Visualizzazione Stampabile
-
Allegati: 1
Harold Godfrey Lowe (1882-1944).
Nato ad Eglwys Rhos, nel Galles del Nord, terzo di otto figli, si dimostrò fin da giovanissimo interessato alla vita di mare. A 14 anni scappò da scuola e si unì alla marina mercantile. Iniziò a lavorare come mozzo a bordo di golette costiere gallesi e in seguito su navi mercantili lungo la costa occidentale dell’Africa. Nel 1906 ottenne il patentino da secondo ufficiale di coperta; nel 1908 quello da primo ufficiale. Fu assunto alla White Star Line nel 1911 dopo aver ottenuto un certificato di capitano di lungo corso, sperimentando la navigazione su ogni tipo di nave: dalla goletta, al vascello fino a giungere alle navi a vapore. Servì come terzo ufficiale sulla Belgic e sulla Tropic prima di essere trasferito sul Titanic come quinto ufficiale, nel 1912. Nonostante i numerosi anni trascorsi in mare, il viaggio inaugurale del Titanic fu la sua prima traversata transatlantica. Quando a mezzogiorno del 10 aprile 1912 il Titanic partì da Southampton, Lowe era in plancia, intento ad impartire ordini via telefono. Il 14 aprile, terminato il proprio turno di guardia, si ritirò in cabina alle ore 20.00 restando addormentato anche quando, tre ore e quaranta minuti dopo, la nave entrò in collisione con un iceberg. Quando si svegliò e fu informato della situazione si vestì rapidamente, prese la pistola ed andò ad occuparsi della sicurezza dei passeggeri. Aiutò il terzo ufficialeHerbert Pitman, a imbarcare passeggeri sulla lancia n° 5, facendola poi calare a mare. Nel suo tentativo di salvare quante più persone possibili, Lowe fu costantemente ostacolato e messo sotto pressione dall’ amministratore delegato della White Star Line, Joseph Bruce Ismay, il quale lo costrinse insistentemente a riempire le lance con un numero molto esiguo di passeggeri. Alle ore 01.30 prese la decisione di comandare personalmente la lancia n° 14, ma in quel momento una massa di passeggeri di seconda e terza classe irruppe dai ponti inferiori mentre l’ imbarcazione stava per essere messa in acqua. Lowe sparò tre colpi di pistola per allontanare la folla che rischiava di rovesciare la lancia. Una volta in mare Lowe ordinò ai rematori di allontanarsi il più possibile dalla nave e quando essa si inabissò alle 02.20, la lancia n° 14 era a circa 140 metri di distanza. Subito dopo fece trasbordare i suoi passeggeri sulle altre lance semivuote e tornò indietro, nel tentativo di recuperare eventuali sopravvissuti. Fu l’ unico fra tutti a tornare indietro senza preoccuparsi di un eventuale assalto in massa con conseguente capovolgimento della barca. Riuscì a raccogliere solo quattro uomini, uno dei quali morì durante la notte di ipotermia. La maggior parte dei naufraghi finiti in acqua era stata uccisa quasi istantaneamente dalle temperature gelide, ma Lowe prese la via del ritorno solo quando le urla cessarono. Radunate le imbarcazioni più vicine, ne prese il comando, restando personalmente al timone della lancia n° 14 fino alle ore 04.00, quando lui ed il suo gruppo di imbarcazioni di salvataggio furono tratti in salvo dalla RMS Carpathia. Sbarcato con gli altri sopravvissuti del Titanic al Molo 54 del porto di New York il 18 aprile, Lowe fu chiamato a testimoniare dalla commissione d’ inchiesta del Senato americano. Resosi conto che l’ inchiesta americana mirava principalmente ad addossare la responsabilità del disastro sul comandante Smith e l’ equipaggio del Titanic, rispose in maniera fin troppo schietta, giudicata all’ epoca “irriverente”. Quando gli venne chiesto cosa fosse un iceberg rispose: “Ghiaccio, suppongo, signore”. Imbarcato sull’ Adriatic il 2 maggio, fu rimpatriato in Inghilterra. A Barmouth partecipò ad un ricevimento in suo onore presso il Picture Pavilion, cui parteciparono oltre 1.300 persone. In quella occasione gli fu donato un orologio d’oro con la scritta: “Regalato ad Harold Godfrey Lowe, quinto ufficiale dell’RMS Titanic, dai suoi amici di Barmouth e di altrove come riconoscimento e apprezzamento per i suoi coraggiosi nel naufragio del Titanic il 15 aprile 1912”. Nel 1913, sposò Ellen Marion Whitehouse ed ebbero due figli, Florence Josephine ed Harold William. Durante la prima guerra mondiale fu richiamato nella Royal Naval Reserve (RNR) prestando servizio sia a terra che imbarcato su navi da trasporto. Dopo la rivoluzione bolscevica fu inviato nel porto russo di Vladivostok a sostegno del contingente interalleato mandato in Siberia a sostegno dei russi bianchi. Fu congedato alla fine della guerra civile col grado di tenente di vascello. Ritiratosi a Deganwy con la famiglia, morì all’età di 61 anni e fu sepolto presso il cimitero parrocchiale di Llandrillo-yn-Rhos, nel distretto gallese di Conwy.
