Sulla disattivazione delle armi, leggete il commento del giudice (e noto esperto) Edoardo Mori in coda alla circolare ministeriale del 2002:

http://www.earmi.it/diritto/leggi/demilit.htm

Se ne ricava, quanto alla validità* di un certificato di disattivazione estero, quanto segue:

Sotto il profilo giuridico, se un'arma è disattivata a regola d'arte (o comunque è un rottame inservibile), essa cessa di essere arma, e non c'è alcuna disposizione di legge che dica che la circostanza debba essere certificata in alcun modo. E' la qualità* materiale dell'oggetto a fare fede, in giudizio. Questo perché le norme sulla disattivazione delle armi, ad oggi, sono contenute in circolari del Ministero dell'Interno, e le circolari della Pubblica amministrazione, per pacifica giurisprudenza e dottrina, non hanno valore normativo (insomma, non pongono obblighi ai comuni cittadini).

Da qui le varie sentenze, che però riguardano sempre casi singoli (certo un consolidato indirizzo della Cassazione a sezioni riunite aiuta).

Tanto premesso, però, va anche detto che le circolari, in via generale e se non dettano norme manifestamente contro legge, pongono un obbligo all'Amministrazione stessa di osservarne le prescrizioni, pena la possibile illegittimità* del proprio operato. Ovvero: un funzionario del Ministero degli Interni od un agente di pubblica sicurezza che si trovino davanti ad un'arma disattivata priva di certificato rilasciato conformemente alle circolari del Ministero, sono in sostanza tenuti a porsi il problema di valutare la posizione del possessore della detta arma disattivata alla luce delle circolari applicabili
Ora, siccome le valutazioni tecniche di un funzionario che non abbia competenze specialistiche peritali non hanno più di tanto valore giuridico, ecco che il possesso di un'arma disattivata priva di certificato italiano può significare il sequestro della medesima arma con trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica, con successiva trafila che può andare dalla più o meno celere archiviazione alla (sicuramente lunga) via processuale per reati di vario tipo e gravità*.

Un funzionario particolarmente ben disposto nei confronti del cittadino e che abbia competenza tecnica potrebbe valutare diversamente il da farsi, ma non ci farei troppo conto, e non per cattiveria del funzionario stesso, ma per quanto sopra detto su poteri e obblighi. Oltretutto immaginatevi le conseguenze, per il funzionario, se poi risultasse che qualche altra autorità* non è d'accordo con le sue valutazioni ("signor giudice, guardi che il mio Mauser, anche se ci ho sparato al cane del vicino, è disattivato assolutamente a norma, me lo confermò anche l'appuntato Cacace nel corso di un'ispezione l'anno scorso"...).

In concreto ciò significa che:

1) chi non teme di dovere passare una buona decina d'anni in notevoli patemi d'animo e a spendere un patrimonio in avvocati e periti per dimostrare al giudice che il Mauser che si teneva appeso in casa non era più un'arma, può prescindere da qualsiasi certificazione, italiana od estera, purché sia anche dimostrabile che la provenienza originale dell'arma disattivata non era illecita.

2) un certificato rilasciato conformemente alle norme italiane (contenute nelle dette circolari) assicura (o dovrebbe assicurare) che un eventuale controllo da parte delle forze dell'ordine non crei problemi.

3) i certificati esteri, non assicurando conformità* alle circolari italiane, non servono a niente ai fini di cui al punto 2). Semmai (sempre in dipendenza dalla vostra fortuna / sfortuna) potrebbero rendere più agevole, in sede processuale, dimostrare al giudice quanto esposto al punto 1) oppure al contrario potrebbero persino aggravare la vostra posizione configurando l'accusa di importazione clandestina di arma, magari da guerra.

Nei prossimi anni è prevista l'armonizzazione delle procedure di disattivazione a livello comunitario, ma fino ad allora le cose stanno così.