Purtroppo generalmente parlando la documentazione sugli effetti sul "materiale umano" che serviva in combattimento nelle fortificazioni, di ogni tipo e in ogni epoca, è scarsissima: agli alti comandi e agli ingegneri militari questo aspetto interessava relativamente poco, e poi si pretendeva e dava per scontata in ogni caso la resistenza eroica fino al supremo sacrificio a partire dal comandante del forte fino all'ultimo artigliere. Per quanto riguarda le riparazioni delle cupole e le coperture in cemento, nel caso meglio documentato della 1° g.m., quello dei forti austriaci degli altipiani, nel primo anno di guerra durante le giornate di bombardamento italiano tutto il personale si dava da fare nei momenti di pausa, soprattutto nottetempo, per cercare di riparare al meglio le coperture sconvolte dalle esplosioni, utilizzando gli stessi detriti per riempire i crateri, cementando tutto con sacchi di cemento che si cercava il più possibile di fare arrivare ai forti utilizzando soprattutto riservisti bosniaci della Landsturm (che ebbero elevatissime perdite proprio per questo loro impiego). Per le cupole corazzate, in vari casi colpite direttamente da proiettili di vario calibro, si continuavano ad utilizzare finchè resistevano, anche con delle belle e vistose incrinature; inoltre dopo i primi bombardamenti fu inviato appositamente sugli altopiani un tecnico della Skoda di Pilsen (produttrice delle cupole) con alcuni aiutanti, che si spostavano da un forte all'altro per cercare di ripararle al meglio, soprattutto per quanto riguarda i meccanismi di spostamento ed elevazione di cupole ed obici che erano i primi a guastarsi sotto le bombe. In alcuni casi, quando delle cupole vennero disintegrate da colpi da 305 centrati in pieno come al forte Verle (con le conseguenze immaginabili per gli artiglieri che vi erano presenti), si utilizzò in seguito per un certo periodo il pozzo scoperto con l'obice ora in barbetta che continuò a fare fuoco...Originariamente Scritto da Andrea58



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