-
Allegati: 1
-
Molto bella la foto di Eddy Sogno. Apparve anche su un libro, io ne ho una stampata in originale d'epoca che fu venduta ad un collezionista come ufficiale delle SS Italiane. Lo riconobbi io ed il "collega" me la cedette =)
-
Allegati: 1
Luigi Granotti, alias “Biundìn”, alias “Il Biondo”, alias “Luigi”, è il secondo uomo del regicidio di Monza. La sua presenza sul luogo dell’ attentato smentisce la tesi ufficiale del gesto isolato, subito accreditata dalle autorità italiane e sostenuta anche dallo stesso Gaetano Bresci durante il processo per direttissima, svoltosi appena un mese dopo il fatto. I documenti recentemente desecretati dal Ministero degli Interni, le carte segrete di Giovanni Giolitti conservate all’ Archivio di Stato e una inchiesta sull’ attività degli anarchici italiani negli Stati Uniti (commissionata dal governo statunitense all’ investigatore italo-americano Joe Petrosino, capo dell’ Italian branch del N.Y.P.D.) concordano nel ritenere che l’ uccisione di Umberto I a Monza sia stata attuata non da un singolo individuo, ma da una nutrita squadra di attentatori ben addestrati, reclutati nella comunità anarchica di Paterson (New Jersey). Si trattò in realtà solo di un episodio della lunga “guerra non convenzionale” contro la monarchia sabauda, portata avanti in segreto tra il 1861 e il 1914 da Maria Sofia di Borbone, ultima regina del Regno delle Due Sicilie ed eroina dell’ Assedio di Gaeta, nel tentativo di destabilizzare lo stato unitario e restaurare l’ autorità borbonica nell’ Italia meridionale. Il progetto di uccidere re Umberto I prese forma durante numerose riunioni segrete tenutesi nel 1898 a Villa Hamilton, la residenza della sovrana in esilio a Neully. Vi parteciparono a vario titolo nobili meridionali legittimisti, alti prelati legati al Vaticano, membri dell’ ambasciata Austro-ungarica a Parigi, i servizi segreti militari francesi (per i quali la presenza dell’ Italia nella Triplice Alleanza rappresentava un pericolo concreto), il banchiere ebreo Rudolf Rothschild, il deputato socialista-rivoluzionario torinese Oddino Morgari e i terroristi anarco-individualisti Charles Malato ed Errico Malatesta. A questi ultimi fu affidato il compito di reclutare la squadra dei killers fra gli anarchici italiani di Paterson (quasi tutti settentrionali provenienti dalle capitali italiane dell’ industria tessile: Prato, Biella, Vercelli e Como) ed addestrarli all’ uso delle armi. Come sarebbe accaduto per l’ omicidio di JFK a Dallas 60 anni dopo, tali dirompenti verità furono subito nascoste all’ opinione pubblica e lo stesso Vittorio Emanuele III salendo al trono diede prova di insolito equilibrio e moderazione, considerate le tragiche circostanze della successione. Sarebbe stato molto pericoloso e sia per l’ istituzione monarchica che per lo stato unitario ammettere l’ esistenza di un complotto – e dunque di una corrente legittimista borbonica ancora presente nel meridione – a tanti anni dall’ unificazione nazionale. Peggio ancora, se si fosse saputo del coinvolgimento di funzionari di stati esteri ufficialmente ritenuti amici (la Francia) o alleati (l’ Austria), una grave crisi diplomatico-militare sarebbe stata inevitabile. Dunque si adottò la comoda versione dell’ attentatore isolato, spinto dall’ individualismo anarchico e Gaetano Bresci dopo la condanna all’ ergastolo fu “suicidato” nel penitenziario di Santo Stefano, mettendo così a tacere uno scomodo testimone. Molti anni dopo Errico Malatesta (che morirà ottantenne nella sua casa romana nel 1932) dichiarò:
“Il regicidio, come sapete tutti, non fu un gesto individuale come allora si andò cianciando, bensì un complotto organizzato con tutte le regole sia nella preparazione, sia nell’ esecuzione, sia nelle necessarie complicità”.
