso coi liberali, chiede e ottiene di essere reintegrato nella carriera diplomatica. Grazie al suo passato militare, nel 1951 è membro del Planning Coordination Group della NATO e si trasferisce a Londra alla segreteria dell’ Alleanza Atlantica. Nel 1952 frequenta i corsi del Defense College della NATO a Parigi, creato da Eisenhower per addestrare alla guerra psicologica contro il comunismo. Nel 1953 trasforma il giornale anticomunista Pace e Libertà nell’omonimo movimento, in realtà una cellula segreta destinata alla guerra non convenzionale, finanziata dalla CIA e assimilabile all’ Organizzazione Gladio. Durante e dopo l’ insurrezione ungherese del 1956, la rete di Sogno opera a Vienna esfiltrando oltre confine numerosi esponenti del governo di Imre Nagy. In qualità di diplomatico presta servizio nelle ambasciate italiane in Argentina, Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti. Nominato ambasciatore in Birmania, si dimette nel 1971 perchè le sue opinioni sulla guerra in Vietnam risultano sgradite al governo di centrosinistra. Dopo il rimpatrio fonda i Comitati di Resistenza Democratica, ai quali aderiscono numerosi ex partigiani non comunisti, tra cui Enrico Martini “Mauri” ed il giornale Resistenza Democratica, diretto da Enzo Tortora. Nello stesso periodo diviene anche vicepresidente dell’ associazione dei partigiani non comunisti Federazione Italiana Volontari della Libertà (FIVL). Convinto della necessità di una riforma costituzionale in senso presidenziale, Sogno prende contatti con Randolfo Pacciardi e Luigi Cavallo, si affilia al Grande Oriente d’ Italia e si iscrive alla loggia massonicaP2 di Licio Gelli. Nel 1974 è accusato da Luciano Violante, allora magistrato presso la Procura della Repubblica di Torino, di aver pianificato un colpo di stato sostenuto dall’ esercito, da ex partigiani liberali, repubblicani, monarchici ed anche da ex comunisti pentiti, al fine di mutare la Costituzione dello Stato e la forma di governo con mezzi non consentiti dall'ordinamento costituzionale. Detenuto per un mese e mezzo nel carcere romano di Regina Coeli, viene prosciolto anni dopo per non aver commesso il fatto. Avversario instancabile di tutte le ideologie totalitarie, in quegli anni Sogno è detestato dalla sinistra, ma poco amato anche dalla destra. Negli anni ’80 si avvicina al P.S.I. di Craxi, scrivendo anche sull’Avanti! e su MondOperaio. Dopo Tangentopoli riprende a sperare nella riforma presidenziale, scrive alcuni libri e collabora con Il Giornale e L’Indipendente durante la direzione di Vittorio Feltri. Nel 1996 si candida al Senato con Alleanza Nazionale a Cuneo ma, non eletto, si ritira definitivamente a vita privata.
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ONORIFICENZE ITALIANE
M.O.V.M.
“Spinto da generoso impulso fin dall’8 settembre 1943 si schierava contro i nazifascisti. Attraversate le linee di combattimento sollecitava di compiere una delicata e rischiosissima missione nel territorio italiano occupato dai tedeschi. Aviolanciato nelle retrovie nemiche, sfidava ogni rischio ed in breve tempo dava vita ad una complessa organizzazione clandestina di grande importanza militare e politica. Individuato e attivamente ricercato dalla polizia nemica, moltiplicava le sue energie e la sua attività contribuendo sensibilmente al potenziamento del movimento di liberazione dell’ Italia Nord Occidentale. Due volte arrestato dai nazifascisti, riusciva ad evadere ed incurante dei pericoli sempre maggiori che lo minacciavano, riprendeva con rinnovato fervore la sua audace missione. Per scopi informativi e per accompagnare influenti membri del Clnai si portava tre volte nell’ Italia liberata dopo audaci e fortunose vicissitudini. Caduto in mano nemica in drammatiche circostanze, nel generoso e disperato tentativo di salvare un influentissimo membro del movimento di liberazione, pur conscio di essere irrevocabilmente perduto, manteneva l'abituale serenità e sopportava virilmente la prigionia ove lo colse il giorno della liberazione alla quale aveva tanto valorosamente contribuito. ”
Italia Nord Occidentale, 8 settembre 1943 - 2 maggio 1945
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M.A.V.M.
