Bei film, ma storiograficamente...
Stesso discorso per Lussu (cito dal libro di PR di Colloredo
La battaglia del Solstizio)
Per inquadrare il personaggio Lussu (che quando scrisse il suo libro [Un anno sull'altipiani, nota mia] era fuoriuscito in Francia, ed aveva la penna avvelenata verso il Duca d'Aosta, notoriamente favorevole al Fa-scismo), basti ricordarne l`ego smisurato, che lo spinse a scrivere nella nota di presen-tazione queste incredibili parole: Non esistono, in Italia, come in Francia, in Germa-nia o in Inghilterra, libri sulla guerra. E anche questo non sarebbe stato mai scritto, senza un periodo di riposo forzato. Clavadel-Davos, Aprile 1937. Tralasciando la produzione letteraria italiana (che pura aveva Monelli, Salsa, Frescura, Malaparte, Gadda, Papini, Soffici...), Lussu evidentemente si considerava su un altro livello ri-spetto a Ernst Jünger, Erich Maria Remarque, Ernest Hemingway, Robert Graves... i quali non fecero la Resistenza come il Lussu, pertanto nessuno si sognò mai di sottoli-neare la sciocchezza dell`autore sardo, intoccabile per motivi di opportunità politica. Lussu è colui che scrisse un libro di duecento pagine sulle proprie esperienze di guer-ra senza mai citare la brigata Sassari cui apparteneva, come detto: dunque non è un`opera storica ma un romanzo, qualsiasi cosa ne dicano gli apologeti del politico sardo, il quale, d`altro canto, inizia scrivendo che alla sua brigata appartenevano i reggimenti 399° e 400°, che ovviamente non esistevano: la Sassari era formata dal 151° â?? nel cui III battaglione Lussu prestò servizio â?? e dal 152° fanteria. Se Emilio Lussu avesse avuto intenti memorialistici non avrebbe utilizzato numeri fittizi e a-vrebbe citato il nome della brigata, di cui l`interventista Lussu fu ufficiale di comple-mento.
Marpo, sulle decimazioni (stessa fonte):
MALGOVERNO DELLA TRUPPA E REPRESSIONI
Riguardo al malgoverno della truppa, soprattutto sull`utilizzo della pena di morte e sulle forti perdite durante la gestione Cadorna, si son dette nu-merose inesattezze; non è dunque inutile esaminare la questione, sia pure rapidamente, confrontando la situazione del fronte italiano con quella del fronte occidentale. Giorgio Rochat scrisse in un suo studio sulla I Guerra Mondiale pubblicato da Feltrinelli nel 1976 (L`Italia nella Prima Guerra Mondiale, Milano 1976) che nell`esercito italiano vi erano state più con-danne a morte che in quello francese, ed anche decimazioni, in Francia non praticate: in Francia inoltre non fu fatto ricorso che in casi rarissimi ad esecuzioni sommarie, e mai a decimazioni, che invece in Italia erano pratica costante e vivamente raccomandata dal Comando supremo. La re-altà è diversa. Scriveva il giornale socialista francese Crapouillot a pro-posito della repressione degli ammutinamenti dell`Aprile del 1917, dopo il fallimento dell`offensiva di Nivelle, che si fecero allineare gli ammuti-nati su una fila, poi si ordinò che si contassero: uno, due, tre, quattro, cinque. "Il cinque esca dalla riga" diceva il colonnello. Un uomo su cin-que era designato