Pagina 4 di 29 PrimaPrima ... 2345614 ... UltimaUltima
Risultati da 31 a 40 di 285

Discussione: Prigionieri di guerra Italiani 2^GM

  1. #31
    Moderatore
    Data Registrazione
    Aug 2005
    Località
    Piombino, Toscana
    Messaggi
    761

    Re: interessanti...P.O.W.

    Citazione Originariamente Scritto da Blaster Twins
    Brother where it could be this place?
    Niente Stammlager.. ritengo che si tratti della Tunisia o addirittura della Sicilia Occidentale..
    molti militari ritratti appartengono ai mitraglieri, interessante una delle tante varianti della mostrina sul bavero della giubba di foggia sahariana un soldato in pp nella prima foto..

    Bellissime foto!
    :P
    cerco qualsiasi materiale, fotografico o documentale, precedente al 1945 relativo all'Isola d'Elba e dintorni.. anche in copia!

    Non amo la spada per la sua lama tagliente, né la freccia per la sua rapidità, né il guerriero per la sua gloria. Amo solo ciò che difendo..

  2. #32
    Utente registrato L'avatar di Hetzer
    Data Registrazione
    Aug 2007
    Località
    Bassa reggiana
    Messaggi
    2,014

    Re: interessanti...P.O.W.

    Le foto sono state scattate in Tunisia dopo la resa dell'armata italo/tedesca. Ho salvato un centinaio di bellissime foto in qualche cartella...sono eccezionalmente belle con un sacco di foto con mezzi abbandonati, aerei distrutti, Tigre in demolizione ecc..ecc....se le trovo magari ne posto...

    Un saluto
    Io non ho girato il mondo ma il mondo ha girato intorno a me.

  3. #33
    Utente registrato
    Data Registrazione
    Mar 2009
    Messaggi
    84

    L'ARMIR nei campi di prigionia di Russia

    A vostra disposizione il mio lavoretto.Manca l'introduzione-al momento non disponibile- che comunque non è altro che un riassunto di ciò che portò alla disfatta l'armata italiana.
    Buona lettura

    Capitolo primo
    Dalla cattura all`internamento

    1.La cattura
    Il decreto n° 1798-800 emanato il1°luglio 1941 dal Consiglio dei commissari del popolo (Snk) vietava di:

    a- Offendere i prigionieri e avere nei loro confronti un comportamento violento.
    b- Prendere nei confronti dei prigionieri di guerra misure di coercizione e di minaccia per ottenere da loro informazioni sulla condizione del loro paese in ambito militare o in altri campi;
    c- Confiscare ai prigionieri di guerra la divisa, la biancheria, le scarpe e altri oggetti di uso personale, come anche documenti personali o elementi di riconoscimento. Possono essere tolti ai prigionieri soldi e oggetti di valore per custodia e dietro rilascio di una ricevuta da parte dei funzionari competenti1.

    Dalle testimonianze dei reduci si evince come queste disposizioni venissero abitualmente violate dai soldati russi:

    Ci sono due mongoli che frugano nelle tasche a due militari per volta; vedo una certa animazione contro coloro che stanno perquisendo, sento uno sparo e vedo cadere il prigioniero assoggettato alla perquisizione. Chissà* perché l`hanno ucciso? (...) si sente un altro sparo, vedo un altro cadere a terra. (...) man mano che la fila si avvicina al punto di controllo mi accorgo che i mongoli sono ubriachi2.

    Alla perquisizione venivano sottoposti tutti i militari che si arrendevano e, alla requisizione di oggetti di valore , talvolta si aggiungeva quella di vestiario e scarponi e ciò, considerando le temperature dell`inverno russo, equivaleva spesso ad una condanna a morte.

    (...) mi gridarono: "Davai casij", fuori l`orologio! Me lo strapparono dal polso osservandolo con avidità*. (...) Seppi poi che "davai casij" erano state le prime parole russe ascoltate da tutti i prigionieri (...) In seguito mi tolsero anche i valenki e la sciapka una sorta di berretto di pelo che mi aveva cucito alla meglio una donna russa3.

    1Decreto del snk dell`Urss n.1798-800 sulla definizione dello stato di prigioniero di guerra, 1°luglio 1941, in M.T. Giusti, "I prigionieri italiani in Russia", pp.33-34
    2Luigi Venturini, "La fame dei vinti", Udine, Gaspari editore, 2003,pp.23-24
    3Ivo Emett, "Nicevò...verranno tempi migliori", Pordenone, Grigoletti, 1994,p.97
    Non mancavano poi episodi di crudeltà* e di esecuzioni di massa, rivolti soprattutto contro feriti e soldati tedeschi:

    A valuiki il 19 gennaio 1943, dei 45 uomini del Comando del 61° Autogruppo, all`arrivo nel paese delle orde cosacche solo una decina riuscirono a sganciarsi e a ritarsi su Charkov. Circa 30, tra cui il maggiore comandante del gruppo, furono catturati dai cosacchi, quindi spogliati e fucilati presso i loro automezzi. Gli altri cinque, fra cui il sottoscritto, assistettero dalla finestra al massacro e verso sera furono catturati da carristi4.

    La sera, in una sosta, fummo catturati da reparti di fanteria e carri armati. Immediatamente i feriti e gli ammalati gravi, circa 150, furono fatti scendere dagli autocarri, ammassati presso una capanna e trucidati (prima mitragliati, poi schiacciati dai carri armati). Successivamente i soldati russi, entrati in un`isba dove si trovavano una ventina tra soldati e ufficiali gravemente feriti o congelati, li massacrarono e infine diedero fuoco all`isba stessa5.

    Un ufficiale russo richiama la nostra attenzione invitandoci a guardare sulla neve vicino al reticolato. Lo spettacolo che si presenta è orribile: nella neve si allunga una fila di corpi nudi, ingialliti dal congelamento, legati a dei paletti che li
    crocifiggono con le braccia e le gambe allargate.
    "Questi – grida l`ufficiale – sono nazisti che hanno osato fuggire. Chi di voi tenterà* di fuggire farà* la stessa fine."6
    Nella vita sangue e conoscenza debbono coincidere.Allora sorge lo Spirito.

