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Talianski Karashoi - La Campagna di Russia tra mito
Talianski Karashoi - La Campagna di Russia tra mito e rimozione
di Pierluigi Romeo di Colloredo
20% di sconto per i soci dell'Associazione WW, mandatemi pure un MP. [257
In questo volume affronteremo il mito della campagna di Russia come s`è andato stratificando nella memoria collettiva italiana, vedendo quanto, se, e come corrisponda alla realtà* dei fatti.
Questa analisi sarà* talvolta, per forza di cose, polemica; saremo costretti a citare più volte autori come il romanziere Nuto Revelli, poiché il contenuto dei suoi libri e degli scritti da lui curati ne fa il capostipite di quello che definiremo il dogma della partecipazione italiana alla campagna di Russia: in breve, questa vulgata riduce alla sola ritirata dal Don nel 1943 l`intero ciclo di operazioni dello C.S.I.R. e dell`ARM.I.R., e i soldati italiani sono peraltro presentati come una massa mal addestrata ed equipaggiata, e per nulla motivata. Dimostreremo in questo studio come tale interpretazione sia tanto faziosa quanto inattendibile storicamente.
La tesi da noi sostenuta è che gli italiani in Russia condussero una guerra ideologica, ben consapevoli di ciò e moralmente motivati, come dimostra l`esame diretto delle fonti, dai rapporti mensili sul morale della truppa delle varie Divisioni alla corrispondenza privata, e che combatterono bene, uscendo vittoriosi da tutti gli scontri con l`Armata Rossa dall`estate del 1941 all`inverno del 1942, quando i sovietici sfondarono il fronte italiano sul Don.
Abbiamo ritenuto poi opportuno dedicare una parte del testo alla trattazione della presunta strage tedesca di una Divisione italiana a Leopoli.
Si tratta di una menzogna creata dal KGB alla fine degli anni ‘50 del XX secolo, durante la Guerra Fredda, e che è periodicamente ricomparsa sotto forme diverse, ricevendo spazio sulla stampa al punto che, nel 1987, venne formata una commissione parlamentare d`inchiesta, che ne dimostrò - per l`ennesima volta - la falsità*.
F.to 14x21, brossura, 112 pagine, alcune ill. e documenti in b/n e colori.
Euro 15,00
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Re: Talianski Karashoi - La Campagna di Russia tra mito
Questo libro è veramente da non perdere. Complimenti per l'argomento scelto, per tentare di contrastare la storiografia ufficiale di parte, politicizzata e vergognosa.
Alfa
Re: Talianski Karashoi - La Campagna di Russia tra mito
Farebbe piacere sapere che cosa significa talianskoi kharashoi, e in quale supposta lingua slava, perché in russo, te lo posso assicurare, non significa un bel nulla....
Re: Talianski Karashoi - La Campagna di Russia tra mito
In russo maccheronico potrebbe, forse, significare "Bravi (o buoni) Italiani" ??
Giuliano
Re: Talianski Karashoi - La Campagna di Russia tra mito
infatti è l'italiani brava gente di cominterniana memoria, maccheronico o traslitterato che sia. A breve posteremo un breve estratto; uno più corposo sarà* sulla rivista Sgm.
Re: Talianski Karashoi - La Campagna di Russia tra mito
Il titolo è in un pidgin sloveno-pseudorusso: in russo sarebbe italianskie khoroshie ljudi: non vedo che cosa c'entri il comintern, talianski khorosho (non khoroshoi) era semmai l'espressione che usavano i soldati italiani in Russia per definire se stessi sulla base di ciò che avevano udito dai russi stessi. Se la precisione storiografica del libro equivale a quella filologico-linguistica, mi sa che passo la mano....
Re: Talianski Karashoi - La Campagna di Russia tra mito
Caro Loupie1961,
la precisione storiografica è proprio data dall'espressione riportata, quella dei soldati che l'avevano sentita ed assimilata in "modo maccheronico".
Cerchiamo di non essere pedanti su fatti di non sostanziale importanza ma valutiamo quanto è scritto
Giuliano
Re: Talianski Karashoi - La Campagna di Russia tra mito
Non voglio entrare in polemica ma se mi si dice che la Tagliamento ha "anche" combattuto una guerra ideologica posso essere d'accordo. Inteso che probabilmente combattevano anche in odio ai russi rossi. Sul fatto che potessero provare lo stesso sentimento per i semplici russi non credo.
Sulle motivazioni ideologiche della normale fanteria ho seri dubbi anche se erano sicuramente tutti fascisti. Però credo che lo fossero sulla falsariga di quei "tutti" che lo sono stati fino al 25 Luglio di buona memoria.
Per combattere, ed intendo uccidere e massacrare, in nome di un'ideologia bisogna essere convinti o ben imbevuti di idee ed odio. Su questo purtroppo o per fortuna siamo stati più scarsi che di buoni equipaggiamenti. Per questo forse eravamo italiani brava gente.