a morire (La guerre inconnue, les fusilèes, "Crapouil-lot", agosto 1934), cose ben note già all`epoca, tanto che furono presenta-te anche interpellanze all`Assemblée National, e vi fu un durissimo inter-vento di Paul Meunier al Comitato segreto; anche Giulio Primicerj ricor-da le decimazioni del quinto uomo di ogni riga effettuate dai francesi nel 1917: cfr. G. Primicerj, 1917. Lubiana o Trieste?, Milano 1986, p. 27. Sull`argomento si veda anche la monografia di Andrè Bach, Fusillés pour l`exemple 1914-1918, Parigi 2003. Il generale Bach è stato a capo del Service historique de l`Armee de Terre (SHAT), ed il suo lavoro è quanto di più documentato esista sull`argomento. Tali fatti ben noti ed incontro-vertibili furono utilizzati, prima e durante la Guerra d`Etiopia anche dalla propaganda fascista, come nel libro di Piero Caporilli, Gli ammutinamen-ti francesi del 1917, Roma 1934 XIII (ristampato con il titolo Primavera 1917, Genova 1994). Del resto anche Gianni Rocca nella sua biografia di Cadorna scrive che dopo l`offensiva di Nivelle, Petain ristabilirà l`ordine facendo crepitare i fucili dei plotoni di esecuzione: vere e proprie deci-mazioni in massa dei ribelli (Gianni Rocca, Cadorna. Il Generalissimo di Caporetto, Milano 1985, rist. 2004, p. 193). Quanto alle rarissime esecu-zioni sommarie, nel giugno del 1917 nell`esercito francese veniva sospesa l`istruttoria preliminare, introdotta nel codice penale militare solamente nel 1916, e soppresso d`autorità il ricorso in appello al Comando d`Armata (cfr. Silvestri, Isonzo 1917, cit., p. 18
. Il generale Emilio Fal-della, esaminando la questione del malgoverno cadorniano sostenne l`opposto di quanto affermato dal Rochat, dedicando all`argomento un capitolo del secondo volume de La Grande Guerra, cit., elencando pun-tigliosamente gli episodi di ammutinamenti, riportando i reparti interessa-ti, e relative condanne a morte, concludendo che, a differenza della Fran-cia, in Italia non vi furono decimazioni:
le repressioni che seguirono in Francia ai gravi episodi di rivolta che si veri-ficarono nel maggio-giugno 1917 [...] furono di una gravità eccezionale; in taluni casi si procedette effettivamente decimazioni, ma nulla del genere av-venne nell`Esercito italiano (p. 307) e sottolineò che non si possono chiamare decimazioni dieci o quattordici condanne a morte in un reggimento.
Il generale Faldella fu storico militare minuziosissimo e documentatissi-mo, ma è il Rochat, almeno per una determinata parte politica, a far testo, malgrado il tagliente giudizio che di lui dava uno tra i massimi storici ita-liani, Rosario Romeo, sul Giornale del 27 giugno 1977:
Così autorevole, come tutti sanno, e così competente [...] ancora una volta il Rochat parla di cose che non sa e di libri di cui non ha visto neppure le illu-strazioni ma che già sa di dover condannare, per reato di "moderatismo". I moderati imparino: e cerchino di sviluppare difese adeguate, che ce n`è biso-gno (Rosario Romeo, Quando il "tecnico" ci mette la coda, ora in R. Romeo, Scritti storici 1951-1987, cit., p. 287).
