Allegati: 10
Stemma della Repubblica Italiana
1) Emblema della Repubblica Italiana
2) Bozzetto di Amedeo Griffi
3) Bozzetto di Nicola Fiocca
4) Bozzetto di Gino Mazzini
5) Bozzetto di Giorgio Esposito
6) Bozzetto di Angelo Molinari
7) Bozzetto di Mario Bellingeri
8) Bozzetto di Alberto Dei
9) Bozzetto di Publio Morbiducci
10) Bozzetto di Paolo Paschetto
11) Bozzetto di Fausto Conti
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Sovente tra gli appassionari di militaria si sente dire come purtroppo dopo il 1945 le espressioni artistiche in ambito araldica, medaglistica e grafica, che grazie all’ eccellenza dei nostri artisti ed artigiani avevano raggiunto l’ apice durante il periodo regio, siano andate rapidamente peggiorando. Non è un caso che medaglie, fregi e distintivi (anche i più umili) del periodo monarchia e Rsi erano e sono ancor oggi ricercatissimi anche per mere considerazioni estetiche, mentre lo stesso non può dirsi delle produzioni dal secondo dopoguerra ad oggi. Un tipico esempio è l’ emblema dello Stato, il celeberrimo italico stellone sovrapposto alla ruota dentata. Fu possiamo dirlo, una creazione di necessità, tutt’ altro che pervasa da spirito artistico. In seguito al referendum monarchia-repubblica del 2 giugno ‘46 ci si trovò a dover sostituire urgentemente lo scudo sabaudo con un simbolo che rappresentasse efficacemente il nuovo assetto istituzionale del paese. Dato che bisognava far presto, si indisse un concorso istituendo altresì una apposita commissione per valutare i bozzetti proposti dagli artisti. Unico obbligo la presenza dello stellone e la visualizzazione del concetto di “repubblica fondata sul lavoro”. Il risultato lo conosciamo tutti bene e a più riprese e da più parti nel corso dei decenni si è proposto di cambiare o modificare lo stemma. Certo, forse non sarà un capolavoro del Benvenuto Cellini, ma confrontandolo con alcuni dei bozzetti visionati a suo tempo dalla commissione si ha l’ impressione che – almeno dal punto di vista estetico – poteva andarci molto peggio. Al tempo i benintenzionati proponenti inviarono a Roma proprio di tutto, roba da far drizzare i capelli in testa. Stemmi ispirati alla rivoluzione francese o alle “repubbliche democratiche” dell’ est, tratti infantili o surrealisti, un bozzetto ispirato al logo del formaggio Bel Paese, un Carroccio che sembra più che altro un carro funebre, un disegno respinto perché vi campeggiava un rozzo aratro di legno (e non sia mai che lo straniero pensasse a noi come un paese povero, affamato ed eminentemente agricolo, come in effetti eravamo ma pareva brutto ammetterlo). E poi un profluvio di Italie turrite, corone murali, berretti frigi, delfini, stelle, spighe, cartigli con frasi latine (queste ultime utilissime per farsi capire meglio dai milioni di analfabeti). Unica eccezione il bozzetto firmato da Paolo Paschetto: una bellissima ed entusiasmante aquila rampante, nell’ atto di spezzare le catene. Il tratto è davvero splendido, forse anche troppo per il periodo, viene da sospettare che l’ artista abbia riciclato un’ idea elaborata in precedenza per un’ altra committenza in periodo regio o Rsi, magari per l’ Aeronautica. Ma anche questo venne comprensibilmente rifiutato. Non era più tempo di aquile imperiali, e quella tenuta in gabbia al Campidoglio rischiava pure di finire in pentola…