Certe cose però non le insegnano nelle scuole di tiro...
"Ispezionai il fucile tenuto insieme a me sotto la coperta e la mantella.
Era perfetto, nè caldo, nè freddo ma soprattutto non era umida nessuna pallottola e nemmeno la canna interna ed esterna del fucile.
Se fosse stata umida la canna interna avrei dovuto cercare di asciugarla inquanto, all'esplosione dell'eventuale primo colpo, si sarebbe levata una nuvoletta di umido visibilissima e persistente, specialmente se l'aria era fredda, che avrebbe potuto indicare al nemico la mia postazione.
Pulii le lenti del mirino, e cercai, messomi disteso sulla schiena, di mirare con il mio fucile a qualcosa di vicino , tipo un ramo, per vedere se non si fosse spostata la messa a punto durante un urto accidentale nel sonno.
Il fucile era a posto, pronto per fare il suo dovere ovvero io ero pronto attraverso lui ad esercitare quello che mi era stato ordinato.
[...]
... il mirino mi si appannava di continuo visto il forte contrasto tra la mia temperatura e quella che la lente davanti aveva per via dell'aria. Fu una lotta continua di straccio e punto fino a che non riuscii, complice la giornata che pur essendo di sole si stava riscaldando, ad avere a posto e terso il vetro graduato.
Potevo quindi cominciare la mia estenuante ricerca".
(da Memorie di Guerra - il dovere o la ragione )
"Il problema maggiore che mi si pose dopo il mio desco (n.d.r. dopo avere pranzato) fu quello dei bisogni.
Mentre per urinare mi ero certo arrangiato per il resto non avevo possibilità* di usufruire certo della mia postazione.
L'unica maniera era quella di andare via quei dieci metri per guadagnare un posto al coperto del nemico.
Sicuramente era rischioso, ma pensai che comunque avrei dovuto rischiare un'altra volta (n.d.r. per tornare alle proprie linee) e quindi perché non questa?"
(da Memorie di Guerra - il dovere o la ragione )
Del resto, che il nemico non desse tregua anche in "quei momenti" ci è riportato anche dal seguente brano:
" ...il dottore che s'era accucciato ben benino dietro un mugo l'hanno costretto a darsela a gambe reggendosi i pantaloni con la mano, e gridando - bèla forza amazà*r un omen quando ch'al chèga!".
(da Le scarpe al sole - di Paolo Monelli)