Il 30 agosto 1942 è una giornata di sangue e di lutto per i battaglioni alpini "Tirano" e "Monte Cervino". Il dottore Arturo Vita, dirigente aziendale in Milano, a quel tempo tenente presso la 46^ compagnia del "Tirano", scriveva nel suo diario: "Era il 30 agosto, data che resterà* sempre bene impressa nella mia mente. Trovai il Comandante a rapporto nel suo camioncino; mi offrì mezzo pollo e mi pregò di accompagnarlo in ricognizione nella zona della quota 187,7. Partimmo così in sei verso le ore 13: Maggiore Gaetano Volpatti Comandante del "Tirano", Capitano Vittorio Brivio Comandante la 48^ compagnia, Capitano Gaetano Giamminola Comandante la 109^ compagnia armi di accompagnamento, Sottotenente Gastone Da Re della 46^ compagnia, Sottotenente Angelo Fracasso della 109^ compagnia ed io." "Lasciato il camioncino a Jagodnji salimmo a piedi fino alla piccola balka ove aveva sede il Comando del battaglione "Cervino". Ci facemmo molta festa col Comandante Tenente Colonnello Mario D`Adda, vecchio amico del 5° e con gli altri amici. Ci fu spiegata la zona, mostrati i punti salienti del terreno, poi il Capitano Eligio Biasi decise di accompagnarci per un pezzo di strada; uscimmo dalla balka e ci incamminammo in gruppetto verso la quota mentre Fracasso e Da Re si attardavano ancora a salutare, per loro fortuna, un altro conoscente." "Un primo colpo di mortaio venne a scoppiare a 30 metri di distanza: " è la loro controbatteria", così ci fu spiegato; infatti le nostre artiglierie avevano appena terminato un tiro di aggiustamento. Seppi poi, invece, che nella piana tra le quote 187,7 e 226, era abilmente nascosto in un pagliaio un osservatorio russo e da lì il nemico dirigeva il tiro dei mortai. Evidentemente noi camminavamo un po` troppo allo scoperto. Dopo dieci metri di strada, altri colpi di mortaio. Ci buttammo per terra e poi continuammo tranquillamente il cammino. Era in testa il Maggiore con Biasi, dietro Brivio, Giamminola e io. Caddero due colpi ancora, sempre più vicini; sembrava proprio che i russi correggessero il tiro; infatti appena rialzati dalla posizione "a terra"che si assume in questi casi, un colpo cadde in pieno sul nostro gruppo. Fui lanciato dallo spostamento d`aria a cinque metri di distanza; appena dileguatisi il fumo e la polvere tentai di alzarmi; ero illeso, avevo soltanto le ossa un po` indolenzite e il viso un po` escoriato. Ma quale tragico spettacolo si presentò allora alla mia vista: il povero Maggiore Volpatti e Biasi giacevano riversi in un lago di sangue; Giamminola rantolava e poco dopo lo vidi esalare l`ultimo respiro; Brivio era vivo e mi disse di essere ferito ad un braccio. Chiesi subito aiuto ad un gruppo di fanti lontani cento metri, ma fecero tutti orecchie da mercante.Gridai a più non posso fino a che non vidi giungere due alpini con una barella; feci subito caricare Brivio, ma in quel preciso momento un altro colpo venne a cadere nello stesso punto ferendo una seconda volta il Capitano e uno dei portaferiti." "Nella balka che venti minuti prima avevamo lasciata felici e contenti, erano ora allineate quattro barelle con tre morti e un ferito grave. Ringraziai in cuor mio il Signore del tremendo pericolo scongiurato. Un Cappellano diede l`assoluzione ai poveri amici. Brivio purtroppo stava male e il dottore scrollò la testa quando gli chiesi precise notizie." "....Quale fu la mia gioia nel sapere successivamente che il Capitano Brivio era fuori pericolo. Venne poi portato in aereo a Stalino e di là* in Italia dove guarì bene. Dopo due mesi fece domanda di ritornare alla sua compagnia." "Il giorno dopo il battaglione schierato in armi rese gli onori militari ai nostri due morti, i primi morti del nostro Reggimento. Furono seppelliti nel cimitero militare di Verch Marksaj." "Caro e buon Maggiore Volpatti, integro e degno Comandante, che tanto aveva fatto per rendere il battaglione sempre più forte ed omogeneo. La morte lo colse proprio nel momento in cui più avevamo bisogno di lui."
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