“Volontario per un’ audace azione di guerra, veniva aviolanciato in territorio italiano occupato dai tedeschi, dove organizzava e dirigeva una salda formazione di patrioti. Per oltre un anno svolgeva, con azione audace ed avveduta un'intensa attività informativa, collaborando efficacemente al potenziamento del movimento di liberazione nazionale. Arrestato riuscì ad evadere e incurante dei gravi rischi a cui si esponeva, continuava ad assolvere la difficile missione, nel corso della quale attraversava due volte le linee nemiche del fronte di combattimento.”
Italia settentrionale 6 dicembre 1943 - 31 dicembre 1944
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Grand’ Ufficiale dell’ Ordine al Merito della Repubblica Italiana
Roma, 2 giugno 1974.
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Grand’Ufficiale dell’ Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro
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Croce di Guerra al Valor Militare
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Croce al Merito di Guerra - 3^ concessione
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Medaglia Commemorativa della Guerra di Spagna
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Medaglia di benemerenza per i volontari della Guerra di Spagna
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Medaglia Commemorativa della Guerra 1940-1943
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Medaglia Commemorativa della Guerra di Liberazione
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Medaglia di benemerenza per i volontari della Guerra 1940-1943
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Distintivo di Volontario della Libertà
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ONORIFICENZE STRANIERE
Bronze Star Medal (Stati Uniti d’ America)
“Per atti di eroismo, di merito e di servizio meritevole in zona di combattimento, durante la seconda guerra mondiale.”
Italia, 8 settembre 1943 - 2 maggio 1945
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Ermanno Gorrieri (1920-2004).
Nato a Magreta (Mo), figlio di un coltivatore diretto e di una maestra, nel 1928 si trasferisce a Modena per continuare gli studi. Nel 1935 aderisce all’ Associazione degli studenti medi di Azione Cattolica, conosciuta anche come “Paradisino” e ne diviene presidente dal 1937 al 1942. Iscrittosi alla Facoltà di Chimica dell’ Università di Modena, passa in seguito a Giurisprudenza. Si iscrive alla FUCI (Federazione Universitari Cattolici Italiani), è delegato diocesano studenti della GIAC (Gioventù Italiana di Azione Cattolica). Chiamato alle armi negli Alpini ad agosto del 1942, viene nominato sottotenente nell’ agosto 1943. L’ 8 settembre è in licenza a Magreta presso i genitori ed insieme ad altri giovani recupera armi ed equipaggiamenti abbandonati, occultandoli in vari luoghi dell’ Appennino. Fonda il Movimento giovanile per la rinascita, composto da cattolici e laici. Alla fine del 1943 rappresenta la DC nel comitato militare del CLN organizzando giovani cattolici per la diffusione di stampa clandestina, il sabotaggio, il salvataggio di ebrei e piloti alleati in collaborazione con le autorità ecclesiastiche. Nel 1944 sfugge alla polizia fascista e crea un primo nucleo di partigiani cattolici. Nel 1945 con il nome di battaglia “Claudio” partecipa alla Repubblica partigiana di Montefiorino e alle fasi finali della liberazione. Nel maggio 1945 segretario provinciale della DC. Nell’ ottobre 1946 presidente del CIS – Comitato di Intesa Sindacale tra DC, Acli, Aci, Cif, Coldiretti e Unione cooperative. Da marzo a giugno 1947 membro della Segreteria Provinciale della Camera del Lavoro. Da marzo 1947 a luglio 1948 membro della Commissione esecutiva e del Consiglio Generale dei sindacati e delle leghe della Camera del Lavoro. Membro della giunta esecutiva della DC di Modena sino al 1954. Segretario provinciale della Cisl dal 1950 al 1958. Membro del consiglio nazionale delle Acli dal 1948 al 1950. Laureato in Giurisprudenza all’ Università di Modena nel 1950. Membro del consiglio della Unione provinciale delle Cooperative dal 1947, vicepresidente dal 1948, presidente dal 1951 al 1960 e dal 1963 al 1967. Deputato DC dal 1958 al 1963. Membro delle commissioni agricoltura e lavori pubblici della Camera. Dirigente dell’ Ufficio Cooperazione della Direzione Nazionale DC. Dal 1966 al 1980 membro del Consiglio nazionale DC. Segretario regionale della DC dell’ Emilia Romagna dal 1966 al 1971. Membro del Comitato regionale per la programmazione economica e coordinatore del Piano di sviluppo dell’ Emilia Romagna dal 1968 al 1969. Dal 1970 al 1975 consigliere regionale dell’ Emilia Romagna. Ministro del lavoro e della previdenza sociale nel Governo Fanfani tra aprile e luglio del 1987. Esponente del cattocomunismo dopo Tangentopoli e il tracollo della DC, nel 1993 costituisce insieme a Pierre Carniti il Movimento dei Cristiano Sociali, auspicando una “nuova resistenza popolare” contro la destra berlusconiana. Nel 1998 confluisce nei Democratici di Sinistra, dei quali è uno dei fondatori.
