Io credo che centri anche molto l'attitudine psicologica dei singoli popoli e delle rispettive classi militari. Quindi non si può prendere per attendibile ciò che è una certa attitudine psicologica alla narrazione, o una certa attitudine psicologica di certi prigionieri in un dato momento storico.
Faccio un esempio. Per chi conosce un po' la storia dell'Armir, come si sa, i primi reparti ad abbandonare le linee in seno all' 8a armata italiana furono due reparti tedeschi: il 318° regg. di fanteria e la 298a divisione... quest'ultima fuggì letteralmente senza avvisare il comando Italiano d'armata... In seno alla ritirata i tedeschi cercarono di strappare i pochi automezzi in dotazione alle nostre truppe anche con le armi, approfittando pure del fatto che la maggior parte del carburante fosse detenuta esclusivamente dalla loro intendenza; tanto è vero che venne emanato l'ordine di difendersi anche manu militari dagli "alleati". Eppure in molta memorialistica, e persino saggi storici, tedeschi (spesso di ispirazione neonazi) si inventa la favola che la disfatta di Stalingrado è stata causata dagli italiani vigliacchi e traditori (o rumeni, o ungheresi). Cito a puro titolo di esempio in questo senso le memorie del "pilota di ferro" Rudel
- sempre orgoglioso nazi - che magari, se fosse stato catturato, sarebbe stato considerato attendibilissimo e autorevole testimone dai suoi catturatori -specie se occidentali - (mentre in realtà non fa che ripetere certa propaganda nazi, totalmente infondata storicamente).
Sono fatti storici documentati fin da allora e inoppugnabili. Tuttavia sono sicuro che mai un tedesco, specialmente se ufficiale, ammetterà, neppure in confidenza, di aver mancato ai propri doveri, di aver "tradito", di essere comportato in modo disdicevole. Solo se posto di fronte all'evidenza dei fatti, forse. Vedi come accadeva nei processi per i crimini di guerra e per lo sterminio degli ebrei.
Al contrario gli italiani quando non hanno un più un interesse diretto, tendono ad essere sinceri, in confidenza, a dire più o meno la verità e ad ammettere quello che è successo nel bene e nel male; spesso però calcando la mano, accentuando teatralmente in un senso o nell'altro quello che è effettivamente successo, come è nello stile mediterraneo. L' italiano è poco attendibile invece quando tende a raccontare i fatti a "scaricabarile", per sollevare se stesso da responsabilità reali o presunte. In questo senso l'ufficiale in particolare (meno la truppa) eccelle; spesso quindi per lo straniero l'ufficiale italiano è attendibile anche quando scarica le proprie responsabilità, proprio perchè non coglie queste sfumature: al contrario uno straniero è abituato a vedere, generalmente, nell'ufficiale uno abituato ad assumersi le proprie responsabilità e perciò attendibile.
Aggiungiamo che il sentimento psicologico generale dei prigionieri italiani dipenderà poi molto dalle situazioni storiche: i prigionieri catturati in Tunisia o in AOI avranno avuto una certa attitudine verso il futuro, quindi un atteggiamento psicologico, molto diverso (in meglio o in peggio) per esempio di quelli catturati in Sicilia o dopo l' 8 settembre. E' ovvio. Tutto ciò dovrebbe essere evidente ma pare non esserlo nello studio del professore tedesco.
Giustamente la sottostante massima, come qualcuno faceva notare, può essere considerata per il nostro popolo e in primis le FFAA, universale.
"the attitude of the Italian soldiers revealed in the transcripts was that they thought their state was corrupt and that their leadership was corrupt, so their view was: "Why should we, small soldiers, risk our lives for this corruption?"
Però, se pronunciata da un prigioniero catturato a ridosso dell'8 settembre, a ragione, avrà avuto o no una valenza psicologica e drammatica - pure in senso propriamente storico - ben diversa da una stessa identica frase pronunciata in un contesto diverso? E' in grado l'autore tedesco di cogliere tutte queste sfumature? Secondo me no e quindi lo priva di parecchia, se non tutta, attendibilità storica. Potrebbe essere al contrario un interessante studio antropologico-psicologico-sociologico... ma assolutamente non storico.


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