Ad integrazione uno stralcio del Dottr. Renato Quircio, da molti anni funzionario dell’Amministrazione civile del Ministero dell’Interno, in servizio presso l’ufficio armi della Divisione Polizia Amministrativa e Sociale della Questura di Roma.
Renato Quircio è uno dei più profondi conoscitori della complessa normativa che nel nostro ordinamento disciplina il settore delle armi e delle munizioni e da molti anni è un punto di riferimento per i suoi colleghi delle questure di tutta Italia.

Le pistole lanciarazzi, ai sensi dell’articolo 2 della Legge 110/75 ultimo comma, sono armi comuni a tutti gli effetti e, senza voler essere pignoli, anche prima non potevano essere considerate di libera vendita pur se molti armieri le vendevano senza alcuna formalità perché, più o meno in buonafede, le ritenevano ( o facevano finta di ritenerle) semplicemente “scacciacani”, ma fornivano anche il “tromboncino” incluso nella confezione e, con l’applicazione del “tromboncino lanciarazzi” si trasformavano in armi comuni. Detenerle anche senza il “tromboncino” non vuol dire … non esserne in possesso. La differenza tra questi “strumenti” che sparavano capsule e una semplice scacciacani che esplode cartucce a salve infatti è costituita anche dalla filettatura interna alla canna alla quale si può applicare il congegno di lancio dei razzi.
Attualmente si possono acquistare con titolo valido e detenere con regolare denuncia. Per quelle di vecchia costruzione ovviamente c’è il problema della matricola che pochissimi esemplari di quelle più “anziane” (come noi) hanno per non incorrere nell’ipotesi di cui all’articolo 23 della stessa Legge 110/75 (detenzione di armi clandestine).
Per poterle detenere senza obbligo di denuncia devono essere disattivate e bisogna seguire la stessa procedura utilizzata per tutte le armi comuni da sparo ma prima di farle disattivare bisogna anche dimostrarne la legittima provenienza … e non so quanti possano farlo.
Per quanto riguarda il loro impiego è necessario fare molti “distinguo” perché, per quanto di mia conoscenza, queste pistole non hanno le caratteristiche tecniche e strutturali contenute nel D.M. 15/09/1989 (Gazz. Uff. 18/10/1989, n. 244) per poter essere utilizzate nei tempi, modi e situazioni previste dalla Legge.
Le norme che regolano la materia sono contenute nel già citato articolo 2 della Legge 18 aprile 1975 n. 110 (omissis - quando il loro impiego è previsto da disposizioni legislative e regolamentari) e
nell’articolo 2, 2° comma Legge 21 febbraio 1990 n. 36 il quale prevede che non necessitano delle autorizzazioni previste dalla Legge quando “omissis - sono comunque detenuti o portati per essere utilizzati come strumenti di segnalazione per soccorso, salvataggio o attività di protezione
civile”.
Le “vecchie” lanciarazzi di cui lei parla possono essere usate come strumenti da segnalazione acustica (scacciacani) soltanto privandole della filettatura alla quale si avvita il “tromboncino” che contiene il razzo e mediante applicazione di un tappo rosso o di adeguata verniciatura della volata per tre centimetri, ma non sono utilizzabili come strumenti da segnalazione luminosa in ambito nautico in quanto non sono omologate dalla RINA. Potrebbero trovare utilizzo nelle
“operazioni di protezione civile” ma nulla è specificato dalla norma per quanto attiene i soggetti autorizzati al loro uso.
Forse anche per tutte queste difficoltà normative oggi sono ben più usati, almeno nella nautica, i così detti “fuochi a mano” acquistabili con un documento d’identità e l’esibizione dei documenti di navigazione di un natante. Pochi, anche per il costo piuttosto elevato, utilizzano le pistole Very omologate RINA.