Joséphine Baker fu il nome d’ arte di Freda Joséphine McDonald, una ballerina, cantante ed attrice cinematografica statunitensenaturalizzatafrancese nata a St. Louis nel 1906 e morta a Parigi nel 1975. Meticcia di sangue misto, metà afroamericana e metà pellerossa degli Appalachi, fu la prima star internazionale di colore. Fuggita di casa a 13 anni visse di espedienti, finchè riuscì a convincere il direttore del Boxer Washington Theatre a farle un provino. Joséphine iniziò così la carriera di ballerina nei piccoli teatri di St. Louis, finchè a sedici anni debuttò a Broadway in una grandiosa rivista, replicata per ben due anni. Il 2 ottobre 1925 venne in Europa con la Revue nègre, esibendosi a Parigi. Divenuta nel frattempo prima ballerina al teatro degli Champs-Elysées, con la sua bellezza esotica e il suo talento artistico mandò Parigi in delirio, tanto che il teatro registrò costantemente il tutto esaurito. Seppe unire il gusto piccante e ricercato del varietà francese al folklore della musica africana. Ballando il Charleston vestita solo di un gonnellino di sedici banane divenne un’ icona della vita parigina negli anni ’20, suscitando nei francesi l’ interesse per il jazz e le musiche nere. Dopo una tournée europea, nel 1927 si esibì alle Folies Bergère debuttando anche come cantante. Accompagnata da un leopardo al guinzaglio, terrorizzò gli orchestrali, facendo fremere di paura il pubblico. In quel periodo sposò segretamente il suo manager, il siciliano Giuseppe Abatino. Il matrimonio si concluse con la morte di lui 10 anni dopo. La sua tournée del 1936 negli Stati Uniti fu un insuccesso, in un paese ancora dominato dalla separazione razziale la sua era una figura scomoda e ritenuta dal pubblico “troppo europea”. Rientrata a Parigi nel 1937, ottenne la cittadinanza francese sposando il facoltoso imprenditore israelita Jean Lion, dopo essersi convertita all’ ebraismo. I due divorziarono solo due anni dopo a causa della feroce gelosia dell’ industriale e Joséphine tornò ad esibirsi in palcoscenico. Nel settembre 1939 fu arruolata come confidente dai servizi segreti francesi tramite Jacques Abtey, capo del controspionaggio militare a Parigi. Per questo motivo, frequentò l’ alta società parigina. Contemporaneamente si mobilitò a favore della Croce Rossa e visitò postazioni della Linea Maginot lungo il confine franco-tedesco insieme ad altre celebrità del mondo dello spettacolo. Dopo l’ invasione nazista, il 24 novembre 1940 si arruolò nei servizi segreti della Francia Libera, sempre avendo come tramite il comandante Abtey, che restò suo ufficiale di collegamento fino alla Liberazione. In quel periodo, pur continuando ad esibirsi sia in territorio occupato che nella Francia di Vichy, si fece carico di importanti missioni spionistiche, celando dei messaggi fra i suoi spartiti musicali. Operò prima in Francia poi nel Nordafrica francese, sotto la protezione di Si Ahmed Belbachir. In seguito allo sbarco alleato del novembre del 1942, fu ingaggiata come ausiliaria dal servizio femminile dell’ Armée de l’ Air, e tornò in territorio metropolitano francese sbarcando a Marsiglia nell’ ottobre 1944. Proseguì la sua attività a favore della Croce Rossa e cantò per i soldati al fronte, seguendo le truppe golliste fino al termine della guerra in Europa. Congedata col grado di capitano, fu decorata con la Legion d’ Onore da Charles De Gaulle. Nel 1947 sposò il direttore d’ orchestra Jo Bouillon, trasferendosi nel castello di Milandes in Dordogna, dove accolse ben 12 figli adottivi, provenienti da diversi paesi del mondo. Le crescenti spese la costrinsero ad aumentare le sue esibizioni, al fine di incrementare le entrate e proseguire la sua opera benefica. Il 6 marzo del 1960 fu iniziata in massoneria nella loggia La nouvelle Jérusalem, appartenente alla Grande Loggia Femminile di Francia. Sostenitrice e finanziatrice del movimento per i diritti civili degli afroamericani, nel 1964 partecipò a Washington alla marcia organizzata da Martin Luther King. Tale attività politica risultò sgradita alla massoneria francese, che quello stesso anno la espulse per indegnità dalla loggia La nouvelle Jérusalem. Ormai in bancarotta, ottenne dalla principessa Grace di Monaco un aiuto economico e il permesso di esibirsi per la Croce Rossa nel Principato di Monaco. Ciò le permise di superare le difficoltà finanziarie e acquistare un alloggio in Costa Azzurra, stabilendovisi definitivamente. Nella prima metà degli anni ’70 portò i suoi spettacoli in tutta Europa e negli Stati Uniti. La sua ultima esibizione fu a Parigi, la sera dell’11 aprile 1975. Poco dopo fu trovata esanime e morì per emorragia cerebrale nelle prime ore del 12 aprile. Ai funerali celebrati con rito cattolico nella Chiesa della Madeleine a Parigi, cui assistette una folla immensa, ricevette gli onori militari dovuti ai combattenti decorati. Venne sepolta nel cimitero del Principato di Monaco.
