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Uno stato in uniforme
Da Il Piccolo di venerdì 04/04/2014
Gorizia, una città in divisa alla vigilia del ’14-’18
Giovedì 10 aprile a Palazzo Coronini “Lo Stato in uniforme” inaugura un ciclo di quattro mostre dedicate alla società goriziana prima dello scoppio della Grande guerra
di Elisa Lenarduzzi
Prima del fango e delle trincee, prima dei bombardamenti e della carneficina, quando i conflitti non erano “di massa”, ma avevano ancora connotati cavallereschi, prima, insomma, che la Grande guerra sconvolgesse per sempre la vita di milioni di persone, la società goriziana era molto diversa da quella che il conflitto restituì, ferita, mutilata e martoriata nel corpo e nell’anima, nel 1918.
Quella di inizio Novecento era una “Gorizia in uniforme”, regolata, come nel resto dell’impero austro-ungarico, da una rigida organizzazione in gradi e classi di merito, che permeava tutte le categorie di una società basata su 3 solidi pilastri: esercito, sovrano e burocrazia. Tutti, dal generale al soldato, dal funzionario al postino, erano obbligati a portare una divisa d’ordinanza. E proprio “Uno Stato in uniforme” è il titolo della mostra che giovedì 10 aprile, alle 17.30, verrà inaugurata a Palazzo Coronini dall’omonima fondazione in collaborazione col gruppo Isonzo, il sostegno della Carigo e il patrocinio di Comune, Provincia e Bsi.
L’esposizione sarà la prima di un ciclo di 4 mostre che, da qui a giugno, offriranno uno spaccato sulla società goriziana ed europea in generale, negli anni che precedettero lo scoppio della guerra. Dopo le uniformi militari e civili della Gorizia pre-bellica esposte a Palazzo Coronini, a metà maggio - sempre in collaborazione col gruppo Isonzo - saranno Provincia e Comune a continuare il percorso storico: la prima esponendo ai Musei provinciali le divise “colorate” dei vari Stati alla vigilia del conflitto, il secondo mettendo in mostra le prime uniformi “belliche”, color caki, al Museo di Santa Chiara. Chiuderà il cerchio, a giugno, la Fondazione Carigo che mostrerà com’era la società civile goriziana dal 1860 al 1914 attraverso gli scatti privati e di famiglia immortalati dagli Atelier fotografici cittadini. L’idea è quella di presentare ai turisti - soprattutto in occasione di èStoria - un pacchetto congiunto, un percorso su più sedi unito dallo stesso filo storico-narrativo. Logico sarebbe stato, quindi, regalare a questo percorso una regia comune per quanto riguarda grafica e comunicazione ma, come ha sottolineato polemicamente ieri l’assessore provinciale alla Cultura Portelli «è mancato il coraggio di farlo».
Tornando alla mostra presentata ieri a Palazzo Coronini (i cui interni saranno coinvolti assieme alle scuderie), alla selezione di uniformi originali, complete di ogni dettaglio, dal copricapo alle calzature, saranno affiancate immagini d’epoca e cartoline satiriche, tra cui quelle del celebre illustratore Fritz Schoenpflug. Tra il materiale inedito esposto per la prima volta spicca anche un cappotto originale di Hubert Salvador, cavalleggero e nipote di Francesco Giuseppe.
La mostra, curata da Cristina Bragaglia Venuti, Sergio Chersovani e Bruno Pascoli, rimarrà esposta fino al 26 ottobre.
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Grazie della segnalazione.
La mostra da l'idea di un bel lavoro di ricerca ed allestimento con pezzi di ottima qualità: da visitare!!!
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Ma che fatica, che fatica... non tanto per il lavoro in se, ma per i rapporti con gli organismi pubblici.
Comunque è stato stampato anche un ricco e prelibato catalogo!
Ed ora al lavoro per la mostra speciale a Kötschach-Mauthen!
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Ancora immagini dei manichini che animano la Villa Coronini.
La mostra è stata allestita nelle vecchie scuderie, ma si è voluto anche rivitalizzare la villa con i suoi ambienti d'epoca.
ultimissime [isonzo gruppo di ricerca storica]
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Unica nota stonata, ma non c'è stato nulla da fare, l'amministrazione della Fondazione Coronini ha imposto un biglietto d'ingresso.
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Se il biglietto permete di realizzare la mostra,vada per il biglietto... di quanto?