Re: Talianski Karashoi - La Campagna di Russia tra mito
Citazione:
Originariamente Scritto da Andrea58
.... anche se erano sicuramente tutti fascisti....
Anche perché, in quel periodo, le possibilità* di essere qualcos'altro erano veramente scarsine.
Re: Talianski Karashoi - La Campagna di Russia tra mito
Citazione:
Originariamente Scritto da loupie1961
Il titolo è in un pidgin sloveno-pseudorusso: in russo sarebbe italianskie khoroshie ljudi: non vedo che cosa c'entri il comintern, talianski khorosho (non khoroshoi) era semmai l'espressione che usavano i soldati italiani in Russia per definire se stessi sulla base di ciò che avevano udito dai russi stessi. Se la precisione storiografica del libro equivale a quella filologico-linguistica, mi sa che passo la mano....
Caro Loupie, sulla precisione storigrafica ti potrei citare che i nostri libri sono presenti anche nella Library of Congress di Washington e nelle biblioteche delle università* di Berkeley, Stanford e Toronto; Emme Rossa! Le Camicie Nere sul Fronte Russo è stato citato tra i Reference Works su "Holocaust and Genocide Studies", Volume 23, Number 2, Fall 2009, rivista pubblicata dall'Università* di Oxford.
Oppure vedi la rece di un ns libro sulla maggiore rivista di storia militare italiane
http://associazioneitalia.blogspot.com/ ... omano.html
Ma ti ricorderò solo, carissimo, che i libri -ovviamente- non si giudicano dalla copertina. Di seguito la nota introduttiva al libro in oggetto:
NOTA INTRODUTTIVA
In contemporanea alla trattazione storico-militare dei fatti d`ar-me che videro coinvolte le truppe italiane durante l`attacco te-desco all`Unione Sovietica in uscita per i tipi dell`Associazione Culturale ITALIA di Genova , con l`amico ed editore Andrea Lombardi abbiamo deciso di pubblicare questo breve lavoro, che del primo è necessario complemento. Se in Croce di ghiac-cio abbiamo affrontato in modo il più possibile obiettivo ed e-saustivo l`impiego sul campo dei reparti italiani, in questo vo-lume affronteremo invece il mito della campagna di Russia co-me s`è andato stratificando nella memoria collettiva italiana, vedendo quanto, se, e come corrisponda alla realtà* dei fatti.
Questa analisi sarà* talvolta, per forza di cose, polemica; saremo costretti a citare più volte autori come il romanziere Nuto Re-velli, poiché il contenuto dei suoi libri e degli scritti da lui cura-ti ne fa il capostipite di quello che definiremo il dogma della partecipazione italiana alla campagna di Russia: in breve, que-sta vulgata riduce alla sola ritirata dal Don nel 1943 l`intero ci-clo di operazioni dello C.S.I.R. e dell`ARM.I.R., e i soldati ita-liani sono peraltro presentati come una massa mal addestrata ed equipaggiata, per nulla motivata e antifascista in fieri.
Dimostreremo in questo studio come tale interpretazione sia tanto faziosa quanto inattendibile storicamente.
La tesi da noi sostenuta è che gli italiani in Russia condussero una guerra ideologica, ben consapevoli di ciò e moralmente mo-tivati, come dimostra l`esame diretto delle fonti, dai rapporti mensili sul morale della truppa delle varie divisioni alla corri-spondenza privata, e che combatterono bene, uscendo vittoriosi da tutti gli scontri con l`Armata Rossa dall`estate del 1941 all`inverno del 1942, quando i sovietici sfondarono il fronte ita-liano sul Don.
In questo senso potrebbe anche venir definito da qualcuno un libro revisionista.
Termine che non ci piace, poiché usato nel senso denigratorio dei processi staliniani degli anni Trenta del secolo scorso (e una condanna per revisionismo comportava generalmente la pe-na di morte) e perché, ad arte ed in malafede, confuso con il ne-gazionismo, che è ben altra cosa .
La ricerca storica non può essere congelata sulla base di oppor-tunità* contingenti.
A duemila anni dalla data di stesura, rimangono per chi scrive fondamentali le parole di Cicerone da noi riportate in apertura:
Chi infatti ignora che la legge fondamentale della storia consiste nel non osare mentire, poi nell`osare di dire la verità* per intero, e nell`evitare qualsiasi sospetto di indulgenza e di favoritismo?