  4. #34
    Utente registrato
    Data Registrazione
    Mar 2009
    Messaggi
    84

    Re: L'ARMIR nei campi di prigionia di Russia

    2.Le marce del "davaj" e i trasferimenti in treno.
    Dopo l`operazione "Piccolo Saturno" l`Armata Rossa si trovò a dover gestire centinaia di migliaia di prigionieri tedeschi, italiani, ungheresi e romeni che andavano trasferiti dalla zona delle operazioni verso l`interno nel più breve tempo possibile.
    Per questo motivo i prigionieri vennero costretti a intraprendere marce forzate per raggiungere le stazioni ferroviarie; queste marce, note come marce del davaj (poiché la parola "davaj", cioè "avanti", veniva continuamente urlata dalla scorta), si protrassero dai 7 ai 25 giorni e vennero effettuate con qualsiasi condizione atmosferica e nella totale indifferenza nei confronti della sorte dei prigionieri,spesso lasciati dormire allo scoperto e riforniti di cibo solo saltuariamente ed in quantità* limitate7.

    Catturato a Valuiki il 28.1.1943 nella zona del Don e portato al campo di Krinovaia, con oltre 20 giorni di marcia nelle condizioni più disperate, senza vitto sufficiente, con 40° di freddo, buttati di notte in capannoni diroccati. Durante le marce di trasferimento, nella mia colonna sono morti per stenti e freddo o uccisi appositamente dai partigiani russi che ci accompagnavano, un 70% dei prigionieri8.

    4Testimonianza di Giannetto Palmas, in "Russia", a cura dell`Unirr, 1948, num.unico
    5Testimonianza di Mario Pedroni, in Nuto Revelli, "La strada del davaj",Einaudi,Torino, 1966,p.70
    6L.Venturini, "La fame dei vinti",p.25
    7M.T. Giusti, "I prigionieri italiani in Russia", pp. 37-38
    8Testimonianza del tenente Silvio Sala, Ibidem


    I prigionieri italiani e croati della colonna con me catturata, furono inviati a piedi. (...) La marcia di trasferimento sino alla stazione ferroviaria di Mikajlovka, durò esattamente dal 22.12.42 al 10.1.43; i soldati ricevettero nutrimento due volte in tutto (una zuppa di bucce di patate ed una di grano, non pane); essi venivano alloggiati la notte in scuole o pagliai, ma la più parte delle volte all`addiaccio9.

    La stanchezza, la fame ed i congelamenti misero molti uomini nell`impossibilità* di continuare la marcia e vennero perciò abbattuti.

    Ad un tratto uno dei prigionieri cade e la scorta sollecita il poveretto ad alzarsi con le armi puntate. Il gruppo si attarda ma il malcapitato non si alza: uno sparo e il corpo è sospinto ai lati della pista. à? tremendo! Ora mi spiego i continui colpi che sentivamo in coda:chi cade e non si rialza è eliminato!10

    Come al momento della cattura anche durante le marce si verificarono episodi di crudeltà*.

    Di tratto in tratto, autoblindi e carri armati ci venivano incontro. Alcuni passavano sferragliando senza che i soldati si girassero dalla nostra parte; da altri partivano invece verso di noi ingiurie e raffiche di mitragliatrici. Non si capiva perché sparassero. Gli uomini colpiti cadevano l`uno sull`altro o si rovesciavano sul bordo della strada.11

    Eravamo affamati e sfiniti oltre ogni limite. Durante una breve pausa vedemmo una guardia estrarre delle grosse pagnotte di pane nero e grossi pezzi di lardo.(...) Guardammo attoniti ed avidi gli uomini che mangiavano. I carcerieri se ne accorsero e ridendo ci fecero capire che dovevamo fare una gara. A un centinaio di metri di distanza appesero al ramo di un albero una pagnotta con del lardo incitandoci a raggiungerlo di corsa. Il primo che fosse arrivato avrebbe avuto il diritto di mangiarsi quel ben di Dio. I più, forse increduli o sfiniti, non si mossero, ma alcuni, raccogliendo le ultime forze, si lanciarono pieni di speranza. Quando furono a una cinquantina di metri vennero spietatamente abbattuti a fucilate tra le risa sguaiate dei guardiani, che mostravano di divertirsi tantissimo.12

    Vanno però ricordate, in questo quadro di orrori e condizioni disumane, la generosità* e il coraggio di molte famiglie ucraine che, sfidando le possibili reazioni dei soldati della scorta, dividevano il loro cibo con i prigionieri permettendo così a molti di loro di sopravvivere.

    Nessuna distribuzione di viveri venne fatta ai prigionieri. Soltanto attraversando i villaggi si riusciva ad avere qualche

    9Testimonianza del tenente medico Temistocle Pallavicini, Ibidem
    10L. Venturini, "La fame dei vinti", p.39
    11Alberto Massa Gallucci, "No! Dodici anni prigioniero in Russia",p.51
    12I. Emett, "Nicevò...verranno tempi migliori",p.99


    tozzo di pane dalla popolazione civile che dimostrò molta comprensione e generosità* verso i prigionieri.13

    Non dimenticherò mai il cuore di quella gente! Perché la popolazione ucraina e quella vicina al fronte , ama gli italiani. Questa gente ci conosce, sa che non l`abbiamo maltrattata.(...) Ed oggi di fronte alla nostra miseria ed alla nostra fame disperata, la popolazione piange per noi ed arrischia il calcio del fucile o la prigione per aiutarci.14

    Una volta raggiunte le stazioni ferroviarie, i prigionieri venivano caricati su carri merci così da poter raggiungere i campi di smistamento; stipati in ottanta, a volte cento, in vagoni capaci di portarne la metà*, i prigionieri affrontavano settimane di viaggio in un ambiente senza riscaldamento, pigiati l`uno con l`altro senza la possibilità* di sdraiarsi.

