I Carabinieri Reali nella Grande Guerra
Nel 1905 il Ministero della Guerra aveva stabilito che, in caso di mobilitazione, l’Arma dei Carabinieri Reali avrebbe dovuto costituire un Reggimento articolato su tre Battaglioni di tre Compagnie ciascuno.
Nel maggio del 1915, nell’imminenza della mobilitazione generale, il Reggimento CC.RR. fu costituito su 9 Compagnie, fornite dalla Legione Allievi e dalle Legioni territoriali di Firenze, Ancona, Palermo, Bari e Napoli. La forza complessiva era di 65 ufficiali e di 2.500 tra sottufficiali e truppa, al comando del colonnello Antonio VANNUGLI. A questa unità di aggiunsero un Gruppo Squadroni, 257 Plotoni autonomi e 168 Sezioni per un totale di 500 ufficiali e 19.816 sottufficiali e carabinieri.
Il Reggimento ed il Gruppo Squadroni costituirono unità d’impiego, mentre le Sezioni e i Plotoni vennero assegnati, per servizi di polizia militare, al Comando Supremo, all’Intendenza Generale, ai Comandi e alle Intendenze d’Armata ed infine ad ogni Comando di Divisione di Fanteria e Cavalleria. Presso quei reparti i carabinieri agivano non solo nelle retrovie, ma anche nelle posizioni di prima linea, ai posti di medicazione, agli sbocchi dei camminamenti, nei punti di passaggio obbligato, lungo le strade e le direttrici di marcia delle truppe operanti. Questi erano i compiti loro assegnati: esecuzione dei bandi per i militari e per le popolazioni civili, recapito di ordini, servizi di sicurezza in sosta ed in marcia, polizia giudiziaria per reati militari e comuni, vigilanza sanitaria, assistenza ai feriti, ordine interno dei centri abitati, sicurezza delle comunicazioni, prevenzione e repressione dello spionaggio.
I carabinieri, comunque operanti nel corso della grande guerra, si confermarono all’altezza delle loro tradizioni, distinguendosi nelle battaglie dell’Isonzo, del Carso, del Piave, sul Sabotino, sul San Michele ed in particolare nei combattimenti sulle pendici del Podgora. Nell’inseguire il nemico oltre l’Isonzo, unitamente a reparti di Cavalleria, toccò ai due Squadroni CC.RR. addetti al Comando Supremo l’onore di entrare per primi a Gorizia, il 9 agosto 1916. E ugualmente il 2 novembre 1918, circa 200 militari del Battaglione CC.RR. mobilitato presso il Comando Supremo, furono tra i primi a toccare il suolo di Trieste liberata. Il loro comandante, capitano Umberto RUSSO, fu addirittura il primo a sbarcare. L’ufficiale si trovava al seguito del generale Petitti di Roreto, designato quale Governatore di Trieste, che gli ordinò di avviare i contatti con il sindaco della città.
Durante il conflitto l’Arma ebbe 1.400 caduti e 5.000 feriti. A reparti e singoli militari operanti in Patria e all’estero, furono conferiti: 1 Croce dell’Ordine Militare d’Italia, 4 medaglie d’Oro al V.M., 304 medaglie d’Argento al V.M., 831 medaglie di bronzo al V.M., 801 Croci di guerra al V.M. e 200 Encomi Solenni.
Il Reggimento mobilitato CC.RR. nella battaglia del Podgora
Le gesta di cui fu protagonista il Rgt CC.RR. il 18 e 19 luglio 1915 nell’attacco all’arma bianca contro il nemico trincerato sulle pendici del Podgora, meritano un cenno a parte.
La sera del 4 luglio il Comando Supremo ordinò che il Comando del Rgt con due Battaglioni, i II e il III, partisse per Cormons, per mettersi agli ordini del Comando del VI Corpo d’Armata (2^ Armata). La mattina del 5 il Comando del Rtg con la Bandiera dell’Arma, la banda e due Battaglioni partì per Udine, per ferrovia, in due successivi scaglioni. Nelle prime ore del pomeriggio i due Battaglioni giunsero a Cormons, donde vennero diretti a piedi verso il fronte del Podgora. Alle ore 21 del 6 luglio i due Battaglioni partirono per raggiungere le trincee fronteggianti la quota 240 del monte Podgora, dove, dopo una marcia assai disturbata dal fuoco nemico, giunsero alle 3,15 del 7 luglio. Ivi dettero il cambio al 36° Rgt Fanteria, passando agli ordini del Comando Brigata “Pistoia”.La zona era interamente dominata dal tiro della fucileria e delle numerose mitragliatrici nemiche, nonché dalle artiglierie austriache postate oltre l’Isonzo, sul San Gabriele, sul San Daniele e sul Monte Santo. I due Battaglioni CC.RR. disponevano sul fronte di un solo pezzo someggiato e di altre due batterie da 75 mm. Postate indietro, in corrispondenza di ciascuna delle ali. Sul posto era rimasta, addetta al Rgt, una sezione mitragliatrici del 36° Rgt Fanteria. La situazione, per se stessa difficile, era resa ancor più gravosa dalla scarsità d’acqua; una sola, ben povera sorgente si trovava nel settore occupato dal 12° Fanteria. I militari del Rgt CC.RR. si attestarono dunque sulle posizioni loro