Probabilmente ciò è valido ed attestato per i paracadutisti, ma sull'argomento approfondirei volentieri con qualche consiglio bibliografico.Originariamente Scritto da marpo
Ed è vero che molti dei pezzi da 90 del R.E. in Sardegna erano riconosciuti filotedeschi.
Inoltre, dopo tre anni di allarmi continui e potenziamento militare, indubbiamente in Sardegna si viveva uno "spirito guerriero" ad alta tensione, anche perché l'accoppiata Basso/Caracciolo aveva dato una sferzata agli animi dei militari presenti, con frequenti visite, richiami, esercitazioni.
Lo sbarco si aspettava, anche dopo il luglio 1943, ma le relazioni dei CCRR della V Armata lasciano trapelare anche qui un progressivo scoramento delle truppe, sia di fronte allo strapotere aereo del nemico, sia per le mediocri condizioni di vita, vestiario, alimentazione.
Tra la popolazione, i rapporti coi Tedeschi erano (e sono ricordati) come corretti e cordiali.
Meno cordiali i rapporti con i paracadutisti italiani.
Comunque dopo l'armistizio la massa dei militari del R.E. ("Sabauda", "Calabria", "Bari", div. Costiere) si mantenne inquadrata ed eseguì gli ordini S.M.R.E. di "seguire" la ritirata tedesca verso nord.
Però, come a Ponti Mannu di Oristano, non mancarono energiche reazioni e scaramucce.
Almeno questo risulta dai vari diari storici.
Circa le febbri malariche, quasi tutti i "continentali" trasferiti all'epoca in Sardegna ne soffrirono. Nel suo periodo di permanenza nel nord Sardegna per esercitazioni "imbarco-sbarco", la divisione Cremona ebbe la metà* degli effettivi falcidiata.
Un salutone