RR
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5 € compresa la visita della villa... fate vobis... quando già si riceve un sano contributo per allestire una mostra, la visita dovrebbe essere gratuita... o almeno io la vedo così.
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Nonostante la scarsa, per non dire nulla, pubblicità, questo fine settimana i visitatori sono stati numerosi.
Mi chiedo sempre a che pro fare una mostra, faticare e spendere denari se nessuno poi ne sa nulla... mistero.
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un anteprima del ricco e prelibato catalogo? Qualche foto mi è arrivata dall'Associazione Isonzo ... ma non sono mai sazio. Ciao, Paolo
P.S. che mostra state preparando a Kötschach-Mauthen?
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1914 - l'inizio della fine. Tanti manichini colorati e no.
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Citazione:
Originariamente Scritto da
kleiner pal
1914 - l'inizio della fine. Tanti manichini colorati e no.
peccato per me sia un pò lontana .. ma mai dire mai. Ciao. Paolo
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Riassumendo, a Gorizia una mostra già aperta e due in arrivo a maggio, in concomitanza con Estoria, a inizio maggio invece la mostra sul 1914 a Kötschach-Mauthen.
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imbarazzante la vitalità dell'area Friuli Venezia Giulia (vedi anche Estoria della LEG ... per tacere dell'area carinziana e slovena) rispetto alla realtà veneto-trentina (tranne poche eccezioni) caratterizzata dal solito provincialismo e improntata allo sfruttamento puramente economico della ricorrenza. Una bella ripulita dalle erbacce e un pò più di illuminazione a qualche opera corazzata negli Altipiani .... qualche esposizione di gavette arrugginite e pallette di schrapnell ... tante aree famiglia per la salamella e la polenta .... e il gioco è fatto ... almeno fino al 2018 !!!! Spero di sbagliarmi chiaramente e aspetto sinceramente di essere smentito ....
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Sono state aggiunte delle foto sul sito del Gruppo Isonzo...
ultimissime [isonzo gruppo di ricerca storica]
posto le foto da "Il Piccolo" perchè l'articolo presto non sarà più visibile.
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Il colmo, ci sono i depliant, a scatoloni, e i manifesti stradali giganti, ma non esistono manifesti di misura "normale" da esporre nei negozi o nelle biblioteche...
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Vedo che le cose belle non mancano! Dopo l'Impero d'Austria e Ungheria la seconda mostra su quali stati europei si concentra?
Potresti dirmi anche quanto tempo sarebbe gisuto dedicare per vedere entrambe le mostre?
(Premetto che non è il mio campo d'interesse specfico ma sono molto curioso sulla materia).
Grazie
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In mostra saranno esposti 30 manichini in uniformi della Belle Epoque, otto austro-ungarici, sette francesi, sei tedeschi, cinque italiani, due inglesi, un fante russo e un marinaio americano.
Appena sistemati, arriveranno le foto.
Per visitare le mostre dovrebbe essere sufficiente un oretta per Coronini e un oretta per i Musei Provinciali.
Il 20 inauguriamo la mostra per il comune di Gorizia e la settimana successiva c'è Estoria...
poi tutti al mare...
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Ahimè... ho dimenticato la mostra ad Aiello del Friuli, "1914-L'anno fatale", inaugurazione il 24 maggio...
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E dimenticavo anche questa...
Da “il Piccolo” di sabato 3 maggio 2014
La guerra nel “nostro Friuli” del soldato Karl
Karl Brosch era un soldato dell’esercito asburgico, inquadrato nell’i. e r. reggimento di fanteria n. 84, reclutato a Vienna. Nell’agosto del 1914, poco dopo lo scoppio della prima guerra mondiale, era stato richiamato alle armi e inviato al fronte, con l’incarico di telefonista. Vi rimarrà per quattro anni e tre mesi, l’ultimo sul fronte italiano, fino al giorno dell’armistizio, e poi per un altro anno ancora come prigioniero di guerra in Italia. Con il senno di poi lo si dovrebbe considerare un fortunato. Lui almeno, anche se ferito due volte in combattimento, era sopravvissuto all’immane carneficina, pur avendovi preso parte fin dall’inizio. Milioni di altri soldati come lui non ce l’avevano fatta.
