Prima che giunga la notte
Solo,
col cuore fedele,
con le vele
rotte dall’ uragano
in preda a ogni infido elemento
vado, portato dal vento,
chissadove chissadove.
Ed ogni approdo è lontano
ed ogni fuoco si è spento
ed è vicina la notte.
Signore, delle sventure
conosco tutto l’ umano
tormento
tutto il dolore dell’ uomo,
ho superato ogni prova,
ogni sgomento,
ho vinto ogni paura.
Ho stretto il cuore nel pugno
e vado, senza un lamento
in questo viaggio che dura
per l’ infinito squallore,
verso l’ ignoto.
Ho messo tutto il coraggio,
tutta la fede
in un voto
e vado con l’ anima nuda.
Solo la fede mi muove
ma chissadove chissadove…
------
Come un viandante sperduto,
Signore, ti ho chiesto conforto
e ancora chiedo il tuo aiuto
per il mio ultimo porto.
Sono stanco
e occorre che vada
finchè la notte non cada.
Io non conosco riposo.
Io non conosco riparo.
Ed ho perduto ogni cosa
ho bevuto ogni calice amaro
e il mio amarissimo pianto.
Ho visto in faccia la morte
che sempre mi segue daccanto
con il respiro suo lieve
dal giorno in cui sulla neve
mi ha dato una rosa
di sangue.
------
Sono stanco
E occorre che vada,
che trovi l’ ultimo lido
prima che venga la notte.
Debbo tentare il ritorno
finché è giorno,
finché è giorno.
Ascolta questo mio grido:
Dammi, o Signore, la strada!
-----
Almeno una volta vorrei
tenere fra le mie braccia,
stretta al mio povero cuore
la piccola bimba che ha nome
della Vittoria
e dirle, senza parole,
che sono tornato per lei.
Mille pensieri ha l’ anima deserta
ed un pensiero unico, un intenso
desiderio che tutti li riassume:
giungere alfine, a quella porta aperta
dove la Sposa veglia accanto al lume.
E accanto al fuoco che non si è mai spento
accanto al fuoco vivo del ritorno
sostare un poco, sino al nuovo giorno.
Poi, rinfrancato dal suo amore immenso,
vivere ancora per morir contento.
-----
E tu, Signore, che vedi
tutto il dolore del mondo,
Tu, che del cuore profondo
sai penetrare i misteri,
questa preghiera Tu ascolta
e questa grazia concedi:
----
Dammi, o Signore, la forza
di fare gli ultimi passi.
Fa che raggiunga la porta
Dove mi aspetta la Sposa
che ha tutto il pianto
negli occhi,
tutto lo schianto
nel cuore.
Io debbo dirle una cosa
fammi arrivare, o Signore,
sull’ uscio della mia casa
prima che venga la notte,
per dirle, o Signore,
nell’ ultimo abbandono,
che ho tanto amato
il suo amore.
Per esso ho vinto la morte
ed ho difeso gelosa,
in lotta senza posa
col tempo e la distanza,
la mia suprema speranza
vivendo come in un sogno
la vita che vorrei,
dimentico la mia sorte,
di quello che fui,
di quello che sono,
ma fatto ancor più forte,
nell’ impossibile oltranza,
per il pensiero
di lei,
il desiderio
di lei
e nell’ estremo bisogno
del suo perdono.
Kiev, dicembre 1946
______________________________________________
Questa poesia, scritta in un campo di concentramento sovietico dal tenente degli alpini M.O.V.M Italo Stagno è tratta da un taccuino, che l’ ufficiale affidò in punto di morte al tenente medico M.O.V.M. dottor Enrico Reginato. Quando quest’ ultimo finalmente rimpatriò nel febbraio 1954, la incluse nel suo libro-memoriale “12 anni di prigionia nell’ URSS”.