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Discussione: Besprizorni in grigioverde con CSIR ed ARMIR.

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  1. #1
    Utente registrato L'avatar di storiaememoriagrigioverde
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    Rimpatri forzati e repressione staliniana
    Seppur uscita vincitrice dal conflitto, al termine della Grande Guerra Patriottica l’Urss lamentava 25 milioni di morti e 25 milioni di senzatetto (aveva ancora sul suo territorio ben 2 milioni e 500 mila besprizorniki vaganti). Erano andati distrutti 70.000 villaggi, 1.700 città, 32.000 fabbriche, corrispondenti ad oltre 1/3 della ricchezza nazionale. Tutto il confine occidentale era reso insicuro dal “banditismo”. Questa definizione generica indicava le guerriglie anticomuniste animate da nazionalisti baltici, ucraini, caucasici, polacchi, elementi del R.O.A. e sbandati tedeschi che continuarono a battersi contro il potere sovietico ben oltre il 1956 (5). Il paese era sconvolto da una gravissima carestia mai ammessa dagli organi governativi. Malnutrizione e condizioni di vita sfociarono in ripetute epidemie di colera, vaiolo e peste. Nel 1945 fu redatto il quinto piano quinquennale, che aveva l’obiettivo di re-industrializzare il paese ripartendo praticamente da zero, anche grazie all’enorme bottino di materiali e nuove tecnologie fatto ai danni della Germania nazista. Ma la necessità di mantenere una economia di potenza militare per tenere sotto controllo i paesi occupati dell’Europa orientale ed allo stesso tempo fronteggiare gli Stati Uniti nella nascente guerra fredda, privilegiarono in percentuale sempre crescente il complesso militare-industriale a discapito dei bisogni della popolazione. Ciò provocò un gap con le nazioni capitaliste occidentali, destinato ad ampliarsi progressivamente sino a diventare incolmabile. Al momento del crollo del comunismo nel 1991 il paese era regredito a livelli di povertà, malnutrizione, malattia e mortalità infantile degni del terzo mondo, tanto che l’Unione Sovietica veniva definita spregiativamente come un Alto Volta coi missili. Nonostante tali enormi problematiche nel 1945/46 sforzi sovrumani vennero fatti per rimpatriare su ordine diretto di Stalin tutti i cittadini sovietici comunque presenti all’estero. Prigionieri di guerra e collaborazionisti, cosacchi e uomini di Vlasov, deportati politici e sinceri comunisti, ex-SS ed ebrei sopravvissuti ai campi di sterminio, profughi di guerra e lavoratori coatti nelle fabbriche del Reich, nonché moltissimi valorosi combattenti nelle file dei movimenti partigiani europei. Tutti indistintamente furono rimpatriati a forza con l’ottusa e volenterosa collaborazione delle forze armate britanniche e statunitensi nonché dei rispettivi governi, ansiosi di blandire lo “Zio Joe”. Solo i più politicamente compromessi furono uccisi appena varcato il confine sovietico. Gli altri finirono nell’Arcipelago Gulag, accomunati nello stesso destino a centinaia di migliaia di eroici reduci dell’Armata Rossa, colpevoli solo di aver visto le reali condizioni di vita della popolazione nelle nazioni occidentali. Il paranoico Stalin nella sua patologica insicurezza temeva – non a torto – che l’inevitabile paragone tra il paradiso sovietico e gli stati capitalisti portasse al diffondersi tra la popolazione civile e i soldati di istanze libertarie, come accaduto nella Russia zarista con la congiura militare dei Decabristi. Alcuni dei besprizorni ancora presenti in Italia furono rimpatriati a forza dagli angloamericani insieme alle migliaia di sovietici collaborazionisti catturati in uniforme tedesca sul fronte italiano rinchiusi in vari campi di concentramento specifici, il più grande dei quali fu il PWE 338 di Coltano (Pisa) che aveva una estensione di 423mila metri quadri. Altri si imboscarono grazie a famiglie amiche o alla chiesa cattolica e nel 1948 chiesero la naturalizzazione italiana oppure raggiunsero le comunità di emigrati russi in esilio all’estero.
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    CHISSA' A QUALE DI QUESTI ALBERI CI IMPICCHERANNO?

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