Ecco due differenti tipi di manette. Belle, ma a mio modesto avviso, non pratiche.
Ecco due differenti tipi di manette. Belle, ma a mio modesto avviso, non pratiche.
Gli schiavettoni, quelli della prima foto, venivano utilizzati e sono stati utilizzati fino agli anni 80 principalmente per condurre i detenuti in carcere oppure all'interno delle aule di giustizia.
Le catenelle, invece erano provviste di un lucchetto che, in questo caso, è assente.
Max
Frangar non flectar
Schiavettoni usati sicuramente sino agli anni 90 dai vari nuclei N.T.S. catenelle ritirate anni 85/87. Ciao
Tipici schiavettoni a vite... 50 sfumature di Benemerita !
Nel corredo degli oggetti e armamento la catenelle con lucchetto venivano distribuite sin dalla ww1.
Confermo per esperienza diretta, i cd. "ferri" (non le catenelle) venivano utilizzati solamente per le traduzioni dei detenuti.
Le catenelle, con lucchetto, che avevo in dotazione a fine anni '70.
Il lucchetto con chiave, che compariva nella dotazione citata sul libretto personale.
A onor del vero, è la prima volta che lo vedo ed effettivamente è in stile con le catenelle che ho avuto in dotazione ma non le ho mai utilizzate.
C'erano già le manette.
I Carabinieri, binomio di reparto combattente e di forza di polizia, da sempre ha avuto l'esigenza di avere tra le proprie dotazioni degli strumenti per mantenere inerme e in stato di sicurezza soggetti sottoposti a coercizione.
Le attuali manette di sicurezza (un tempo denominate"manette all'americana") sono piuttosto recenti e la distribuzione individuale ai reparti territoriali si è conclusa nella tarda primavera del 1983 (venendo mantenuta ancora per altri anni nelle Scuole e nei Battaglioni). Sono realizzate in acciaio; sono marcate "CC" e matricolate.
Precedentemente la dotazione individuale prevedeva le catenelle illustrate in questo thread. A seconda del magazzino interessato, venivano distribuite le sole catenelle con onere al destinatario di procurarsi un lucchetto e chiave oppure le catenelle con moderni lucchetti commerciali oppure, ancora, le catenelle con lucchetto del tipo "caramelle sperlari" in cui l'azione della chiave liberava l'estremità dell'archetto ma anche l'azione della chiave permetteva di far ruotare lo stesso archetto in chiusura e, compiuto mezzo giro ed estratta, permetteva di rendere sicura la chiusura.
Il modello delle catenelle in questione, studiate nella forma, peso, dimensione e conformazione risale agli ultimi vent'anni del 1800.
In precedenza era distribuita una normale catena metallica con una maglia terminale più larga delle altre in cui veniva fatta scorrere l'intera catena un paio di volte assicurandola in maniera empirica con stringhe di cuoio o di canapa che, per realizzazione personale, talvolta sostituivano completamente le catene.
Tra le due guerre, a titolo di dotazione di reparto, furono distribuite anche le manette di sicurezza; erano di dimensione e peso esagerate per più grandi delle attuali, finite con brunitura scura e prive del pernetto metallico elastico di "sicurezza assoluta".
Le medesime affiancavano altri tipi di strumenti analoghi maggiormente diffusi denominati semplicemente "ferri di sicurezza" costituiti da sue profilati metallici sagomati a "S" incernierati centralmente. Vista la loro forma, in tempi relativamente recenti, a qualcuno è venuta l'idea di chiamarli (in modo del tutto inappropriato) "dollari".
I "ferri da traduzione" denominati nel gergo "schiavettoni" appartengono alla storia penitenziaria (forse non solo nazionale) ed hanno avuto una durata incredibile vedendo la luce all'indomani della nascita nazionale nella seconda metà del 1800 ed arrivando fino all'infelice periodo che denominammo dellla "seconda repubblica".
Infatti, proprio le immagini (e le conseguenti, ovvie e le ipocriti doglianze giornalistiche della carta stampata e dei talk show) di uomini politici e d'affari del periodo di Tangentopoli accompagnati in catene per le aule giudiziarie ne decretarono l'oblio.
In realtà, la recentissima riforma della Polizia Penitenziaria (in precedenza Corpo degli Agenti di Custodia) e vari studi dell'Arma dei Carabinieri già da tempo stavano vagliando il pensionamento dei ferri da traduzione mutuandoli con un guinzaglio in corda d'acciaio rivestito in materiale plastico da agganciare alle manette mediante un moschettone e con l'altra estremità da trattenere con una mano inserita in un asola.
Così, i reparti che avevano in dotazione il suddetto guinzaglio a titolo di sperimentazione lo utilizzarono in maniera diffusa mentre, quelli che ne erano sprovvisti, utilizzarono le sole manette di sicurezza trattenendo il soggetto per il braccio.
I ferri da traduzione furono mantenuti (ed anche usati) ancora per vari anni in tutte le caserme prima di venire definitivamente ritirati ed avviati alla fonderia: erano nati come strumenti di coercizione ed utilizzati dagli anni del brigantaggio meridionale in poi per finire l'onorata carriera ai polsi di distinti uomini della politica e del malaffare.
Talune testimonianze riportano anche l'utilizzo (forse a titolo di prova, forse di distribuzione limitata) o quantomeno la dotazione di strumenti metallici simili alle manette di sicurezza: si tratta di due archetti incernierati sull'estremità di un tondino e assicurati con la chiave all'altra estremità e uniti tra loro da cinque-sei maglie di catena.
Ho avuto modo di analizzarne alcuni esemplari ma non ho alcuna indicazione circa le modalità e l'epoca della distribuzione.
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