In un certo senso possiamo considerarci fortunati anche noi. Se Karl Brosch non fosse riuscito a portare a casa la pelle non si sarebbe sposato, non avrebbe avuto figli e noi non avremmo conosciuto il nipote Franz Hlavac, che ce ne ha potuto raccontare la storia. Hlavac è un noto giornalista in pensione dell’ORF, la tv pubblica austriaca, e, come abbiamo riferito altre volte in questo blog, si è innamorato del Friuli, tanto da aver scelto di viverci per gran parte dell’anno assieme alla moglie Gisela Hopfmüller, anche lei giornalista a riposo dell’ORF, in una casa a nord-est, acquistata una dozzina di anni fa a Varmo.
Ma, come ci aveva spiegato qualche tempo fa la moglie Gisela, siccome chi è giornalista lo è per tutta la vita, come il prete, i coniugi Hlavac hanno continuato a scrivere anche da pensionati, raccontando ai loro compatrioti il “nostro Friuli” (loro lo hanno chiamato affettuosamente così. “Unser Friaul”) in ben due libri. Il primo è andato presto esaurito e, nel darne alle stampe la seconda edizione proprio nell’anno in cui l’Austria ricorda il centenario dello scoppio della grande guerra, Franz Hlavac ha voluto aggiungervi un capitolo dedicato al nonno, che nel 1918 si era trovato a combattere proprio sul nostro fronte e che dopo la disfatta di Caporetto aveva attraversato il Friuli con il suo reggimento.
Non è un racconto di guerra, ma un racconto di ricordi, di emozioni, di cartoline inviate dal fronte, di sofferenza e di speranza di poter tornare a casa. Per scrivere quel capitolo Hlavac ha potuto attingere ai documenti conservati in famiglia, agli scritti del nonno, alle foto. Tutto quel materiale – i documenti originali e le foto in gigantografia – lo possiamo rivedere anche noi in una mostra che per l’occasione è stata allestita all’azienda agricola di Alessio Komjanc, a Giasbana di San Floriano del Collio (Gorizia).
L’idea di mettere a disposizione del pubblico quel materiale era venuta nel corso di una visita a Vienna dei Komjanc, Alessio e la moglie Raffaella, amici dei coniugi Hlavac. Per la realizzazione è stato chiesto l’aiuto dell’associazione culturale “Isonzo” di Gorizia, che ha dato un contributo scientifico e ha messo a disposizione ulteriori cimeli della grande guerra, a integrazione del materiale fornito da Franz Hlavac.
La mostra è stata inaugurata la mattina del 1. maggio, alla presenza di un piccolo pubblico di amici e di appassionati di storia giunti da tutta la regione e dall’Austria. Il contesto storico della prima guerra mondiale in cui sera trovato il telefonista Karl Brosch è stato illustrato dal presidente dell’associazione “Isonzo” Bruno Pascoli e dal ricercatore Pierpaolo Cocianni.
Nell’occasione ha preso la parola anche Franz Halvac, per ricordare la figura del nonno. “Quando nel 1956 – ha detto con un nodo alla gola che quasi gli impediva di parlare – venni in vacanza per la prima volta in Italia con i miei genitori, il nonno era amareggiato, perché andavamo nel paese che aveva combattuto contro l’Austria e lo aveva tenuto prigioniero. Non poteva immaginare come nel tempo sarebbero cambiate le cose e oggi avrebbe cambiato opinione”.
La piccola cerimonia si è chiusa con un momento musicale offerto dalla soprano Daniela Donaggio e dal violinista Giovanni Di Lena, che hanno eseguito l’inno imperiale asburgico “Serbi Dio l’austriaco regno” in lingua tedesca e nella versione italiana.
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Dovrei avere qualche giorno di ferie tra fine maggio e giugno e spero di poterli ben impiegare per fare una visitina a queste belle mostre (sto facendo i debiti scongiuri perchè i primi giorni di ferie dell'anno li ho passati ad assistere un amico e la sua famiglia all'ospedale di Reggio Emilia).
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Anche senza pubblicità, visitatori su visitatori... fa bene al morale.
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Articolo da "Il Piccolo".
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Citazione:
Originariamente Scritto da
kleiner pal
Articolo da "Il Piccolo".
Complimenti, anche con i 5 euro da pagare valeva assolutamente la pena!!!
Bravissimi, spero di potervi conoscere di persona....
Doriano
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Grazie, grazie, appuntamento venerdi 9 alle 18/30 al Museo della Guerra di Borgo Castello a Gorizia per la seconda puntata della saga....
