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Vorrei ritornare all'argomento della slavizzazione ecclesiastica.
3]L’istigazione all’ostilità contro gli italiani
Le autorità imperiali ebbero anche cura di fomentare il nazionalismo slavo in funzione italofoba, in questo servendosi del clero slavo. Un esempio di questo è l’operato del l’imperial-regio commissario in Istria, tale Fodransperg. Questi nel settembre 1848, inviava a diversi parroci istriani un articolo di propaganda politica a favore dell’appartenenza slava dell’Istria. Esso era in modo solo apparentemente paradossale in lingua italiana: in verità l’italiano era la lingua di cultura della Venezia Giulia e della Dalmazia da secoli, accanto al latino, cosicché gli slavi stessi se ne servivano abitualmente (basti dire che il quotidiano dei nazionalisti croati di Dalmazia era scritto in italiano e si chiamava “Il Nazionale”!).
La lettera del commissario recitava: «Molto Reverendo Signore, Reputo di fare a Lei cosa gradita colla comunicazione dell’annessa italiana traduzione di un articolo fondamentale scritto sulla nazionalità slava dell’Istria, a confutazione di tanti infondati, insulsi e passionati altri articoli, con cui certuni italiani tentano sopprimere questa slava nazionalità a vantaggio della gente italiana.
Credo poi di non recare a Lei molestia col pregarla di volere possibilmente divulgare questa traduzione e di spiegarla in slavo alli di Lei parrocchiani, onde venga istruita del suo diritto di nazionalità e sappia fare valere in ogni evento contro la gente italica, che, ospite sul suolo istriano, si arroga dei diritti a lei non competenti. Spero non essere lontano il tempo in cui l’Istria slava otterrà giustamente li vantaggi di vera sua nazionalità sotto il glorioso vessillo dell’amatissimo nostro Imperatore costituzionale, ed unita fraternamente alle altre fedeli provincie tedesche e slave, sarà un leale e forte sostegno al di Lui avito trono. Dopo averne presa una copia di detta traduzione, vorrà Ella gentilmente spingerla avanti con sollecitudine, onde circoli nel modo qui sotto indicato.
Pinguente li 24 Settembre 1848 Fodransperg i. r. Comm.»
Questa missiva, inequivocabile forma di propaganda a favore del nazionalismo panslavista, era stata scritta e firmata da un alto funzionario imperiale e trasmessa ad una serie di parroci dell’Istria: «Al molto Reverendo Signor Parroco di Sovignacco. Ricevuta li 19, promossa li 21 settembre 1848 Zimmermann, Parroco. Ricevuta e promossa li 24 settembre a. c.Verch. Novak. Ricevuta li 4 e promossa li 5 ottobre 1848. Giov. Podobnik Ricevuta li 13 ottobre 1848. Sacher ( Parroco di 9 Socerga. Ricevuta li 7 e inoltrata li 8 ottobre 1848. Giuseppe Kodermann Parroco di Valmovrasa e di ritorno.»
Furono moltissimi i sacerdoti slavi che predicarono l’odio e l’ostilità verso gli italiani, oppure che li discriminarono in vari modi ed intrapresero campagne politiche contro di loro. Il nazionalismo sloveno in Venezia Giulia sorse con l’appoggio determinante del clero slavo. Questo legame fra nazionalismo sloveno e clero sloveno si trova confermato anche nel periodo cruciale 1867/1870, nella fase che i nazionalisti sloveni chiamano “l’epoca dei tabor”. I tabor erano grandi riunioni pubbliche di sloveni, in cui venivano ammaestrati da oratori nazionalisti, fra cui comparivano frequentemente sacerdoti.
Questi incontri promuovevano molte richieste nazionalistiche ed estremistiche: la costituzione di un Land asburgico comune della Slovenia, che però doveva comprendere tutta la Venezia Giulia, incluse le aree a stragrande maggioranza italiana,quali Gorizia, Trieste, Istria veneta, Friuli orientale; gli oratori sloveni,fra cui appunto preti, arrivavano ad esortare le donne slovene a non“contaminarsi” contraendo matrimoni misti con gli italiani, in questo modo dimostrando chiaramente una concezione razzista; si giunse al punto, come avvenne in tabor svoltosi sul Collio goriziano, di chiedere all’impero d’armare gli sloveni contro gli italiani.
