Ieri è apparso un altro articolo sul quotidiano di Verona L'Arena, lo posto integralmente per quando non fosse più disponibile online:
Nuove ipotesi sui resti dei tre soldati tedeschi
SCAVO E STORIA. Lo studio condotto dal centro «Gotica Toscana» sta analizzando divise e effetti rinvenuti. Difficile l'identificazione dei tre civili, tra cui una donna. I corpi ritrovati durante lo scavo per i lavori in stazione sarebbero di militari addetti alla ferrovia sorpresi da un raid aereo alleato
Morirono in una fredda giornata di guerra, tra i 1944 e il 1945, sepolti dallo scoppio di una bomba. Sono tornati alla luce quasi settant'anni dopo, lo scorso gennaio. Ed era di nuovo inverno. Li hanno estratti dalla terra umida con addosso ancora i cappotti, le divise e gli stivali di cuoio. Come se il tempo, dopo la deflagrazione che li uccise, per loro si fosse bloccato. Dei tre soldati tedeschi, i cui resti sono stati rinvenuti nel ventre di piazzale XXV Aprile davanti alla stazione di Porta Nuova, oggi si sa qualcosa in più. «Erano probabilmente militari addetti al servizio ferroviario per la movimentazione dei materiali bellici. Facevano capo al comando dei trasporti delle truppe tedesche, che aveva sede all'Educandato statale Agli Angeli, a neanche un chilometro di distanza dallo scalo», spiega Filippo Spadi, segretario del centro di documentazione e ricerche storiche «Gotica Toscana». A quest'associazione è stato demandato il restauro e lo studio dei reperti veronesi. Gli oggetti più interessanti sono ora conservati nel museo della seconda guerra mondiale di Felonica (Mantova), il quale fa parte del circuito museale «North Appeninnes Po Valley Park» (Napvp), a sua volta organizzatore della rievocazione «La Colonna della libertà», transitata da Verona lo scorso aprile. Proprio in ragione del loro compito, i tre soldati si trovavano a poca distanza dai binari, quando vennero sorpresi da un raid aereo degli Alleati. Ironia della sorte: nel cortile dell'Educandato, nella primavera del 1944, il comando tedesco aveva avviato la costruzione di un bunker di cemento armato a prova di missile, tuttora intatto. Ma i militari tedeschi non morirono soli, perché le loro ossa sono state trovate mescolate a quelle di almeno altre tre persone: civili, a giudicare dai brandelli di vestiti. Una era una giovane donna, con un cappottino elegante, le scarpe col tacco, una fede d'oro al dito, e il rossetto ancora custodito nella borsetta. Forse non arriveremo mai a sapere chi erano quei sei sfortunati: gli effetti personali sono troppo erosi dal tempo. E anche l'anello della donna non riporta nomi all'interno, solo il timbro di un orafo milanese. Esiste tuttavia una speranza, ed è appesa a un reperto soltanto: la piastrina di riconoscimento che uno dei militari portava al collo. Quel piccolo ovale metallico, che al momento del rinvenimento risultava quasi illeggibile, potrebbe rivelare l'identità del suo proprietario. E con un po' di fortuna, rintracciando il nominativo nel registro dei dispersi, sarebbe possibile risalire pure al giorno esatto del bombardamento. Spadi prosegue: «Abbiamo pulito la targhetta per far riaffiorare la serie di lettere e numeri che vi è incisa sopra. Ci sono voluti diversi giorni di lavoro, a causa del cattivo stato di conservazione. Poi, l'abbiamo spedita in Germania, a Kassel, dove si trova il Servizio per le onoranze ai caduti germanici. Si tratta dell'ente preposto alla decodifica delle piastrine, essendo in possesso di tutti i vecchi registri della Wehrmacht». Un primo passo verso la soluzione del mistero. Ma occorrono mesi, di solito, per incrociare il codice con il nome e il cognome del proprietario. Nel frattempo, si pensa di allestire a Verona una mostra degli altri reperti: i resti delle uniformi, cui potrebbero essere affiancate riproduzioni fedeli dell'intera divisa, e poi gli zaini, le borracce, le gavette, i pennini, la pistola ritrovati nel piazzale della stazione. «Potremmo completare il tutto con una rassegna di foto storiche», conclude Spadi. «Proprio in questi giorni, un veterano americano ci ha inviato belle immagini della Verona di allora, dove lui si trovava in servizio». L.CO.