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Discussione: La M.O.V.M. a un soldato africano

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    La M.O.V.M. a un soldato africano

    <<Il federale di Gondar esalta in una sua lettera lo spirito di sacrificio dei fedelissimi soldati coloniali che resistono tuttora nelle terre dell’ Impero, da quelli che a Metemmà hanno fermato con i loro petti i carri armati, a quelli delle bande di confine che hanno catturato un comandante inglese, nonché agli eroi di Uolchefit che sono andati a Gondar per continuare la lotta. E accenna specialmente a un graduato amara, Unatù Endisciau, che, dopo essersi rifiutato di arrendersi, raggiungeva con pochi ascari animosi le retrostanti nostre linee di difesa per portare in salvo il gagliardetto del proprio reparto. Gravemente ferito, egli riusciva a consegnare in mani italiane la gloriosa insegna. Con l’ approvazione del Duce è stata conferita alla sua memoria la medaglia d’ oro, la prima che sia stata concessa a un soldato coloniale>>. Questa tavola della Domenica del Corriere disegnata da Walter Molino, riporta un fatto d’ arme per il quale il graduato Unatù Endisciau fu insignito alla memoria di Medaglia d’ oro. Nel testo si accenna al fatto che l’ alta decorazione venne concessa per la prima volta ad un soldato di colore con l’ approvazione del Duce. Nel numero speciale di U&A dedicato alla presenza coloniale italiana in Africa, Andrea Brambilla, illustrando le peculiari medaglie in argento e bronzo per truppe coloniali ricordava che: << Pur non essendo previsto il grado in oro, nel 1941 fu assegnata una medaglia in oro alla memoria di un Muntaz del 79° Btg. Coloniale. Sarebbe interessante sapere, ripescando la documentazione relativa, se il decreto di conferimento faceva riferimento alla medaglia “per gli indigeni” o a quella nazionale, in quest’ ultimo caso non ci sarebbe stato un errore formale ma una sorta di assimilazione paritaria delle truppe indigene con quelle nostrane>>. Quella espressa da Brambilla (la tacita ma effettiva parificazione tra militari italiani e africani) è più di una fantasiosa ipotesi ed è ampiamente suffragata da una serie di fatti: nel 1941 quando l’ A.O.I. era al lumicino, la resistenza si prolungava nel sola ridotta di Gondar e anche in Libia la situazione per le truppe italiane si faceva pericolante, in alto loco tra la nostra dirigenza politico-militare la prospettiva di perdere a breve anche la “quarta sponda” si faceva drammaticamente concreta, nessuno riusciva a immaginare che grazie al valore dei nostri soldati e all’ aiuto germanico saremmo riusciti a tener testa sino al maggio 1943 alle forze dello sconfinato impero britannico ed alla inesauribile capacità industriale del colosso nordamericano. Così per premiare il valore dei nostri ascari , una parificazione ufficiosa (in barba alle leggi razziali) tra soldati nazionali (bianchi) e soldati coloniali (di colore) non sarebbe sembrata fuori luogo. Tantopiù che quelli rimasti in Italia erano davvero pochi. C’ è da notare che proprio dal 1941 su ordine del Minculpop gli organi di stampa adottano il termine “soldati coloniali” in luogo dell’ ormai desueto “ascari”. Altro esempio concreto è l’ atteggiamento concreto adottato in ambito PAI verso i cento “Lancieri della Guardia Vicereale”, rimasti isolati a Napoli con le loro famiglie allo scoppio del conflitto. Sempre dal 1941 vengono definiti “agenti di polizia coloniale” e non più “ascari di polizia”, alcuni tra loro di religione islamica sono costituiti in plotone e inviati in AS aggregati al “Romolo Gessi”, operando insieme ai colleghi libici (già titolari dall’ aprile 1939 della cittadinanza libica speciale), ai quali li accomunano la lingua e l’ identità religiosa islamica. I lancieri di religione cristiana copta vennero in seguito addestrati come motomitraglieri alla scuola di Tivoli, insieme alle Guardie PAI italiane. Le loro famiglie, mogli e figli rimasti a Napoli, accedevano nello stesso periodo a servizi teoricamente non godibili da “non - ariani” come l’ istruzione media e superiore, l’ iscrizione all’ ONB/GIL, la frequentazione di corsi da aiuto infermiera tenuti dalla CRI, la partecipazione come generici e comparse in numerosissimi films degli anni ’40 con gli stessi diritti e retribuzione degli italiani, ecc. Ciò per tacere di altre presenze “africane” presenti nello stesso periodo sul territorio metropolitano, come graduati e sottufficiali aggregati come interpreti o con funzioni speciali presso il deposito Truppe Coloniali di Napoli, vari Comandi Generali a Roma , il Ministero della Guerra, quello degli Esteri e quello dell’ Africa Italiana, senza dimenticare i macellai e cuochi libici che preparavano pasti halal presso la mensa del Ministero Aeronautica fin dai tempi di Balbo e i non pochi attendenti addetti alle persone di Marescialli d’ Italia e Generali provenienti dal RCTL, Badoglio e Graziani inclusi.
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