    Quando il centesimo prigioniero fu caricato, la porta scorrevole fu chiusa a gran fatica e fuori il chiavistello fu agganciato. Restammo nel buio, inebetititi e sgomenti, non ancora convinti che quanto accadeva era realtà* e non vaneggiamento. Poi di colpo, quasi all`unisono, si levò un`ondata di urli e pianti (...); la massa compatta dei corpi subiva ondeggiamenti, improvvisi tramestii.(...)
    Il silenzio si fece improvviso quando si sentì che la porta veniva riaperta. Ahimè, un`altra decina di prigionieri veniva spinta dentro a gran colpi di calcio di fucile. Come era prevedibile, non riuscivano a farli entrare, anzi, qualcuno dei precedenti occupanti fu buttato fuori dalla pressione. Il russo sparò un paio di colpi all`interno, bucando il tetto del vagone e urlò che avrebbe sparato più in basso se non facevamo posto ai nuovi venuti. Il posto fu trovato: sulle spalle dei malcapitati che stavano vicino all`apertura. (...) Stanchi, infiacchiti da due settimane di marce, affamati, nessuno di noi era in grado di resistere in piedi per tante ore. Prima qualcuno, poi tanti altri, abbandonati dalle forze, scivolavano tra le gambe dei compagni, si accasciavano su se stessi come sacchi vuoti, qualche volta senza nemmeno toccare il pavimento, tant`era fitta la selva dei corpi.15

    Le distanze da compiere non erano lunghissime, ma data la priorità* che avevano le tradotte militari, i treni restavano fermi nelle stazioni per giorni: qui il cibo e l`acqua saltuariamente distribuiti venivano lanciati all`interno del vagone attraverso un finestrino e ai prigionieri era vietato scendere; gli sportelli del vagone venivano aperti solo per tirar fuori i morti.
    I bisogni corporali venivano espletati direttamente nei vagoni e la mancanza assoluta di igiene scatenò le prime epidemie di tifo e dissenteria; oltre a ciò, le ferite non curate, i congelamenti e la fame provocarono la morte a migliaia di quegli uomini che erano già* sopravvissuti a tante altre dure prove.


    13Testimonianza di Umberto Figliuoli, in L. Vaglica, "I prigionieri di guerra italiani in URSS", p.40
    14Egidio Franzini, "Memorie di un alpino redivivo", Venezia,1967, p.61
    15Carlo Vicentini, "Noi soli vivi", Cavallotti Editore, Milano, 1986 p.84


    Ci chiudono nei vagoni per nazionalità*. Nel mio vagone siamo trentotto, alpini, fanti, camicie nere. Si parte, ma dopo pochi chilometri si sosta. I vagoni sono chiusi dall`esterno. Passano due o tre giorni: sempre fermi. Nessuno apre i vagoni, non ci portano nulla . All`alba le teste dei bulloni sono brinate e facciamo a turno per leccarle.(...) C`è puzza nel vagone, siamo tra morti, feriti e congelati; facciamo tutto nel vagone e tutto è infetto da togliere il respiro. I congelati, quando tolgono le calze, portano via anche i pezzi di carne. Dopo nove giorni di sosta ci dicono che la notte si parte. Nel vagone sono diciotto i morti accatastati lungo la porta. Quando, dopo venti giorni di viaggio arriviamo ad Ak Bulak i Siberia, nel mio vagone siamo vivi sei o sette.16

    Come era accaduto per le marce, anche in questa fase le guardie non registrarono i decessi, ed è pertanto impossibile stabilirne il numero esatto;tuttavia, i dati frutto delle ricerche dell`Unione Nazionale Italiana Reduci di Russia (UNIRR) stimano in circa 20.000 i morti durante le marce e i trasferimenti ferroviari.17

    16Testimonianza di Battista Candela,in N. Revelli, "La strada del davaj",Einaudi,Torino, 1966, p.73
    17UNIRR, "Rapporto sui prigionieri di guerra italiani in Russia", Crespi industria grafica, Cassano Magnano (Va), 1995, p.37
    Nella vita sangue e conoscenza debbono coincidere.Allora sorge lo Spirito.

  5. #35
    Utente registrato
    Data Registrazione
    Mar 2009
    Messaggi
    84

    Re: L'ARMIR nei campi di prigionia di Russia

    Capitolo secondo
    Nei campi di prigionia

    1.I campi di smistamento
    La prima tappa per gran parte dei soldati delle varie nazionalità* caduti prigionieri erano i campi di smistamento; questi erano situati a poche centinaia di chilometri dal fronte e per questo avevano carattere temporaneo, finalizzati ad un primo ricevimento dei prigionieri, in attesa di essere trasferiti nei vari campi di internamento sparsi per l`Unione Sovietica.
    Si trattava di campi privi di qualsiasi organizzazione materiale, ove giunse un numero enorme di prigionieri ammalati, pieni di pidocchi e ormai stremati dalla fame e dalla fatica;è quindi comprensibile come, in alcuni campi, la mortalità* raggiungesse livelli altissimi come a Tambov (campo n°18, ove morirono 8.197 italiani, a Micurinsk (campo n°56), dove nei tre mesi di apertura si registrarono tra i soldati italiani 4.234 decessi o a Chrinovaja (campo n°81), che in un mese di esistenza ebbe almeno 1.844 militari deceduti.1
    Tale elevato tasso di mortalità* è da imputare al sovraffollamento dei campi e al relativo diffondersi di epidemie di dissenteria e di tifo petecchiale, malattie che gli stremati fisici dei soldati difficilmente riuscivano a superare2.
    Molti campi di smistamento, come Tambov e Micurinsk, erano situati nei boschi e non avevano costruzioni ma semplici alloggi ricavati nel terreno.
    Così ricorda il campo di Tambov un reduce:

    Il campo si componeva di circa una ottantina di bunker, ognuno di diverse dimensioni. Questi, a loro volta, possono essere descritti come dei veri e propri sotterranei.(...) Come entrai, notai subito l`assenza di singoli letti;erano presenti dei letti a più piani ammucchiati a più non posso e qualsiasi spazio veniva utilizzato per ricavare giacigli. Non c`erano né servizi igienici né acqua per lavarsi. Come basamento c`era solo la terra(...)3

    E un altro:

    al mio gruppo assegnarono il bunker 21.(...) Dentro non c`era letteralmente nulla; la terra gelata del pavimento era il giaciglio che ci offriva il nuovo campo. Scoprimmo che non c`era cucina, non esistevano gabinetti, non c`era acqua, non c`era nessuna recinzione.(...) Il campo non offriva nulla che potesse far sperare in una esistenza meno animalesca

    Nei campi di Tambov e Micurinsk i prigionieri godevano di una relativa libertà*:non vi erano recinzioni, inutili dal momento che le fughe erano rese impossibili o vane dal proibitivo clima dell`inverno russo e dallo stato di forte debilitazione dei prigionieri5.
    Questi erano in pratica lasciati a se stessi, "di fatto c`era una sorta di anarchia"6 , per cui il caos, specie nei momenti della distribuzione del cibo, era totale: "anche la distribuzione della minestra era sempre occasione di beghe, di disordini, di pugilati, senza che i russi intervenissero"7; di solito a sorvegliare il campo c`era solo una decina di guardie guidate da un ufficiale a controllare migliaia di prigionieri8 e, perciò questi affidavano la disciplina e i servizi ai prigionieri rumeni, i quali abusavano spesso del loro ruolo.

