6.I risultati del lavoro politico
La martellante propaganda messa in atto riscosse ben pochi risultati tra i prigionieri italiani; le difficoltà* quotidiane e l`estraneità* dalla vita politica fecero sì che la massa dei prigionieri rimanesse indifferente all`opera dei propagandisti.
Uno di questi, Goldmacher, dichiarò che "i prigionieri erano politicamente assolutamente vergini. Nessun`idea di cosa fosse l`Italia prima del fascismo"47; il terreno su cui gli istruttori politici dovettero lavorare e i risultati che colsero sono ben descritti dalle parole di questo reduce:
L`indifferenza dei prigionieri era tale da rifiutare i loro continui assalti verso un interessamento alla vita politica. Sulle predette posizioni di netto rifiuto, alla base c`era una sovrapposizione di diverse motivazioni. La prima di queste era certamente dettata dalla nostra situazione di prigionieri già* provati da malattie e sofferenze, cui si aggiungevano la pena e il pensiero per le nostre famiglie lontane. La seconda ragione per la quale mostravamo indifferenza alla politica era dovuta alla globalità* della condizione sociale e culturale dei prigionieri. Si riscontrava in noi soldati, la maggior parte dei quali peraltro di estrazione contadina, una scarsa istruzione nonché, in alcuni casi, un totale analfabetismo48.
Alcuni successi vennero comunque colti dagli istruttori politici, come scritto in una lettera di Robotti a Scevljagin (direttore del settore italiano della scuola di Juza):
In tutte le località* dove sono stato girando l`Italia ho trovato dei nostri ex allievi. Tutti sono al loro posto in prima fila. Molti sono in comitati direttivi di grandi cellule, di sezioni e anche di federazioni (come G.). S. ha diretto lo sciopero nazionale degli assicuratori ed è uno dei dirigenti dell`organizzazione nazionale di tale categoria. D., vostro allievo, è segretario di una sezione che ha 1200 iscritti. Prima di venire in Russia era sagrestano nel suo paese! Solo M. e P. hanno defezionato: non fanno nulla. Insomma il lavoro fatto è stato veramente utile e lo sarà* maggiormente in avvenire49.
Alle adesioni sincere alle causa comunista, si affiancò l`opportunismo di alcuni prigionieri, che, convinti dal miglior trattamento riservato ai collaboratori antifascisti, si misero agli ordini dei sovietici:
Questi antifascisti per opportunismo, erano i più pericolosi perché non avevano scrupoli ed erano pronti a prostituirsi in qualsiasi modo. Facevano la spia, i delatori, erano disposti a dichiarare per iscritto tutto quello che volevano i russi: che i pidocchi e il tifo petecchiale l`avevamo portato noi dall`Italia, che gli italiani avevano incendiato non so quale villaggio dell`Ucraina, che i nostri soldati al fronte mangiavano peggio di noi in prigionia. Queste dichiarazioni avevano l`onore di essere pubblicate su "L`Alba"(...)50
Questo clima di tensione era alimentato dai sovietici, che vedevano nelle fratture all`interno delle varie comunità* nazionali recluse nei campi un mezzo per evitare rivolte, impraticabili dal momento che mancava la coesione tra i prigionieri; allo stesso scopo venivano alimentati gli scontri tra le varie comunità* nazionali.
Così viene descritta la rappresentazione degli schieramenti all`interno del campo di Suzdal:
Ci sono i monarchici, in grande numero, poiché in grande numero sono tra noi gli ufficiali effettivi, di cui molti con grado da maggiore in su (...). Ci sono i repubblicani i quali non obliano il giuramento, ma spiegano come la sua forma sia superata (...). Ci sono i fascisti, che fanno una questione d`onore, di fedeltà* agli impegni presi. Padroni di casa fino a ieri, tengono celata in fondo al cuore l`ansia di rivincita, la riserva di vendetta per quando si tornerà* in Italia.
E ci sono i comunisti. Giunti ad un unico traguardo da vie tanto diverse: chi affascinato dalle novità* e stupito, per quanto la realtà* che vede in Russia non sia edificante, che essa sia tanto migliore di quel che ci aveva detto la stupida propaganda e, comunque , sia storicamente spiegabile e logica; chi incuriosito scientificamente dalle nuove teorie che
legge sui libri di Marx, Engels, Lenin, Stalin; chi mosso dalla speranza di un trattamento migliore da parte di questi terribili padroni; chi, infine spaventato da colpe politiche che i carcerieri potrebbero addebitargli e fargli pagare care, si copre con l`unico miracolo scudo che possa preservarlo dai colpi. E ci sono naturalmente gli indifferenti, gli agnostici.
Ma, come sempre avviene soprattutto tra passionali latini, a sentire gli uni e gli altri, non vi sono che due categorie: per gli antifascisti sono fascisti non solo coloro che rimpiangono il fascismo, ma chiunque voglia opporsi alla caduta della monarchia. Per gli altri sono comunisti tutti coloro che vogliono che in Italia qualcosa muti.51
47M.T. Giusti, "I prigionieri...", p.127
48V. Di Michele, "Io, prigioniero in Russia",p.117
49lettera in italiano di Robotti a Scevljagin, 7 maggio 1947, in M.T. Giusti, "I prigionieri...", p.154
50C. Vicentini, "Noi soli vivi", p.21651Gino Beraudi, "Vajna kaputt, Guerra e prigionia in Russia",p.121

Rispondi citando
<<< Nec videar dum sim >>>