Luigi Granotti nasce a Sagliano Micca (VC) il 15 novembre 1867, frequenta le scuole fino alla 3^ elementare, dedicandosi poi al mestiere di cappellaio. E’ chiamato alle armi nel 1888 e presta il servizio di leva nel 76° Reggimento Fanteria a Girgenti e poi a Messina, senza manifestare particolari idee politiche. Congedato nell’ agosto 1890, nel maggio1894 emigra raggiungendo il fratello Giuseppe, già da tempo in America. E’ dunque negli Stati Uniti che il giovane si radicalizza e viene coinvolto nel progetto di regicidio. Risiede a Paterson, come Bresci. Lavora come tessitore, come Bresci. Frequenta il gruppo anarchico Diritto all’esistenza, come Bresci. Nel maggio del 1900 si imbarca alla volta dell’ Italia, come Bresci (ma su una nave diversa). E’ armato di un revolver di produzione statunitense, della stessa marca, modello e lotto di produzione di quello usato da Bresci. Si sposta tra Bologna, Milano e Monza, incontrando terze persone non identificate e scambiando numerosi telegrammi con Gaetano Bresci nella fase preparatoria dell’attentato. I due si incontrano a Milano e a Monza. Il 29 luglio 1900 a Monza, Bresci e Granotti armati di pistola entrano – ciascuno da un diverso ingresso – nel campo sportivo di via Matteo da Campione, sede del saggio ginnico dell’ associazione « Forti e Liberi ». Dopo il regicidio Granotti abbandona in un cespuglio l’ arma che non ha avuto occasione di usare (verrà poi rinvenuta dagli inquirenti) e si allontana senza suscitare sospetti. La presenza di almeno due killers all’ interno del campo (e probabilmente altri all’ esterno, lungo le strade circostanti) si spiega con la necessità di non lasciare comunque scampo alla carrozza reale, qualora Bresci fosse stato catturato o avesse sbagliato mira. La sera successiva Granotti torna a Sagliano Micca per salutare i parenti, espatriando poi in Svizzera e dirigendosi a Parigi. Giunto nella capitale francese sotto la protezione dei servizi segreti d’ oltralpe, gli viene consegnato un passaporto italiano intestato a Isidoro Besso, grazie al quale raggiunge la Gran Bretagna facendo perdere ogni sua traccia (ma la polizia italiana è da subito convinta che si sia imbarcato per gli Stati Uniti sotto falso nome). Con sentenza del 25 novembre 1901 è condannato all’ergastolo in contumacia quale complice di Bresci. Negli anni successivi polizia e servizi segreti italiani continuano in segreto a ricercarlo. Rapporti confidenziali – forse veri e propri depistaggi – seguono i suoi presunti spostamenti all’ estero. Viene segnalata la sua presenza a Buenos Aires, Shanghai, Pechino, Londra, San Paolo del Brasile, Chicago, New York, Saint-Louis, Kansas City, Zanzibar. In seguito viene segnalato anche in Spagna, Portogallo, Svizzera, Australia, Nuova Caledonia, Transvaal, Messico. Nel 1918 la Prefettura di Novara annota: “E’ tuttora latitante, si ritiene si trovi in America”. Nel 1941 la Prefettura di Vercelli lo colloca in “America del Nord a recapito sconosciuto”. In realtà, tornato a Paterson già nel 1902, Luigi Granotti visse sino a tarda età sotto falso nome, protetto dall’ omertà della comunità anarchica locale. Lo conferma il fatto che la notizia della sua morte – avvenuta a New York il 30 ottobre 1949 – fu pubblicata solo il 3 dicembre dello stesso anno, sul giornale L’Adunata dei refrattari, organo ufficiale degli anarchici italiani negli Stati Uniti.
-
Allegati: 1
Antonio Morese (n. 9/12/1935 - m. 5/12/2021), in arte Tony Santagata, cantautore di origini pugliesi, fu anche autore, attore, conduttore di programmi televisivi sulle reti pubbliche e private.