Chi si aspettasse dunque di trovare in questo libro l`esaltazione della Kreuzzeug hitleriana contro il bolscevismo oppure l`apologia degli italiani brava gente resterà* deluso, allo stesso modo di chi cercasse la condanna senza appello degli invasori nazifa-scisti e la glorificazione dei difensori della Santa Madre Russia. Tedeschi, soldati dell`Asse e sovietici si macchiarono durante la guerra sul fronte orientale di crimini tra i più gravi della storia dell`umanità*, eppure si tende a ricordare solamente alcuni casi e di una sola parte: ma le fosse di Babi Yar non cancellano la fo-resta di Katyn più di quanto Dachau possa cancellare Tambov o Suzdal.
In questo quadro, pur non macchiandosi di crimini di guerra tanto efferati , gli italiani non furono esenti da macchie. Manca, ad esempio, la documentazione dell`attività* antipartigiana della Legione croata dela M.V.S.N., ma non è forse difficile immagi-nare come, in un quadro di guerriglia con punte di vera atrocità* come quella sul fronte orientale, dovessero comportarsi volonta-ri inquadrati da ufficiali ustascia, ferocemente anticomunisti, già* veterani della lotta antipartigiana nei Balcani. Del resto co-me si vedrà*, sono documentati alcuni durissimi atti di contro-guerriglia anche da parte degli italiani, con fucilazione di civili e la distruzione di villaggi.
Si tratta di eventi pochissimo noti, ma che per una corretta valu-tazione della partecipazione italiana alla campagna di Russia non possono essere taciuti.
Abbiamo ritenuto opportuno dedicare una parte del testo alla trattazione della presunta strage tedesca di una Divisione italia-na a Leopoli.
Si tratta di una menzogna creata dal KGB alla fine degli anni ‘50 del XX secolo, durante la Guerra Fredda, e che è periodi-camente ricomparsa sotto forme diverse, ricevendo spazio sulla stampa italiana, al punto che, nel 1987, venne formata una commissione parlamentare d`inchiesta, che ne dimostrò - per l`ennesima volta - la falsità*.
Poi il crollo del regime comunista e l`apertura degli archivi so-vietici mostrarono come a provocare la morte del 94% per cento dei prigionieri italiani in URSS siano stati i fucili sovietici, la fame, le malattie.
Eppure, questa menzogna in quanti scritti viene ancora spaccia-ta per verità*... La verità* dei carnefici, e dei loro complici.
Ci è sembrato quindi opportuno riportare il foglio matricolare del Colonnello Mario Carloni, comandante del 6° Reggimento Bersaglieri, esemplare della carriera e delle scelte di molti uffi-ciali che combatterono in Russia, fondamentale per comprende-re motivazioni e scelte che certa storiografia ha preteso di na-scondere.
Per concludere, recentemente è stato rappresentato un lavoro teatrale, intitolato "Talianski", di Pinuccio Bellone. Eccone una recensione molto significativa, a parere nostro:
[...] Svoltasi nel ricordo della tragedia dell`inverno russo che, anche senza moschetti, uccise i nostri soldati durante la seconda guerra mondiale.
Ecco uno spettacolo dal sapore attuale che desta, nell`animo, il dolore nel ricordo di chi, in nome della patria, ha sacrificato la vita e lasciato gli affetti. Chi assiste è travolto da un`impotente e disperato silenzio d' alternative, in un lutto angosciante.
Le musiche, i canti ed il suono d`un`armonica son cornice pittorica ad un quadro che si colora di rintocchi significativi. [...]
Lo spettacolo scandisce, passo, passo un`inesorabile ed inevitabile tragedia che ha chiuso nella sua morsa le ultime speranze di molti sol-dati, ma il nostro Soldato, con la sua ultima lettera in pugno, in punto di morte, vien trovato da una contadina russa, anch`essa in attesa del proprio caro. La donna pronunzia, con la propria figura, l'altra faccia della medaglia, assolutamente sovrapponibile al rovescio opposto, ca-rico delle stesse speranze, sofferenze e disperazione.
Proprio su questa scena il narratore racconta ciò che i contadini russi dicevano dei nostri uomini...
"talianski, karasciò!" (italiani, brava gente!)
Su questa scena di morte e sacrificio non c`è più traccia di vinti o di vincitori, vive solo il profondo significato della vulnerabilità* dell' u-mano essere di fronte alla follia di chi non è stato fermato dal buon senso e che ha segnato molte esistenze in un lutto che nessuno do-vrebbe mai dimenticare .
Appunto, ancora oggi si parla degli italiani brava gente, dell`inevitabile tragedia dell`inverno russo che, anche senza moschetti, uccise i nostri soldati durante la seconda guerra mondiale, come se il nemico non ci fosse nemmeno stato, come se di fronte non avessero avuto il più potente esercito della Se-conda Guerra Mondiale, destinato ad entrare a Berlino due anni dopo, l`esercito che aveva annientato la 6ª Armata di Paulus a Stalingrado, e come se, finiti i combattimenti, i prigionieri dell`Asse non fossero stati vittime della brutalità* del trattamento dei prigionieri voluto dal regime stalinista e apertamente soste-nuto dai fuoriusciti italiani comunisti come Palmiro Togliatti .
