La dottrina degli anni '80 prevedeva, per il 5° Corpo d'Armata (Veneto e Friuli circa 2/3 dell'esercito), una resistenza dal momento dell'invasione di 48-72 ore (rispettivamente minimo e massimo).
All'epoca (87-8 ho prestato servizio presso, il disciolto, 5° Batt. Genio Pionieri "Bolsena" di stanza presso la caserma Spaccamela di Udine (in caserma era presente il comado Genio del Corpo d'Armata e altri due battaglioni di diverse specialità : il 3° Guastatori "Verbano" e il 1° Minatori "Garda"). I compiti andavano dalle demolizioni, alla posa dei campi minati, ai lavori sul campo di battaglia, alla viabilità , custruzione e riattamento ponti, ecc.

Qualche riga per capire "l'atmosfera" dell'epoca. Dei tre battaglioni, a turno, una compagnia era sempre in "prontezza operativa", cioè per una settimana no libera uscita (solo nelle strade intorno alla caserma in tuta da cbt). In caso di invasione il forte dubbio (viste le 48-72 ore citate prima) era di fare in tempo ad andare in polveriera a recuperare gli esplosivi e mine per attivare le interruzioni previste (questo era il compito specifico del Garda che aveva in dotazione un numero elevato di AR, la campagnola, per inviare nuclei di minatori presso tutti i ponti da demolire), venne ventilata la possibilità che gli esplosivi fossero già presenti in loco (opportunità possibile vista poi la vicenda Stay Behind/Na.Sco.).

Le 48-72 ore (mi disse un Capitano, oggi Colonnello "ogni volta che suona l'allarme, finchè non si capisce se è un'esercitazione, bisogna far conto, e comportarsi di conseguenza, come se ti restassero 2 o 3 giorni da vivere....frase che col senno di poi mi ha dato molto da pensare sugli eroi moderni e sconosciuti) dovevano servire al 3° Corpo d'Armata (Lombardia e Piemonte) di trasferirsi in zona d'operazioni insieme ai previsti rinforzi USA e Portoghesi.

Per fortuna è andata diversamente

Scusate se vi ho stufato

ciao
marcuzzo