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Discussione: Tropischer Kopfbedeckungen - Copricapi Tropicali

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  1. #1
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    Tropischer Kopfbedeckungen - Copricapi Tropicali

    Quando il 28 giugno il Duce ordinò l’invasione in forze dell’Egitto, era certo che i suoi 250.000 soldati, fronteggiando meno di 36.000 inglesi, uscissero tranquillamente vincitori da quella guerra che considerava ‘la grande ricompensa che l’Italia stava aspettando’.

    Nel rapporto che stilò il generale tedesco Ritter von Thoma, inviato in Libia da Hitler per ispezionare le truppe italiane, scaturì che, a dispetto della loro superiorità numerica, questi erano deboli e bisognosi di rinforzi, al contrario degli inglesi che disponevano di un equipaggiamento nettamente superiore potendo riunire carri armati, cannoni e autocarri in colonne completamente motorizzate, indispensabili per la guerra nel deserto.

    All’inizio di Dicembre 1940, le forze del Commonwealth decisero di saggiare la forza delle legioni di Mussolini giunte fino Sidi Barrani, dopo aver attraversato il confine con l’Egitto. La potente controffensiva delle truppe del Generale O’Connor, rimandò gli italiani sempre più oltre il confine da dove erano partiti. Fu la disastrosa ritirata degli italiani che fece considerare ad Hitler la questione del Nord Africa. "La perdita della colonia", spiegò Hitler ai suoi generali, “non comporterebbe gravi conseguenze sul piano militare, ma i suoi effetti sul morale degli italiani sarebbe estremamente dannosa”. Inoltre, se gli inglesi avessero conquistato la Libia, avrebbero costretto Mussolini alla pace, minacciando con il loro conseguente apporto in Siria, la nascente ‘Operazione Barbarossa’ (invasione della Russia). Come contromisura, decise di accrescere il suo impegno nell’Operazione Sonnenblume (Girasole), nome in codice della Campagna d’Africa.
    Verso febbraio del 1941, sbarcarono dunque a Tripoli le prime unità tedesche, composte da battaglioni da ricognizione ed anticarro. La mattina seguente, nella piazza principale di Tripoli, Rommel assistette alla sfilata delle sue nuove truppe, vestite con eleganti uniformi e caschi coloniali.

    Il primo copricapo rigido in dotazione al nascente Afrikakorps è stato il casco coloniale (Tropenhelm). Oltre alle ingenti scorte sequestrate all’esercito olandese all’inizio della guerra, venne studiato ad hoc per il nuovo fronte africano ad utilizzo sia degli ufficiali che della truppa. E' realizzato in strati di sughero modellato e ricoperto di tela di cotone rigata, la stessa atta al confezionamento della Tropenbluse. Il bordo è rivestito per tutta la sua circonferenza con una striscia di pelle verde oliva, lo stesso colore del soggolo che generalmente veniva allacciato e teso nella parte superiore del casco. La colorazione della tela variava a secondo delle tinte a cui veniva sottoposta in fase di lavorazione; inizialmente è probabile che vi fossero un numero maggiore di tinte a causa di qualche incomprensione dei fornitori, ma progressivamente si andarono a ridurre. Esse potevano andare dal verde salvia, al giallo ocra, fino ad arrivare al verde oliva scuro. In entrambe i lati della calotta vi sono inseriti due scudetti in lamierino di alluminio stampato, consistenti in un’aquila rappresentante il simbolo della Wehrmacht (Hoheitsabzeichen) ed il tricolore del Reich (Wappenschild). Grazie all’impopolarità di cui godeva presso le truppe che lo ritenevano inadatto alle rigide condizioni di servizio, venne gradatamente eliminato dagli effetti verso la fine del 1941/inizio 1942. L’esemplare che presento, è realizzato dalla ditta “Heller di Oberhendernsdorf –Sudetengau”, in condizioni completamente integre, visto che non è raro scontrarsi con esemplari con la calotta sfondata o rotta in più punti, essendo questa divenuta molto fragile dopo settant’anni di vita del sughero che la compone. Internamente presenta la solita fodera rossa realizzata a spicchi, caratteristica comune a tutti i caschi coloniali tedeschi di primo tipo. Il liner interno, è formato da una semplice banda circolare realizzata in cuoio di vacchetta color nocciola. Il tutto è solidamente trattenuto al casco da diversi fermi realizzati in ottone.
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  2. #2
    Moderatore L'avatar di Paolo Marzetti
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    Ricominciamo con una classica foto d'epoca dalla rivista SIGNAL. PaoloM
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  3. #3
    Moderatore L'avatar di Paolo Marzetti
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    DAK con caschi tropicali inglesi catturati.
    PaoloM
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  4. #4

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