Prestò servizio di leva nel 1963/64 come A.U.C. carrista alla Scuola Truppe Corazzate di Caserta e poi come S./Ten. di Complemento a Civitavecchia sui carri armati M-47. Purtroppo dato che il suo decesso risale solo a ieri non sono riuscito a recuperare una sua foto in uniforme anche se sono a conoscenza del fatto che esistono. Spero poter colmare la lacuna a giorni. Cito a titolo di curiosità che nel 1995 scrisse un inno per i carristi intitolato "Dal carro un canto d'amore" presentato in occasione del XIV Raduno Nazionale dei Carristi d'Italia. Per chi fosse interessato riporto inno ed articoli correlati nella sezione apposita del forum.
-
Allegati: 1
Ugo Mattone, in arte Ugo Pirro (1920-2008).
______________________________________
Ugo Mattone (1920-2008) giornalista, scrittore, sceneggiatore e regista cinematografico col nome d’arte Ugo Pirro. Nativo di Battipaglia, milita nelle organizzazioni giovanili fasciste e poi nel G.U.F. sino a partecipare ai Littoriali della Cultura. Sottotenente di fanteria volontario di guerra, dal 1941 combatte in Jugoslavia. Nel 1942 ottiene il trasferimento alla specialità paracadutisti brevettandosi alla scuola paracadutisti di Viterbo. Assegnato col grado di tenente alla Divisione “Nembo” schierata in Sardegna, all’armistizio dell’8 settembre 1943 manifesta apertamente i propri sentimenti fascisti e - come molti altri paracadutisti ostili alla cobelligeranza badogliana - viene allontanato dalla G.U. destinata a costituire il Gruppo di Combattimento “Folgore”. Rimasto sull’isola e impiegato come manovalanza in un reparto di retrovia, alla fine del 1943 aderisce al Comitato regionale fascista clandestino, operante in provincia di Sassari. Il movimento composto da militari in servizio e in congedo, funzionari pubblici e studenti universitari, è scoperto nel marzo 1944. Processato dal tribunale militare di Cagliari per associazione antinazionale, cospirazione mediante associazione per alto tradimento, tentativo di intelligenza col nemico, tentativo di rivelazione di segreti militari al nemico, propaganda antinazionale, diffamazione e diserzione, è condannato in contumacia a 11 anni di reclusione, alla degradazione ed alla interdizione perpetua dai pubblici uffici. Fuggito via mare, attraversa le linee raggiungendo la R.S.I. e presta servizio per qualche mese nelle FF.AA. repubblicane. Poco prima del 25 aprile 1945 si unisce ai partigiani col nome di battaglia Ugo Pirro (che manterrà come pseudonimo durante la lunga e fortunata carriera artistica nel dopoguerra). Dopo la liberazione diviene attivo militante del P.C.I. che ne sostiene la latitanza e lo fornisce di documenti falsi. Nel 1946 è sospettato dai qualunquisti di un attentato contro un teatro di San Benedetto del Tronto. Giornalista nella redazione romana de l’ Unità, nel 1947 segue il processo Graziosi a Frosinone ma è identificato dai Carabinieri ed arrestato nell’ aula del tribunale. In quello stesso anno l’ amnistia Togliatti lo rimette in libertà. Dagli anni ’50 alterna l’ attività di scrittore con quella di sceneggiatore, collaborando con registi del calibro di Lizzani, Petri, De Sica, Damiani, Pontecorvo. Esponente di primo piano del cinema di impegno civile tra la fine degli anni ’60 e la metà degli anni ‘70, fiancheggiatore e finanziatore del movimento studentesco, nel 1968 occupa con altri cineasti di sinistra la Mostra del Cinema di Venezia, interrompendone i lavori. In seguito si dedica alla regia e all’ attività didattica, insegnando sceneggiatura al Centro sperimentale di cinematografia. Muore a Roma all’età di 88 anni.
_____________
Nominato al Premio Oscar per la migliore sceneggiatura originale del film “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto” (1972)
Nominato al Premio Oscar per la migliore sceneggiatura non originale del film “Il giardino dei Finzi-Contini” (1972)
Premio Flaiano alla carriera (1986)
Premio David di Donatello per la sceneggiatura del film “Celluloide” (1996)
_____________
Foto in uniforme Nembo non reperibile.
