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Discussione: Kamikaze bianchi contro l'Armata Rossa

  1. #1
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    Kamikaze bianchi contro l'Armata Rossa

    Tra gli stati alleati del Giappone inclusi nella "Grande area di prosperità dell' asia orientale" il Manciukuò rivestiva una particolare importanza non solo per la sua collocazione geografica ma anche per la presenza di una embrionale industria bellica favorita dall' abbondanza di materie prime. Nato dalla spinta espansionistica giapponese ai danni della Cina, causata dalla ricerca di nuovi mercati e dalla necessità di trovare terre coltivabili per i contadini nipponici impoveriti dalla crisi del '29, il Manciukuò si articolava su cinque provincie della Manciuria storica, regione dell' est della Cina confinante con la Corea. Dichiarato indipendente nel 1931 con a capo l' ex imperatore Pu Yi, ultimo discendente della dinastia imperiale mancese, il Manciukuò mise il suo potenziale industriale a disposizione dei grandi trust giapponesi. Il potenziamento delle fabbriche esistenti e la creazione di nuove venne anche favorito dalla presenza nella città di Harbin di una folta comunità di esuli russi, tra i quali moltissimi ingegneri, tecnici, ex-ufficiali zaristi, la cui esperienza poteva essere sfruttata nella produzione bellica.
    Non è un caso se proprio ad Harbin sulla base di una officina aeronautica che in origine assemblava velivoli Fokker e De Havilland, venne creata la MHSC - Manschu Hikoki Seizo Company, consociata della giapponese Nakajima. Negli anni '30 produsse il velivolo da trasporto Manschu MT 1 per l' esercito di occupazione nipponico (Armata del Kwantung), per l' esercito della Mongolia Interna e per la compagnia aerea militarizzata che garantiva i trasporti al governo e all' esercito del Manciukuò (MKKK - Manschu Kokuyusho Kabushiki Kaisha - Manchu Air Transport Company). Si trattava di una copia prodotta su licenza dell' olandese Fokker Super Universal: un monomotore ad ala alta con struttura in tubolare metallico e tela, simile per certi versi ai nostri Caproni. Era rustico, ma resistente, di facile manutenzione e adatto ai campi semipreparati del teatro operativo cinese. All' inizio del 1942 la Nakajima, dovendo iniziare la produzione di aerei più moderni, spostò la catena di montaggio del Ki 27 - caccia monoposto con motore stellare e carrello fisso - dalla sua fabbrica nella città giapponese di Ota all' impianto di Harbin. La MHSC non si limitò a produrre pezzi di ricambio per gli aerei di quel modello ancora in servizio, ma realizzò ex-novo anche piccoli lotti di aerei completi per la MNMFAC - Manchukuo National Military Force Air Corps, oltre che per l' esportazione in Thailandia e Cina Nazionale (Nanchino). Ma il maggior successo della ditta fu l' addestratore di secondo periodo Manschu Ki 79 nelle versioni mono e biposto, entrambe derivate dal Ki 27. Prodotto in numerosissimi esemplari fu onnipresente in tutte le scuole di volo giapponesi oltre che nelle squadriglie operative, come velivolo "utility". Ironicamente fu proprio il lento e disarmato Ki 79 a lanciare l' ultimo attacco kamikaze della 2^ g.m. e come se non bastasse, con piloti non giapponesi.
    L' 8 agosto 1945 tre Gruppi di Armate sovietici invasero la Manciuria da tre diverse direzioni, infrangendo un armistizio che risaliva al 1939. Dopo 15 giorni di combattimenti i giapponesi dell' Armata del Kwantung si arresero in base agli ordini provenienti dalla madrepatria. Un enorme bottino di guerra cadde così nelle mani dei russi, che successivamente lo cedettero ai maioisti cinesi: carri armati, cannoni, armi automatiche ed oltre 1800 aerei (la metà inefficienti) riuniti sugli aeroporti di Mukden, Tsitsihar e Chungchun. Come accaduto in Italia ai militari della Rsi dopo la resa tedesca, anche nel teatro di operazioni mancese l' Esercito Nazionale del Manciukuò e le brigate di cavalleria della Mongolia Interna (comandate dal principe Teh Wang) furono colti di sorpresa dalla resa nipponica e continuarono a combattere disperatamente fino all' annientamento. Per loro infatti non c' era un domani, diversamente dai giapponesi che potevano sperare nel rientro in patria, sia pure dopo una dura prigionia di guerra in URSS. Nonostante la carenza di carburante la MNMFAC organizzò un attacco suicida contro le avanguardie corazzate sovietiche, composte in gran parte da carri pesanti JS. Tutti i Ki 79 in grado di volare furono armati con una bomba sotto ciascuna ala ed una carica esplosiva nell' abitacolo. Ci si aspettava che il pilota, dopo averne distrutti due con le bombe, si sacrificasse schiantandosi con l'aereo contro un terzo carro armato. Nonostante i piloti del Manciukuò fossero cinesi, dunque culturalmente lontani dall' ideologia Kami, fondamento ideologico-spirituale degli attacchi suicidi giapponesi (definiti Kami-Kaze dalla marina e Tai-Atari dall' esercito) c' era un precedente. Ancora nel dicembre 1944 un pilota della MNMFAC si era schiantato col suo caccia Ki 27 contro una superfortezza americana B 29, riuscendo ad abbatterla a prezzo della vita. Il grande attacco ebbe comunque luogo ma - comprensibilmente - non è ricordato dagli storici ufficiali sovietici e cinesi. Ma un episodio ancora più insolito, riportato solo da testimoni oculari, ebbe luogo nelle ultime ore di vita del Manciukuò. Travolte le ultime resistenze le truppe sovietiche si apprestavano ad entrare trionfanti in Harbin, quando furono attaccate da una dozzina di Ki 79 privi di insegne (in riparazione o appena usciti dalla catena di montaggio) decollati dalla pista della MHSC. Li pilotavano volontari civili tratti dal personale della ditta: collaudatori giapponesi, tecnici russi bianchi e operai mancesi, decisi a "cercar la bella morte" in un ultimo attacco. Ufficialmente l' esito non è noto, ma stranamente la liberazione della città da parte dell' Armata Rossa dovette essere posticipata di 48 ore...