assegnate, iniziando i lavori di fortificazione e di collegamento fra le trincee, che si protrassero sino al 18 luglio fra ogni sorta di difficoltà create dalle asperità del terreno, dal trasporto dei materiali e dall’incessante attività di disturbo delle batterie nemiche. A causa delle malattie generate dall’ambiente malsano e per azioni di fuoco del nemico, le perdite del Reggimento salirono, alla data del 18 luglio, a 7 morti e a 36 feriti. Quel giorno, dovendo il VI Corpo d’Armata coadiuvare con azione dimostrativa la 3^ Armata nell’attacco sul Carso, i carabinieri ricevettero dal comandante della Brigata “Pistoia” l’ordine di predisporti all’assalto. L’ordine stabiliva, altresì, che alle ore 06.30 dello stesso giorno 18 un plotone misto di carabinieri e zappatori del genio, effettuasse una sortita per aprire dei varchi nei reticolati nemici. Il plotone, composto da 10 carabinieri e 10 genieri, all’ora stabilita effettuò la sortita con esito favorevole, riuscendo a collocare tra i trinceramenti nemici nove tubi di gelatina, che fecero saltare una decina di metri di reticolato. Il giorno 19, il Rgt dovette assecondare l’avanzata del 12° Fanteria e, successivamente, ebbe l’ordine di procedere, alle ore 11, all’assalto di quota 240, previa una breve preparazione con tiri di artiglieria. Alle ore 11 precise il colonnello VANNUGLI dette l’ordine di assalto. Al successivo comando “alla baionetta”, lanciato dal tenente colonnello PRANZETTI, l’8^Compagnia del capitano VALLARO balzò immediatamente dalla trincea. A 30 metri seguiva la 7^ del capitano LOSCO, seguita, a sua volta, dalla 9^ del capitano LAZZARI. Il nemico iniziò un violento fuoco di fucileria appoggiato dalle mitragliatrici e dall’artiglieria, che si rivelò particolarmente intenso sul fianco destro del Battaglione. Lo slancio ed il coraggio dei carabinieri non furono attenuati minimamente né dall’intensità del fuoco, né dalle gravi perdite, né dal formidabile apprestamento difensivo del nemico, sistemato in trincee di cemento resistenti al tiro di artiglieria e in gran parte defilate. I militari dell’Arma rimasero disciplinati, senza nessuna titubanza e senza il minimo sbandamento. Secondo gli ordini, l’assalto doveva essere condotto soltanto alla baionetta, senza l’uso del fuoco. E nemmeno un colpo partì dai fucili dei carabinieri, durante tutta l’azione. Verso le ore 13 il comando del Rgt, valutando tali difficoltà, fece entrare il azione il II Battaglione con le sue Compagnie 4^ e 5^. Alle ore 15, e cioè dopo 4 ore, durante le quali i militari dell’Arma avevano mantenuto il terreno conquistato sotto l’infuriare del fuoco nemico, senza dare il minimo segno di sgomento, in considerazione delle continue perdite, prodotte specialmente dal fuoco alle spalle, venne dato ordine di fermarsi e di consolidarsi sulle posizioni raggiunte, in modo da respingere un eventuale contrattacco nemico. Il Comando della Brigata “Pistoia”, vista l’ardita avanzata dei carabinieri e resosi conto delle difficoltà incontrate, mise a disposizione del Rgt tre Compagnie del 36° Fanteria per rinnovare l’attacco. Successivamente, visto l’esiguo numero dei superstiti e la necessità assoluta d’una ben più seria ed efficace preparazione di fuoco d’artiglieria, l’ordine fu revocato dal Comando del VI Corpo d’Armata e il Rgt desistette dall’attacco.
Il combattimento costò al reparto 53 morti, 143 feriti e 10 dispersi tra ufficiali, sottufficiali e carabinieri. Il comandante della Brigata “Pistoia”, scrisse che l’attacco confermò il valore tradizionale dei carabinieri, i quali “stettero saldi ed impavidi sotto la tempesta di piombo e di ferro che imperversava da ogni parte” . Il Duca d’Aosta, comandante della III Armata, il 10 ottobre 1917, consegnando le decorazioni al valore ai carabinieri della sua Armata, così ricordò quell’epica giornata: “ Sul Podgora, nelle memorande giornate del luglio 1915, inquadrati in Reggimento, deste prova della più grande tenacia, rimanendo saldi e impavidi sotto la furibonda tempesta nemica di ferro e di fuoco, decimati, ma non fiaccati”.
Per tale fatto d’arme furono concesse ad appartenenti al Reggimento CC.RR. 9 medaglie d’Argento, 33 medaglie di Bronzo e 13 Croci al Valor Militare.
Il 5 giugno 1920, per il complesso delle operazioni svolte dall’Arma nel corso della Grande Guerra, la Bandiera fu insignita della prima medaglia d’Oro al Valor Militare con la seguente motivazione: “Rinnovellò le sue più fiere tradizioni con innumerevoli prove di tenace attaccamento al dovere e di fulgido eroismo, dando validissimo contributo alla radiosa vittoria delle armi d’Italia”.
(fonti “i carabinieri”1814 – 1980)