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Discussione: La slavizzazione forzata di clero e liturgia in Venezia Giulia e Dalmazia (1866-1914)

  1. #21
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    In una discussione storica il riferimento alle fonti è assolutamente essenziale, poiché la storiografia si basa proprio sulle fonti, siano esse primarie o secondarie. Altrimenti è possibile sostenere qualsiasi ipotesi, e dire tutto ed il contrario di tutto. Da questo essenziale principio discende il mio ricorso alle fonti, che continuerò a citare, sempre.

    La bibliografia sulla snazionalizzazione compiuta dall'impero asburgico a discapito degli italiani è enorme ed ho appena iniziato a riportarla, così come ho appena iniziato a riportare descrizioni sui suoi metodi e pratiche.

    In quanto alla terminologia adoperata, il concetto di snazionalizzazione è impiegato, fra gli altri, anche dal professor Luciano Monzali:
    “Da questi presupposti ideologici, che negavano una realtà di fatto esistente, quella delle città dalmate bilingui e multietniche […] il passaggio ad una politica di snazionalizzazione e assimilazione nei confronti dei dalmati italiani e italofili fu rapido. La questione scolastica divenne ben presto centrale, con l’abolizione dell’italiano come lingua d’istruzione nelle scuole dalmate ed il rifiuto delle autorità provinciali e comunali nazionaliste di finanziare con soldi pubblici le scuole in lingua italiana che sopravvivevano. Era questa una politica di snazionalizzazione»”. [Luciano Monzali, “Italiani di Dalmazia. Dal Risorgimento alla Grande Guerra”, Firenze 2004 (ristampa aprile 2011), p. 142]

    Pertanto, appurato che questa snazionalizzazione nel 1866-1918 è avvenuta, appurato che è ampiamente documentata dalla storiografia, appurato che si ritrova anche nella storiografia straniera, si può ancora aggiungere che anche la terminologia impiegata è confermata in campo storiografico.

  2. #22
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    continuiamo a non intenderci e continui a darmi sempre la stessa risposta facendo finta di non capire ... se per te politica di snazionalizzazione equivale a pulizia etnica e deportazione finalizzata all'annientamento (anche fisico a quanto hai scritto) di una minoranza linguistica come quella italiana ... non mi sembra il caso di continuare (da parte mia chiaramente). Per quanto mi riguarda, tornerò con sollievo a discutere di militaria, come saggiamente suggeriva kleiner pal. Ciao, Paolo
    "se dan da bere al soldato, è per fregarlo o perchè è già spacciato ..." (Arturo Pérez Reverte, Il ponte degli assassini)

  3. #23
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    Questa è Storia e in questo network si parla anche di Storia non solo militaria.

    ChM
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  4. #24
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    forse non hai letto con attenzione la mia risposta ... ho scritto chiaramente che "io" tornerò a discutere solo di militaria anche perché, pure essendo l'argomento interessante, eravamo solo in due a discutere (pacatamente) ... ci sarebbe da chiedersi il perché. Un saluto a tutti. Paolo
    "se dan da bere al soldato, è per fregarlo o perchè è già spacciato ..." (Arturo Pérez Reverte, Il ponte degli assassini)

  5. #25
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    tutti gli intervenuti hanno parlato pacatamente, non vedo eccessi. Ho letto con attenzione, ho solo voluto ribadire l'obiettivo del network.

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  6. #26
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    se per te politica di snazionalizzazione equivale a pulizia etnica e deportazione finalizzata all'annientamento (anche fisico a quanto hai scritto) di una minoranza linguistica come quella italiana
    Io penso di aver letto abbastanza attentamente e non mi sembra affatto che venga detto solo questo ma, anzi, sia parte di un complesso di azioni intraprese per arrivare alla snazionalizzazione.
    Max

    Frangar non flectar

  7. #27
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    Citazione Originariamente Scritto da maxtsn Visualizza Messaggio
    Io penso di aver letto abbastanza attentamente e non mi sembra affatto che venga detto solo questo ma, anzi, sia parte di un complesso di azioni intraprese per arrivare alla snazionalizzazione.
    Esattamente. È ciò che ho precisato sin dal principio, in quello che comunque è un filone di discussione rivolto ad uno solo aspetto specifico della snazionalizzazione compiuta dall’impero, quella avvenuta tramite il clero.

