Sulla questione delle deportazioni di italiani sudditi imperiali in lager credo che si potrebbe aprire un filone di discussione a sé stante, se non altro per non trasformare questo in una specie di disputa quodlibetica in cui viene ad essere inserito di tutto. Preferire pertanto sentire che cosa suggeriscono gli amministratori ed i moderatori (se ampliare questa nota oppure crearne un’altra). Mi limito per ora a citare una sola opera, fra le molte scritte sul tema, che è la memoria personale di un italiano deportato nel campo d'internamento di Katzenau, a cui erano destinati i politicamente "sospetti": Joris R., Katzenau. Impressioni e memorie di un internato, Scotoni, Trento 1929.
Inizio a rispondere per intanto all’altra domanda, riguardante la pulizia etnica imperiale fra le cause dell’ingresso in guerra dell’Italia. Effettivamente, quando si elencano le ragioni del conflitto, essa è abitualmente trascurata dalla storiografia. Eppure all’epoca esisteva consapevolezza sia nell’opinione pubblica italiana, sia nella classe dirigente, di ciò che stava succedendo nel Trentino, nella Venezia Giulia, in Dalmazia, il che pesò fortemente nella decisione finale d’entrare in guerra.
Una testimonianza ufficiale ed al più alto livello è la stessa dichiarazione di guerra dell’Italia all’Austria-Ungheria, che enumera le motivazioni della decisione, fra cui anche la snazionalizzazione patita dagli italiani ad opera dell’impero asburgico:
«Non sarà fuori di luogo osservare che, cessata l'alleanza, è cessata la ragione dell'acquiescenza, determinata per tanti anni nel popolo italiano del desiderio sincero della pace, mentre rivivono le ragioni della doglianza per tanto tempo volontariamente repressa per il trattamento al quale le popolazioni italiane in Austria furono assoggettate. Patti formali a tutela della nostra lingua, della tradizione e della civiltà italiana nelle regioni abitate dai nostri connazionali, sudditi della Monarchia, non esistevano nel Trattato. Ma quando all'Alleanza si volesse dare un contenuto di pace e d'armonia sincera, appariva incontestabile l'obbligo morale dell'alleato di tener in debito conto anzi di rispettare con ogni scrupolo, il nostro interesse costituito dall'equilibrio etnico nell'Adriatico. Invece la costante politica del Governo austro-ungarico mirò per lunghi anni alla distruzione della nazionalità e della civiltà italiana lungo le coste dell'Adriatico. Basterà qualche sommaria citazione di fatti e di tendenze, ad ognuno già troppo noti sostituzione progressiva dei funzionari di razza italiana con funzionari d'altra nazionalità; immigrazione di centinaia di famiglie di nazionalità diverse; assunzione a Trieste di Cooperative di braccianti estranei; decreti Hohenlohe diretti ad escludere dal Comune di Trieste e dalle industrie del Comune, impiegati regnicoli; snazionalizzazione dei principali servizi del Comune di Trieste e diminuzione delle attribuzioni municipali; ostacoli d'ogni sorta all'istituzione di nuove scuole italiane; regolamento elettorale con tendenza antitaliana; snazionalizzazione dell'amministrazione giudiziaria; la questione della Università, che formò pure oggetto di trattative diplomatiche; snazionalizzazione delle compagnie di navigazione; azione di Polizia o processi politici tendenti a favorire le altre nazionalità a danno di quella italiana; espulsioni metodiche ingiustificate e sempre più numerose di regnicoli. La costante politica del Governo Imperiale e Reale riguardo alle popolazioni italiane soggette, non fu unicamente dovuta a ragioni interne o attinenti al gioco delle varie nazionalità contrastanti nella Monarchia; essa invece apparve inspirata in gran parte da un intimo sentimento d'ostilità e d'avversione riguardo all'Italia, dominante in alcuni circoli più vicini al Governo austro-ungarico ed avente una determinante influenza sulle decisioni di questo. »
È banale osservare che così scrivendo il governo ed il parlamento indicavano ufficialmente fra le cause del conflitto proprio la snazionalizzazione subita dagli italiani, che in verità fu molto più grave di quanto non appaia dalla breve descrizione presentata nella dichiarazione di guerra.
Ma esistono molti altri dati che suggeriscono che questa pulizia etnica abbia pesato fortemente nella decisione finale dello stato italiano, ad iniziare dalla grande diffusione nell’opinione pubblica di numerose inchieste giornalistiche sulle condizioni in cui vivevano gli italiani nell’Austria-Ungheria, scritte fra il settembre del 1914 e l’estate del 1914 ad opera di Luigi Barzini (il principale inviato de “Il corriere della sera”) e Virginio Gayda, il corrispondente de “La Stampa” da Vienna. Questi lunghe e dettagliate relazioni si aggiunsero ai numerosi articoli che molti giornali avevano pubblicato già negli anni precedenti riguardo alla pulizia etnica, alzando di molto l’animosità di larga parte dell’opinione pubblica contro l’Austria.
Una panoramica complessiva dei rapporti diplomatici fra Italia ed impero asburgico nell'ottica della politica interna imperiale nei confronti degli italiani si ritrova nel saggio di Luciano Monzali, Italiani di Dalmazia: dal Risorgimento alla grande guerra, Firenze 2011, pp. 185-297. Non posso certo riportare un intero e denso capitolo, per cui mi limito a citare una frase significativa di questo storico, che nel suo libro ammette la realtà della snazionalizzazione perseguita dall’impero: “Dall’estate 1913 la questione nazionale italiana in Austria ritornò al centro dei rapporti italo-austriaci, senza più uscirne”. (Ibidem, p. 271).
Si può aggiungere altro ancora sul tema, ma già questo mi pare fornisca delle indicazioni in proposito.