-
Allegati: 1
Lucillo Merci
___________________________
Lucillo Merci (1889-1984) lauereato in lettere, insegnante, direttore didattico di una scuola elementare di Bressanone. Bilingue italiano/tedesco. Richiamato nel 1940 in fanteria combatte sul fronte francese, in Albania e in Grecia. Trasferito al consolato di Salonicco come ufficiale di collegamento con le autorita’ tedesche e interprete, collabora da ottobre 1942 a giugno 1943 con il console italiano Guelfo Zamboni e dal luglio 1943 al settembre dello stesso anno col suo successore Giuseppe Castruccio. Trasferendo con una tradotta militare molte centinaia di ebrei ad Atene in zona di occupazione italiana, sottraendoli alla deportazione nei campi di sterminio. Dopo l’ armistizio, in quanto altoatesino non viene internato dai tedeschi e rientrato in Italia nel dicembre 1943 torna alla vita civile. Nel 1944/45 e’ direttore didattico di una scuola elementare di Oltrisarico –Asiago (una circoscrizione di Bolzano). Alla fine del conflitto come tutti i dipendenti pubblici italiani rimasti in servizio sotto gli occupanti tedeschi in Alto Adige, non viene epurato e continua la sua carriera sino alla pensione.
-
Allegati: 5
Ferruccio Lamborghini (1916-1993).
Figlio di contadini, durante la 2^g.m. è arruolato come Autiere ed assegnato a Rodi (Egeo) presso il 50° Autoreparto Misto di Manovra, alle dirette dipendenze del Comando FF.AA. Rodi si specializza nella manutenzione dei motori Diesel. Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 col resto del personale dell’autocentro si dà alla macchia ma dopo poche settimane rientra in città e ottiene il permesso dal comando tedesco di aprire una piccola officina civile alle loro dipendenze. Dopo la resa tedesca nel 1945 continua la sua attività per le truppe inglesi, pagato in sterline oro. Rimpatria in Italia nel 1946 dove sfruttando la sua esperienza nei motori intraprende la costruzione artigianale di “Carioche” per uso agricolo sfruttando parti di veicoli militari residuati bellici, creando in seguito una vera e propria industria che spazierà negli anni dai trattori alle auto di lusso.
-
Allegati: 3
Florestano Brega in arte Mario.
__________________________
Florestano Brega, in arte Mario Brega (1923-1994). Figlio del falegname Primo Brega, noto ex-atleta olimpico già campione nazionale di corsa sui 5000 ed i 10000 metri negli anni venti. Trascorre l’infanzia nel popolare quartiere romano dell’Ostiense e all’inizio degli anni quaranta passa da un lavoro saltuario all’altro (operaio alle Officine Elettromeccaniche Italiane OMI, fuochista al gazometro Ostiense della Romana Gas, bigliettaio dell’Azienda Tramvie Autobus Governatorato ATAG sulla linea 23) finché la sua classe viene chiamata alle armi. Assegnato al personale di macchina della Regia Marina su un moderno incrociatore, la R.N. Eugenio di Savoia. Partecipa a numerose azioni di guerra contro le navi inglesi, finché il 4 dicembre 1942 la sua nave alla fonda nel porto di Napoli viene gravemente danneggiata da una incursione di bombardieri B-24 americani. In quella occasione si distingue prodigandosi in favore dei numerosi commilitoni feriti e viene a sua volta colpito gravemente alla testa da una scheggia. Ricoverato in ospedale militare, gli viene applicata una placca metallica nel cranio. Al momento di rientrare in servizio, simulando abilmente un accesso di follia ottiene il congedo definitivo per invalidità e la relativa pensione, il che lo convince di poter avere un futuro come attore. Rientrato a Roma, per sostenere la numerosa famiglia si dedica alla borsa nera e nel biennio 1944/45 insieme al fratello si reca diverse volte alla pineta del Tombolo e al campo POW di Coltano. Nel dopoguerra grazie al fisico robusto e alla grinta da romano verace debutta come attore caratterista, adottando il nome d’arte Mario Brega. Dall’inizio degli anni cinquanta partecipa a numerose pellicole in piccole parti, ma raggiunge la notorietà presso il grande pubblico solo relativamente tardi, grazie ai western di Sergio Leone e alle commedie di Carlo Verdone. Negli ultimi anni di vita una grave forma di diabete lo costringe a diradare la sua attività cinematografica. Muore di infarto a Roma all’età di 71 anni e viene tumulato nel cimitero del Verano.