    I russi, assolutamente incuranti e inoperanti nell`attività* finalizzata alla distribuzione del cibo, avevano attribuito tale incarico ai prigionieri rumeni. Questi però, considerando anche il tacere e l`indifferenza degli stessi sovietici, commettevano dei veri e propri soprusi appropriandosi più del dovuto delle cibarie di loro spettanza.(...) diventò quindi con il passare dei giorni una vera battaglia.9

    Condizioni di vita altrettanto disumane si verificarono nel campo n°81 di Chrinovaja, un vecchio complesso per l`allevamento di cavalli in funzione già* al tempo degli zar, ove i prigionieri vennero ammassati nelle stalle e nei box per i cavalli:

    Condizioni di inferno dantesco!(...) eravamo alloggiati nei locali destinati ai quadrupedi di una caserma; si stava in circa 27 nel box destinato ad un cavallo. Mancava materialmente lo spazio per stare distesi. Vitto per ufficiali: 100 grammi di pane nero di segala... due gavettini di cosiddetta zuppa calda, in cui tutto ciò che galleggiava era qualche buccia di patata...si attingeva l`acqua da un pozzo dove si trovavano quattro cadaveri di militari ungheresi. Alta percentuale di cannibalismo...10

    Negligenze, disinteresse nei confronti della salute dei prigionieri, disorganizzazione furono elementi comuni a tutti i campi, incapaci di ricevere l`enorme mole di prigionieri che l`Armata Rossa aveva catturato nell`offensiva "Piccolo Saturno".
    Il 31 dicembre 1945, riferendo al ministero dell`Assistenza post-bellica sui rapporti dei soldati rimpatriati, il ministero degli Esteri italiano commentava riguardo al trattamento usato dai russi verso i prigionieri italiani:

    Non ho sentito riferire nessun episodio di crudeltà* premeditata, di maltrattamenti intenzionali da parte dei russi. I nostri soldati, sebbene abbiano della loro prigionia un ricordo orribile e verso i loro carcerieri un grande rancore, riconoscono di non essere stati vittime di trattamento inumano, ma soltanto, o principalmente, di una quasi inconcepibile negligenza. Essi affermano che il 90% del corpo di spedizione italiano fatto prigioniero in Russia, è perito nei campi di concentramento.11

    1Ministero della difesa-Commissariato Generale Onoranze Caduti in guerra, CSIR-ARMIR , campi di prigionia e fosse comuni,pp.6-18
    2M.T. Giusti, "I prigionieri italiani in Russia", p.66
    3Vincenzo Di Michele, "Io, prigioniero in Russia", Firenze,MEF, 2008,pp.99
    di quella vissuta fino ad allora.4
    4C. Vicentini, "Noi soli vivi", p.94
    5Fidia Gambetti, "Né vivi né morti", Milano, Mursia,1972,p.143
    6V. Di Michele, "Io, prigioniero in Russia", p.100
    7C. Vicentini, "Noi soli vivi",p.94
    8M.T. Giusti, "I prigionieri italiani in Russia",p.67
    9V. Di Michele, "Io, prigioniero in Russia", p.100-101
    10testimonianza del tenente Sandulli, in M.T. Giusti, "I prigionieri italiani in Russia", p.69
    11Aussme,DS 2271/c,p.2, Ibidem, p.70
    Nella vita sangue e conoscenza debbono coincidere.Allora sorge lo Spirito.

  6. #36
    Utente registrato
    Data Registrazione
    Mar 2009
    Messaggi
    84

    Re: L'ARMIR nei campi di prigionia di Russia

    2.I campi di internamento
    Dopo il periodo di permanenza nei campi di smistamento, i prigionieri venivano avviati nei campi di prigionia veri e propri; la destinazione dei prigionieri era determinata dal loro grado militare e dalla richiesta di manodopera dei comandi.
    Gli ufficiali italiani, assieme a quelli ungheresi, rumeni e parte dei tedeschi, venivano avviati verso il campo di Suzdal; la particolare attenzione riservata agli ufficiali aveva lo scopo di offrire migliori condizioni di prigionia e di creare un ambiente più favorevole all`organizzazione dell`attività di propaganda12.
    La truppa veniva invece trasferita in base alle necessità di manodopera nelle diverse zone dell`Urss, e impiegata in lavori stagionali o nelle fabbriche13.
    Tra i campi di prigionia dove l`afflusso di italiani fu più massiccio si possono citare quelli della Mordovia a 600 Km a sud-est di Mosca; quelli delle repubbliche indipendenti dei Tatari e dei Mari al di là del Volga; quelli negli Urali nelle regioni di Perm e Sverdlosk; quelli nella regione di Taskent nel Kazachstan meridionale, al confine con la Cina e l`Afghanistan14.
    Anche in questi lager la mortalità raggiunse cifre molto alte, sebbene fossero più attrezzati dei campi di smistamento: vi erano difatti baracche con incastellature, con pagliericcio e coperta; erano presenti almeno le cucine, le latrine, bagni e locali di disinfezione e gli internati potevano usufruire di un minimo di controllo medico.15

    à? comunque difficile offrire un quadro complessivo del trattamento e delle condizioni di vita degli innumerevoli lager (videro la presenza di soldati italiani circa 428 campi o ospedali sovietici16) perché esse variavano da campo a campo e dipendevano da vari fattori, come dal comando del lager, dalla dislocazione o dalla tipologia del lavoro imposto ai prigionieri.17
    Da una parte si riscontrarono migliori condizioni di vita, come nel campo n.29 di Pakta Aral nel Kazachstan meridionale come ricorda un reduce:

    Dopo pochi mesi fui trasferito al campo 29.(...) Subito dopo l`armistizio il trattamento è migliorato di molto: il vitto è quasi raddoppiato in quantità e molto migliorato nella confezione. Ci sono state distribuite uniformi ed equipaggiamento completo come in dotazione al militare inglese in seguito all`arrivo di una Commissione Inglese appositamente giunta nel campo.18

    Dall`altra si riscontrarono condizioni simili a quelle dei campi di smistamento, come nel caso del campo di Oranki, ove morirono 661 italiani di cui 327 ufficiali.19

    Nel periodo trascorso tra le mura di Oranki, vidi entrare migliaia di prigionieri ed uscire migliaia di cadaveri che vennero sepolti alla rinfusa in fosse comuni nei dintorni del convento.(...) Ad Oranki la morte infieriva. Le privazioni, la scarsa alimentazione, il clima, la carenza di misure igieniche, la penuria di medicinali, favorivano lo sviluppo delle malattie consuntive.(...) Nel marzo 1943 arrivarono cinquecento ufficiali delle divisioni alpine, anche loro portavano il germe del tifo petecchiale che esplose violentissimo.20

    Il miglioramento delle condizioni di vita si diffuse con il cambio d`atteggiamento delle autorità sovietiche nei confronti dei prigionieri, a seguito dell`alta mortalità registrata durante le marce e nei campi di smistamento.
    Il 15 maggio 1943 fu emesso il decreto che imponeva la salvaguardia dei prigionieri di guerra, insieme alle misure da prendere per ridurre la mortalità 21;si trattava dell`importante direttiva dell`Nkvd n.248, firmata da Berija, che fu inviata a tutti i lager con lo scopo di imporre i criteri da adottare per "migliorare le condizioni di vita dei prigionieri" e "portare a un livello sanitario esemplare gli alloggi e le aree dei lager". Si doveva inoltre "migliorare il trattamento sanitario di ciascun prigioniero" e "prevedere una dieta differenziata per i prigionieri malati e debilitati";
    "distribuire a questi ultimi 750 grammi di pane al giorno e una razione di cibo aumentata del 25% finchè non si ristabilisce completamente la loro capacità lavorativa"22.
    Negli anni seguenti la disposizione, le condizioni di vita dei lager andarono così gradualmente migliorando, pur rimanendo croniche sia la scarsità di cibo sia la difficoltà di reperire i medicinali.

    12Ivi,p.71
    13Ivi,p.63
    14L. Vaglica, "I prigionieri di guerra italiani in Urss", p.56
    15Ivi,p.57
    16M.T. Giusti, "I prigionieri italiani in Russia",p.60
    17Ivi,p.72-73
    18Testimonianza dell`artigliere Mario Rossi, in L. Vaglica, "I prigionieri di guerra italiani in Urss",p.59
    19Ministero della Difesa, "Csir-Armir...", p.14
    20Enrico Reginato, "Dodici anni di prigionia nell`Urss", Garzanti, Milano, 1965,p.53
    21M.T. Giusti, "I prigionieri...",p.73
    22Direttiva dell`Nkvd n.248 sulle misure necessarie per migliorare le condizioni sanitarie e il trattamento dei prigionieri, in M.T. Giusti, "I prigionieri...", pp.234-235
    Nella vita sangue e conoscenza debbono coincidere.Allora sorge lo Spirito.

  7. #37
    Utente registrato
    Data Registrazione
    Mar 2009
    Messaggi
    84

    Re: L'ARMIR nei campi di prigionia di Russia

    3.La fame
    à? stato il digiuno che ha fiaccato i più deboli, impedendo loro di sostenere il ritmo e la lunghezza delle marce del "davaj" e di resistere alla morsa del gelo nelle notti all`addiaccio. à? stato il digiuno a diminuire le difese dell`organismo ed a facilitare i congelamenti. Si deve imputare all`estremo stato di denutrizione, il propagarsi fulmineo delle epidemie di tifo e di dissenteria ed il loro immancabile esito letale. Fu la fame a condurre alcuni disgraziati a nutrirsi di carne umana"23.

    La fame è il ricordo più tragico condiviso da tutti reduci; la speranza di ricevere cibo fu la costante, ossessiva aspirazione di tutti i prigionieri, che li accompagnò dalla cattura al rimpatrio.

    Il vero problema che si presentò sin da subito fu la mancanza di cibo. Nell`arco di una intera giornata, veniva distribuita
    una minuscola brodaglia con qualche chicco d`avena e un pezzo di pane a misura di pugno. C`era la fame;una fame di quelle vere che ti istradava il cervello verso un unico pensiero. Mangiare, mangiare; sempre mangiare"24

    La situazione alimentare era grave in tutta la Russia e con l`avvento della guerra essa assunse dimensioni catastrofiche sia per la popolazione civile sia per i soldati al fronte ed è quindi ovvio come il trattamento dei prigionieri di guerra non poteva che essere del tutto insufficiente.
    La denutrizione portò i prigionieri ad azioni estreme come non dichiarare i decessi all`interno di una baracca così da poter usufruire della razione di coloro che morivano e il cannibalismo.
    Numerose sono le testimonianze di tali azioni:

    Un italiano vicino di paglia mi sta raccontando che da tempo in questa e nelle altre stanze è in uso il sistema di mettersi a dormire tra agonizzanti o tra due cadaveri, per prendersi la loro razione25.

    Verso sera ho avuto la spiegazione per il fumo acre che usciva dalla stufa, ove armeggiavano due compagni:era carne umana! I compagni che si dedicavano alla sepoltura si erano accorti che a qualche cadavere mancavano alcune partimolli: il taglio era netto e non si poteva scambiare per una ferita26.

    Un giorno alcuni prigionieri di altri bunker vennero ad offrirci del fegato e della carne in cambio della razione di brodaglia.(...)Ci dissero che non avevano la possibilità* di cuocerla! Poi fummo colti da un dubbio atroce e ci accorgemmo con orrore che si trattava di resti umani!27

    Per contrastare i fenomeni di antropofagia vennero costituite dai prigionieri delle squadre anticannibalismo:

    Era assolutamente necessario fare qualcosa per impedirlo e ci organizzammo girando a turno brancolanti e armati di bastoni, con l`intento di evitare quelle mostruose forme di cannibalismo28.

