Nelle pagine interne il resoconto umoristico di un immaginario processo - naturalmente mai tenutosi - sulla falsariga di quello a Faccetta Nera, ma sopratutto, testo e spartito della canzone, che sembra all' epoca aver goduto davvero di una certa popolarità, non solo tra i lettori del Travaso, e non tanto per spirito eroico e patriottico, ma per gli evidenti doppi sensi, che oggi ci appaiono politicamente scorrettissimi. Vale la pena di ricordare che l' assonanza della tipica capanna abissina a pianta circolare e tetto di paglia (tukul) con un' altra cosa, ebbe lunga vita nell' avanspettacolo italiano, venendo ciclicamente ripescata almeno fino agli anni '70, quando fu oggetto di una scenetta televisiva di Franchi & Ingrassia sulla monopolista RAI.

____________________________

"Un regalo ti porterò !"


Dall' Abissinia, o dolce amor

o dolce amor
vincitore ritornerò
e un regalo ti porterò !
Ti porterò qualche leon
struzzi e caffè
ed un pelo di quel barbon
di Selassiè !
Dall' Africa Oriental
ti porterò
l' ombrello di Salomone,
spighe di grano in fior
e un chilo d' or
come campione.
Cara, lasciami far
io penso a te...
Le negre non bacerò:
odoran troppo di un certo non so che...
in quel tukul
giammai non entrerò !
Un giorno amor ritornerò
con te quaggiù.
Una casa fabbricherò
nel giardino di Nasibù.
Là ti dirò: - Rammenti ancor
con che passion
ce ne siamo fregati un dì
delle sanzion ? -
Sempre vicina a me
piena d' ardor
vivremo nell' abbondanza.
Faremo sogni d' or
e crescerà
la figliolanza.
Cara, lasciami far
io penso a te...
Le negre non bacerò:
odoran troppo di un certo non so che...
in quel tukul
giammai non entrerò !