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Dall'articolo de "Il Piccolo " di ieri.
I soldati pavoni erano inadatti alla guerra
Da venerdì ai Musei provinciali di Borgo Castello a Gorizia la mostra delle divise degli eserciti europei nella Belle Époque
di Arianna Boria
La vigilia della guerra fa moda. Con i suoi soldati-pavoni, dalle uniformi cromaticamente ardite, gli alamari e i bottoni scintillanti, i decori preziosi che testimoniano il grado del militare e accarezzano la vanità dell’uomo. La Belle Èpoque in divisa è preziosa quanto quella delle signore, adatta al passeggio domenicale con la propria dama al braccio. Sono gli eserciti colorati, raffinati e vanesi, che sfilano nel crepuscolo di un’epoca e nell’illusione di guerre cavalleresche e di breve durata, sull’orlo di un abisso dentro il quale ci saranno soltanto morti, trincee e il grigio impenetrabile del fumo e delle mimetiche. Non più soldati a tinte forti come i soldatini di legno, non più divise haute couture per scontri frontali, dove gli abbinamenti shock - color block diremmo oggi - servono per riconoscersi e per intimidirsi a vicenda, ma uomini equipaggiati per confondersi nel fango, nel fumo e nelle trincee, per non diventare bersagli dei nuovi e più precisi armamenti.
La mostra allestita ai Musei provinciali di Gorizia racconta l’ultimo sogno di eleganza e raffinatezza maschile, l’ora prima del conflitto che lascerà sul campo distese di morti. Trenta uniformi, di cui ventinove relative ai diversi eserciti europei destinati a fronteggiarsi nel conflitto mondiale e una, che chiude il percorso espositivo, della Marina statunitense. Quattro sale che rappresentano il trait d’union tra due musei permanenti, quello della Moda e quello della Grande guerra, sigillando un arco cronologico approfondito in tutti i dettagli, in ogni piega della società e del suo guardaroba: gli abiti ricchi delle signore e le uniformi altrettanto elaborate dei loro cavalieri, come al varo della Viribus Unitis o in un’ideale passeggiata domenicale sul corso di una grande città mitteleuropea, poi lo sbriciolarsi di tutto un mondo di “ornamenti scintillanti” tra altre pietre, quelle opache e fredde delle trincee. L’arte della guerra stava cambiando, ma i segnali già visibili rimandavano a scenari lontani, al conflitto anglo-boero o a quello russo-giapponese, e parevano ancora dilazionabili, esorcizzabili.
«Le uniformi in mostra - racconta la sovrintendente dei musei goriziani, Raffaella Sgubin - vengono tutte dal mercato antiquariale, fuorchè una, di proprietà del conte goriziano Ferdinando Prandi de Ulmhort, l’unica di un personaggio di cui abbiamo notizie certe. L’uniforme era di suo nonno, il conte Gino Prandi del V dragoni, che si rifiutò di prestare giuramento di fedeltà all’Italia, perchè - così disse - un ufficiale e un gentiluomo lo fa una sola volta nella vita». Il conte Gino, inviato sul fronte russo, in Galizia, nel 1915 venne ricoverato a causa della nefrite, ma ottenne vari riconoscimenti per il suo comportamento valoroso di fronte al nemico. Con l’arrivo dell’Italia leale verso la casa d’Asburgo, rifiutò di aderire all’esercito italiano e per le sue idee liberali fu poi processato, condannato dal Tribunale speciale per la sicurezza dello Stato e inviato al confino in Sardegna, dove conobbe De Gasperi e Bugatto, entrambi iscritti al Partito Popolare, con cui intrattenne rapporti per anni.
Il concetto di uniforme, come cominciò a delinearsi nella seconda metà del Seicento, si basava sulla necessità dei comandanti di distinguere le proprie truppe da quelle avversarie. I militari dovevano portare abiti, contrassegni e copricapi che li rendessero immediatamente riconoscibili sul campo, senza impedirne i movimenti. Nell’età napoleonica i colori sgargianti erano indispensabili per essere visti nello spesso fumo prodotto dalle esplosioni conseguenti alla combustione della polvere da sparo e solo quando quest’inconveniente bellico venne eliminato anche la “palette” militare cominciò a scolorire.