    Ne dibattemmo a lungo, condannando esplicitamente quelle gesta al punto tale da costituire una specie di corpo di spedizione all`interno del campo, cioè una ronda di noi prigionieri, con il compito di ispezionare e riferire dell`eventuale profilarsi di simili eventi29.

    L`Nkvd aveva stabilito una certa quantità* di cibo per gli internati nei lager30 ma la disposizione, come altri provvedimenti rivolti a migliorare le condizioni di vita dei prigionieri, andò a scontrarsi con la carenza dei mezzi necessari e con la scarsa volontà* da parte dei comandanti dei lager ad adempiere ai propri obblighi.
    La norma stabilita dall`Nkvd prevedeva, quotidianamente: 700 grammi di pane per gli addetti ai lavori pesanti e 600 per gli addetti ad altri lavori oltre a 20 g di carne, 60 di pesce, 400 di patate e verdure e 10 di zucchero; veniva prevista anche la distribuzione di una foglia di alloro e di 0,1 g di pepe.
    Ma l`amministrazione non riuscì quasi mai a garantire la distribuzione regolare degli alimenti come ricorda un reduce:

    A guardare le tabelle c`era di che rallegrarsi, si parlava di carne, di verdura fresca, di burro, di cereali, di pesce, neppure l`aceto era dimenticato né le foglie di alloro. Ma in pratica si moriva di fame31.

    23UNIRR, "Rapporto sui prigionieri di guerra in Russia", p.79
    24V. Di Michele, "Io, prigioniero in Russia", p.99
    25L. Venturini, "La fame dei vinti", p.90
    26Ibidem
    27I. Emett, "Nicevò...", p.102
    28Ivi, p.103
    29V. Di Michele, "Io, prigioniero in Russia", p.101
    30Decreto n.0463 del 3.12.1942, in M.T. Giusti, "I prigionieri...", p.80
    31Gherardini, "La vita si ferma", Milano, Baldini e Castaldi, 1948, p.295
    Nella vita sangue e conoscenza debbono coincidere.Allora sorge lo Spirito.

  8. #38
    Utente registrato
    Data Registrazione
    Mar 2009
    Messaggi
    84

    Re: L'ARMIR nei campi di prigionia di Russia

    4.Il lavoro
    Si è già* detto come il trasferimento della truppa da un campo all`altro avvenisse in base alle richieste di lavoro che arrivavano dai vari campi; non appena i prigionieri riuscivano a recuperare un minimo di forze, dopo i controlli dei medici e la successiva suddivisione in categorie di idoneità*, venivano inviati a svolgere dei lavori.
    La manodopera dei prigionieri venne utilizzata principalmente per il taglio e il trasporto della legna, per la pulizia delle strade dal ghiaccio, per i lavori agricoli nei kolchoz, ma anche per la costruzione di edifici, di centrali elettriche, nella raccolta del cotone e nel lavoro in miniera32.
    L`assegnazione ai lavori da svolgere era determinata da apposite commissioni mediche che in base alla sua condizione, attribuiva al prigioniero la tipologia di lavoro.
    La Direzione centrale per i prigionieri di guerra e gli internati (GUPVI) stabiliva che in base ai risultati delle visite i prigionieri venissero suddivisi in quattro categorie: i sani, adatti a svolgere lavori pesanti; i parzialmente idonei al lavoro fisico, affetti da malattie congenite o da difetti fisici; i deboli, con gravi disturbi cronici o difetti fisici, da impiegare soltanto in lavori leggeri; infine gli invalidi, che non potevano essere assegnati ad alcun tipo di lavoro, fuorché ad attività* leggere di supporto ai servizi del campo.33
    Gli ufficiali non erano obbligati a lavorare ma spesso, per sfuggire alla monotonia della vita da recluso e per ottenere un supplemento alla razione giornaliera, prendevano parte ai lavori:

    La maggior parte usciva dal campo a lavorare, sia nei kolchozy che nel bosco.(...) Il lavoro non era obbligatorio, ma il miraggio del supplemento di vitto, convinceva molti ad uscire, almeno a provarci.34

    Il supplemento di vitto era strettamente legato al raggiungimento della norma di produzione decisa dai comandanti del campo; questa imponeva un livello di produzione molto alto e quindi difficilmente raggiungibile da prigionieri denutriti e debilitati.

    Nel nuovo campo si comincia il lavoro al cotone. La prima raccolta è a settembre. Dobbiamo raccogliere 50-60 chili di cotone al giorno. Quasi nessuno raggiunge la "norma" e ricomincia la fame.35

    Chi riusciva a raggiungere la norma, e quindi il supplemento di pane, spesso era sottoposto ad uno sforzo tale da non poterlo ripetere in modo continuativo.
    Tutti si sforzavano a lavorare come bestie per avere i 400 grammi di pane, ma ci riuscivano una volta o due o per pochi giorni e poi cadevano sfiniti. Preparare la creta, impastarla e preparare ventimila mattoni in 20 persone, in una sola giornata era un lavoro che superava le nostre forze e la nostra volontà*!36

    Freddo e fatica finivano per indebolire i prigionieri, che erano sottoposti ad una dieta da circa 800 calorie37, cosicché il più delle volte, alla visita medica successiva finivano per rientrare nella categoria inferiore a quella di iniziale inquadramento.

    Lo scarico dei rifornimenti al porto continua incessantemente e le mie condizioni di salute sono però peggiorate. Il freddo e la fatica consumano molte più calorie delle 800 che riceviamo e, in breve, mi ritrovo ricoverato all`infermieria deperito gravemente.38

    Il lavoro dei prigionieri veniva considerato come una parziale forma di riparazione ai danni arrecati dalla guerra e come risarcimento per le spese dovute al suo mantimento39; veniva però corrisposta una retribuzione in denaro, nell`importo massimo di 200 rubli mensili, a chi avesse raggiunto la norma di produzione stabilita40.
    Tale somma non era tuttavia direttamente consegnata ai prigionieri ma versata agli spacci dei lager, dove si potevano acquistare tabacco e beni di prima necessità*41.
    A chi raggiungeva la norma oltre al supplemento in vitto e la retribuzione in denaro, veniva concesso un trattamento privilegiato come la sistemazione nelle baracche migliori e la precedenza nel ricevere biancheria, indumenti e scarpe42.
    Oltre alle misure gratificanti per incentivare il lavoro, erano previste punizioni per chi lavorava male.
    Le principali sanzioni erano il biasimo orale davanti alla squadra, il lavoro straordinario o il trasferimento a lavori particolarmente pesanti; per i casi particolarmente gravi erano previsti il carcere e la corte marziale43.