    Il progetto dell’impero non si proponeva di sterminare gli italiani, ma di cancellarli come gruppo etnico ossia di privarli della loro cultura e della loro identità, germanizzandoli e slavizzandoli a forza.

    Questo è avvenuto usando una molteplicità di misure: espulsioni di massa di italiani; immigrazione slava; nomine di ecclesiastici slavi; chiusura di associazioni culturali italiane; brogli elettorali; chiusura di scuole italiane; negazione di una università italiana; censura o chiusura di giornali, libri di testo, canzoni, opere teatrali italiane ecc. ossia repressione della cultura nazionale; la slavizzazione, totale o parziale, della lingua amministrativa; la modifica della toponomastica e dell’onomastica ecc.
    Questo incise ed anche molto sulla dimensione del gruppo etnico italiano. Fra gli altri, uno storico preparato ed imparziale come Carlo Schiffrer in uno suo studio offre un’analisi statistica e demografica della Venezia Giulia dichiarando esplicitamente che la sua composizione etnica era stata alterata anteriormente al primo conflitto mondiale dalle politiche dell’impero, che avevano favorito l’immigrazione dalle regioni slave dell’entroterra (Carniola, Carinzia, Stiria), ostacolato l’immigrazione dal regno d’Italia, promosso la germanizzazione nella maggior parte della regione, mentre contemporaneamente nella vicina Fiume si avevano processi di magiarizzazione. C. Schiffrer, “La Venezia Giulia. Saggio di una carta dei limiti nazionali italo-jugoslavi”, in Idem (selezione di scritti a cura di F. Verani), La questione etnica ai confini orientali d’ Italia, Trieste 1990 .

  8. #28
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    Vorrei ritornare all'argomento della slavizzazione ecclesiastica.



