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Discussione: Shanghai: quando i giapponesi salvarono gli ebrei

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    Shanghai: quando i giapponesi salvarono gli ebrei

    Nei mesi di gennaio e febbraio 1944 su tutti gli organi di stampa quotidiana e periodica della RSI venne messo in grande evidenza, nonostante il testo piuttosto anodino, il seguente trafiletto.

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    Tokio, 19 gennaio. Ha avuto luogo una conferenza durante la quale si è discusso delle misure da adottarsi contro il lavoro sotterraneo del giudaismo in Giappone. Fra le molte personalità intervenute alla conferenza che è stata presieduta dal Principe Santaka Ichiju erano presenti l' ex ambasciatore giapponese a Roma, Toshiro Schiratori, il generale di divisione Shitcen, come pure rappresentanti dei ministeri della marina, della pubblica istruzione e della giustizia.
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    Con tutta evidenza si trattava di un maldestro tentativo, da parte dei nazisti di rappresentare come pratica normale ed universalmente accettata la persecuzione antiebraica, in quanto adottata da tutte le nazioni dell' Asse, anche le più lontane dalla mentalità europea e cristiana. Ciò perchè dopo l' 8 settembre 1943 e l' occupazione dell' Italia centro-settentrionale le violenze contro gli ebrei (dalle iniziali uccisioni isolate alle deportazioni organizzate scientificamente nell' ambito della soluzione finale) avevano impressionato negativamente tutte le fasce della popolazione, che tentò di opporvisi o di fare ostruzionismo in vari modi, spesso col supporto delle autorità religiose cattoliche e a volte di elementi fascisti o perlomeno non apertamente antifascisti. E' noto il fatto che durante il rastrellamento dell' ottobre 1943 vi furono casi di fascisti che mostrando la tessera o addirittura in camicia nera, tentarono di proteggere le case e i beni di israeliti romani, ciò fu denunciato apertamente da Kappler nell' ambito del più diffuso ostruzionismo portato avanti dalle forze di polizia della Città Aperta. La soluzione finale nel suo complesso ripugnava alla coscienza diffusa degli italiani, tantopiù che dal 10 giugno 1940 al 25 luglio 1943 Mussolini con una accorta tattica dilatoria non solo aveva protetto dai nazisti gli ebrei italiani e quegli stranieri che si trovassero nel regno, ma di fatto si era rifiutato di consegnare anche le comunità presenti nei territori occupati dal Regio Esercito in Francia, Grecia, Yugoslavia irritando oltremodo Eichmann e soci. Oltretutto la notizia alla base dell' articolo in questione in questione era una propaganda in malafede. La riunione di Tokio si tenne effettivamente come descritto, ma solo per tacitare le sempre più pressanti richieste dei tedeschi e per decidere sottobanco ulteriori mosse a tutela degli ebrei presenti in Giappone, Manciuria e nella Cina occupata. Esemplare è la storia del ghetto di Shanghai, che oggettivamente protesse ebrei di varie nazionalità fino alla fine della guerra. Qui di seguito una sintesi degli eventi (desunta da Wikipedia). Le autorità civili e militari giapponesi furono sempre relativamente tolleranti con gli ebrei nel loro paese e nelle zone da loro occupate. Contro la pressione esercitata dagli alleati tedeschi affinché adottassero misure severe contro la comunità ebraica, i giapponesi opposero un rifiuto. Fino alla primavera del 1941 permisero ai rifugiati di entrare in Giappone, e gli ebrei della Cina occupata dai giapponesi ricevettero un buon trattamento: nell'estate e nell'autunno del 1941, i rifugiati dal Giappone furono trasferiti a Shanghai, ma furono prese misure contro di loro solo all'inizio del 1943, quando furono trasferiti nel ghetto di Hongkew. Le condizioni di vita erano lungi dall'essere soddisfacenti, ma sicuramente migliori rispetto ai ghetti posti sotto l'occupazione nazista. Il ghetto di Shanghai, formalmente conosciuto come il "settore ristretto per i rifugiati apolidi", era un'area di circa due chilometri quadrati e mezzo nel distretto di Hongkou della Shangai occupata dai