Interessante (secondo me) discussione che riporto da altro forum:

Nell'ottobre 1917 l'esercito italiano era esausto e spossato dalle continue e testarde "spallate" volute da Cadorna per raggiungere Trieste e debilitare l'esercito austroungarico impegnato anche ad est. Ma con il crollo prima rumeno e poi russo gli eserciti germanici avevano ora nuove risorse per spazzare via la potenza più debole tra le grandi dell'Intesa.
Lo scopo strategico degli stati maggiori austrotedeschi era evidente: buttare fuori l'Italia dalla guerra, e riversare poi tutta la massa militare sul fronte occidentale prima dell'arrivo degli americani.
Il piano d'assalto fu preparato con attenzione e lo stato maggiore tedesco mise a disposizione per l'attacco 7 delle sue migliori divisioni con 1000 cannoni e svariate squadriglie da caccia e ricognizione.
Il 20 ottobre un ufficiale cecoslovacco disertore si era presentato nelle linee italiane consegnando il piano completo e particolareggiato dell'attacco austrotedesco e garantendone l'autenticità. Intercettazioni telefoniche confermarono il piano e gli orari d'attacco. Ma il comando italiano fu scettico e non credette.
Il 24 ottobre 1917, gli austro-tedeschi, attaccarono, pesantemente, le linee italiane, nella zona tra la I e la II armata.
Il primo attacco, a gas, coglie le difese italiane impreparate. Seguono 90 minuti di bombardamento massiccio e devastante. Il gen. Capello, comandante della II armata, si trova a Padova per cure mediche. Informato, corre subito al fronte. Badoglio, comandante del 27° corpo, uno dei più colpiti, si fa trovare colpevolmente al posto di comando arretrato di Cosi, invece di quello avanzato di Ostri ove avrebbe dovuto essere. Non contento di ciò Badoglio trasmette via radio e in chiaro la situazione delle proprie linee che ovviamente sono subito bombardate; su questo episodio si espresse il generale di artiglieria austriaco von Berendt :

« Raramente l'artiglieria ha ricevuto in battaglia notizie così incoraggianti sull'effetto del proprio fuoco direttamente dal bersaglio. »

Il gen. Capello era stato l'unico a temere un'offensiva austriaca, ma non aveva saputo imporsi e quando Cadorna dovette arrendersi all'evidenza era ormai troppo tardi, le posizioni non potevano più essere mutate sotto l'incalzare dell'attacco: l'artiglieria pesante era in posizione avanzata, Badoglio (ancora lui!) aveva ordinato al suo corpo d'armata, che era tra i più colpiti, di sparare solo su suo ordine, che non venne mai dato, sicché la potenza dell'artigliera posizionata non venne utilizzata; il grosso degli uomini era posizionato sulle prime linee, soggetto ai colpi dell'artiglieria nemica, mentre la seconda linea era sguarnita e in pessime condizioni.
Appena cessata la tempesta delle granate, le truppe d'assalto germaniche si gettarono nelle trincee nemiche di prima linea, travolgendo i soldati storditi dal bombardamento o avvelenati dai gas tossici (in una sola grotta morirono intossicati 3000 soldati italiani); l'attacco di sorpresa riuscì subito sull'intero fronte investito. In poche ore l'ala destra della II armata fu distrutta. Già la sera del primo giorno risultò che erano state superate la prima e la seconda linea italiana. La battaglia era persa.