    32L. Vaglica, "I prigionieri...", pp.64-65
    33Direttiva n°28/7309, in M.T. Giusti , "I prigionieri italiani in Russia",p.86
    34C. Vicentini, "Noi soli vivi",p.157
    35Testimonianza dell`alpino Romano Beltrame, in N. Revelli, "La strada del davai",p.253
    36Testimonianza di Angelo Lesizza, in L. Vaglica, "I prigionieri...", p.334
    37L. Venturini, "La fame dei vinti", p.115
    38Ivi, p.119
    39Ordinanza del Commissario del popolo per gli Affari interni dell`Urss, 20 settembre 1945, riportato in Vladimir Galicki, "Il tragico Don:l`odissea dei prigionieri italiani nei documenti russi", Milano, 1993,pp.184-192
    40Ibidem
    41M.T. Giusti, "I Prigionieri...", p.88
    42V. Galicki, "Il tragico Don", p.67
    43Ivi,p.68
    Nella vita sangue e conoscenza debbono coincidere.Allora sorge lo Spirito.

  9. #39
    Utente registrato
    Data Registrazione
    Mar 2009
    Messaggi
    84

    Re: L'ARMIR nei campi di prigionia di Russia

    5.L`assistenza sanitaria e la mortalità* nei lager
    Le condizioni fisiche dei prigionieri arrivati nei campi, assieme alla continua mancanza di nutrimento e di misure igieniche e alla totale disorganizzazione iniziale, posero le basi per la diffusione delle epidemie che portarono alla morte la gran parte dei prigionieri italiani.
    Secondo l`UNIRR l`andamento della mortalità* fu il seguente:
    Anno mese n°morti
    1942 gennaio/novembre 76
    dicembre 391
    1943 gennaio 3352
    febbraio 6205
    marzo 9943
    aprile 6328
    maggio 3985
    giugno 1417
    luglio 1102
    agosto 510
    settembre 462
    ottobre 424
    novembre 259
    dicembre 551

    A questi vanno aggiunti i 777 morti del 1944, i 1398 del 1945, i 39 del 1946 e i 12 che morirono tra il1947 e il 1950; 37241 deceduti ai quali vanno ne vanno aggiunti 2786 senza data di morte, per un totale di 40027 morti.44
    Colpisce come gran parte dei decessi (31230 cioè l`85%) si sia verificato nei primi sei mesi del 1943; questo fu possibile anche per la mancanza totale di assistenza medica.
    I malati venivano trasferiti nei lazzaretti e lì venivano lasciati; soltanto con la diffusione delle epidemie già* iniziata venne organizzato un rudimentale sistema di assistenza medica che si scontrava però con la cronica mancanza di medicinali e materiale sanitario.
    Così Carlo Vicentini ricorda la vaccinazione:

    Si entrava in ambulatorio dieci per volta a torso nudo. Messi in riga, un dottore dei nostri, ci strofinava il petto sopra il capezzolo con tintura di iodio, seguiva a ruota un altro dottore, munito di un siringone da veterinario che fulmineo ti pugnalava, iniettava una parte di siero e passava oltre(...) l`ago non veniva mai cambiato e la siringa conteneva abbastanza siero per tutti e dieci. I nostri compagni medici che avevano compiuto questa prodezza, ci confessarono che tutta la colonia italiana era stata vaccinata con una decina di aghi.45

    Per cercare di ridurre il numero di pidocchi che infestavano i prigionieri, e quindi il diffondersi del tifo petecchiale, i comandanti dei campi organizzarono dei locali per la pulizia personale, spesso con esiti disastrosi.

    Ecco in che cosa consisteva il bagno di Tambov!Guidati oltre il limitare del bosco, ci fecero entrare in alcune baracche dove, in enormi paioli, era stata versata dell`acqua bollente scaldata con fuoco di legna che affumicava l`ambiente rendendo l`aria acre e irrespirabile.(...) Ci dissero poi di buttare i vestiti nell`acqua per liberarli dai pidocchi. Non avevamo nulla per asciugarci, né disponevamo di alcun indumento di ricambio. Fortunatamente non tutti obbediscono a quell`ordine insensato, lavandosi alla meglio senza far bollire i vestiti. Quelli che avevano obbedito agli ordini mettendo a bollire i vestiti, furono costretti ad indossarli bagnati così com`erano, con la conseguenza che morirono fra atroci dolori nel tragitto di ritorno ai bunker con una temperatura che era scesa ad oltre 20 gradi sotto zero.(...) Come dimenticare il bagno di Tambov? Basti pensare che nel mio bunker eravamo rinchiusi in 42 ufficiali e riuscimmo a cavarcela in due!46

    Per far fronte all`emergenza, il 16 marzo 1943 il viceministro degli interni Kruglov inviò ai funzionari dell`Nkvd la direttiva n.120, che prevedeva un insieme di misure tese a creare nei campi di prigionia condizioni igieniche e sanitarie migliori47; a maggio, avendo constatato il "persistere delle condizioni insoddisfacenti" nei lager, Kruglov ordinò di esonerare tutti i prigionieri di guerra dalle attività* lavorative per un periodo di dieci giorni e di utilizzarli nei lavori interni ai campi48.
    Le misure adottate cominciarono ad avere qualche effetto verso la seconda metà* del 1943, anche grazie al reclutamento degli ufficiali medici prigionieri che non poterono che constatare la grave mancanza di medicinali e attrezzature.