giapponesi, dove circa 20.000 rifugiati ebrei fuggiti da Germania, Austria, Cecoslovacchia, Ungheria, Romania, Polonia e Lituania prima e durante la seconda guerra mondiale, e stabilitisi in tutta Shanghai, furono trasferiti dal proclama concernente la restrizione di residenza e attività dei rifugiati apolidi. I rifugiati erano insediati nella parte più povera e affollata della città. Le famiglie ebraiche locali e gli enti di beneficenza ebraici americani li aiutarono a trovare riparo, cibo e vestiti. Le autorità giapponesi aumentarono sempre di più le restrizioni, ma il ghetto non era circondato da mura ed i residenti cinesi locali, le cui condizioni di vita erano spesso altrettanto cattive, non se ne andarono.Verso la fine degli anni venti, la maggior parte degli ebrei tedeschi erano leali alla Germania, assimilati e relativamente benestanti. Prestavano servizio nell'esercito tedesco e fornivano il loro contributo in ogni campo della scienza, degli affari e della cultura tedesche. Dopo che i nazisti salirono al potere nel 1933, le persecuzioni promosse dallo stato come le leggi di Norimberga del 1935 e la notte dei cristalli nel 1938 spinsero masse di ebrei tedeschi a cercare asilo all'estero, ma come Chaim Weizmann scrisse nel 1936, il mondo sembrava essere diviso in due parti - quei posti dove gli ebrei non potevano vivere e quelli dove non potevano entrare. La conferenza di Evian dimostrò che verso la fine degli anni '30 era quasi impossibile trovare uno sbocco all' emigrazione ebraica. L' insediamento internazionale di Shanghai era stato istituito dal trattato di Nanchino. La polizia, la giurisdizione e il controllo dei passaporti erano svolti dal consiglio autonomo straniero. In seguito alla battaglia di Shanghai del 1937, la città fu occupata dall'esercito giapponese e vi si stabilì un governo collaborazionista cinese, che non stabilì un regime di passaporti. Il porto di Shanghai era l'unico posto al mondo che consentiva l'ingresso senza né visto né passaporto. In base ai trattati ineguali fra la Cina e i paesi europei, i visti erano richiesti solo per prenotare i biglietti in partenza dall'Europa. Quando la maggior parte degli ebrei tedeschi arrivarono, altre due comunità ebraiche si erano già stabilite nella città da oltre un cinquantennio: i ricchi ebrei di Baghdad, che comprendevano le influenti famiglie Kadoorie e Sassoon, e gli ebrei russi. Questi ultimi erano fuggiti a causa dei pogrom antisemiti attuati dal regime zarista e dagli eserciti controrivoluzionari nonché a causa della lotta di classe propugnata dai Bolscevichi. Questi esuli avevano quindi formato la comunità russa di Harbin e, in seguito, quella di Shanghai. Molti membri della comunità ebraica polacco-lituana furono salvati da Chiune Sugihara, il console giapponese a Kovno (Lituania). Si dice che Sugihara abbia collaborato con i servizi segreti polacchi, come parte di un più vasto piano di cooperazione nippo-polacca. Essi riuscirono a fuggire attraverso il vasto territorio della Russia in treno fino a Vladivostok e poi in nave fino a Kobe, in Giappone. I rifugiati, in numero di 2.185, arrivarono in Giappone tra l'agosto '40 e il giugno '41. Tadeusz Romer, l'ambasciatore polacco a Tokio, era riuscito ad ottenere visti di transito in Giappone, visti di asilo per il Canada, l'Australia, la Nuova Zelanda, la Birmania, certificati di immigrazione per la Palestina, e visti da immigranti per gli Stati Uniti e per alcuni paesi latinoamericani. Infine, Tadeusz Romer arrivò a Shanghai il 1º novembre 1941, per continuare l'azione a favore dei rifugiati ebrei. Tra coloro che si salvarono nel ghetto di Shanghai vi erano capi e studenti della scuola Mir yeshiva, la sola scuola rabbinica o yeshiva dell'Europa occupata a sopravvivere all' olocausto. Similmente, migliaia di ebrei austriaci furono salvati dal console generale cinese a Vienna, Ho Fengchan, che emise visti a loro favore durante il 1938-1940 contro gli ordini del suo superiore, l'ambasciatore cinese a Berlino Chen Jie. I rifugiati che erano riusciti ad acquistare i biglietti per i lussuosi piroscafi italiani e giapponesi in partenza da Genova descrissero in