-
Allegati: 1
Conte Luigi Orazio Vinci Gigliucci (1899-1963).
Laureatosi in Giurisprudenza nel 1912, intraprende la carriera diplomatica prestando servizio nelle seguenti sedi:
Parigi (1915-1918)
Delegazione italiana alla Conferenza di pace di Versailles (1919)
Budapest (1920-1924)
Roma – Ministero Affari Esteri (1924-1932)
Addis Abeba (1932-1935)
Budapest (1936-1940)
Ultimo ambasciatore italiano in Abissinia, nel 1935 su sua richiesta è messo a disposizione del Ministero della Guerra, partecipando al conflitto italo-etiopico come ufficiale delle CC.NN. Nel secondo conflitto mondiale viene mobilitato dal Regio Esercito. Si dimette dalla carriera diplomatica dimettendosi dopo il referendum istituzionale del 2 giugno 1946.
-
Allegati: 5
Pietro Barilla
__________
Pietro Barilla (1913-1993). Rampollo della nota famiglia di imprenditori, allo scoppio della 2^g.m. viene chiamato alle armi e ottiene di prestare servizio come Autiere, specialità ritenuta relativamente sicura. Col suo autoreparto viene mobilitato per le campagne di Jugoslavia e Russia tra il 1941 e il 1943.
-
Allegati: 1
Sergio Endrigo (1933-2005). Cantautore, musicista, paroliere, scrittore e attore nato a Pola. Nel 1947 in seguito alla cessione delle regioni orientali alla Jugoslavia si trasferisce come profugo insieme alla madre prima a Brindisi e poi a Venezia. Nel 1954 presta servizio militare alla Scuola Autoblindo di Caserta.
-
Allegati: 3
Árpád Weisz (Solt, 16 aprile 1896 – Auschwitz, 31 gennaio 1944), è stato un calciatore e allenatore di calcio ungherese. Dopo una breve esperienza calcistica nel campionato italiano degli anni venti, iniziò una brillante carriera di allenatore vincendo uno scudetto con l’Ambrosiana, ad appena trentaquattro anni, e altri due con il Bologna. In quanto ebreo fu vittima delle leggi razziali in Italia. Traferitosi nei Paesi Bassi, con l’occupazione tedesca durante la seconda guerra mondiale fu arrestato e deportato, dapprima nel campo di transito di Westerbork, successivamente ai campi di lavoro e infine ad Auschwitz, dove trovò la morte per mano nazista. Nacque a Solt, in Ungheria, figlio di Lazzaro e Sofia Weisz, entrambi ebrei. Dopo il diploma liceale iniziò a frequentare l’Università di Budapest, dove si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza. Dovette però lasciare prematuramente gli studi a causa della prima guerra mondiale. Combattendo col grado di Gefreiter (caporale) nell’esercito austro-ungarico, venne fatto prigioniero sul fronte italiano nel 1915 ed internato come prigioniero di guerra a Trapani fino al 1918. (Purtroppo non restano sue foto in uniforme e solo un modulo stampato ne attesta il servizio prestato come caporale nel 92° I.R./5° Ungherese). Durante la sua carriera da calciatore tra il 1919 e il 1926 militò nelle squadre del Törekvés, del Maccabi Brno, dell’Alessandria e dell’Inter. Ritiratosi in seguito a un grave infortunio al ginocchio, dal 1926 al 1938 allenò in Italia l’Alessandria, l’Inter (rinominata Ambrosiana su pressione del governo fascista), il Bari, il Novara e il Bologna. Vinse un campionato con l’Ambrosiana e altri due col Bologna. Durante il suo soggiorno italiano in ossequio alle leggi autarchiche fasciste italianizzò il suo nome in Arpad Veisz. In seguito alla proclamazione delle leggi razziali, nonostante l’amicizia col gerarca bolognese Leandro Arpinati, nel 1938 venne rimosso dall’incarico e costretto a lasciare l’Italia con la moglie Ilona (Elena) Rechnitzer e i due figli Roberto e Clara, nati a Milano rispettivamente nel 1930 e nel 1934. Dopo un breve soggiorno a Parigi trovò un ingaggio come allenatore della squadra olandese del Dordrecht dove rimase fino al 1941. Dopo l’invasione nazista dei Paesi Bassi fu costretto a lasciare il lavoro e a subire le sempre più stringenti misure repressive attuate dagli occupanti. Lui e la famiglia inizialmente riuscirono a sopravvivere nella piccola città olandese, grazie