  2. #2
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    L' ultimo imperatore cinese, Pu Yi, in alta uniforme dell' esercito del Manciukuò.
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  3. #3
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    Aereo da trasporto Manschu MT 1 (Fokker Super Universal) dell' Aviazione dell' Esercito giapponese, catturato da nazionalisti cinesi nel 1945.
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  4. #4
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    Aereo da caccia Nakajima/Manschu Ki 27, con le insegne della MNMFAC, Aviazione militare del Manciukuò.
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  5. #5
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    Aerei da addestramento Manschu Ki 79 ex- giapponesi, catturati dai sovietici nell' agosto 1945 nella base aerea di Mukden.
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  6. #6
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    Molto interessante Cav., grazie. Dove hai trovato queste info?

  7. #7
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    Ciao Vexillifer, su varie pubblicazioni aeronautiche in lingua inglese...

  8. #8
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    Grazie del post, molto interessante, non sapevo della presenza dei c.d. russi bianchi in Cina. Stranamente la Grande Storia e fatta da molti di questi "piccoli episodi" spesso misconosciuti ma non per questo meno importanti. Hai altre notizie o puoi suggerire libri/documenti sulla campagna russo-giapponese o sull'occupazione/guerra della Cina da parte del Giappone. Grazie

  9. #9
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    Citazione Originariamente Scritto da luigils Visualizza Messaggio
    Grazie del post, molto interessante, non sapevo della presenza dei c.d. russi bianchi in Cina. Stranamente la Grande Storia e fatta da molti di questi "piccoli episodi" spesso misconosciuti ma non per questo meno importanti. Hai altre notizie o puoi suggerire libri/documenti sulla campagna russo-giapponese o sull'occupazione/guerra della Cina da parte del Giappone. Grazie
    Purtroppo no, quest' argomento aeronautico mi è capitato per caso fra le mani anni or sono quando facevo modellini di aerei nipponici...

