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Discussione: Besprizorni in grigioverde con CSIR ed ARMIR.

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  1. #1
    Utente registrato L'avatar di storiaememoriagrigioverde
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    La “legalità sovietica” contro i besprizorni
    L’anno 1935 segnò una nuova ondata di persecuzioni politiche in Urss e ciò ebbe conseguenze nefaste anche per i besprizorni, dato che di fronte all’evidente fallimento delle politiche volte al loro recupero sociale si passò ad una vasta campagna repressiva. Un decreto del 7 aprile di quell’anno equiparò i bambini sopra i 12 anni agli adulti, rendendoli passibili di tutte le misure della giustizia penale, pena di morte inclusa. Tale misura voluta espressamente da Stalin, mirava ad accelerare legalmente l’eliminazione della moltitudine di orfani inselvatichiti e allo sbando creati dalla dittatura. Dunque un gran numero di minori vennero rinchiusi in centri correzionali, spediti nei Gulag o fucilati. Il suddetto decreto metteva ufficialmente i minori, al pari degli adulti, nelle mani degli specialisti del N.K.V.D. che con i loro ben collaudati metodi di tortura sapevano estorcere a chiunque le confessioni più inverosimili. Si riporta a titolo di esempio il caso di un bambino di soli dieci anni colto a rubare patate, che dopo una intera notte di interrogatori ammise sotto tortura «di essere entrato a far parte di una organizzazione terroristica antisovietica al soldo dei capitalisti e dei fascisti» da ben sette anni (ovvero da quando di anni aveva solo tre). Ovviamente fu condannato a morte e fucilato. Prima del 1937 non vi erano speciali direttive su come trattare i figli dei nemici del popolo incarcerati o fucilati (parliamo di circa settecentomila bambini che avevano perso i genitori nelle grandi purghe staliniane). In quell’anno il Politburo decise che i figli dei nemici del popolo andavano riuniti in normali orfanotrofi dipendenti dal Narkompros ma a gestirli doveva essere personale del N.K.V.D. appositamente addestrato. Secondo l’ideologia comunista le tendenze criminali erano un fattore ereditario, dunque gli orfanotrofi servivano soprattutto a «prevenire il formarsi di idee controrivoluzionarie suscettibili di contaminare la società». Di fatto gli orfanotrofi divennero prigioni per bambini, dove si praticavano il culto della personalità e la delazione politica, come ovunque in Unione Sovietica. Anche in mancanza di ordini espliciti i figli dei nemici del popolo erano pesantemente discriminati e di frequente venivano picchiati, derubati, affamati o violentati dal personale degli orfanotrofi. Veniva sottratto loro anche il cognome essendo iscritti nei registri con false generalità. Ogni minima disobbedienza era considerata una insurrezione controrivoluzionaria e duramente repressa. Se giudicati socialmente pericolosi potevano essere inviati senza processo nelle colonie per delinquenti minorili gestite dalla N.K.V.D. e comunque i minori al di sopra dei 15 anni erano di solito condannati a 5 anni di detenzione nei Gulag per detenuti adulti in quanto membri della famiglia di un traditore della madrepatria. E’dunque evidente che non si riuscì mai a debellare il fenomeno dei besprizorni perché sempre nuove masse di bambini abbandonati si avvicendavano a causa delle continue persecuzioni contro innumerevoli classi sociali.
    Le ricorrenti ondate repressive scatenate dal regime sovietico tra la rivoluzione d’ottobre e la 2^ g.m. sono sintetizzabili come segue:


    • Guerra civile, rappresaglie e terrore rosso nel 1918/21.
    • Carestia di Lenin nel 1921/22.
    • Collettivizzazione forzata e sterminio dei kulaki nel 1929/33.
    • Carestia-terrore di Stalin nel 1933.
    • Processi politici e purghe contro società civile, intellettuali, burocrazia, partito e forze armate nel 1936/38.
    • Repressione e deportazione delle popolazioni non sovietiche annesse dopo il patto Ribbentrop-Molotov (romeni della Bessarabia, estoni, lettoni, lituani, finlandesi della Carelia, abitanti della Polonia orientale) nel 1939/41.
    • Invasione nazista (Operazione Barbarossa) e vittime di guerra a partire dal 22 giugno1941.
    • Trasferimento forzato dei civili ad est in base alla strategia della “terra bruciata” nel 1941.
    • Deportazione di popolazioni ritenute filo-asse (tedeschi del Volga, italiani di Crimea, tatari di Crimea, calmucchi, ceceni, ingusci, circassi, balcari, greci, bulgari, armeni, turchi mescheti, curdi e chemscini) nel 1941/44.