all’aiuto economico dei dirigenti della sua ex-squadra, ma il 2 agosto 1942 i Weisz vennero arrestati dalla Gestapo. Pochi giorni dopo arrivarono nel campo di transito di Westerbork. Il successivo 2 ottobre furono imbarcati su un treno diretto ad Auschwitz. Arrivati nel campo il 7 ottobre, Elena, Roberto e Clara vennero subito condotti alle camere a gas. Arpad, insieme ad altri 300 uomini, venne fatto scendere dal convoglio a Cosel, in Polonia, per essere poi mandato in campi di lavoro dell’Alta Slesia. Dopo quindici mesi di lavori forzati, Weisz venne definitivamente ricondotto ad Auschwitz e gasato il 31 gennaio 1944, a 47 anni. Di fatto dimenticato e caduto nell’oblio in Italia per quasi sessant’anni, nel 2007 il suo nome è stato riscoperto grazie al giornalista Matteo Marani, il quale ne ha ricostruito la storia. Solamente nel 2009, su iniziativa del Comune di Bologna, è arrivata la prima commemorazione ufficiale a Weisz, con l’apposizione di una targa a lui dedicata sotto la torre di Maratona dello stadio Renato Dall'Ara. Nel 2018 gli è stata ulteriormente intitolata la curva San Luca dell’impianto. Nel 2012, in occasione del Giorno della Memoria, fu posta una targa allo stadio Giuseppe Meazza di Milano, per ricordare il tecnico del terzo scudetto nerazzurro. Nel 2013 gli è stato dedicato il quarto di finale di Coppa Italia tra Inter e Bologna, coi giocatori delle due squadre entrati in campo con una maglia commemorativa. Nello stesso anno è stata apposta una targa commemorativa allo stadio Silvio Piola di Novara. Nel 2014 anche la città di Bari gli ha reso omaggio, intitolandogli una via nei pressi dello stadio San Nicola.
-
Allegati: 3
Karl Holter (1885-1963). Attore cinematografico e teatrale, scrittore e giornalista norvegese popolarissimo nel suo paese tra gli anni venti e gli anni trenta, nel 1941 aderì al partito filonazista Nasjonal Samling, fondato da Vidkun Quisling. Nel 1942 come molti suoi compatrioti si offrì volontario nelle SS e nonostante la non giovane età (57 anni) dopo un breve addestramento fu inviato come corrispondente di guerra sul fronte di Leningrado da ottobre 42 al marzo 43. Processato per alto tradimento dal governo monarchico rimesso al potere dagli alleati nel 1945, fu condannato a 3 anni e 3 mesi di lavori forzati e alla temporanea revoca dei diritti civili. Dopo aver scontrato la pena fo rimesso in libertà e continuò la carriera di scrittore sino alla morte a 77 anni.
-
Io che sono in provincia di Bologna questo personaggio ( arpad)lo conoscevo discretamente,mentre assolutamente sconosciuto quello successivo
-
Allegati: 2
Wolfgang Dohnberg (Riga, 1898 - Monaco di Baviera, 1959)
Attore cinematografico e teatrale attivo in Germania fin dagli anni '20 allo scoppio della 2^g.m. fu arruolato come agente ausiliario di polizia continuando però a esibirsi nei teatri di Berlino in spettacoli al fronte per la Wehrmacht. La pubblicazione di una sua foto in uniforme in un numero speciale della rivista illustrata SIGNAL dette una svolta impensata alla sua carriera. Sopravvissuto al conflitto e trasferitosi nella Germania Ovest nel 1946 fu il protagonista del primo film girato dopo la caduta del nazismo (Gli assassini sono fra noi) e continuò a recitare in teatro, televisione e alla radio sino alla morte per ictus. Ma per via della foto suddetta divenne il simbolo del poliziotto tedesco, recitando per tutti gli anni '50 in piccole parti da caratterista in numerosi film tedeschi ambientati nel periodo bellico, sempre come bonario e attempato agente di formazione guglielmina, buon padre di famiglia apolitico se non antinazista, sempre contrapposto alle cattive SS. Ciò era funzionale alla narrazione che il governo della RFT faceva all'epoca, impegnato a costruire una nuova Polizei, facendo dimenticare le origini naziste del corpo e le responsabilità dei Btg. mobilitati all'Est nello sterminio degli ebrei polacchi e sovietici.