    3]L’istigazione all’ostilità contro gli italiani

    Le autorità imperiali ebbero anche cura di fomentare il nazionalismo slavo in funzione italofoba, in questo servendosi del clero slavo. Un esempio di questo è l’operato del l’imperial-regio commissario in Istria, tale Fodransperg. Questi nel settembre 1848, inviava a diversi parroci istriani un articolo di propaganda politica a favore dell’appartenenza slava dell’Istria. Esso era in modo solo apparentemente paradossale in lingua italiana: in verità l’italiano era la lingua di cultura della Venezia Giulia e della Dalmazia da secoli, accanto al latino, cosicché gli slavi stessi se ne servivano abitualmente (basti dire che il quotidiano dei nazionalisti croati di Dalmazia era scritto in italiano e si chiamava “Il Nazionale”!).
    La lettera del commissario recitava: «Molto Reverendo Signore, Reputo di fare a Lei cosa gradita colla comunicazione dell’annessa italiana traduzione di un articolo fondamentale scritto sulla nazionalità slava dell’Istria, a confutazione di tanti infondati, insulsi e passionati altri articoli, con cui certuni italiani tentano sopprimere questa slava nazionalità a vantaggio della gente italiana.
    Credo poi di non recare a Lei molestia col pregarla di volere possibilmente divulgare questa traduzione e di spiegarla in slavo alli di Lei parrocchiani, onde venga istruita del suo diritto di nazionalità e sappia fare valere in ogni evento contro la gente italica, che, ospite sul suolo istriano, si arroga dei diritti a lei non competenti. Spero non essere lontano il tempo in cui l’Istria slava otterrà giustamente li vantaggi di vera sua nazionalità sotto il glorioso vessillo dell’amatissimo nostro Imperatore costituzionale, ed unita fraternamente alle altre fedeli provincie tedesche e slave, sarà un leale e forte sostegno al di Lui avito trono. Dopo averne presa una copia di detta traduzione, vorrà Ella gentilmente spingerla avanti con sollecitudine, onde circoli nel modo qui sotto indicato.
    Pinguente li 24 Settembre 1848 Fodransperg i. r. Comm.»
    Questa missiva, inequivocabile forma di propaganda a favore del nazionalismo panslavista, era stata scritta e firmata da un alto funzionario imperiale e trasmessa ad una serie di parroci dell’Istria: «Al molto Reverendo Signor Parroco di Sovignacco. Ricevuta li 19, promossa li 21 settembre 1848 Zimmermann, Parroco. Ricevuta e promossa li 24 settembre a. c.Verch. Novak. Ricevuta li 4 e promossa li 5 ottobre 1848. Giov. Podobnik Ricevuta li 13 ottobre 1848. Sacher ( Parroco di 9 Socerga. Ricevuta li 7 e inoltrata li 8 ottobre 1848. Giuseppe Kodermann Parroco di Valmovrasa e di ritorno.»
    Furono moltissimi i sacerdoti slavi che predicarono l’odio e l’ostilità verso gli italiani, oppure che li discriminarono in vari modi ed intrapresero campagne politiche contro di loro. Il nazionalismo sloveno in Venezia Giulia sorse con l’appoggio determinante del clero slavo. Questo legame fra nazionalismo sloveno e clero sloveno si trova confermato anche nel periodo cruciale 1867/1870, nella fase che i nazionalisti sloveni chiamano “l’epoca dei tabor”. I tabor erano grandi riunioni pubbliche di sloveni, in cui venivano ammaestrati da oratori nazionalisti, fra cui comparivano frequentemente sacerdoti.
    Questi incontri promuovevano molte richieste nazionalistiche ed estremistiche: la costituzione di un Land asburgico comune della Slovenia, che però doveva comprendere tutta la Venezia Giulia, incluse le aree a stragrande maggioranza italiana,quali Gorizia, Trieste, Istria veneta, Friuli orientale; gli oratori sloveni,fra cui appunto preti, arrivavano ad esortare le donne slovene a non“contaminarsi” contraendo matrimoni misti con gli italiani, in questo modo dimostrando chiaramente una concezione razzista; si giunse al punto, come avvenne in tabor svoltosi sul Collio goriziano, di chiedere all’impero d’armare gli sloveni contro gli italiani.
