Per chi decide di fare un bagno al Lido di Venezia o a vedere le stelle della mostra del cinema, noterà nel suo viaggio in vaporetto, guardando verso i Giardini di Castello (o Giardini degli Eroi) o ultimamente Giardini della Biennale (dove i gatti devone dividere lo spazio con i padiglioni di opere d'arte discutibili), una figura di donna morente, lambita dalle acque.
E' la PARTIGIANA
1954: L’Istituto per la Storia della Resistenza delle Tre Venezia, con il sostegno e l’accordo di molte amministrazioni comunali, decide di dedicare un monumento alle donne partigiane e al loro contributo alla lotta per la liberazione del territorio, da collocare a Venezia, ai Giardini di Castello. L'incarico verrà affidato a Leoncillo Leonardi.
L’artista ha partecipato attivamente alla Resistenza e la sua Partigiana è un’opera del tutto nuova, sia nel contenuto, che nel linguaggio: non è una madre, non è una vittima, ma una giovane combattente che avanza da sola, in montagna, armata di fucile. Immagine vitale e quasi allegra, non è in pietra o bronzo, materiali durevoli ed “eterni”, ma in fragile maiolica smaltata di colori vivissimi.
Slancio e dinamicità la caratterizzano, lo stile è neocubista. Un’opera dirompente e notevole.
Finita nel ’55, viene però richiesto all’autore di modificare il colore del fazzoletto al collo della Partigiana, che non dovrà essere rosso, ma “più neutrale”. Leoncillo realizza così una seconda versione della scultura, col fazzoletto bruno.
Montata su un efficace e sobrio supporto in pietra disegnato da Carlo Scarpa, viene collocata ai Giardini e inaugurata solennemente nel settembre del 1957.
Nella notte tra il 27 e il 28 luglio 1961, una bomba fascista distrugge per sempre la Partigiana di Leoncillo.
Inaugurata nel 1969 la nuova Partigiana avrà caratteristiche e significati assai diversi: realizzata in bronzo da Augusto Murer rappresenta una donna morta, con le mani legate, presumibilmente torturata, che –distesa- affiora a pelo d’acqua davanti alla Riva dei Sette Martiri, dove ancora oggi si trova.
Dell'opera di Leoncillo rimane, a Cà Pesaro, la prima versione con fazzoletto rosso, rimasta nello studio dell'artista.
Ma in realtà alcuni frammenti dell’opera fatta esplodere sopravvissero e vennero nascosti in una vicina serra, recentemente soggetta ad un importante intervento di restauro che ha riportato alla luce, sotto un cumulo di rovi e di rottami, diversi blocchi della scultura originale, il più importante dei quali riguarda il busto e la testa della figura femminile, altra parte rilevante è composta da un braccio con mano, seguono poi una miriade di frammenti di piccole dimensioni.[attachment=8:2vuixdh1]DSCF9733.JPG[/attachment:2vuixdh1][attachment=7:2vuixdh1]DSCF9735.JPG[/attachment:2vuixdh1]