-
Allegati: 2
ROBERT MARSHALL COWELL a.k.a ROBERTA ELIZABETH COWELL
Negli anni cinquanta la sensibilità dell’opinione pubblica era ben diversa da quella odierna riguardo ad argomenti come disforia di genere e transessualità, dunque si può comprendere come i primi casi di cambiamento di sesso avvenuti per via chirurgica in nord Europa e nei paesi anglosassoni provocassero un interesse talvolta malsano nella popolazione italiana, stupita ancor più dal fatto che autorevoli tribunali statali avessero certificato legalmente la variazione dei dati anagrafici, cosa ancora inconcepibile alle nostre latitudini. Nella putibonda italietta postbellica, egemonizzata dallo strapotere vaticano e stretta tra il moralismo veterostalinista del PCI e l’ipocrisia cattolica della DC (esistevano ancora le case chiuse, il reato di stupro si estingueva a seguito di opportuno matrimonio riparatore e il delitto d’onore era eletto dal codice penale a baluardo della fedeltà coniugale). Si verificò però un fenomeno particolare degno di venire analizzato. L’occhiuta censura governativa da sempre attenta a proteggere le menti dei cittadini da idee pericolose e notizie scabrose – e fra queste ultime si annoverava inderogabilmente qualsiasi cosa che avesse pur lontanamente a che fare con la sessualità – iniziò improvvisamente a dare grande risalto a tali casi, sbattendoli come fenomeni da baraccone con grande evidenza sulle pagine dei rotocalchi popolari a grande tiratura, solitamente accompagnati da articoli oscillanti tra il compatimento e l’irrisione per quelli che erano ipocritamente definiti “dolorosi casi clinici”. Dato che a quel tempo per motivi meramente anagrafici gran parte delle persone che si sottoponevano al cambiamento di sesso affrontando grandi sofferenze sia dal punto di vista fisico oltre che psicologico (chirurgia plastica e terapie ormonali dell’epoca possono essere definite nel migliore dei casi rudimentali) avevano partecipato all’ultimo conflitto mondiale o almeno prestato il servizio militare obbligatorio nel loro paese, a corredo degli articoli non mancava mai una loro foto in uniforme. Si ricordano tra i primi l’ex-Marine statunitense George W. Jorgensen, l’ex-sergente dell’esercito elvetico Arnold André Leber, l’ex- tenente pilota della R.A.F. Robert Marshall Cowell. In realtà così facendo i censori democristiani di solito molto attenti a far sparire dall’orizzonte degli italiani qualsiasi notizia minimamente sovversiva o peccaminosa, intendevano quasi certamente risollevare l’autostima nazionale dei nostri poco acculturati se non semianalfabeti connazionali, nei confronti dello straniero. Trattando un tema delicato come quello in oggetto evidenziandone il lato scandalistico e pruriginoso, davano fiato al mai sopito italico gallismo, rinfocolando inoltre dubbi atavici sulla presunta poca virilità dei popoli nordici rispetto a quelli mediterranei. Assai meno nascosta era la soddisfazione di un popolo povero ormai definitivamente sconfitto e sottomesso, quando protagonista della notizia era un militare angloamericano. In tal modo – quasi potesse essere una forma di risarcimento postumo per la guerra disastrosamente perduta e la definitiva scomparsa del sentimento di unità nazionale – i lettori potevano darsi di gomito e consolarsi pensando che “quelli avranno pure vinto, ma da noi per fortuna certe cose non succedono”.
___
Seguono foto e bio di Robert Cowell apparse sulla stampa italiana nel 1954.
-
Chiedilo ad Alan Turing come era avanti il Regno Unito in quegli stessi anni...
-
Lo so bene, ma quella di Alan Turing che pur dovette subire un umiliante processo per sodomia sulla base del codice vignte in GB e fu costretto a terapie sperimentali di stampo nazista che lo spinsero al suicidio è ben altra situazione. Avendo lavorato ad una importante impresa scientifica per lo sforzo bellico (ULTRA) secretata per decenni anche nel dopoguerra, egli fu decorato con motivazioni generiche e vaghe e non partecipò attivamente al conflitto. Mentre per i militari transessuali menzionati nel mio post che non avevano compiuto alcun reato l'aver indossato in maniera non disonorevole l'uniforme del proprio paese fu considerata una aggravante nella campagna stampa operante nei maggiori rotocalchi italiani, alla quale la censura DC a quell'epoca non poteva essere estranea. Tutto qui.
-
Allegati: 1