Di fronte alla persistente retorica irenista ed antistorica di frasi come su questa scena di morte e sacrificio non c'è più traccia di vinti o di vincitori ci pare necessario, a settant`anni dalla par-tenza dello C.S.I.R. per la Russia, ridare agli italiani l`immagine di soldati e di combattenti, con tutte le ombre e con tutte le luci, gli eroismi e i cedimenti, che accompagnarono i soldati di Mes-se e di Gariboldi nell`avanzata e nella ritirata finale.
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P. Romeo di Colloredo, Croce di ghiaccio. C.S.I.R ed ARM.I.R. in Russia, 1941-1943, Genova 2010.
Cfr. scheda biografica editoriale in appendice. Da notare come le annotazio-ni sul fronte russo di Revelli siano definite rabbiose dallo storico Thomas Schlemmer a pag. 6 del suo interessante saggio Invasori non vittime, Roma-Bari 2005, incentrato sui rapporti tra i reparti italiani e tedeschi durante la campagna di Russia. Il lavoro del ricercatore tedesco, uno dei più validi ap-parsi sull`argomento, non viene valorizzato dal brutto titolo italiano, inutil-mente provocatorio, a fronte di un più tecnico Die Italiener an der Ostfront 1942/1943. Dokumente zu Mussolinis krieg gegen die Sowjetunion (Gli italia-ni sul fronte orientale 1942/1943. Documenti sulla guerra di Mussolini contro l`Unione Sovietica).
Revisionismo sm. [...] corrente del marxismo fondata sulla revisione critica dei principi dottrinari (Dizionario Enciclopedico De Agostini, I - Lingua, No-vara 1982, s.v.).
Ovviamente, il termine negazionismo è applicato solo a chi nega gli stermini nazisti, non a chi nega o giustifica quelli comunisti. Sia chiaro che, per chi scrive, voler negare la Soluzione finale è paragonabile al voler sostenere che le piramidi egizie siano opera degli alieni (tesi che pure circolano tranquillamen-te sui media).
Schlemmer, pur cercando di trovare elementi in tal senso, deve limitarsi ad alcune fucilazioni di prigionieri, due delle quali (dicembre 1941 ad opera del 3° bersaglieri, estate 1942 ad opera ancora di bersaglieri, stavolta del 6°) giu-stificate dal massacro dei feriti dell`ospedale reggimentale di Nowaja Orlowka nel primo caso e delle sevizie a prigionieri italiani nel secondo - un terzo caso riportato è pienamente giustificato dalle convenzioni internazionali - ed a de-dicare numerose pagine al fatto che gli italiani rubavano le galline... Quanto alle accuse sovietiche avanzate nella nota Elenco degli invasori italiani fasci-sti convinti di delitti commessi in territorio dell`U.R.S.S. che era temporane-amente occupato. Elenco aggiornato al 1° luglio 1944, se ne parlerà* ampia-mente nel testo.
Komitet Gosudarstvennoj Bezopasnosti, ossia "Comitato per la sicurezza dello Stato", i servizi segreti sovietici dal 1954 al 1991.
Nei campi tedeschi morì il 4% degli internati italiani: in parole povere, su cento soldati italiani in Germania ne morirono quattro, in URSS su cento so-pravvissero sei.
http://www.ilsestanteblu.it/talians.htm
à? celebre a tal proposito la lettera di Palmiro Togliatti a Dante Livio Bianco che sollecitava il capo comunista fuoriuscito ad intervenire per migliorare la situazione dei prigionieri italiani:
[...] Il fatto che per migliaia e migliaia di famiglie la guerra di Mussolini, e soprattutto la spedizione contro la Russia, si concludano con una tragedia, con un lutto personale, è il migliore, è il più efficace degli antidoti [...]
nella stessa lettera il leader comunista scriveva:
[...] La nostra posizione di principio rispetto agli eserciti che hanno invaso l`Unione Sovietica, è stata definita da Stalin, e non vi è più niente da dire. Nella pratica, però, se un buon numero di prigionieri morirà*, in conseguenza delle dure condizioni di fatto, non ci trovo assolutamente niente di male [...].
V. Galitzkij, "Il più efficace degli antidoti". La morte dei prigionieri italiani in Russia, in S. Bertelli, F. Bigazzi (curr.), P.C.I.: la storia dimenticata, Mila-no 2001, pp. 199-221 con documenti in appendice. Il titolo del saggio è una citazione della famigerata frase del Migliore sopra riportata [sul tentativo di una certa parte della società* civile italiana di negare o minimizzare il contenu-to della lettera di Togliatti a Bianco, v. l`approfondimento a pag. 85 del pre-sente libretto, NdE].