  10. #10
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    Dopo molto tempo torno a parlare della vicenda dei kamikaze civili durante le ultime fasi dell’invasione sovietica della Manciuria, ovvero di quegli individui di varia etnia (giapponesi, mancesi e russi bianchi) impiegati a vario titolo nella ditta aeronautica MHSC (consociata della nipponica Nakajima), che dopo la resa della potente Armata giapponese del Kwantung scelsero liberamente di affiancarsi a ciò che restava dell’aeronautica del Manciukò. Essi effettuarono attacchi kamikaze contro le avanguardie corazzate dell’Armata Rossa con gli antiquati caccia Ki 27 e gli addestratori biposto Ki 79 da essi derivati, presenti in fabbrica in vari stadi di costruzione e messi frettolosamente in condizioni di volo. Il loro sacrificio ebbe il risultato di rallentare di alcuni giorni la conquista delle città Harbin e Port Arthur, appoggiando le residue forze di fanteria e cavalleria del Manciukuò e del Principato della Mongolia Interna, che abbandonate al loro destino dopo la resa dei nipponici lottavano disperatamente per la loro vita.
    Ho trovato che i kamikaze manciuriani vengono citati (di sfuggita e non in maniera esplicita) anche in un articolo a firma A. J. Waig pubblicato sul n° 68 (marzo-aprile 1997) della rivista in lingua inglese “Air Enthusiast” nell’ambito di una più vasta storia del corpo aereo dell’Armata Popolare della Mongolia (MPA). Quel relativamente vasto ma poco popolato stato cuscinetto creato per proteggere l’U.R.S.S. da un possibile espansionismo giapponese era di fatto una colonia sovietica, dove a una ridotta popolazione di pastori nomadi che vivevano gran parte dell’anno sotto le jurte per pascolare le mandrie erano state imposte con la forza ideologia e forme esteriori del più rigoroso comunismo staliniano. Di conseguenza le piccole forze armate della Mongolia rossa erano forgiate a immagine e somiglianza di quelle del potente vicino, incluso un piccolo nucleo di aviatori che conobbe alterne vicende accrescendosi in numero e mezzi dopo il breve e inconcludente conflitto nippo-sovietico. Quando dopo il lancio della prima atomica americana su Hiroshima l’8 agosto 1945 Stalin dichiarò finalmente guerra al Giappone violando l’armistizio del 1939, la Mongolia si affiancò subito all’Armata Rossa seppure in ruoli ausiliari. Di conseguenza le azioni delle forze nemiche furono registrate e restano nella storia della odierna Mongolian Air Force, i cui archivi a differenza di quelli della VV-S ex-sovietica sono aperti volentieri ai ricercatori occidentali. Di seguito alcuni brani del sopracitato articolo di Weig, del quale ho evidenziato in grassetto i riferimenti ai kamikaze del Manciukuò.
    _______________

    All’alba del 9 agosto 1945 tre Gruppi di Armate sovietici invasero la Manciuria da tre direzioni diverse, prendendo completamente di sorpresa i comandanti giapponesi dell’Armata del Kwantung.
    […]
    Le prime avanguardie dell’Armata Rossa furono oggetto di 39 attacchi aerei giapponesi, perdendo tre aerei e 139 veicoli corazzati.
    […]
    Dolon Nur fu catturata il 13 agosto. Ora con le linee di comunicazione interrotte, l’Armata giapponese del Kwantung non aveva più accesso alle proprie riserve strategiche nel nord della Cina. Il 17 agosto il generale Yamada, comandante dell’Armata del Kwantung, si arrese al Maresciallo dell’URSS Vasilevsky e le ostilità avrebbero dovuto cessare il giorno seguente. Ciononostante i combattimenti continuarono in Manciuria.
    […]
    Altre unità dell’esercito sovietico continuarono ad avanzare verso gli obiettivi prestabiliti, catturando città dopo città nonostante la feroce resistenza degli alleati dei giapponesi.
    […]
    I sovietici durante le operazioni in Manciuria dispiegarono tre Armate Aeree. Tra il 9 ed il 20 agosto nel corso dell’offensiva dell’Armata del Transbajkal, gli aerei sovietici effettuarono oltre 14.000 missioni di volo. Nonostante ciò circa 50 velivoli di costruzione giapponese portarono avanti con successo missioni di interdizione sul campo di battaglia rallentando notevolmente le colonne sovietiche.
    […]
    Dopo la cattura di Port Arthur il 25 agosto, Stalin ordinò all’Armata Rossa di cessare i combattimenti, ma sparute scaramucce con truppe del Manciukuò si trascinarono fino al 30 agosto.
    _______________

    Resta quindi evidente dal testo che se dopo i primi combattimenti l’aviazione giapponese si era arresa su ordine di Yamada col resto dell’Armata del Kwantung il 18 agosto, i citati 50 aerei di costruzione giapponese che bloccarono le colonne corazzate mongolo-sovietiche dal 20 al 25 agosto, non potevano che essere pilotati dai coraggiosi aviatori del Manciukuò e dai kamikaze civili. Tra questi ultimi soprattutto i russi ex-zaristi avevano ottime ragioni per temere l’arrivo dei comunisti.
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    CHISSA' A QUALE DI QUESTI ALBERI CI IMPICCHERANNO?

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