Proseguendo sempre in tema di Operazione Husky,riporto il racconto dell'uff.le Raffaele Cristiani della divisione Livorno che da Caltanissetta nelle prime ore del 10 luglio 1943 giungevano nei pressi di Gela per contrastare l'avanzata americana.
"Di questi luoghi e di quegli episodi mi è rimasta sempre ben presente e nitida una serie di immagini quasi fotografiche che potrei, se potessi, riprodurle.
In termine di vite umane la divisione Livorno è entrata in campo con 12.500 uomini, di questi le perdite assommano a 7.500 tra morti, dispersi e prigionieri. Nel giorno 10 e nel successivo giorno 11 di luglio del `43 i nostri morti nella piana di Gela furono 4000.
Tornare in questi luoghi per me significa rinnovare il profondo rammarico che noi superstiti portiamo dentro per il sacrificio, solo all`apparenza inutile, di tante vite umane e che ancora oggi imbarazza le nomenclature militari e civili che non sanno come riconoscerlo e come collocarlo fra gli olocausti più nobili della nostra storia militare.""Siamo partiti dal capoluogo nisseno verso sera e siamo arrivati sulle colline di Gela sotto la luce continua dei razzi lanciati dall`aviazione angloamericana per colpire i rinforzi che si stavano dirigendo verso la Piana di Gela. Già* nella fase di avvicinamento alcune nostre unità* sono state duramente colpite dalle bombe e dai mitragliamenti degli aerei.
Quando siamo arrivati quassù, questa visione del mare gremito di navi è stato effettivamente sconvolgente. Sconvolgente per la sensazione precisa che abbiamo avuto tutti, ognuno individualmente, di una guerra perduta. Se fino a quel momento ci eravamo basati sulle affermazioni del Governo circa l`intangibilità* della penisola, capimmo tutti contemporaneamente, in un solo momento che quello non era più vero.
Avevamo la visione di un mare gremito di navi e questo aveva bloccato gli uomini che erano diventati immediatamente lenti nei movimenti o addirittura non si muovevano affatto.
Il ricordo più ricorrente di quel giorno è la necessità*, allora io ventenne, di convincere i miei uomini, anche ultra quarantenni, ad andare avanti e a muoversi svelti perché erano quasi paralizzati dall`impressione.
Gli anziani erano i più preoccupati perché avevano già* la sensazione che le sorti militari del nostro esercito non fossero state fino allora ne brillanti, ne positive; quindi portavano un bagaglio già* di ricordi ed impressioni che si risolveva in questo loro desiderio di non impegno. I giovani invece camminavano sulla base dell`istruzione che avevano avuto e dei sentimenti che erano ancora i sentimenti di un esercito, l`esercito del Re che loro stavano servendo e che dovevano servire con convinzione.
Io stesso ero abbastanza impressionato ed emozionato da tutto questo, ma dovevamo badare a quello che stavamo facendo, quindi c`è voluto qualche grido, qualche incitamento ed anche qualche minaccia per riuscire a smuoverli, ma in pochi minuti sono usciti da quella specie di sbigottimento e torpore che li aveva preso.
Quindi la sensazione si è trasformata da quella di angoscia nel vedere questa flotta a quella dell`azione e quindi a prepararci per aprire il fuoco."Da qui vedevamo avanzare i nostri fanti comandati dal Tenente Colonnelo Leonardi. Sembrava una battaglia napoleonica: avanzavano a schiere parallele verso il mare fino a che non arrivarono in vista ed a tiro degli incrociatori e dei cacciatorpediniere, perché fino allora gli Alleati si erano sempre ritirati di fronte all`azione dei nostri battaglioni, a quel punto entrarono in azione le navi da guerra che mandavano bordate con cannoni di oltre 240 millimetri che investivano un fronte di 150 – 200 metri e che successivamente avanzavano di 100 metri alla volta fino a tritare addirittura i battaglioni annullandoli. Le consistenti perdite furono provocate non dal nemico uomo, ma dal nemico cannone.
In quel momento si iniziava a verificare l`arrivo dalla zona di Licata di truppe corazzate e fummo chiamati, per la prima volta, ad aprire il fuoco.
Quando hanno visto che stavamo sparando sui carri provenienti da Licata, quando avevano individuato la presenza dell`artiglieria, hanno allungato il tiro e mandato le bordate su di noi. E` stato in quel momento che io ho avuto la percezione di dover ritirare gli uomini dai pezzi, cosa che ho fatto gridando improvvisamente "via dai pezzi! e, dirigendomi verso le rocce che erano retrostanti, mi hanno seguito naturalmente tutti. Dopo arrivata la bordata mi sono affacciato sul pianello che avevo di sotto e avevo visto che alcuni uomini erano coricati, sembrava che stessero accucciati in difesa, in protezioni, ma in realtà* quando sono andato a vedere perché non si muovevano erano morti. Li ho rovesciati sul dorso e ho dovuto constatare le schegge che li avevano investiti. Queste bordate furono così terribili che hanno fatto saltare per aria anche i cannoni che avevamo in dotazione.
Nel frattempo era intervenuta l`aviazione italo-tedesca sul mare aveva bombardato la flotta ottenendo risultati vistosi ma non sensibili ai fini dell`alleggerimento della pressione data la quantità* di navi che c`erano.
A quel punto li sentivamo l`idea che questa guerra e quest`isola fosse perduta; ma l`idea era di dover continuare a difendere in qualche modo il suolo della Patria.
Ci siamo diretti verso il bivio Gigliotto, Raddusa, Agira, Nicosia e poi abbiamo piegato sino a raggiungere Milazzo.
Il ricordo più ricorrente dei giorni della ritirata è la persecuzione aerea. Una vera e propria persecuzione all`uomo. Io ho avuto l`onore di avere quattro bombe di cacciabombardiere sganciate sulla mia persona perché ero solo su un cocuzzolo, ed un mitragliamento durante il quale invece di ammazzare me hanno ammazzato un tedesco che era poco lontano.
L`andata a Messina è stata relativamente tranquilla perché eravamo coperti da un imponente schieramento contraereo
Praticamente la cosa così è durata una ventina di giorni al termine dei quali non avevamo di fatto più armamento, ma avevamo i superstiti dei nostri uomini.
Siamo riusciti ad imbarcare i resti della nostra divisione cinque giorni prima che rientrasse l`ultimo tedesco. Ci siamo imbarcati a Messina e siamo sbarcati a Scilla.
Una volta che siamo riusciti a rientrare in continente a Scilla, e ci hanno caricato sui treni per portarci in Piemonte per la ricostituzione dell`unità*. Ricordo che per diverse notti ebbi degli incubi: mi buttavo di colpo dal letto a sotto il letto perché vedevo arrivare il cacciabombardiere.
Poi è arrivato l`8 settembre ed allora è cambiato tutto lo scenario: fine di una guerra ed inizio di un`altra, e questa è tutta un`altra storia."
[ciao2]



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