    Le idee di cancellazione della presenza degli italiani esistevano quindi già agli inizi del movimento nazionalista sloveno ed erano espresse con molta chiarezza,accompagnate da teorie razziste basate sul “mito del sangue” e sulla credenza (antiscientifica) di diversità biologiche alla base di quelle nazionali. Il movimento dei tabor si sviluppò in Venezia Giulia a partire dall’ottobre del 1868 ed ebbe l’appoggio decisivo del clero sloveno, l’unica classe dirigente degli sloveni all’epoca. L’impero aveva favorito in ogni modo la presenza del clero slavo in Venezia Giulia, in funzione anti italiana, al punto da nominare abitualmente vescovi slavi in città e terre abitate a maggioranza da Italiani. Anche se con differenze locali (maggiore prudenza a Gorizia, adesione convinta a Trieste e Capodistria), si può dire che gli ecclesiastici sloveni furono protagonisti del movimento del tabor, sia per nazionalismo, sia per fedeltà verso l’impero, italofobo: l’ostilità verso gli italiani scaturiva quindi sia dall’aggressività nazionalistica, sia dall’ottemperanza alle direttive imperiali.
    Un esempio di che cosa accadesse nei tabor sloveni è offerto dal primo primo Tabor istriano, indetto per l’8 agosto del 1870 a Covedo (Capodistria): fra i partecipanti c’erano 24 religiosi. Uno di loro, il Lavric, si mise con fare esagitato a predicare alle donne presenti di non sposarsi con italiani, ma solo con sloveni. Un altro prete sloveno, tale Raunik, tenne una concione in cui sosteneva, del tutto falsamente, che i più antichi abitatori dell’Istria erano slavi, mentre in realtà costoro vi giunsero soltanto nel VII secolo dopo Cristo. Appoggiandosi ad un’affermazione storica totalmente erronea, il Raunik pretendeva per gli slavi il possesso dell’Istria.Presero poi la parola altri due preti sloveni, ambedue parroci. Mentre i vari oratori parlavano, altri sacerdoti slavi in mezzo alla folla cercavano d’infiammare gli animi lanciando grida di battaglia tipo “zivio, hocemo, nocemo”.Fra i nazionalisti sloveni presenti compariva anche don Urban Golmajer il prete che nella località di Rozzo aveva distrutto tutte le lapidi romane rinvenute negli scavi (l’ostilità verso Roma antica era, naturalmente, parte dell’italofobia dei nazionalismi sloveno e croato), suscitando l’indignazione del grande storico tedesco Mommsen: il Golmajer era stato poi candidato alla Dieta locale per conto dei nazionalisti sloveni. L’iniziativa del tabor era stata un’idea di don Raunik e tutte le spese erano state coperte dal clero slavo. [Almerigo Apollonio, Dagli Asburgo a Mussolini. Venezia Giulia 1918-1922, Gorizia 2001]
    La Società politica istriana rivolgeva nel 1890 una protesta al governo imperiale: «I preti della campagna predicano impunemente dal pergamo e dalle piazze l’avversione e l’odio contro gli italiani, qualificando questi ultimi, pubblicamente, per usurpatori e ladroni» [Sergio Cella, “I rapporti fra gli irredenti giuliani ed il clero cattolico”, Rassegna storica del Risorgimento, anno 1956].
    In Dalmazia l’operato del clero croato fu, se possibile, ancor peggiore. Suoi membri giunsero al punto da istigare apertamente alla violenza contro gli Italiani od a partecipare in prima persona ad aggressioni fisiche. Ad esempio, a Zara durante una festa religiosa, quella del Giovedì Santo pasquale (sic!) un nazionalista croato, eccitato dai discorsi anti-italiani di preti e frati croati, sparò su di una folla di fedeli Italiani diversi colpi di pistola, facendo numerosi feriti. Egli fu arrestato dalla polizia imperiale, ma invece di essere processato per questa sua criminale aggressione, venne subito rilasciato. Giusto per ricordare un altro caso analogo, al principio del 1909 un gruppo di pacifici cittadini italiani di Zara che si stavano recando in barca a Bibigne per compiere un’escursione, non poterono neppure sbarcare, poiché furono aggrediti da una folla di contadini slavi, aizzati dal loro prete, che cercarono di lapidarli. [Raimondo Deranez, “Alcuni particolari sul martirio della Dalmazia”, Ancora 1919].

