In attesa che il buon Alpinox posti il suo servizio posto il mio ultimo intervento dalla Russia.
Tra i soldati si era sparsa la voce che i russi cercano appassionatamente le penne dei berretti alpini e specialmente quelle bianche degli ufficiali.
L`alpino è ben deciso a non farsela strappare, ma la precisione del desiderio nemico insinua nell`animo una sottile paura.
Una paura personalizzata.
Con le divisioni ripiegano i resti del 24° Panzerkorps tedesco ridotto all`osso.
Le due divisioni già* citate son divenute quelle che l`Oberkommando chiama "scheletri ambulanti", cioè risultano meno di un quarto dei loro effettivi iniziali: rimangono una decina di semoventi, quattro o cinque veicoli cingolati, quattro pezzi da 88 ed alcuni Nebelwerfer a 5 canne che sono la risposta alla "Katiuscia", che i tedeschi chiamano "Stalinorgel" e gli italiani " organo di Satin".
Il contingente tedesco come annota Corradi è ridotto e malconcio ma queste poche armi rappresentano per il lungo serpente della ritirata l`unico mezzo per tenere in rispetto le incursioni dei carri sovietici.
La durezza ed i caratteri di quella tragedia sono facilmente illustrabili con la sorte del comando del 24° Panzerkorps: perso il generale Wandel in combattimento, questo viene sostituito dal generale Jarr, che si suicida all`alba del 19 gennaio 43.
Lo sostituisce il generale Eibl, un austriaco che ha perso il figlio sullo stesso fronte appena tre mesi prima: il 22 o il 23 gennaio durante la ritirata cade anche Eibl.
Dire che la colonna in ritirata era formata da italiani e tedeschi non è esatto.
Non si trattava né di una colonna, né di sole due nazionalità*, ma di un confuso andare di piccoli e grandi gruppi strettamente frammisti intersecatisi, di nuovo separati e di nuovo riuniti dalle vicende della marcia a seconda delle isbe disponibili per passarvi la notte, degli attacchi sovietici da nord e da sud, degli ordini e contrordini che, magari vecchi di qualche giorno raggiungevano questo o quel reparto ancora relativamente uniti.
Ma vi erano civili, rumeni, ungheresi, dispersi delle divisioni italiane del 2° e 35° corpo, SS, equipaggi appiedati di corazzati tedeschi di altri corpi, "Ostreiter" cioè soldati russi già* prigionieri dei tedeschi, ed ora raggruppati in unità* "alleate" agli ordini del generale Vlassov.
Tutto questo con 30 gradi sotto zero di giorno e 44 di notte.
Ancora a Podgornoje, il comando del corpo ritiene che con tre giorni e tre notti di cammino le truppe possano salvarsi dietro quelle che si pensa siano le nuove linee tedesche a 50 o 60 Km ad ovest .
Ma si inganna non ci sono truppe per tamponare, né a 200, né a 300 chilometri ed intanto intorno le unità* sovietiche possono correre quanto vogliono.
Questo concetto sfugge al generale Nasci, e forse è un bene che sia così: se ufficiali e soldati comprendessero in quel momento cosa può attenderli, "forse" vorrebbero morire sul posto.
Dicembre 1942 una pattuglia di alpini in perlustrazione nei pressi di Babka sul fronte del Don
Italiani in Russia
Pattuglia in azione sul fronte del medio Don
La terribile ritirata
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