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All' orizzonte una nube nera
si č levata alta nel ciel.
E' andata in aria la polveriera
e i guastatori vanno a veder.
E' pien di sangue il capitano
in mezzo al sangue dei suoi soldą;
e dice ad uno: << Dammi la mano,
o guastatore ti voglio parlą >>.
<< Cosa vuoi dire, mio capitano,
che vuoi parlare ai tuoi guastator? >>
<< Voglio donare le mie armi
prima d' andare vicino al Signor. >>
<< Il lanciafiamme al Re d' Italia
perchč conosca il nostro ardente amor,
e la mitraglia al colonnello
perchč conosca come abbiamo il cuor.
Ed il mortaio alla Marmarica
che tanto sangue ci ha fatto versą.
Lascio le cariche a Bu Halfaya
dove in duecento sono restą;
ed il tritolo tutto al Gebel
che in ventiquattro ci ha ammazzą.
Le bombe a mano ai miei soldati
una per uno, tante quanti sono.
I bengalotti alla mia mamma
perchč sia allegra e torni a cantą.
Ma il distintivo me lo lasciate
perchč nel cielo lo voglio portą. >>
China la testa il capitano
ma trova forza ancora di parlą;
<< O guastatore, dammi la mano,
di te la Patria si puņ fidą >>.
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Scritta in occasione della morte del capitano guastatore Chiolero, veniva cantata dai guastatori del XXXI°
Parole del sergente Venosto Lucati, 8^ cp. / XXXI° Btg. Guastatori.
Due ferite, due M.A.V.M., una M.B.V.M., nel dopoguerra Lucati, da autodidatta divenne apprezzato scrittore e storico militare.
Fu vicedirettore della Biblioteca Civica di Como.



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