Con ciò non si nega ovviamente che nel corso della guerra vennero com-minate dai tribunali militari 1.066 condanne a morte, di cui 729 eseguite e 277 commutate con pene detentive, con il picco più alto nel giugno del 1917, con 68 condanne eseguite e 9 non eseguite (si può confrontare con l`altro mese in cui ci furono più condanne a morte, l`ottobre dello stesso anno, soprattutto i giorni dopo Caporetto, con 55 condanne eseguite ed una non eseguita. Cfr. Alberto Monticone, La battaglia di Caporetto, U-dine 1999, p. 206). Si confronti questa cifra con la frase annotata nel dia-rio del generale William Douglas Haig, comandante della British Expedi-tionary Force in Francia nel novembre del`17: trentamila casi di ribellio-ne sono stati soppressi [nell`esercito francese. Il corsivo è di Haig] (cit. in Horne, The Price of the Glory, cit., p. 323). Vale la pena infine di riporta-re la circolare diramata dal Comando Supremo il 20 luglio 1917, cinque giorni dopo la repressione dell`ammutinamento della brigata Catanzaro a Santa Maria la Longa: [...] Chi punisce con la pena di morte si domandi sempre in coscienza, se tutto è stato fatto per parte sua, per migliorare moralmente e materialmente le condizioni dei suoi soldati, se, oltre a re-primere, egli ha saputo prevenire, se egli è stato a continuo contatto con l`animo delle truppe per comprenderne le aspirazioni, i bisogni, le de-pressioni, il bene e il male; se, in una parola, egli senta di dominare ve-ramente le forze vive che gli sono affidate, con quella scienza del cuore umano senza la quale nessuno è mai condottiero (riportata in Silvestri, Isonzo 1917, cit., p. 93). Va sottolineato come gli avvenimenti di Santa Maria la Longa si possano considerare l`unico ammutinamento vero e proprio avvenuto tra le truppe italiane nella Grande Guerra: B. Di Marti-no, La guerra della Fanteria 1915-1918, Valdagno 2002, p. 236. Perso-nalmente ci sembra da condividere quanto scritto dallo storico britannico Ronald Seth: Si è però grandemente esagerato sulla disciplina imposta da Cadorna [...] Anche sulle fucilazioni si è esagerato: ci furono senza dubbio fucilazioni di disertori e di ammutinati, ma non più che negli altri eserciti alleati (Seth, Caporetto, cit. [tr. it. p. 64]). Per quel che riguarda le perdite subite dal Regio Esercito, Mario Silvestri â?? non certo un esalta-tore del Comando Supremo! â?? osservava
che di fronte a figuri come Joffre e Douglas Haig, il generale Cadorna e per-sino Capello appaiono dei cuori teneri [...]; è pura leggenda, di cui gli italiani stessi sono responsabili, che le nostre perdite in combattimento fossero ecce-zionalmente elevate ed i nostri comandanti più macellatori degli altri: lo era-no anzi un po` meno. Le perdite (in morti, feriti e dispersi) subite dagli Italia-ni, dai Francesi e dagli Inglesi nei primi nove mesi del 1917 â?? quando i tre eserciti ebbero l`iniziativa delle operazioni â?? furono le seguenti: Italiani 450.000, Francesi 460.000, Inglesi 590.000. Se poi si limita il confronto all`esercito italiano e a quello inglese schierato sul fronte occidentale (che avevano uguale consistenza numerica) si constata che le perdite degli inglesi furono superiori del 30% a quelle italiane, e distribuite pressoché uniforme-mente da Aprile a novembre, mentre quelle italiane sono concentrate nella X ed XI battaglia dell`Isonzo: Silvestri, Isonzo 1917, cit., p.493.
Inoltre autori come il Rochat dimenticano che nell`esercito francese vi furono episodi di decimazioni di reparti respinti durante attacchi alle trin-cee tedesche, estraendo a sorte soldati dalle varie compagnie e fucilandoli pour encourager les autres: Alistair Horne, The Price of Glory. Verdun 1916, Londra 1962 (tr. it. Milano 2003, p. 71). Lo stesso autore ricorda come, nel 1917, si parlasse di intere unità fatte marciare in settori tran-quilli e poi deliberatamente falciate dall`artiglieria francese. Ciò avvenne sicuramente alla divisione russa inviata a combattere in Francia e sospet-tata di aperta ribellione dopo l`offensiva dello Chemin des Dames e le no-tizie della rivoluzione russa, che venne accerchiata da truppe francesi e bombardata dall`artiglieria che sparò oltre cinquecento colpi, sino ad es-sere annientata (Horne, cit., p. 323; Faldella, La Grande Guerra, cit., p. 306; sulle truppe russe in Francia si veda Gérard Gorokhoff, Andrei Kor-liakov, Le Corps Expeditionnaire Russe en France et a Salonique 1916- 1918, Parigi 2003). Inutile dire come, a dispetto di tanti sedicenti storici, nulla del genere sia mai avvenuto sul fronte italiano.