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Discussione: Medaglia per il cinquantenario di...?

  1. #1
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    Medaglia per il cinquantenario di...?

    è da un po' che provo a far ricerche però senza risultato riguardo a questa splendida medaglia che
    la sorella di mia nonna usava come..... ..... ... portachiavi........ed infatti i segni dell'usura non mi permettono
    di decifrare completamente l'iscrizione che dovrebbbe riportare:
    primo
    cinquantenario
    della battaglia
    di ..... ........
    MDCCCLIX-MCMIX

    Laddove al posto dei puntini potrebbe esserci scritto San Martino... ..qualcuno ne sà di più?
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  2. #2
    Moderatore L'avatar di Arturo A.
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    Re: Medaglia per il cinquantenario di...?

    Così l'immagine del retro non è molto leggibile essendo decisamente sfocata.
    Prova a fare un altra foto impostando la macchina fotografica sulla funzione "macro".

    Ciao,
    Arturo
    "Distruggere un album fotografico, disperdendo le fotografie nei quattro angoli della Terra, può essere paragonato ad un moderno incendio della Biblioteca di Alessandria."

  3. #3
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    Re: Medaglia per il cinquantenario di...?

    stò provando e riprovando ma non ho una gran macchina fotografica.. ...comunque purtroppo è veramente solo intuibile anche dal vivo
    confermo però "primo cinquantenario della battaglia" e la data in numeri romani... ...1859-1909!!

    Nessuno ne ha mai viste di uguali?!?!
    .. ..periodo di dubbi... .....

  4. #4
    Moderatore L'avatar di Arturo A.
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    Re: Medaglia per il cinquantenario di...?

    Citazione Originariamente Scritto da eziomuscatello
    Nessuno ne ha mai viste di uguali?!?!
    Io purtroppo no, però non mi dedico al collezionismo delle medaglie e quindi non sono una fonte molto affidabile.
    Speriamo in qualche altro amico del forum

    Ciao,
    Arturo
    "Distruggere un album fotografico, disperdendo le fotografie nei quattro angoli della Terra, può essere paragonato ad un moderno incendio della Biblioteca di Alessandria."

  5. #5
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    Re: Medaglia per il cinquantenario di...?

    Ho fatto uno spudoratissimo copia e incolla da un famoso sito-dizionario ma qualcuno mi sà dare notizie sulla medaglia?
    le commemorative come questa venivano consegnate a chi aveva partecipato alle azioni che commemorano o più
    semplicemente è come partecipare alla commemorazione e basta?? scusate il giro di parole



    La battaglia di San Martino, anche detta battaglia di Pozzolengo, è uno degli scontri che composero la battaglia del 24 giugno 1859, meglio conosciuta come "battaglia di Solferino e San Martino", con la quale si conclusero le attività belliche della seconda guerra di indipendenza.

    La battaglia di San Martino avvenne contemporaneamente alla battaglia di Solferino, ma viene ricordata con il nome del centro di San Martino, nei dintorni del quale si svolse, in quanto quella parte del fronte era completamente affidata all'esercito del regno di Sardegna, sotto il comando del re Vittorio Emanuele II.

    Storia

    L'esercito franco-sardo, dopo la battaglia di Magenta, superò un breve scontro a Melegnano e continuò l'inseguimento. Lo scontro sulle alture moreniche a sud del lago di Garda fu quasi casuale, senza un piano ben determinato: non c'era soprattutto l'avvertenza di trovarsi di fronte al grosso dell'esercito austriaco. L'esercito francese si scontrò a Solferino (a metà strada fra Mantova e Brescia), mentre quello sardo incontrò il contingente austriaco presso San Martino. Due divisioni dell'esercito sardo, quella di Mollard e quella di Cucchiari, vennero ad impattare con il VIII° Corpo d'Armata del generale Benedek, il quale respinse le avanguardie di Mollard e si schierarono sul bordo esterno dell'altipiano di San Martino. Le colline a sud di Pozzolengo non formano una cresta collinare, ma un vasto altipiano il cui punto dominante è costituito da un gruppetto di case denominate Casette Citera. Sul bordo esterno dell'altipiano edifici colonici quali la Cascina di Controcania, il Roccolo e la chiesetta di San Martino formavano eccellenti appigli tattici per le truppe austriache. Vale la pena notare che la perdita di uno di questi punti non comprometteva la tenuta dell'altipiano, in quanto solo la conquista di Casette Citera, circa cinquecento metri a sud, garantiva la tenuta delle nuove posizioni. Senza ricognizioni e senza concertare manovre di più vasto respiro Mollard decideva di prendere d'assalto le posizioni avversarie. In breve i comandanti di divisione persero la visione d'insieme della battaglia e le Brigate sarde furono lanciate in assalti frontali senza il necessario appoggio d'artiglieria. Mancò inoltre non solo una buona coordinazione interarma, ma anche i reparti di Bersaglieri e di fanteria di linea non riuscirono a manovrare gli uni in appoggio degli altri. Infine l'assenza di una catena di comando fece sì che i comandnati di divisione dell'armata sarda si ostacolassero tra di loro, non accettando ordini da altri parigrado. Mentre a Solferino i combattimenti proseguirono fino a quando un violento temporale interruppe la lotta (iniziata alle prime luci del giorno), sui colli di San Martino, la battaglia cessò soltanto a sera. Lo scontro fu così feroce e cruento che l'esercito vincitore non ebbe la forza di inseguire quello sconfitto in fuga, il quale riparò oltre il Mincio.