La sera del giorno seguente 25 ottobre risultò che il sistema difensivo italiano avanzato era in dissoluzione; appariva sicura la conquista del Monte Stol, probabile quella del Monte Mataiur (conquistato da un giovane tenente di nome... Erwin Rommel), imminente quella Monte Hum e Monte San Martino. Ora per gli austrotedeschi era decisiva la velocità, per togliere agli italiani la possibilità di organizzare efficaci contromisure. Il giorno 26 si concluse la completa rottura del fronte italiano, dando la certezza di una grande vittoria. Decisiva per l’ordine di ritirata del generale Cadorna fu la conquista della Punta di Monte Maggiore (a sud della Sella Uccea), fatta dal primo reggimento Kaiserschützen, perché essa costituiva a nord il pilastro d’angolo dell’ultima linea difensiva e quindi gli italiani non potevano più pensare ad una resistenza a nord. A questo punto occorreva superare le colonne italiane in ritirata per raggiungere prima di loro i ponti sul fiume Tagliamento, passando e imbottigliando così in una enorme sacca le armate italiane, per annientarle. Ma questo piano fallì e gli austro-tedeschi poterono oltrepassare il Tagliamento appena il 4 novembre, dopo attacchi sistematici agli ultimi tentativi di resistenza, e proseguire l’avanzata il giorno seguente. Si perdette tempo anche al nord per raggiungere la zona di Belluno-Feltre ed il corso medio del Piave, cosicché la IV armata italiana riuscì in gran parte a sfuggire alla prigionia e ad attestarsi sul Monte Grappa. Infine i germanici dovettero fermarsi al Piave, ormai puntellato dagli italiani con il sostegno di truppe inglesi e francesi, a causa della scarsità di munizioni e di rifornimenti, data la grande distanza dalle basi di partenza.

Dopo lo sfondamento, prima della ritirata sul Piave, di fronte allo sconforto del disastro e ritenendo che tutto fosse ormai irrecuperabile, il gen. Cadorna aveva pensato di suicidarsi. Si ritirò nei sui appartamenti e diede ordine al suo attendente di non far passare nessuno. Entrato nella sua camera, estrasse da un cassetto una pistola e mentre se la stava puntando alla tempia udì una voce che gli diceva: "Suvvia, Generale, non vorrete mica compiere questa sciocchezza?" Quella voce e la presenza di un Frate distolsero il Generale dal suo proposito, lasciandolo di sasso. Ma, come era potuto entrare questo personaggio in camera sua? Chiese spiegazioni all'attendente ma quelli rispose di non aver visto passare nessuno.

Molti anni dopo, il generale si recò a San Giovanni Rotondo in incognito e rimase stupito quando riconobbe in Padre Pio il frate di quella sera. "L'abbiamo scampata bella quella sera, eh generale?... gli sussurrò Padre Pio. Il Principale aveva inviato il Frate per salvare l'Italia (e non solo essa) da disastro sicuro... la Provvidenza si lega in questo senso con il futuro arrivo di Benito Mussolini, come raccontato nelle memorie della Beata Suor Elena Aiello di cui abbiamo già trattato.


In conseguenza dello sfascio del fronte isontino gli italiani dovettero sgombrare anche l’intera linea d’alta quota dalle Alpi Giulie e Carniche alle Dolomiti ed ai Monti di Fiemme, fino alla Valsugana.

La pagina peggiore di Caporetto oltre al successo delle truppe austro-ungariche e tedesche, fu quello che seguì: il caos sulle strade, l'assenza di coordinamento e di collegamento, le brigate accerchiate e lasciate al proprio destino, i soldati dispersi, i furti e le violenze. Quando le armate in ritirata giunsero sulle rive del Tagliamento, della Livenza e del Piave, lì sui ponti la retrocessione delle truppe divenne un indescrivibile groviglio di uomini, carri, cavalli uccisi, colonne ferme per decine di chilometri. Non sarebbe andata così se i comandanti fossero stati capaci di organizzare la circolazione stradale, il traffico delle notizie e i rifornimenti.
La disfatta di Caporetto costò agli italiani 11.000 morti, 19.000 feriti, 300.000 prigionieri, 3.200 cannoni, 1.700 bombarde, 3.000 mitragliatrici, 300.000 fucili.

Le tragiche giornate di ottobre, sconvolsero una nazione incredula di fronte ai fatti, di fronte ad un esercito che pareva sull’orlo della disintegrazione, ma fu proprio in quel momento che emerse la volontà del popolo italiano di resistere e di combattere l’invasore.

Sostituito l’inefficiente Cadorna con Diaz, il nostro esercito, sostenuto moralmente dai nuovi vertici militari e potenziato negli armamenti dagli alleati, riuscì miracolosamente, sul Piave, a fermare il nemico e a conquistare, successivamente, la vittoria, nella battaglia di Vittorio Veneto.


