Segnalo un articolo del quotidiano L'Arena di Verona in tema di storia risorgimentale:
Il genio di Custoza svela ancora segreti
RISORGIMENTO. Un manuale-guida all'Ossario e ai luoghi storici rivaluta il parroco, difensore delle memorie patriottiche: fu salutato in morte «amico geniale ai Caduti». Una foto inedita di don Pivatelli, primo fautore dell'Ossario, fa riscoprire un monumento dimenticato: è ancora sull'antico campo di battaglia
Un campo di battaglia è il luogo più incomprensibile, durante la battaglia (lo spiega Stendhal, con Fabrizio Del Dongo a Waterloo) e il più incomprensibile, dopo (vedi il film Paesaggio dopo la battaglia di Wajda). Anche Custoza, dove si combatterono italiani e austriaci: prima e terza guerra d'Indipendenza, la seconda insanguinò la non lontana Solferino, l'unica vittoria per il Tricolore, ma a prezzo di una strage capace di riempire una torre di ossa. L'Ossario, appunto: monumento funebre che l'Ottocento consegnò ai posteri come monito contro la guerra, e infatti il Novecento ne ha fatto di più colossali. Anche Custoza ha il suo, ma tanti, pure in paese, non comprendono più cosa significhi. Non tutti. I 120, per esempio, dell'associazione Crea, che è la terra di Custoza ma anche un invito all'operosità. Infatti in cinque anni di lavoro, guidati dal presidente Stefano Adami, hanno preparato un manuale di storia e guida all'Ossario e ai campi di battaglia (vedi la scheda in basso). Intanto allestivano spettacoli (dal concerto «risorgimental-pop» all'ultimo atto unico per una morta di 13 anni, Luigina Sartori, «danno collaterale» nella battaglia del 1866) e istruivano volontari che potranno fare da accompagnatori. Con il manuale in tasca, ci si può aggirare nelle campagne di Custoza, San Giorgio in Salici, Santa Lucia ai Monti: meravigliose, finché non asfalteranno tutte le strade, non abbatteranno altre piante e non trasformeranno in «parcheggi» altri prati. Aggirarsi e, come Fabrizio Del Dongo a Waterloo, trovarsi in una valletta, una radura, dove è successo qualcosa all'improvviso, di violento, caotico e incomprensibile. Solo che noi, al contrario del personaggio stendhaliano, abbiamo per capire il lavoro di storici, geografi e cartografi (bravi tutti: citiamo Gian Pietro Cipriani e Giacomo Bertasini per le ricerche e Vitale «Vita» Sartori, per 30 anni custode dell'Ossario, un mito a Custoza). Ed ecco che quel cippo «parla»: qui morì il più alto in grado, nel 1866, il generale Rey. Caduto per l'Italia per tornare cadavere nella sua Nizza non più italiana. Quell'altra lapide racconta di Stefano Messaggi, bergamasco che era stato con Garibaldi in Sicilia e alla Corte Cavalchina trovò la fine: al suo fianco, uccisi altri soldati, Esdra Mosè e Moisè Di Capua. Italiani ebrei, ebrei italiani: solo il fascismo riuscirà a dimenticarlo. Al centro di tutte queste memorie — «un vero museo diffuso», si appassiona Carlo Saletti, curatore della guida in cui si vede il suo mestiere di storico — l'Ossario. Fu un'idea di un prete-patriota, don Gaetano Pivatelli: «amico geniale ai Caduti», lo definirono i parrocchiani sull'epigrafe, e continua a essere il genio di Custoza se ha propiziato una scoperta anche per l'edizione del nuovo manuale (vedi l'articolo in alto). Si aggirava nei campi e, sui luoghi dove ora ci guida il manuale, pregava, parlando ai morti. Un giorno vide passare un cane con un osso umano in bocca. I soldati erano stati sepolti alla meglio. Le guerre si facevano d'estate: la puzza, le malattie... Bisognava fare in fretta. Don Gaetano trasformò lo sdegno in azione: scrisse al re Vittorio Emanuele e all'imperatore Francesco Giuseppe. Erano d'accordo se si faceva un monumento comune ai morti delle due parti? Non lo presero per matto, anzi offrirono i primi contributi. Il resto è storia, riassunta nel manuale con ricchezza di illustrazioni e documenti: una sottoscrizione, propugnata proprio dal giornale L'Arena, raccolse 102.429,25 lire, 375mila euro di oggi. Federico Vuetren, bibliotecario di Torino, donò 100 lire in memoria del figlio caduto a Custoza, la birreria Bauer l'incasso di una serata. Le salme — resti di 1.894 persone, al lugubre inventario finale — furono esumate dalle fosse comuni e portate all'Ossario. A «compiere la pietosa opera» furono spesso gli stessi contadini che, dopo le battaglie, avevano provveduto alle prime sommarie sepolture. Così Domenico Ferrari, 65 anni, bracciante, cercò la fossa che aveva scavato undici anni prima per Stefano Messaggi e gli altri: il luogotenente ex garibaldino se lo ricordava, per l'anello al dito. Lo ritrovò. Giuseppe Anti
http://www.larena.it/stories/335_news/5 ... scroll=855

Rispondi citando