seguito il loro viaggio di tre settimane con abbondanza di cibo e divertimenti - tra la persecuzione in Germania e lo squallido ghetto a Shanghai - come surreale. Alcuni passeggeri tentarono di fare deviazioni non previste per l' Egitto, sperando di riuscire ad entrare di nascosto in Palestina, allora sotto mandato britannico. I primi rifugiati ebrei tedeschi, ventisei famiglie, fra le quali cinque famosi medici, erano arrivati a Shanghai già nel novembre '33. Verso la primavera del '34, vi erano a quanto si dice ottanta medici, chirurghi e dentisti rifugiati in Cina. Il 15 agosto 1938, arrivarono con nave italiana i primi rifugiati ebrei dall'Austria annessa. La maggior parte dei rifugiati giunsero dopo la notte dei cristalli. Durante la fuga a Shanghai dei rifugiati fra il novembre '38 ed il giugno '41, il numero totale di arrivi per mare e per terra è stato stimato a 1.374 nel 1938; 12.089 nel 1939; 1.988 nel 1940; e 4.000 nel 1941. Nel 39/40 la società Lloyd Triestino di Navigazione gestì una specie di "servizio di traghetti" fra l'Italia e Shanghai, portando migliaia di rifugiati ogni mese - Tedeschi, Austriaci, alcuni Cechi. In aggiunta a questa mescolanza vi furono approssimativamente 1.000 ebrei polacchi nel 1941. Tra questi, tutti i membri della facoltà della Mir yeshiva, circa 400 di numero, che con lo scoppio della Seconda guerra mondiale nel 1939, fuggirono da Mir a Vilnius e poi a Kédainiai (Lituania). Alla fine del 1940, ottennero i visti da Chiune Sugihara, il console giapponese a Kaunas, per viaggiare da Kėdainiai, allora parte della Repubblica Socialista Sovietica della Lituania, via Siberia - Vladivostok, fino a Kobe, (Giappone). Entro il novembre 1941 i giapponesi trasferirono questo gruppo e la maggior parte degli altri al ghetto di Shanghai, al fine di riunire gli ebrei sotto il loro controllo. Infine, un'ondata di più di 18.000 ebrei ashkenaziti provenienti da Germania, Austria e Polonia immigrarono a Shanghai prima dell' attacco di Pearl Harbor da parte del Giappone nel dicembre 1941. Gran parte degli aiuti necessari furono forniti dal Comitato internazionale per gli immigranti europei (International Committee for European Immigrants, IC), istituito da Victor Sassoon e Paul Komor, un uomo d'affari ungherese, e dal Comitato per l'assistenza dei rifugiati ebrei europei (Committee for the Assistance of European Jewish Refugees, CFA), fondato da Horace Kadoorie sotto la direzione di Michael Speelman. Queste organizzazioni prepararono la sistemazione ad Hongkew (oggi noto come distretto di Hongkou), un distretto relativamente a buon mercato in confronto all' insediamento internazionale o alla concessione francese. Furono sistemati in appartamenti malandati e in sei campi di un'ex scuola. Gli occupanti giapponesi di Shanghai consideravano gli ebrei tedeschi come apolidi. Nel 1943, l'esercito giapponese occupante impose che questi 18.000 ebrei si trasferissero in un'area di 1,94 chilometri quadrati del distretto di Hongkew dove molti vivevano in case plurifamiliari chiamate "Heime" o "Piccola Vienna". Le autorità furono colte alla sprovvista dall'ondata migratoria ebraica e i rifugiati in arrivo si dovettero confrontare con dure condizioni di vita nell'impoverito distretto industriale di Hongkou: stanze per dieci persone, inedia, disastrose condizioni fognarie e bassi tassi di occupazione. La comunità ebraica di origini sefardite di Baghdad, già da tempo integrata nell'economia di Shanghai, ed in seguito il Comitato congiunto per la distribuzione ebraico americano (American Jewish Joint Distribution Committee, JDC) fornirono dell'assistenza in ambito abitativo e alimentare. Nonostante le barriere linguistiche, la povertà estrema, l'isolamento e le malattie, i rifugiati furono in grado di passare dalla pura sussistenza assistenziale alla formazione di una comunità funzionante. La vita culturale ebraica prese a fiorire: si fondarono scuole, quotidiani, furono rappresentate opere teatrali, si crearono gruppi sportivi e persino si tennero spettacoli di cabaret. La sinagoga Ohel Moshe fu il centro religioso per la comunità ebraica russa sin dal 1907 e attualmente