    In ogni campo l`ambulatorio è servito da medici prigionieri sotto il controllo di un medico russo. Strumenti chirurgici di primo intervento costruiti, in molti casi, dagli stessi prigionieri. Materiale sanitario insufficiente.49

    I limiti della collaborazione dei medici prigionieri erano ben precisati ed essi "non potevano esonerare gli altri prigionieri dal lavoro; non potevano autorizzarne il ricovero e l`uscita dagli ospedali o dai centri di cura; né potevano far parte delle commissioni mediche per l`attribuzione dei prigionieri alle varie classi di lavoro.50
    Assai migliori cure ricevettero i ricoverati negli ospedali situati nelle retrovie, grazie alla migliore
    organizzazione e al trattamento ben diverso da quello dei lager.

    Qui tutto è organizzato con medici e personale infermieristico. Nella baracca distribuiscono subito zuppa calda, poi al bagno. Nel padiglione brandine e lettini, tutto pulito: siamo 114.51

    Per noi che eravamo abituati a digiunare per giorni fino a morire di fame o a squartare i cadaveri dei compagni per sopravvivere, la cosa ci sembrava irreale: fino a ieri si moriva sui vagoni e nei campi di prigionia, ora siamo qui (ospedale di arsk ndr) in pigiama bianco e facciamo perfino toeletta.52

    44Ministero della Difesa-UNIRR,"Elenco ufficiale dei prigionieri italiani deceduti nei lager russi", p.6
    45C. Vicentini, "Noi soli vivi", p.180
    46I. Emett, "Nicevò...",pp. 103-104
    47Direttiva dell`Nkvd n.120 sulle misure da adottare per il miglioramento dello stato fisico dei prigionieri, in M.T. Giusti, "I prigionieri...",p.92
    48Ivi
    49Testimonianza di Umberto Figliuoli, in L. Vaglica, "I prigionieri...", p69
    50Direttiva n°52 del 2.3.46, in M.T. Giusti, "I prigionieri...", p.93
    51Testimonianza di Michelangelo Pattoglio, in N. Revelli, "La strada del davaj", p.270
    52L. Venturini, "La fame dei vinti", p.105
    Nella vita sangue e conoscenza debbono coincidere.Allora sorge lo Spirito.

  10. #40
    Utente registrato
    Data Registrazione
    Mar 2009
    Messaggi
    84

    Re: L'ARMIR nei campi di prigionia di Russia

    6.Altri aspetti della vita nei campi
    Un interessante aspetto della prigionia riguarda l`aspetto religioso nella vita degli internati; numerosi furono i cappellani fatti prigionieri e la loro condizione in prigionia era espressa dall`articolo 16 della Convenzione di Ginevra che li dotava di "ampia libertà* per la pratica della loro religione, compresa l`assistenza alle funzioni religiose del loro culto"53.
    Ma in Russia, specie nella prima fase della prigionia, non fu concessa alcun tipo di assistenza morale o religiosa ai prigionieri e il compito dei cappellani si limitò al conforto personale dei moribondi e dei feriti.
    Come gli ufficiali, anche i cappellani furono tutti assegnati al campo di Suzdal, dove, dalla fine del 1943, furono autorizzati a celebrar messa; venne celebrata anche la messa di Natale54.
    Vane furono le richieste dei cappellani di esser mandati a svolgere la loro funzione tra la truppa imprigionata negli altri campi, in quanto considerati potenziali ostacoli alla rieducazione politica.

    Noi cappellani siamo rimasti in otto, concentrati a Suzdal insieme agli ufficiali. Facciamo domanda per essere smistati nei lager dei soldati. La risposta è "niet". Comprendiamo bene il motivo: i russi catechizzano i soldati per farne dei propagandisti comunisti, il cappellano potrebbe essere elemento di distubo.55

    Altro fattore negativo per il morale dei prigionieri fu l`impossibilità* di comunicare con i familiari; la possibilità* di corrispondere venne concessa solo nel gennaio 194556.
    Ma anche in questo caso le direttive si scontrarono con la disorganizzazione e la cattiva gestione dei campi.

    Notizie da casa non ne avevo, io scrissi due cartoline, poiché ci fornivano una cartolina ogni quattro prigionieri e potevamo scriverle a turno; le mie cartoline le trovai dopo qualche tempo nella sporcizia, non erano mai state spedite.57

    "A proposito, continuo rivolgendomi ai miei genitori, avete ricevuto una cartolina della Croce Rossa che vi ho spedito l`anno scorso?" " No, risponde mio padre, sono tre anni che non sappiamo nulla di te".58

    Lo scambio di corrispondenza fu quindi cosa episodica come dimostra anche l`unica distribuzione di posta avvenuta in uno dei campi meglio organizzati, quello di Suzdal, svoltasi il 31 dicembre 1945.59
    Anche i tentativi dei prigionieri di mettersi in contatto con i propri cari vennero sfruttati a livello propagandistico; difatti la censura militare si abbatteva su tutte le notizie che sfioravano argomenti non consentiti e il prigioniero era costretto a descrivere positivamente la propria condizione se voleva sperare di vedere inoltrata la propria lettera.

    Mi vien detto che quasi tutti hanno intenzione di scrivere che "stiamo bene e che il trattamento è ottimo". Menzogna necessaria. Si spera che i sovietici pensino di utilizzare le cartoline come mezzo di propaganda e le facciano giungere realmente in Italia.60


    53M.T. Giusti, "I prigionieri...", p.100
    54L. Vaglica, "I prigionieri...", p.76
    55Testimonianza di Don Franzoni, Ibidem
    56Ivi,p.78
    57Testimonianza di Luigi Bodini, in Giulio Bedeschi, "Prigionia: c`ero anch`io", Milano, Mursia, 1990,p.552
    58L. Venturini, "La fame dei vinti", p.149
    59C. Vicentini, "Noi soli vivi",p.283
    60E. Reginato, "12 anni di prigionia nell`Urss", p.82
    Nella vita sangue e conoscenza debbono coincidere.Allora sorge lo Spirito.

Pagina 4 di 29 PrimaPrima ... 2345614 ... UltimaUltima

Tag per questa discussione

Permessi di scrittura

  • Tu non puoi inviare nuove discussioni
  • Tu non puoi inviare risposte
  • Tu non puoi inviare allegati
  • Tu non puoi modificare i tuoi messaggi
  •  
  • Il codice BB è Attivato
  • Le faccine sono Attivato
  • Il codice [IMG] è Attivato
  • Il codice [VIDEO] è Disattivato
  • Il codice HTML è Disattivato