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Re: Scoperta resti caduti 2 g.m. a Verona
Torniamo un attimo indietro, sull'Arena di venerdì scorso 11 gennaio c'era anche l'intervista che trascrivo di seguito. Alcune affermazioni le trovo piuttosto contraddittorie.
LO STORICO. Maurizio Zangarini: Porta Nuova è stata colpita più volte «Bersaglio strategico per le bombe alleate»
«Dopo l´8 settembre lì c´erano molte truppe tedesche»
Furono le incursioni dei bombardieri alleati a ridurre in macerie, tra gli ultimi mesi del 1943 e la Liberazione, diverse zone di Verona in corrispondenza degli snodi ferroviari ritenuti strategici: non solo la stazione Porta Nuova, dove i convogli transitavano ma nella quale non venivano allestiti. Tra i bersagli principali della pioggia di bombe ci furono anche i binari tra le Golosine e Santa Lucia, l´Officina riparazioni di Porta Vescovo, il ponte di Parona.
«Questo complesso ferroviario costituiva il raccordo militare e alimentare di tutto il centro-nord. Tenerlo sotto controllo era fondamentale per avere la meglio sul nemico», spiega Maurizio Zangarini, presidente dell´Istituto per la storia della Resistenza e dell´età contemporanea. «Ma a quel tempo, come del resto anche oggi, i bombardamenti non erano affatto chirurgici, e a farne le spese furono anche molti civili».
Una pagina del geografo e giornalista veronese Eugenio Turri, allora bambino, descrive i terribili momenti vissuti dai cittadini dell´epoca all´arrivo degli aerei alleati: «Si udiva un rombo lontano che faceva vibrare i vetri delle finestre e tintinnare gli oggetti sul comò. Di colpo la vita si ridestava, aveva come un sussulto. Il panico raggiungeva il picco con le donne che piangevano e le vecchie che recitavano il rosario. Gli aerei americani portavano paura sulle contrade, l´apocalisse?».
Si può ipotizzare che i tre scheletri appartengano ad alcuni soldati che furono essi stessi vittime dei bombardamenti, nonostante ancora non se ne conosca la nazionalità. «Dopo l´8 settembre, sappiamo che a Porta Nuova e nei giardini antistanti si concentrarono truppe tedesche, anche se non ci è giunta testimonianza di scontri armati in loco. Lo scalo ferroviario», prosegue Zangarini, «era inoltre una base partigiana. Il capostazione Pio Brunner, nome di battaglia "Brio", comunicava agli alleati tutto ciò che passava a bordo dei treni: uomini, armi, alimenti. Gli stessi bombardamenti erano concordati dall´aeronautica Raf con gli italiani badogliani della Rye, la missione militare che spesso però aveva da ridire con gli alleati, perché le bombe non cadevano esattamente dove si era stabilito a causa di errori».
Ma se prima di ogni incursione aerea le sirene inducevano a mettersi al riparo, com´è possibile che alcune persone si trovassero in un luogo così pericoloso come il piazzale della stazione? «È vero che la maggior parte delle persone correva al riparo», risponde Zangarini, «tuttavia alcune categorie si arrischiavano a uscire proprio nell´ora del bombardamento: l´unico lasso di tempo in cui muoversi di nascosto. Tra questi, per esempio, vi erano i partigiani o coloro che trafficavano nel mercato nero. Inoltre, non sappiamo se nei pressi della stazione vi fosse un riparo, un rifugio antiaereo. I resti ritrovati in piazzale XXV Aprile forse appartengono a qualcuno che voleva partire, ma fu colto di sorpresa dalle bombe».L.CO.
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