sede del Shanghai Jewish Refugees Museum al civico 62 di Changyang Road nel distretto settentrionale di Hongkou. Una sinagoga askenazita, chiamata la nuova sinagoga fu fondata nell'aprile 1941. Dopo l'attacco giapponese a Pearl Harbor, i ricchi ebrei di Baghdad, molti dei quali erano sudditi britannici furono internati e i fondi delle organizzazioni assistenziali americane sospesi. Quando le comunicazioni con gli Stati Uniti si interruppero, disoccupazione e inflazione aumentarono e le condizioni di vita dei rifugiati si fecero più dure. La rappresentante del JDC Laura Margolis, arrivata a Shanghai, tentò di stabilizzare la situazione ottenendo dalle autorità giapponesi il permesso di continuare la sua attività di raccolta fondi, rivolgendosi per aiuto agli Ebrei russi che erano arrivati prima del 1937 ed erano esentati dalle nuove restrizioni.Con l'intensificarsi della Seconda guerra mondiale, i Nazisti aumentarono la pressione sul Giappone per farsi consegnare gli Ebrei di Shanghai. Warren Kozak descrive l'episodio in cui il governatore militare giapponese della città mandò a chiamare i capi della comunità ebraica. La delegazione comprendeva il rabbino Shimon Solom Kalish, della dinastia chassidica Amshinov. Il governatore giapponese era curioso: "Perché i Tedeschi vi odiano così tanto?" Senza esitazione e sapendo che il fato della sua comunità dipendeva dalla sua risposta, Rabbi Kalish disse all'interprete (in yiddish): "Zugim weil mir senen orientalim - Digli che i Tedeschi ci odiano perché siamo orientali." Il governatore, il cui volto era rimasto severo per tutto il confronto, proruppe in un lieve sorriso. Malgrado l'alleanza militare, egli non acconsentì alla richiesta tedesca e gli ebrei di Shanghai non furono mai consegnati." Il 15 novembre 1942, fu approvata l'idea di un ghetto di dimensioni più limitate. Il 18 febbraio 1943, i giapponesi proclamarono l'istituzione di un' area designata per i rifugiati apolidi, ordinando a coloro che erano arrivati dopo il 1937 di trasferire le loro residenze e le loro attività nella nuova area di due chilometri quadrati e mezzo (un miglio quadrato) nel giro di tre mesi, entro il 15 maggio. I rifugiati apolidi avevano bisogno del permesso dai Giapponesi per vendere le loro proprietà; ad altri occorreva il permesso per recarsi nel ghetto. Sebbene questo non avesse filo spinato né muri, era imposto un coprifuoco, l'area era pattugliata, il cibo era razionato e tutti avevano bisogno di passi per entrare o lasciare il ghetto. Secondo David Kranzler, così, circa la metà degli approssimativamente 16.000 rifugiati, che avevano superato grandi ostacoli e avevano trovato un mezzo di sussistenza ed una residenza fuori dall''area designata, furono costretti a lasciare le loro case e le loro attività per una seconda volta e a trasferirsi in un'affollata, squallida area di meno di un miglio quadrato con la sua popolazione stimata di 100.000 Cinesi e 8.000 rifugiati. Sebbene siano stati rilasciati alcuni permessi temporanei, per cause di lavoro e a 16 studenti dello St. Francis Xavier College, sito al di fuori del ghetto, essi furono concessi arbitrariamente e quindi duramente limitati dopo circa un anno. Ma il fatto che i Cinesi non lasciarono il ghetto di Hongkou, significa che gli Ebrei non restarono isolati. Nondimeno le condizioni economiche peggiorarono; l'accettazione della ghettizzazione, da un punto di vista psicologico, fu più difficile; l'inverno del 1943 fu rigido e la fame si diffuse largamente. Il raid aereo statunitense su Shangai cominciò nel 1944. L'attacco più devastante ebbe inizio il 17 luglio del 1945 e fu il primo di questo genere su Hongkua. In questa offensiva aerea furono uccisi 33 rifugiati (le morti cinesi non sono mai state confermate, ma si presume siano di molto superiori a quelle dei rifugiati), mentre restarono feriti approssimativamente 500 rifugiati cinesi ed ebrei (per la maggior parte cinesi). Circa 700 persone restarono senza tetto (ancora una volta perlopiù cinesi) a causa di un attacco contro una stazione radio giapponese, situata nel distretto di Hongkou. I bombardamenti effettuati dal 7º Corpo Aereo proseguirono