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Discussione: Simboli politici sui muri nel dopoguerra

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    Simboli politici sui muri nel dopoguerra

    La lotta politica riaccesasi nel clima di libertà del dopoguerra e subito polarizzata tra DC e PCI ebbe il suo apice nella campagna elettorale per le elezioni del 18 aprile 1948. Furono allora realizzati alcuni dei manifesti di maggior impatto emotivo coinvolgendo nella realizzazione artisti, grafici intellettuali di grande spessore, in entrambi i fronti contrapposti (Guttuso e Guareschi, tanto per citarne alcuni). Vi furono anche vere e proprie "guerre dell' attacchinaggio" per monopolizzare gli spazi disponibili anche coprendo o defiggendo nottetempo i manifesti degli avversari. Ma nel nostro meridione, povero, arretrato, analfabeta, anche gli elaborati manifesti cartacei erano un lusso e si pensava a rendere riconoscibile agli elettori in colti il simbolo che avrebbe dovuto barrare sulla scheda elettorale. Simboli riconoscibili, facilmente caratterizzati, tali da imprimersi anche nella mente più ignorante: falce e martello o scudo crociato, impossibile sbagliarsi. Tornarono quindi in auge gli affreschi murali di grandi dimensioni, realizzati spesso dagli stessi artigiani che per vent' anni avevano decorato gli italici muri coi motti mussoliniani o con l' inconfondibile testone elmato del condottiero. Anche qui vi fu la corsa al simbolo più grande, ad accaparrarsi i muri più visibili. Accadeva così che paeselli del profondo sud, dove spesso mancavano strade, fogne, scuole e assistenza sanitaria furono letteralmente ricoperti - in maniera quasi grottesca - di scudi crociati, su ogni spicchio di muro disponibile, per glorificare la vittoria degasperiana, che ad onor del vero in quelle plaghe fu dovuta anche all' appoggio dei possidenti e delle varie consorterie di criminali (e a volte era arduo distinguere gli uni dagli altri). Posto una immagine di un simbolo DC ancora presente ad Anagni (FR) in discrete condizioni,in seguito al restauro dell' immobile nel centro storico della cittadina ciociara.
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