    La tradizione sabauda esaltò la battaglia di San Martino, una delle pochissime battaglie vittoriose per un esercito italiano dell'intera fase delle guerre risorgimentali, anche perché combattuta con grande animo, anche dopo la fine dei combattimenti a Solferino. Celebre la frase attribuita a Vittorio Emanuele: «Fioeui, o i piuma San Martin o i auti an fa fé San Martin a nui!» (Figlioli, o prendiamo San Martino, o i nostri avversari ci obbligheranno a "fare San Martino").
    Una fase della battaglia in un dipinto dell'epoca

    Nonostante il contingente sardo fosse numericamente superiore a quello austriaco (35.602 Sardi contro 28.672 Austriaci), le truppe dell'imperatore Francesco Giuseppe respinsero con fermezza gli attacchi dell'esercito di Vittorio Emanuele II, favoriti da una migliore conoscenza del terreno di battaglia, del quale Benedek seppe ben avvalersi in chiave difensiva. L'attacco sardo, per quanto audace, risultò scarsamente coordinato e, soprattutto, condotto in modo rigidamente frontale e, di fatto, senza determinanti tentativi di aggiramento della posizione austriaca.

    Gli austriaci abbandonarono le posizioni di San Martino solamente dopo aver ricevuto l'ordine dell'imperatore di ripegare, ritirandosi in relativo buon ordine oltre il Mincio e nella fortezza di Peschiera, lasciando l'Armata Sarda padrona del campo di battaglia.

    Nella giornata che aveva visto contrapporsi ferocemente l'armata sarda all'VIII corpo d'armata austriaco, quest'ultimo ebbe 2.536 uomini fuori combattimento (tra morti, feriti, dispersi o prigionieri), mentre i sardi accusarono la perdita di 5.572 uomini fra morti e feriti. Un bilancio apparentemente incongruente per quella che venne propagandata dalla retorica risorgimentale come una grande vittoria, ma, come è stato recentemente dimostrato, spiegabile proprio in funzione della tipologia di attacco adottata, che trova numerosi confronti, soprattutto in termini di perdite, in altre azioni di questo tipo documentate in vari conflitti coevi, ad esempio nel corso della di poco posteriore Guerra Civile Americana.

    Il sogno di Cavour di continuare da solo la lotta si scontrò contro la dura realtà e il Regno di Sardegna fu costretto ad accettare l'Armistizio di Villafranca dell'8 luglio, trattato da Napoleone III in chiara violazione degli accordi franco-piemontesi precedenti la guerra. I preliminari di pace furono stabiliti fra Napoleone III e Francesco Giuseppe l'11 luglio, e sulla base di questi il Regno di Sardegna riceveva la Lombardia attraverso le mani francesi.