  9. #29
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    Anche questo punto fa chiarezza ed è decisamente interessante, grazie come sempre!!!

    ChM
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  10. #30
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    4] La slavizzazione dei cognomi italiani
    I parroci istriani e dalmati, che erano per la maggior parte di etnia slava in seguito alle precisa politica imperial-regia, cominciarono sin dal 1866 una falsificazione anagrafica che andrà avanti per decenni. Poiché nell’impero asburgico,erroneamente ritenuto un esempio di ottima amministrazione, i compiti dell’ufficio anagrafe erano ancora delegati ai parroci (secondo una prassi scomparsa da tempo negli altri stati europei), i sacerdoti slavi poterono intraprendere la falsificazione dei registri di battesimo e di matrimonio, con la slavizzazione dei nomi e dei cognomi latini ed italiani.
    Scrive in proposito Attilio Tamaro in “Le condizioni degli italiani soggetti all'Austria nella Venezia Giulia e nella Dalmazia”, Roma, G. Bertero, 1915: “Tengono i parroci in Austria i registri dello stato civile. Gli slavi, non curanti delle proteste degli abitanti, forti della protezione del Governo, con cui erano organicamente collegati nell'opera e nel fine, slavizzarono i cognomi nei libri delle nascite, in quelli matrimoniali ed in quelli delle morti. Il fine era di ottenere dei dati statistici, dei documenti ufficiali che, per una dimostrazione necessaria alla politica del Governo, sembrassero comprovare o la non esistenza o la graduale estinzione dell'italianità.”
    L’opera di slavizzazione forzata dei nomi e cognomi italiani ad opera delclero slavo, con la connivenza delle autorità austriache, è documentata minuziosamente nello studio di Alois Lasciac intitolato “Erinnerungen aus meiner eamtencarrière in Österreich in den Jahren 1881 – 1918” (Trieste1939). Il dottor Alois Lasciac, d’origine austriaca, era stato Vicepresidente della Luogotenenza imperial regia di Trieste e Presidente della Commissione amministrativa del Margraviato (Marca) d’Istria:egli quindi era stato un alto funzionario austriaco dell’amministrazione asburgica.
    Durante la sua attività nell’isola di Lussinpiccolo egli poté testimoniare che il clero locale, tutto croato nonostante la popolazione fosse in grande maggioranza italiana, falsificava i nomi e cognomi degli abitanti. Egli dedica un intero capitolo della sua opera proprio a tale argomento: Verstümmelung der Familiennamen in den Pfarrmatriken (Storpiatura dei cognomi nei registri). Lasciac segnala che l’antichissimo uso delle forme latine e venete per designare i nomi e cognomi degli abitanti locali era stato intenzionalmente sovvertito dai sacerdoti croati nei registri delle nascite, i matrimoni, le morti, slavizzando l’onomastica degli Italiani di Lussinpiccolo. Egli, che all’epoca era commissario imperial-regio, impose il ripristino della grafia originari, al che i nazionalisti Croati risposero facendo ricorso al governo centrale viennese. Lasciac conclude la sua narrazione di questa vicenda dicendo che l’intervento del parlamento di Vienna concesse tolleranza a questa arbitraria modifica dei nomi e cognomi, che negli archivi parrocchiali, aventi nell’impero funzioni di anagrafe statale, vennero ad essere trasformati in forma slava, in contrasto con la loro esistenza plurisecolare in forma italiana.
    Furono numerose le pubbliche denunce dell’operato del clero slavo, compiuto con la tolleranza con l’aperto sostegno delle autorità asburgiche. Nel 1877 il deputato istriano al Parlamento di Vienna Francesco Sbisà presentò un’interrogazione denunciando la slavizzazione di nomi e cognomi italiani. Nel 1897 il linguista rovignese Matteo Bartoli parlò di 20.000 nomi modificati, in particolar modo nelle isole di Cherso, Lussino e Veglia, quasi totalmente abitate da italiani. Nel 1905,nel corso di una seduta alla Dieta Istriana, il deputato albonese, avvocato Pietro Ghersa, denunciò, attraverso una vasta documentazione derivante da lunghe ricerche, l'opera del governo che aveva fatto connivenza per la slavizzazione di circa 20.000 cognomi italiani nell'intera provincia istriana. Si noti che le ricerche di Bartoli e Ghersa erano state separate fra loro e chele prime riguardavano principalmente le isole del Carnaro, le seconde invece la penisola istriana, per di più in due periodi differenti. La cifra di 20.000 cognomi italiani slavizzati, segnalata da entrambi, deve quindi essere riferita ad aree per lo più differenti e risultare pertanto inferiore al totale delle sole regioni dell’Istria e del Carnaro.
    Lo storico Rolf Woersdoerfer nel suo importante studio "Il confine orientale" [Rolf Woersdoerfer, “Il confine orientale”, Bologna, Il Mulino 2009], ha autorevolmente confermato che in epoca asburgica si riscontrava il fenomeno della germanizzazione e slavizzazione dei cognomi da parte degli uffici comunali.
    Si noti comunque che i dati sopra segnalati, riguardanti i cognomi italiani slavizzati a forza in Istria, sono largamente incompleti per questa regione stessa, poiché numerosi altri furono modificati senza essere poi ripristinati nella forma originaria. Inoltre, queste pratiche avvennero anche nelle altre parti della Venezia Giulia, in Dalmazia e, tramite germanizzazione, in Trentino ed in Alto Adige.

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