Piccolo contributo:

"La Glasmine 43 è una mina antiuomo ad azione locale funzionante a pressione messa a punto e utilizzata dai tedeschi durante al II G.M.

Quando i tedeschi a partire dall'inverno 1942-43 iniziarono la ritirata sul fronte orientale, ebbero sempre più bisogno di stendere campi minati difensivi. All'epoca l'unica mina antiuomo in dotazione era la S-Mine 35, eccellente da tutti i punti di vista ma complessa e costosissima, quindi riproducibile in quantitativi insufficienti. Si cercò di ovviare al problema utilizzando le mine sovietiche catturate come le PMD e le POMZ, dalle quali si trasse ispirazione per la realizzazione delle successive Schümine e delle Stockmine.

Ma anche questo non era sufficiente, quindi si cercò di utilizzare le industrie tedesche che fino a quel momento erano state scarsamente impiegate nello sforzo bellico. Inoltre a causa della sempre maggiore presenza di cercamine magnetici sul campo di battaglia, si studiarono mine che fossero poco evidenti a questi apparati.

In base a queste considerazioni si intraprese la strada della realizzazione di ordigni in ceramica, terracotta e vetro. Dalle prove fatte si stabilì che i manufatti più adatti allo scopo per facilità ed economicità di produzione erano quelli in vetro, pertanto alla fine del 1943 si giunse all'adozione della Glasmine 43, nella cui produzione vennero pesantemente coinvolte le vetrerie della Bassa Sassonia: la mina venne utilizzata per la prima volta sul
fronte orientale nell'Aprile del 1944.

Il corpo della mina è una tazza di vetro del diametro di 155 mm, alta 105 dello spessore di 6 mm. Suddivisa in due vani da un diaframma, quello inferiore ospita una cartuccia di TNT o Melinite da circa 200 g (Sprengkörper 2, mentre in quello superiore trova posto l'accenditore. Il diaframma è un disco di lamiera o di legno forato al centro che serve da supporto per l'accenditore. L'accenditore si innesta sul diaframma tramite il detonatore, che passa attraverso il foro e si inserisce nella sottostante cartuccia esplosiva. Il diaframma poggia su un risalto anulare ricavato all'interno dell'involucro a circa 45 mm dal bordo superiore.
Al di sopra dell'accenditore è posto un sottile disco di vetro che costituisce l'elemento tarato: al di sopra di questo era poggiato un piatto di pressione in vetro del diametro di 150 mm. Per aumentare la pressione di funzionamento potevano essere inseriti dei perni tarati sotto il disco. L'unione tra l'involucro e il diaframma era resa impermeabile mediante l'uso di colla specifica per vetro, oppure cera, resine, catrame.

La Gl.Mi.43 di norma utilizzava gli accenditori Hebelzünder 44 (SM 4) a funzionamento meccanico o SF 18 a funzionamento chimico. Quest'ultimo, appositamente concepito per l'uso subacqueo della Glasmine 43, era costituito da un piatto di vetro che andava a sostituire il diaframma in lamierino, al cui centro era ricavato un alveo in cui erano collocate due fiale contenenti reagenti chimici e un foro per il passaggio del detonatore. Sulle fiale era posto un cilindro flangiato in vetro con la testa a fungo, dove la flangia poggiava sui bordi dell'alveo e la testa a fungo si trovava immediatamente sotto al disco di vetro che costituiva l'elemento tarato.

La mina ha utilizzato anche altri accenditori a pressione come lo SF 5 (noto anche come CZB - Chemisch Zünder Buck) a funzionamento chimico e lo SF 6 funzionante a frizione. Per utilizzare alcuni di questi accenditori, il diaframma in lamierino venne spesso sostituto da un disco di legno, sia per aumentare lo spessore del supporto, necessario per alcuni tipi di accenditore, sia per azzerare la rilevabilità elettromagnetica, visto che gli accenditori
erano fabbricati con materiali amagnetici. La ricerca per sondaggio di questa mina, a causa dell'estrema fragilità dell'elemento tarato è estremamente rischiosa.

Per la carica esplosiva adottata, la Gl.Mi. 43 ha una potenza paragonabile a quella delle Schümine 42 e delle PMD-6, ma l'efficacia è incrementata dalla generazione di schegge provocata dalla frantumazione dell'involucro in vetro, che insieme all'eventuale presenza di sassi o schegge appositamente collocati nel vano superiore ne estendeva il raggio d'azione efficace ad una quindicina di metri.

La posa della Glasmine 43 è solo manuale e può essere effettuata in qualsiasi tipo di terreno, anche se caratterizzato da un alto tasso di umidità, ponendola sulla superficie, col piatto di pressione a filo col terreno o fino ad un massimo di 3-5 cm sotto la superficie. L'esteso uso di vetro in tutte le componenti, l'impermeabilizzazione,
l'utilizzo di accenditori a funzionamento chimico e di TNT come carica di scoppio può estendere la vita operativa di questa mina a molti decenni.

Grazie a queste caratteristiche venne messa a punto una variante concepita per l'uso in ambiente litoraneo denominata Glasmine 43 (W) (wasserdicht - impermeabile), meglio conosciuta come Schützenküstenmine, con piatto di pressione in pietra per appesantirla impedendone il galleggiamento. Per appesantirla ulteriormente poteva essere aggiunta anche la già citata zavorra di sassi.

La Glasmine 43 si dimostrò poco pratica nell'uso, difatti l'uso del vetro nella struttura e nel meccanismo si era rivelato controproducente a causa della intrinseca fragilità. Questo costringeva ad approntare la mina sul posto durante la fase di posa richiedendo un notevole dispendio di tempo, mentre in caso di rimozione, sia la fragilità del disco di vetro che la sensibilità di alcuni degli accenditori utilizzati, costringevano ad operazioni lente e pericolose.
Pertanto nell'uso comune venne sostituita dalle Behelfs-Schützenmine della serie S-150/A-200, molto più semplici da usare e impermeabili senza preparazione.

Nel biennio 1944-45 vennero prodotti oltre undici milioni di involucri della Glasmine 43 (1.125.000 nel 1945), ma alla fine della guerra almeno nove milioni giacevano nei magazzini (9.700.000 secondo alcune fonti). Questi residuati trovarono un impiego molto più pacifico nell'immediato dopoguerra. Le vetrerie della Bassa Sassonia per evitare le requisizioni o la chiusura in quanto coinvolte nella produzione bellica, colorarono le "tazze" coprendole
di ornamenti, trasformandole in tazze e ciotole. Il successo fu tale che le industrie furono costrette a riprendere la produzione nel 1946-47, aggiungendo alla gamma di prodotti una pentola, ottenuta trasformando ulteriormente gli involucri con l'aggiunta di manici e i piatti di pressione, munendoli di pomelli, in coperchi."


Ciao
Stefano