Bella foto quella postata herr!!...già* salvata e archiviata!!!...i soldati italiani sembrano più uomini al servizio della Todt più che ad unità* combattente. Nn dimentichiamo che l'organizzazione impiegava migliaia di militari italiani alla costruzione del famoso Vallo Atlantico.
Oh certo che nn ha un'aria rassicurante il G.I. che li tiene sotto tiro con garand e baionetta inestata!!!...
Circa i soldati italiani combattenti, che furono tanti, a fronte di tante migliaia che si diedero immediatamente prigionieri, posto quest'interessante articolo apparso ormai tanti anni fa e che magari già* conoscete...
Quegli irriducibili nell`isola-bunker che non volevano cedere agli Alleati
di Gianluca Di Feo
Quella mattina sulle coste della Normandia c`erano anche loro. Una piccola armata di italiani che per scelta, per convenienza o per obbligo era schierata dalla parte dei tedeschi. Migliaia di uomini impegnati lungo il «vallo atlantico»: ventimila secondo alcune stime, addirittura 40 mila secondo altre. Basta guardare alle spiagge del primo sbarco: all`alba del D-Day negli scacchieri di Omaha, Utah, Juno e Gold c`erano almeno cinque unità* italiane in armi. Invece gli alpini della «Trento», costretti a lavorare per l`organizzazione Todt, approfittarono del caos e fuggirono verso casa. «E` stato un inferno - ricorda Antonio Cipriani -. A mezzanotte sembrava di essere in pieno giorno tante le bombe che cadevano: i morti non si contavano. Nella confusione dell`attacco, io e tre miei compaesani siano scappati». Durante i raid si diedero alla macchia anche i camionisti piemontesi che per uscire dal lager avevano accettato di servire con la colonna mobile della 716ma divisione. Invece i mitraglieri aggregati al 736mo granatieri, quasi tutti bersaglieri, tentarono un disperato contrattacco. E gli artiglieri del 1261mo restarono ai pezzi, sparando contro la più grande flotta di tutti i tempi. Nel settore Utah, in un bosco dietro al forte di Marcouf, la quarta batteria - personale italiano e comando tedesco - distrusse un cacciatorpediniere: «Centrammo un colpo dopo l`altro - ha scritto il colonnello Triepel -. Uno spezzò il timone, perché la nave cominciò a sbandare. Poi sprofondò di prua».
STORIA DIMENTICATA - La storia di questi soldati si è dissolta, persa nel grande caos seguito all`armistizio. Esiste un`unica traccia certa: gli archivi della Feldpost, il servizio postale germanico che permettono di ricostruire movimenti e composizione delle forze armate hitleriane. Uno storico - Gianni Giannoccolo - è riuscito a selezionare un elenco di unità* tedesche composte anche da militari italiani. Evidenzia almeno 60 reparti attivi sul fronte atlantico. Berlino dopo l`8 settembre aveva inquadrato gli «alleati» in piccoli nuclei, compagnie o al massimo battaglioni. I compiti erano scelti in base all`affidabilità*. In prima linea chi si era immediatamente mostrato fedele al Reich: in Normandia armavano ben 24 batterie di artiglieria pesante. Chi invece aveva «aderito» alla Rsi dopo la cattura, andava nella contraerea o nei trasporti. I prigionieri leali ai Savoia invece finivano nei cantieri della Todt: furono loro a costruire la fortezza di Longues sur Mer - oggi trasformata in museo - che tenne sotto tiro Omaha e Gold. Parecchi autisti italiani guidavano le colonne dei rifornimenti. Persino le tre divisioni corazzate delle SS mandate da Hitler per «ricacciare in mare» l`armata anglobritannica avevano dei contingenti di volontari di Salò. E in tanti non tornarono. Tra il 19 e il 27 giugno a Montebourg tre reggimenti di artiglieria (1261, 1262 e 1709) furono distrutti nel tentativo di fermare i tank inglesi: un terzo dei soldati erano italiani.
IL COMANDO DI BETASOM - Dopo l`8 settembre l`unica eccezione alla dispersione dei «collaborazionisti» riguardò la base sottomarini di Bordeaux, in codice Betasom. Diecimila uomini guidati da Enzo Grossi - con una discussa fama di asso dei sommergibili - che si erano guadagnati la stima dell`ammiraglio Doenitz. Gli fu concesso di arruolare altri volontari: 4.000 figli di immigrati, giovani cresciuti in Francia che del fascismo avevano conosciuto solo la propaganda. Già* dall`autunno del `43 crearono la «Divisione atlantica» e il battaglione «Longobardo» di fanteria di marina. Le foto mostrano file di ragazzi con divise improvvisate e sguardi poco marziali. Ma nelle settimane successive allo sbarco anche la «Divisione atlantica» - come ha ricostruito Marino Perissinotto su «Storia e Battaglie» - venne smembrata.
L`ISOLA DI FUOCO - La battaglia più sanguinosa fu combattuta a Cézembre, l`isoletta-bunker che «copriva le spalle» alla cittadella di St. Malo: una Maginot in miniatura, con tre livelli di sotterranei. Lunga 500 metri e larga poco più di 250, ha conquistato il terribile primato di «terra più bombardata della storia»: in un mese 120 mila tonnellate di ordigni. Nonostante questo inferno, l`isola difesa da tedeschi e marinai di Salò ha continuato a fare fuoco sugli americani.
L`assedio cominciò ai primi di agosto: navi, obici semoventi, bombardieri la bersagliano senza sosta. Il 17 agosto Saint Malo alza la bandiera bianca, ma l`isola resiste ancora. à? a questo punto che gli alleati decidono di usare un`arma mai sperimentata prima: il napalm. Molti italiani sono terrorizzati: il 20 agosto tre marò disertano e raggiungono la costa a nuoto. Descrivono agli americani le condizioni della guarnigione: nei rifugi ci sono 277 feriti, tra cui 17 repubblichini, manca l`acqua potabile e scarseggia il cibo. Eppure, il 28 i bunker rispondono con l`artiglieria a una nuova richiesta di cedere le armi. Dicono che Patton fosse infuriato: il generale ordina di spazzare via Cézembre. Due giorni dopo, l`apocalisse: 265 bombardieri sganciano migliaia di bombe perforanti e barili di napalm. Dall`isola si leva una nuvola di fuoco, simile al fungo di un`atomica: il calore piega persino le canne dei cannoni, cancella ogni forma di vita dalla superficie. Il 1° settembre l`ammiragliato germanico dà* il permesso di resa al presidio. Dalle caverne escono anche 69 italiani: «Camminavano a testa bassa come gente che viene dall`altro mondo, parevano degli zombie». Appena arrivati sulla spiaggia, gli americani rendono l`onore delle armi a questi «uomini che sembravano delle ombre». Molti dei loro commilitoni rimasero nei cunicoli devastati. E mai più esplorati: ancora oggi Cézembre è «una terra desolata», vietata a tutti per la presenza di mine e ordigni inesplosi.
In uno dei fortini crollati, sotto una croce incisa nel cemento - riporta uno speleologo francese - c`è una scritta spezzata da una granata: «Giovanni F...». Poi un numero e la parola «Nap...». Forse l`ultimo saluto a uno di quei marinai senza nome.
Un saluto