«Il cromatismo era importante, basti pensare ai calzoni rossi della Fanteria francese o della Cavalleria austro-ungarica, al blu con gli alamari bordeaux degli Ussari ungheresi», racconta Sgubin. «In queste uniformi colpiscono molto i tagli sartoriali e la varietà dei dettagli. E le curiosità della mostra, non solo per gli appassionati, sono molte. Una per tutte: il generale dell’esercito austro-ungarico, con la giubba bianca, le piume verdi e i calzoni rossi. Questa era anche l’uniforme di gala di Francesco Giuseppe, con gli stessi colori della bandiera italiana».
Realpolitik da guardaroba è quella per le forze armate tedesche di fine secolo. La fusione di tanti antichi stati in un solo Reich, operata da Bismarck in forma di consenso e riconoscimento della superiorità territoriale e militare prussiana, era stata una sottomissione realisticamente accettata dai rispettivi principi. Ma la “prussianizzazione” forzata sarebbe stata un grave errore e avrebbe acuito, per esempio, l’insofferenza di un grande stato ex-sovrano come la Baviera. La struttura federale dell’Impero fu così saggiamente rispettata, proprio a partire dall’«esteriorità» di insegne, divise e distintivi, che ricordavano a ciascuno la propria identità regionale, nel rispetto dei colori. Una macchina bellica, dunque, decisamente patchwork: i generali, gli ufficiali e i soldati bavaresi indossavano una tunica celeste anzichè azzurro scuro come tutti gli altri, salvo i generali del Braunschweig che la portavano nera, a ricordo della tinta preferita dal loro duca al tempo delle guerre napoleoniche. I bavaresi, inoltre, enfatizzavano l’identità negli accessori: per dieci anni portarono l’elmo a cimiero in tutte le armi, rifiutando il Pickelhaube, l’elmo chiodato.
La Belle Èpoque in divisa è l’ultimo giro di ballo prima di un cambiamento epocale. Per la moda, una ricorrente fonte di ispirazione. Così alamari, bottoni e cordoni ci restano nell’armadio, dalla parte delle donne.
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Dunque, in un palazzo ci sono otto austro-ungarici, sette francesi, sei tedeschi, cinque italiani, due inglesi, un americano e un russo...
no, non è l'inizio di una barzelletta, ma il menù della mostra...
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Iniziative da premiare con visite e apprezzamenti pubblici! Una signora mostra!
Rawa Ruska
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inaugurato oggi... tutto bene, anzi benissimo.
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Ancora la stampa al lavoro...
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Ancora sotto pressione... il 20 inaugura la mostra per il Comune di Gorizia... e poi c'è E'storia.
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L'inaugurazione della mostra per il comune di Gorizia è stata spostata al 22 maggio...
e per non restare con le mani in mano...
mostra a Grado, sala mostre della Git, Guerra in Adriatico, la i. e r. Marina da Guerra austro-ungarica e la Regia Marina italiana nella grande guerra, dal 16 maggio al 29 giugno.
Foto dal sito de "Il Piccolo".
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Ecco l'invito per Aiello...
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non posso che farti i complimenti per quanto hai postato,foto di ottima qualita'....[264
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E' arrivato il gran giorno...
1914. L’Europa alla Guerra. Dal colore delle uniformi al fango delle trincee.
Giovedì 22 maggio alle ore 18.30, al Museo Santa Chiara di Gorizia (Corso Verdi,18, si terrà l'inaugurazione dell'esposizione "1914. L’Europa alla Guerra. Dal colore delle uniformi al fango delle trincee."
La mostra è realizzata dal Comune di Gorizia, con la collaborazione dell'associazione culturale “Isonzo” - Gruppo di ricerca storica e di "Prologo" - Associazione Culturale per la Promozione delle Arti Contemporanee.
La mostra si potrà visitare dal 22 maggio al 14 settembre 2014
Orario di apertura
dal 22 al 25 maggio in occasione di èStoria
Orari: 10.30-19.30
dal 27 maggio da martedì a domenica
dalle 10.30 alle 12.30 e dalle 16 alle 19.30
Ingresso gratuito
Per informazioni:
Museo di Santa Chiara - Corso Verdi, 18 - Gorizia
tel. 0481.550744 urp@comune.gorizia.it www.comune.corizia.it
Isonzo - via del Collio, 20/b - Gorizia
info@isonzo-gruppodiricercastorica.it www.isonzo-gruppodiricercastorica.it
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