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Verona 14 Novembre 1915
La tragica immagine è nota;
nei nostri gioni di mai troppo benedetta Pace (almeno per noi privilegiati d'Occidente), ciò che mi colpisce e mi stupisce è che si siano realizzate addirittura delle cartoline postali del fatto....e ancora di più, che qualcuno abbia poi magari mandato i saluti a casa dalla bellissima città Scaligera con una simile effige.
Si dirà potenza della propaganda di guerra, ma forse -e per fortuna- non possiamo immaginare se non lontanamente il clima ed i sentimenti che vivevano i nostri nonni in quei lontani giorni.
Da Veja.it:
14 novembre 1915: fra le 8,10 e le 8,40 di quella mattina, tre aerei austriaci, tre «Tauben », apparvero nel cielo e mentre – troppo tardi – due aerei italiani si alzarono in volo, il bombardamento venne effettuato indiscriminatamente: le bombe caddero in più punti, ma lo spettacolo più impressionante era in Piazza delle Erbe.
L’allarme dato dalla T arre dei Lamberti aveva fatto accorrere la gente che numerosissima affollava la piazza, sotto il volto Barbaro e i portichetti adiacenti, oltre che sulle gradinate della Camera di Commercio. D’improvviso, un grande fragore: una bomba era caduta all’ angolo di via Pellicciai, ad un metro dal primo arco della Camera di Commercio. Sul fragore dello scoppio, si udì lo scroscio delle vetrate che andavano in pezzi, sullo scroscio le grida, i lamenti dei feriti, le urla delle donne impazzite dalla paura e dalla vista del sangue che lento scorreva lungo i gradini, scendeva in rivali verso la strada. Per la prima volta nell’ era moderna, Verona vedeva il sangue della sua gente scorrere per le sue strade. Sotto il porticato e all’intorno, uno spaventoso gruppo di cadaveri e di moribondi.
Ecco il racconto dell’episodio che illuminò la terribile giornata:
«Eravamo attorno alla catasta orrenda dei morti e dei moribondi, innanzi al porticato della Camera di Commercio, muti, impietriti dal raccapriccio, mentre si organizzavano i primi soccorsi. D’un tratto un giovane, robusto sacerdote, il curato di S. Anastasia, s’avvicinò a noi correndo, gettò a terra il cappello, indossò la stola e ginocchioni, carponi, piangendo a calde lacrime, singhiozzò le parole del supremo conforto spargendo l’Olio Santo su quell’informe ammasso di sanguinolenti brandelli di carni, qua e là dove pareva si delineasse una testa, un volto umano. Sulle orme della morte si inoltrava, immortale, la Fede ». Furono queste le parole del cronista de « L’Arena ». che non disse neppure il nome di don Adolfo Bassi, di colui che diverrà il santo parroco della basilica di Sant’ Anastasia.
I 29 morti e 48 feriti saranno ricordati e commemorati nel 1920 elevando nella piazzetta appunto dedicata al « I4 novembre» un monumento in bronzo rappresentante la «figura simbolica della giustizia ultrice », opera egregia dello scultore concittadino Egidio Girelli. Una lampada votiva per i Caduti venne appesa nel I926 all’angolo della Camera di Commercio, di fronte alla targhetta in bronzo che ricorda il triste avvenimento.