Se l'Italia non avesse resistito sul Piave e fosse crollata, 80 divisioni austriache imbandalzite dalla vittoria si sarebbero schierate sul fronte occidentale, prima dell'arrivo degli americani, con il risultato finale facilmente immaginabile. Basti pensare che "l'offensiva Ludendorff" del marzo-giugno 1918, senza gli austriaci, fu sul punto di disintegrare le masse anglo-francesi, causando loro una disfatta tale che al confronto Caporetto può essere considerata una modesta sconfitta... Figurarsi se ci fossero state 80 divisioni austriache supergalvanizzate!
E certi storici anglosassoni blaterano di quelle 2 o 3 divisioni che ci hanno mandato come se fossero state decisive! Ridicolo! In confronto abbiamo dato molto più noi a loro, col corpo del gen. Albricci, gli eroi di Bligny!
(Ricordate il famoso discorso del Duce che rammentava agli ingrati francesi "gli eroici caduti di Bligny?).
In realtà l'offenseva era annunciata, e non è vero che le artiglierie non vennero arretrate perchè non si credette ai segnali o ai disertori, ma perchè ci fu un malinteso tra Capello e Cadorna sul corretto posizionamento delle artiglierie; inoltre si era convinti di poter contenere il nemico e rispondere con una micidiale offensiva di contraccolpo. Ecco perchè non si ritenne di ritirare le artiglierie più di tanto.
L'idiota (Badoglio) parlava in chiaro alla radio perchè aveva perso completamente i contatti con le truppe, tutte le linee telefoniche erano saltate a causa del tiro d'artiglieria austro-tedesco (sfortuna, ma capita. Possibile che nessuno avesse pensato a questa eventualità?!).
Inoltre perse la testa, cercando di prendere personalmente i contatti con le singole unità, col risultato che gli ufficiali di collegamento che dalle unità venivano al comando da lui non lo trovavano dove avrebbe dovuto essere! Con le ovvie conseguenze nella catena di comando, specie col passare delle ore.
Infine l'imbecille, ancora lui, era convinto di poter prendere i tedeschi in trappola, per questo fece in realtà arretrare gran parte delle truppe dietro la prima di linea di resistenza; infatti intendeva lasciare che i tedeschi si imbottigliassero tra la prima e la seconda linea, mentre lui (il furbone!) al momento giusto (cioè nel momento di massimo ammassamento del nemico nel settore suddetto) avrebbe dato ordine alla potente artiglieria del suo corpo di fare un fuoco distruttivo sulla massa avversaria. Per questo Badoglio vietò espressamente al col. Cannonieri, comandante l'artiglieria, di fare fuoco senza un suo esplicito ordine e tanto meno di controbattere, non appena fosse scattata l'offensiva nemica. Presupposto era però, come detto, che l'ordine giungesse a Cannonieri al momento opportuno. Invece, come detto, le linee telefoniche saltarono tutte e completamente, perciò l'artiglieria non ricevette mai l'ordine atteso, si tentò disperatamente di dare gli ordini via radio, solo che mentre i centri nevralgici della difesa italiana osservavano il silenzio radio come da ordini, le comunicazioni furono utili di fatto esclusivamente ai tedeschi. Senza fuoco di artiglieria i tedeschi arrivarono praticamente indisturbati alla seconda linea, qui avrebbero dovuto essere fermati dalla fanteria e inchiodati dall'artiglieria che non sparò mai, quindi vi fu un effetto sorpresa a loro vantaggio e causato dalla confusione italiana tra ordini ed esecuzione, superarono la seconda linea e si ritrovarono subito a ridosso della terza ed ultima linea con l'artiglieria che iniziava a sparare poco, male e troppo tardi e quando già i tedeschi erano frammischiati alle posizioni italiane, con l'artiglieria pure troppo avanzata per potersi sganciare e "salvare" dallo sfondamento nemico in atto.
L'unico momento difficile i tedeschi lo ebbero quando per qualche minuto, il comandante di un gruppo di artiglieria italiano - contravvenendo agli ordini, come poi disse perchè era sicuro che "al comando nessuno se ne sarebbe accorto" (!!!) - diede ordine di fare fuoco su Tolmino dove erano visibili i concentramenti nemici che alimentavano l'offensiva.