    __________

    Dalla strada alla guerra

    Nonostante che il dittatore georgiano fosse stato incensato per oltre un decennio dalla propaganda di regime come protettore dei bambini sovietici – lo slogan più diffuso era “Grazie compagno Stalin per la nostra meravigliosa infanzia” – quando nel 1941 le armate tedesche penetrarono come il burro le difese dell’Armata Rossa occupando vaste porzioni di territorio (4) si imbatterono in molte centinaia di migliaia, forse milioni, di minori non accompagnati. Maschi e femmine di età variabile tra pochi mesi e 17 anni, sopravvivevano di elemosine e piccoli furti aggirandosi senza meta nelle città e nelle campagne. Fin da subito l’atteggiamento dei nazisti verso i besprizorni non fu certo amichevole. Se generalmente li ritenevano un peso inutile ed un ostacolo alle operazioni militari poiché vagavano senza alcun controllo, il fatto che fossero privi di documenti li rendeva fortemente sospetti di spionaggio. Per iniziativa dei comandi locali venivano sbrigativamente allontanati dalle retrovie del fronte, spesso deportati e a volte fucilati. A questo proposito bisogna però ammettere che i sospetti di spionaggio non erano del tutto immotivati, dato che la Stavka – l’alto comando militare sovietico – infiltrava abitualmente tra le masse di profughi civili giovanissimi d’ambo i sessi per compiere missioni di spionaggio, sabotaggio e terrorismo oltre le linee. Generalmente si trattava di adolescenti sovietici iscritti alla organizzazione giovanile comunista Komsomol, oppure bambini spagnoli portati in Urss alla fine della guerra civile, ma anche besprizorni selezionati tra i più asociali e inclini alla violenza, addestrati in appositi collegi gestiti dal N.K.V.D. o dall’Armata Rossa. Poiché tali missioni di disturbo erano senza ritorno, i besprizorni considerati irrecuperabili dal potere sovietico risultavano spendibili senza rimorsi e venivano lanciati allo sbaraglio nelle retrovie nemiche (di questi paracadutisti bambini ne parlò ripetutamente anche il grande Indro Montanelli negli articoli pubblicati sul Corriere della Sera nel 1941 come corrispondente di guerra dal fronte russo). Di conseguenza seppur tardivamente, dal 1943 l’atteggiamento degli occupanti nazisti cambiò in modo significativo e l’Abwehr – l’intelligence militare tedesca – sostenne apertamente l’opportunità di servirsi per le attività di spionaggio dei besprizorni minorenni, ad imitazione di quanto fatto sino ad allora dai sovietici.

    - - - Aggiornato - - -

    Besprizorni in U.R.S.S. fino al 1945
    Se ciò accadeva nelle regioni occidentali conquistate dai nazisti e lungo una linea del fronte che nel 1943 si estendeva da Leningrado alle montagne del Caucaso passando per Stalingrado, la maggior parte dei besprizorni rimasti in territorio sovietico – ed erano molti milioni – non se la passavano meglio. Oltre 200.000 di questi bambini furono obbligati a lavorare nelle fabbriche di materiale bellico con turni massacranti senz’altra retribuzione che un tozzo di pane. Altri vennero arruolati a viva forza per riempire gli spaventosi vuoti che si aprivano nell’Armata Rossa. La maggior parte di loro però continuò a sopravvivere di espedienti, diventando manovalanza dalla criminalità comune postbellica. Ancora nei primi mesi del 1945 la Smersh (il servizio di controspionaggio campale del N.K.V.D. aggregato all’esercito) in aggiunta ai suoi compiti istituzionali dovette occuparsi anche di radunare e rimpatriare a forza orde di ragazzi di strada. Costoro erano giunti illegalmente nella Prussia Orientale per poi dilagare, seguendo l’avanzata delle truppe sovietiche, al solo scopo di derubare i civili tedeschi. Nonostante quei territori fossero semi-spopolati e in rovina dopo le distruzioni, i massacri e gli stupri di massa perpetrati dalle truppe di prima linea dell’Armata Rossa, ai besprizorni venuti dalle plaghe più profonde della Siberia e degli Urali – dove c’era penuria di tutto – le case abbandonate dai più poveri tra i contadini del Reich dovettero sembrare quelle di grandi capitalisti. Indumenti, calzature, biancheria, tagli di stoffa, orologi, macchine fotografiche, strumenti musicali, macchine da cucire, stoviglie, posate, sementi, utensili da lavoro, cibi in scatola, alcolici, sapone, medicine, lampadine, cavi elettrici, tegole, mattoni e persino i vetri delle finestre finivano nei capaci fagotti dei giovani saccheggiatori, alimentando un fiorente mercato nero in patria gestito da criminali adulti.
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    CHISSA' A QUALE DI QUESTI ALBERI CI IMPICCHERANNO?

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