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Tra il 1927 e il 1973 partecipò a una dozzina tra film muti e parlati, che però non incontrarono il successo di pubblico sperato.
Die Frauen von Folies Bergères (1927)
La Revue des revues (1927)
La sirena dei tropici (1927)
La Folie du jour (1929)
Le Pompier des Folies Bergères (1930)
Zou-zou (1934)
La principessa Tam Tam (1935)
È arrivata la fortuna (1940)
Fausse alerte (1945)
An jedem Finger zehn (1954)
Acht nach 8 (1973)
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INSIGNITA DELLE SEGUENTI ONORIFICENZE
Cavaliere della Legion d’ Onore
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Croix de Guerre 1939-1945
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Medaglia della Resistenza
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Medaglia Commemorativa del servizio volontario nella Francia Libera
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Jim Garrison (1921-1992).
Nasce a Denison (Iowa), dove viene iscritto all’ anagrafe col nome di Earling Carothers Garrison, ma dopo il divorzio dei genitori si trasferisce con la madre a New Orleans (Louisiana). A 19 anni di età si arruola volontario nell’ U.S. Army, nel 1940. Viene promosso tenente d’ Artiglieria nel 1942. Brevettato pilota di velivoli leggeri per osservazione aerea, frequenta il corso di istruzione tattica a Fort Sill (Oklahoma). Trasferito nel teatro d’ operazioni europeo nel 1944, partecipa ad azioni belliche in Francia e Germania. Nel 1945 il suo reparto coopera alla liberazione di Dachau. Dal 1946 al 1963 presta servizio part-time come ufficiale di Stato Maggiore in unità di Artiglieria della Guardia Nazionale della Louisiana. Nel 1949 si laurea in Legge alla Tulane University e in seguito ottiene un master in Diritto Civile. Nei primi anni ’50 entra nell’ F.B.I. prestando servizio per due anni come agente speciale a Seattle e Tacoma. Viene eletto viceprocuratore distrettuale di New Orleans dal 1954 al 1958 e procuratore distrettuale di New Orleans dal 1961 al 1973. Persuaso dell’ esistenza di un complotto dietro l’ omicidio Kennedy, ritiene errate le conclusioni della commissione Warren. Nel 1967 incrimina per cospirazione Clay Shaw, un ambiguo uomo d’ affari legato alla CIA noto anche come Clay Bertrand, tentando di indurlo a rivelare i nomi di altri complici. Shaw si dichiara innocente, viene assolto nel 1969 e nel 1971 decide di fare causa a Garrison ma muore poco dopo di tumore. Oggetto di intimidazioni da parte di enti governativi, Jim Garrison viene arrestato per reati fiscali dall’ IRS (l’ equivalente statunitense della GdiF) nel 1971. Processato nel 1973 per corruzione e complicità col crimine organizzato, viene giudicato innocente ma perde le elezioni per il quarto mandato da procuratore distrettuale. Processato una seconda volta nel 1974 per evasione fiscale, viene nuovamente assolto. Nei sei anni successivi pratica la libera professione in uno studio legale e scrive un romanzo ispirato al caso Kennedy. Negli anni ’80 viene eletto giudice della quarta sezione d’ appello della Louisiana e in seguito collabora come consulente di Oliver Stone alla realizzazione del film JFK con Kevin Costner. Principale sostenitore della teoria del complottista, diffonde i lavori di ricercatori e storici indipendenti, persistendo anche nei suoi ultimi anni ad indicare le massime autorità del governo federale come responsabili dell’ omicidio di Dallas. Muore a New Orleans all’ età di 71 anni.