con cadenza giornaliera, finché la bomba atomica fu sganciata su Hiroshima, evento che mise fine alle incursioni aeree. Alcuni ebrei del ghetto di Shangai parteciparono alla resistenza. Essi collaborarono in una organizzazione clandestina per ottenere e far circolare notizie, mentre non furono coinvolti in atti di sabotaggio di alcun genere, né nell'assistenza agli equipaggi degli aerei americani abbattuti, in quanto nei pressi di Hongkua non fu mai abbattuto alcun aeroplano dell' USAAF. Inoltre, più del 90% dei residenti non fu in grado di lasciare il ghetto se non dopo la liberazione, avvenuta nell'agosto del 1945. Il ghetto fu liberato ufficialmente il 3 settembre del 1945, con un leggero ritardo al fine di permettere alle forze di Ciang Kai shek di prendersi il merito politico della liberazione di Shanghai. Con la fondazione di Israele nel 1948 e la caduta di Chiang Kai-shek nel 1949, quasi tutti gli ebrei del ghetto di Shanghai se ne andarono. Nel 1957 si contavano soltanto 100 ebrei nella zona, e a tutt'oggi è possibile che ne vivano ancora lì pochi superstiti. L'onorificenza di giusti tra le nazioni fu conferita a Chiune Sugihara nel 1985 e a Ho Feng Shan nel 2001. A partire dall'istituzione delle relazioni diplomatiche fra Israele e Cina, nel 1992, il collegamento fra il popolo ebreo e Shanghai è stato riconosciuto in diversi modi. Nel 2007 , il consolato generale israeliano di Shanghai donò 660.000 yuan, finanziati da 26 società israeliane, a progetti pubblici nel distretto di Hongkou, in riconoscimento del rifugio sicuro fornito dal ghetto. L'unico monumento ebraico a Shanghai si trova a Houshan Park, già Rabin Park, nel Distretto di Hongkou.

  2. #2
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    Eminenti personalità che sopravvissero al conflitto grazie all' internamento nel ghetto di Shanghai:


    Aaron Avshalomov, compositore russo.
    Abba Berman, rabbino haredi, Rosh yeshiva.
    Charles K. Bliss, la cui esperienza cinese gli ispirò la creazione dei Blissymbols.
    W. Michael Blumenthal, prestò servizio come segretario al Tesoro degli Stati Uniti. Morris Cohen, noto con il suo soprannome Due Pistole Cohen, prestò servizio come guardia del corpo e aiutante di campo di Sun Yat-sen, divenendo infine un generale cinese.
    Shaul Eisenberg, che fondò e diresse l'Eisenberg Group of Companies in Israele.
    Gunther Gassenheimer, rabbino, sinagoga di Temple Israel, Alameda, CA
    Eduard Glass, maestro di scacchi austriaco.
    Eric Halpern, cofondatore della Far Eastern Economic Review e suo primo editore.
    Leo Hanin, capo dei Betar di Shanghai.
    Otto Joachim, compositore tedesco.
    Shimon Sholom Kalish, rabbino chassidico di Amshinov–Otvotsk.
    Yisrael Mendel Kaplan, rabbino haredi, prestò servizio come Rabbi Mendel.
    Yechezkel Levenstein, rabbino haredi, prestò servizio come Mashgiach Ruchani.
    Francis Mankiewicz, regista, sceneggiatore e produttore cinematografico canadese.
    Peter Max, artista pop americano.
    Michael Medavoy, dirigente di Hollywood alla Columbia, Orion and TriStar Pictures.
    Rene Rivkin, finanziere australiano.
    Dottor Jakob Rosenfeld Luó Shēngtè), si unì come medico, dal 1941 al 1949, alla Nuova Quarta Armata dell'Armata Rossa Cinese.
    Otto Schnepp, professore all'Università della California Meridionale
    Chaim Leib Shmuelevitz, rabbino haredi, prestò servizio come Rosh yeshiva della scuola Mirrer Yeshiva a Shanghai (1941-1947), e a Gerusalemme (1965-1979).
    John G. Stoessinger, Distinguished Professor of diplomazia globale all'Università di San Diego
    Laurence Tribe, professore, Facoltà di legge di Harvard, Carl M. Loeb University Professor
    George Zames, teorico del controllo e professore all'Università McGill, Montreal, Canada
     
     

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    Proclama giapponese sul giornale di Shanghai in lingua inglese SHANGHAI TIMES
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    Una strada del ghetto
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    Bambina ebrea e cinese
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