Ciao a tutti.

Quinta parte delle fotografie dall’album del Vicebrigadiere Francesco Di Cicco, che servì quale comandante di squadra alla 2^ Compagnia, Battaglione Speciale “E” della Regia Guardia di Finanza.

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un bombardiere Caproni Ca.101 in volo durante la Seconda Battaglia del Tembien

La seconda Battaglia del Tembien fu combattuta tra il 27 ed il 29 febbraio 1936 nella regione del Tembien (nella regione dei Tigrè) nell'ambito della Guerra d'Etiopia, e vide contrapporsi le forze italiane del generale Pietro Badoglio ad un'armata etiope sotto i ras Cassa Darghiè e Sejum.
Dopo la prima Battaglia del Tembien e quella di Amba Aradam combattuta nell'Endertà, l'armata di ras Mulughietà che teneva l'ala destra dello schieramento etiope nel Tigré venne annientata e il ras stesso ucciso durante la ritirata.

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Dopo aver precluso la strada alla ritirata delle truppe abissine e aver bloccato ogni potenziale soccorso proveniente da sud, Badoglio, visto lo scarso coordinamento delle armate abissine, decise di liquidare nel più breve tempo possibile le armate superstiti che ancora erano presenti nel nord.
Badoglio aveva pianificato di inviare il III Corpo d'Armata di Ettore Bastico (comprendente anche il Battaglione Speciale “E” della Regia Guardia di Finanza) a Gaelà per tagliare la via di fuga a Ras Cassa e ras Sejum. Mentre il Corpo eritreo italiano sarebbe avanzato a sud verso i passi di Uarieu e Abarò allo scopo di chiudere in una manovra a tenaglia le truppe abissine.

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Secondo i piani di Badoglio, il Corpo eritreo avanzò dai passi montuosi ed il III Corpo d’Armata si spostò verso la valle di Ghevà. La seconda Battaglia di Tembien venne quindi combattuta su un terreno piano che favoriva molto la difesa. La regione era piena di foreste e torrenti e gli italiani non furono completamente in grado di utilizzare veicoli corazzati o posizionare adeguatamente l'artiglieria. Malgrado questo i guerrieri del ras non seppero cogliere l'occasione.
Il lato destro dell'armata etiope rimase presso la Uork Amba (la "montagna d'oro"), stabilendovi un forte punto di resistenza che bloccava la strada per Abbi Addi sul quale stavano convergendo il Corpo eritreo ed il III Corpo d’Armata. Un commando composto da 150 tra alpini del VII Battaglione complementi e camicie nere venne inviato nel cuore della notte, armato di granate e pugnali, a scalare l'amba e solo all'alba del 27 febbraio gli abissini scoprirono che la cima nord dell'amba era stata presa da un plotone al comando di Tito Polo, mentre il tentativo di occupare la cima sud non ebbe lo stesso successo.

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Per tutta la durata del giorno gli etiopi cercarono di riprendersi il controllo dell'amba ma gli alpini, rafforzati nel frattempo da un plotone di mitraglieri riuscirono a resistere mantenendo il controllo della cima.
Nel frattempo le colonne italiane scesero dai passi Abarò e Uarieu e fortemente contrastate dagli etiopi riuscirono ad avanzare a fatica costringendo il Corpo Eritreo ad impiegare la riserva, tuttavia in serata tutti gli obiettivi prefissati erano stati conseguiti.

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Costruzione della Ridotta nr. 30

Mentre nel Tembien infuriava la battaglia, i 33.000 uomini di Bastico riforniti da aviolanci stavano scendendo nella valle del Ghevà alle spalle dello schieramento etiope, durante la manovra le truppe italiane sarebbero state esposte in una situazione critica all'attacco delle truppe etiopi che tuttavia non presidiavano il Ghevà ma erano collocate più a nord, questo errore dello schieramento abissino consentì agli uomini del III Corpo di Armata di guadare senza problemi il fiume andandosi a schierare con la 1ª Divisione CC.NN. "23 marzo" sulla destra e la 1ª Divisione eritrea sulla sinistra.

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costruzione di trincea in prima linea

Il giorno 28 le truppe del III Corpo d'Armata entrarono in contatto con le difese etiopi che dopo tre ore di duri combattimenti iniziarono a cedere e si ritirarono verso il capoluogo del Tembien: Abbi Addi. Sfruttando il successo Bastico spinse ulteriormente in avanti i suoi uomini portandosi nella valle del Tonquà, da dove si potevano già puntare le artiglierie su Abbi Addi, e verso l'Amba Tzellerè che venne occupata in nottata.
Nello stesso giorno le truppe eritee guadarono il Beles e in località Daran, dove solo un mese prima avvenne l'accerchiamento della colonna Diamanti nella battaglia di passo Uarieu, ingaggiarono battaglia con il nemico, questa volta però il rapporto di forze era ben diverso e le truppe abissine vennero sbaragliate e costrette a ritirarsi dalla Debra Amba, ciò consenti la chiusura della manovra a tenaglia prevista da Badoglio a 3 km da Abbi Addì che venne occupato il giorno 29 annientando le residue difese.

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Nel frattempo nel truppe di ras Cassa erano in fuga e cercavano di ritirarsi verso il Ghevà e il Tecazzè cercando di filtrare attraverso lo schieramento italiano. Nei giorni seguenti alla battaglia l'aviazione italiana decimò le truppe abissine in fuga, mentre il grosso delle truppe, accerchiato, venne annientato nei giorni seguenti in un'immensa battuta di caccia. Alla manovra di accerchiamento sfuggirono miracolosamente i due ras Cassà e Sejum che riuscirono a guadare il Ghevà nella notte del 2 marzo, tuttavia essi non riuscirono a mantenere uniti i resti dell'armata in fuga e raggiunsero l'imperatore a Quoram solo il 19 marzo seguiti soltanto dalle loro guardie del corpo.

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Ascari della Artiglieria Coloniale

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Messa presso il campo di volo di Macallè

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il Vicebrigadiere Francesco Di Cicco al centro della foto

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il Vb. Di Cicco indicato con la freccia

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il Tenente Colonnello Enrico Palandri comandò il Battaglione Speciale "E" della Regia Guardia di Finanza nella Guerra di Etiopia

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Marzo 1936, Sciafat presso Macallè.

La Maschinengewehr Patent Schwarzlose M.07/12 fu la mitragliatrice pesante d'ordinanza dell' Imperial Regio Esercito dell' Impero Austriaco durante la prima guerra mondiale. Fu anche impiegata, durante la Guerra di Etiopia e la seconda guerra mondiale dal Regio Esercito Italiano.

La pubblicazione prosegue.

Saluti, Giovanni