Allegati: 53
Film TV: Io e il Duce (1985)
Film televisivo in tre puntate.
Coproduzione Rai Uno, Antenne 2, Beta Film, TVE, TV Svizzera Italiana, H.B.O.
Durata: 4 ore
Costo: 12 miliardi di Lire
Premi: Emmy Nomination per il miglior programma TV mondiale.
Ace Award per il miglior programma della TV via cavo negli Usa.
Anno: 1985
Regia: Alberto Negrin
Soggetto: Nicola Badalucco
Sceneggiatura: Badalucco / Negrin
Fotografia: Armando e Daniele Nannuzzi
Scenografia: Mario Garbuglia
Arredamento: Carlo Gervasi
Costumi: Maurizio Millenotti
Montaggio: Roberto Perpignani
Consulente storico: Giordano Bruno Guerri
Produttore RAI: Giovanna Genoese
Produttore associato: Thomas Johnston
Produttore esecutivo: Mario Gallo
Aiuto regista: Luciano Sacripanti
Casting: Rita Forzano
Assistenti regia: Lorenzo Molossi, Ilaria Freccia
Operatori: Claudio Nannuzzi, Sergio Melaranci
Fonico: Franco Borni
Assistente scenografo: Peiti Yeh
Assistente arredatore: Tiziana Cassoni
Truccatore: Manlio Rocchetti
Parrucchiere: Vincenzo Cardella
Fotografo di scena: Sandro Borni
Assistente montaggio: Lilli Lombardi
Assistente costumista: Enrico Serafini
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PERSONAGGI PRINCIPALI
Edda Ciano Susan Sarandon
Galeazzo Ciano Anthony Hopkins
Benito Mussolini Bob Hoskins
Rachele Mussolini Annie Girardot
Claretta Petacci Barbara De Rossi
Felicitas Beetz Dietlinde Turban
Alessandro Pavolini Vittorio Mezzogiorno
Vittorio Mussolini Massimo Dapporto
Emilio Pucci Fabio Testi
Adolf Hitler Kurt Raab
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“Io e il Duce” racconta le tragiche vicende che durante la 2^ guerra mondiale travolsero le famiglie Ciano e Mussolini. Il racconto si snoda essenzialmente dalla fine del 1942 all’ aprile 1945 ed è ispirato dalla biografia di Galeazzo Ciano scritta dallo storico Giordano Bruno Guerri.
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L’ opera è importante per la storia della televisione pubblica, dato che segna idealmente la fine dello “sceneggiato televisivo” degli anni ’60 / ’70. In quella felice stagione, negli anni ’80, la RAI riusciva a produrre e commercializzare in tutto il mondo – non escluso il mercato americano – veri film per la TV grazie ad attori di rinomanza internazionale, alla tecnologia, alle maestranze e alle disponibilità economiche degne di kolossal del grande schermo, con risultati sorprendenti e innovativi come il “Gesù di Nazareth”, il “Marco Polo” e il “Cristoforo Colombo”. Non era ancora venuta in auge la formula delle recenti “fiction” a basso costo, girate con la mano sinistra replicando all’ infinito storie e personaggi con poco spessore.
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Nel 1985 non si parlava ancora di revisionismo storico, ma in epoca di partitocrazia imperante il film di Negrin suscitò comunque violente polemiche, scontentando praticamente tutti i partiti, dentro e fuori l’ arco costituzionale, nonché la casta degli storici professionisti . I democristiani protestarono per un paio di tette in prima serata, i missini perché il film sviliva l’ immagine dell’ Italia fascista dinanzi allo straniero, i comunisti perché il Mussolini interpretato da Bob Hoskins non era un sanguinario dittatore ma un pover’ uomo in balia di forze più grandi di lui e ciò avrebbe sminuito per contrasto l’ eroismo dei partigiani, intoccabile secondo la vulgata antifascista. Persino il Vaticano fece ampie rimostranze per una scena nella quale Pio XII° non era trattato con la dovuta deferenza. Praticamente tutti gli storici italiani bocciarono l’ opera, disprezzandola come un prodotto commerciale, buono per i drive-in statunitensi, pieno di inesattezze ed errori storici. Unica eccezione fu Renzo De Felice, che riconobbe il diritto del regista di permettersi alcune licenze artistiche per rendere il film più spettacolare e meglio fruibile dal grande pubblico, che comunque decretò il grande successo dell’ opera. Anche in Viale Mazzini inizialmente ci furono dubbi sull’ opportunità di affrontare quell’ argomento dato che nel 1985 cadeva il 40° anniversario della Liberazione e i dirigenti andarono ad importunare persino il presidente Pertini, per sapere se uno sceneggiato su Mussolini avrebbe potuto risvegliare inopportune nostalgie per il ventennio. La risposta del capo dello stato fu lapidaria: “Ma è morto, nevvero, è morto quarant’ anni or sono… e ancora ne avete paura!” ed è grazie a lui che alla fine le tre puntate vennero regolarmente trasmesse, senza tagli o censure, anche in Italia.
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Dal punto di vista storico/uniformologico bisogna segnalare alcuni errori. Le croci dipinte sulle portiere di kubelwagen e autocarri OM della WH; gli scudetti sugli elmetti tedeschi non dipinti ma visibilmente applicati come autoadesivi; l’ incongrua aquila su sfondo nero sulla bustina g.v. di Mussolini/Hoskins in varie sequenze ambientate nel periodo della Rsi (mentre è risaputo che dopo l’ armistizio l’ uniforme del duce era priva di tutti gli orpelli, tranne i nastri rossi da squadrista alle manopole); una certa approssimazione nelle divise di fascisti e partigiani. Curiosa è invece la completa mancanza fra le tenute militari di capi in telo mimetico mod. 29, che nelle immagini dell’ epoca appaiono diffusissime nel periodo della guerra civile. Tantopiù che i costumisti si sono presi la briga di ricostruire sahariane e giacche a vento m.40 del plotone d’ esecuzione (in almeno tre tonalità diverse di tessuto). Quanto alle armi, mi limito a notare nelle file tedesche una certa sovrabbondanza di MP 40 rispetto ai kar.98k, sicuramente per motivi scenografici, nonché il fatto che nella scena dell’ arresto di Ciano la postazione dorsale dello Ju 52 mostra chiaramente una mitragliatrice Lewis con caricatore a tamburo.