Le idee di cancellazione della presenza degli italiani esistevano quindi già agli inizi del movimento nazionalista sloveno ed erano espresse con molta chiarezza,accompagnate da teorie razziste basate sul “mito del sangue” e sulla credenza (antiscientifica) di diversità biologiche alla base di quelle nazionali. Il movimento dei tabor si sviluppò in Venezia Giulia a partire dall’ottobre del 1868 ed ebbe l’appoggio decisivo del clero sloveno, l’unica classe dirigente degli sloveni all’epoca. L’impero aveva favorito in ogni modo la presenza del clero slavo in Venezia Giulia, in funzione anti italiana, al punto da nominare abitualmente vescovi slavi in città e terre abitate a maggioranza da Italiani. Anche se con differenze locali (maggiore prudenza a Gorizia, adesione convinta a Trieste e Capodistria), si può dire che gli ecclesiastici sloveni furono protagonisti del movimento del tabor, sia per nazionalismo, sia per fedeltà verso l’impero, italofobo: l’ostilità verso gli italiani scaturiva quindi sia dall’aggressività nazionalistica, sia dall’ottemperanza alle direttive imperiali.
Un esempio di che cosa accadesse nei tabor sloveni è offerto dal primo primo Tabor istriano, indetto per l’8 agosto del 1870 a Covedo (Capodistria): fra i partecipanti c’erano 24 religiosi. Uno di loro, il Lavric, si mise con fare esagitato a predicare alle donne presenti di non sposarsi con italiani, ma solo con sloveni. Un altro prete sloveno, tale Raunik, tenne una concione in cui sosteneva, del tutto falsamente, che i più antichi abitatori dell’Istria erano slavi, mentre in realtà costoro vi giunsero soltanto nel VII secolo dopo Cristo. Appoggiandosi ad un’affermazione storica totalmente erronea, il Raunik pretendeva per gli slavi il possesso dell’Istria.Presero poi la parola altri due preti sloveni, ambedue parroci. Mentre i vari oratori parlavano, altri sacerdoti slavi in mezzo alla folla cercavano d’infiammare gli animi lanciando grida di battaglia tipo “zivio, hocemo, nocemo”.Fra i nazionalisti sloveni presenti compariva anche don Urban Golmajer il prete che nella località di Rozzo aveva distrutto tutte le lapidi romane rinvenute negli scavi (l’ostilità verso Roma antica era, naturalmente, parte dell’italofobia dei nazionalismi sloveno e croato), suscitando l’indignazione del grande storico tedesco Mommsen: il Golmajer era stato poi candidato alla Dieta locale per conto dei nazionalisti sloveni. L’iniziativa del tabor era stata un’idea di don Raunik e tutte le spese erano state coperte dal clero slavo. [Almerigo Apollonio, Dagli Asburgo a Mussolini. Venezia Giulia 1918-1922, Gorizia 2001]
La Società politica istriana rivolgeva nel 1890 una protesta al governo imperiale: «I preti della campagna predicano impunemente dal pergamo e dalle piazze l’avversione e l’odio contro gli italiani, qualificando questi ultimi, pubblicamente, per usurpatori e ladroni» [Sergio Cella, “I rapporti fra gli irredenti giuliani ed il clero cattolico”, Rassegna storica del Risorgimento, anno 1956].
In Dalmazia l’operato del clero croato fu, se possibile, ancor peggiore. Suoi membri giunsero al punto da istigare apertamente alla violenza contro gli Italiani od a partecipare in prima persona ad aggressioni fisiche. Ad esempio, a Zara durante una festa religiosa, quella del Giovedì Santo pasquale (sic!) un nazionalista croato, eccitato dai discorsi anti-italiani di preti e frati croati, sparò su di una folla di fedeli Italiani diversi colpi di pistola, facendo numerosi feriti. Egli fu arrestato dalla polizia imperiale, ma invece di essere processato per questa sua criminale aggressione, venne subito rilasciato. Giusto per ricordare un altro caso analogo, al principio del 1909 un gruppo di pacifici cittadini italiani di Zara che si stavano recando in barca a Bibigne per compiere un’escursione, non poterono neppure sbarcare, poiché furono aggrediti da una folla di contadini slavi, aizzati dal loro prete, che cercarono di lapidarli. [Raimondo Deranez, “Alcuni particolari sul martirio della Dalmazia”, Ancora 1919].
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