Il Reparto Speciale di Polizia, operante in Roma occupata fino al giugno 1944 e volgarmente conosciuto come Banda Kock, era nato dopo l' 8 settembre su iniziativa del Dr. Pietro Kock, ex- ufficiale dei Granatieri di Sardegna. Sebbene formalmente dipendente dal Questore repubblicano di Roma Pietro Caruso, costui era legato a doppio filo con gli occupanti tedeschi e quanto a repressione dell' antifascismo condivideva i metodi poco ortodossi della SS-SD di Via Tasso, sconfinando spesso nel banditismo comune. Requisite le pensioni Oltremare e Iaccarino, i membri del reparto vi avevano stabilito la loro sede, trasformando alcune stanze in celle e sale di tortura. Furono mesi di ambasce per i vicini, costretti a fingere di non vedere i prigionieri portati su e giù per le scale e di non sentirne le urla durante gli interrogatori, per non attirarsi le ire degli sgherri che oltretutto avevano occupato - armati fino ai denti - la portineria dello stabile. Inizialmente il problema più grande del reparto fu la mancanza di mezzi di trasporto, che le forze di polizia regolari operanti nella Città Aperta (Polizia, GdF e PAI) non erano disposti a fornire. Venne in loro soccorso il Comando tedesco di Roma che, con apposito bando pubblicato su "Il Messaggero" obbligò gli autisti di piazza a prestare a turno la loro opera in favore del Reparto Speciale. Chi non si fosse piegato a quel servizio, sarebbe incorso nella sospensione dell' assegnazione di carburante oltre che nelle prevedibili rappresaglie degli improvvisati quanto sedicenti tutori dell' ordine. Dopo la liberazione le testimonianze dei tassinari romani furono raccolte dalle autorità inquirenti degli alleati e del regno del sud, ma successivamente - e comprensibilmente - non se ne parlò più. A volte gli sventurati che cadevano nelle mani della Banda venivano spogliati dei loro averi e costretti a lasciare "spontaneamente" il contenuto del portafogli come mancia agli incolpevoli autisti che li portavano verso le torture e spesso verso la morte. Bisogna dunque ammettere che - fra tanti pressappochismi dovuti alla cronica mancanza di fondi della produzione - la scena di "Roma città aperta" dove Rossellini fa rapire in mezzo alla strada Aldo Fabrizi/Don Pietro da due comparse scese da un tassì, risulta drammaticamente vera. Durante i mesi dell' occupazione troppi subirono quel trattamento da signori: essere portati all' inferno in taxi...