    Controversie sulla vittoria

    La percezione che lo scontro di San Martino lasciò – e continua a lasciare - agli austriaci, e a molti altri tra cui i comandi degli eserciti inglese e prussiano, fu quella di una vittoria dell’VIII° Corpo d’Armata del Feldmarschalleutnant Benedek, ottenuta contro le preponderanti forze sarde. A San Martino sia gli austriaci sia gli italiani rivendicarono gli allori della vittoria. L’esercito di Vittorio Emanuele II rimase padrone del campo di battaglia dopo un ultimo sanguinoso assalto, per cui almeno tecnicamente fu il vincitore della giornata. Ma allora perché l’ufficio storico imperial regio continuò a considerare il combattimento contro la truppa italiana come un successo delle proprie armi? Gli austriaci combatterono il 24 giugno 1859 principalmente una battaglia difensiva. Non avrebbero potuto del resto fare altro a causa delle tattiche di combattimento e delle dottrine di impiego da loro adottate. L’VIII° corpo d’armata di Benedek aveva ricevuto l’ordine di avanzare lungo l’ala destra di un vastissimo schieramento che puntava deciso verso ovest. Improvvisamente la mattina del 24 si trovarono dinnanzi truppe nemiche che avrebbero dovuto incontrare solo qualche giorno dopo, ormai quasi alle spalle delle due armate messe in movimento. Qui il comandante austriaco decise la sua prima mossa: respingere quelle forze ostili. Entro le otto del mattino sapeva che il fianco destro dell’esercito era per il momento al sicuro e che doveva continuare a presidiare vittoriosamente l’area sino a nuovi ordini. Avrebbe potuto in più occasioni assestare un colpo mortale alle truppe di Cucchiari e di Mollard, ma fedele al concetto austriaco di Stellungskrieg attese passivamente gli attacchi del nemico. Il suo compito non era particolarmente complesso. Dopo aver imbastito una linea di resistenza si limitava a chiudere i varchi che l’avversario riusciva a creare. Giungeva in prima linea a motivare i reparti più stanchi, si faceva vedere, incitava, dirigeva e richiamava nuove riserve. Alle 14 fu informato che i francesi avevano compromesso il centro del fronte imperiale. Alle 15.30 gli venne ordinato di ripiegare e di inviare rinforzi (due brigate) verso sud. A questo punto Benedek ritenne suo obiettivo fondamentale conservare il nodo stradale di Pozzolengo. Per fare questo doveva a tutti i costi mantenere sino a sera le posizioni di San Martino e cedere terreno molto lentamente. Alla fine, alle 19 di sera, venne dato l’ordine di abbandonare l’altipiano. Il dispositivo austriaco doveva però mantenere in suo possesso, per riuscire nella manovra di sganciamento, l’altura di Casette Citera. La difesa di questa posizione fu dunque l’obiettivo tattico di Benedek durante le fasi finali dello scontro. Quando l’esercito sardo iniziò il suo ultimo assalto alla collina, il primo con una certa coordinazione tra i reparti e con un buon supporto di fuoco, i battaglioni austriaci stavano già abbandonando il fronte. La prima grande unità a ritirarsi dal campo fu la Brigata Lippert. Mentre l’artiglieria avversaria apriva il tiro il GM Lippert ordinava il ripiegamento della batteria della Brigata (8 pezzi da 6 libbre della Cavalerie-Batterie Nr. 11/VIII) schierata lungo il Viale dei Cipressi. I cannoni poco alla volta furono ritirati dal fronte. Il loro silenzio fu interpretato da testimoni oculari sardi come un segnale dell’efficacia del tiro di distruzione dei loro cannoni: dopo qualche minuto questo di duello si cominciò a vederne gli effetti. Qualche cipresso del viale schiantato dai nostri colpi, cadeva: la batteria nemica non rispondeva più con tutti i suoi pezzi. Ciò era constatato dal fumo, che mentre da principio ad ogni scarica, avvolgeva con una densa nube l’intera batteria nemica, in seguito, lasciava risaltare delle lacune in questa nube, segno evidente che qualche pezzo era ridotto inservibile: questi vani nel fumo andavano di man in mano facendosi più spessi e più vasti. Mentre in alcuni settori la resistenza austriaca all’attacco portato dalle colonne sarde fu piuttosto violenta, e vittoriosa - come nel caso dell’attacco del 5º Reggimento della Brigata Aosta fermato dal 1°/IR 19 e dal 1°/IR 17 -, in altri i soldati che raggiunsero l’altipiano si trovarono improvvisamente davanti il vuoto. Credo quindi di poter affermare che quando noi occupammo la posizione di S. Martino, il nemico l’aveva appena abbandonata. Non so però se trattavasi di qualche riparto isolato di truppa o di considerevoli forze. Occupato il roccolo, la chiesa e la Controcania, i battaglioni sardi cercarono di assalire anche Casette Citera. A questo punto avvenne il dibattuto contrattacco finale condotto da Benedek in persona. Sebbene non ebbe le epiche forme e i travolgenti risultati suggeriti dalla Relazione Austriaca, esso bloccò per il momento ogni avanzata sarda, rese necessario l’immediato appoggio della cavalleria e di una batteria di artiglieria per evitare di dover abbandonare ancora una volta il bordo settentrionale dell’altipiano. L’assalto fu fermato ma ogni ulteriore progressione sarda fu rimandata al giorno seguente. Gli austriaci, dopo questa azione, avevano raggiunto il loro scopo tattico: erano ormai certi che il nemico non avrebbero più cercato di avanzare immediatamente su Pozzolengo. Questi successi locali, destinati a mascherare una ritirata già decisa, non fecero altro che confermare presso il comando austriaco l’idea di una vittoriosa difesa.




    A chi andranno poi gli allori della vittoria?

  6. #6
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    Re: Medaglia per il cinquantenario di...?

    Citazione Originariamente Scritto da eziomuscatello
    Ho fatto uno spudoratissimo copia e incolla da un famoso sito-dizionario ma qualcuno mi sà dare notizie sulla medaglia?
    le commemorative come questa venivano consegnate a chi aveva partecipato alle azioni che commemorano o più
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