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Discussione: Robert William Wilcox

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    Per completezza aggiungo un sunto della storia delle Hawaii prima e dopo Wilcox.
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    DAL REGNO DELLE HAWAII AL GOLPE PROTESTANTE


    Il 18 gennaio 1778, il britannico James Cook fu il primo europeo a raggiungere queste isole durante il suo terzo viaggio nel Pacifico, ma è possibile che in precedenza marinai spagnoli vi fossero naufragati sulle isole durante la navigazione tra il Messico e le Filippine. Cook fu il benvenuto ed esplorò le isole principali prima di partire alla volta delle coste nord-ovest del continente americano. Cook diede alle isole il nome Sandwich in onore del suo protettore Lord Sandwich. Al suo ritorno nell’arcipelago Cook fu ucciso nella baia di Kealakekua, sull’isola di Hawaii, mentre cercava di prendere ostaggi per farsi restituire una scialuppa rubatagli dai nativi. Al contatto con gli stranieri seguì un periodo turbolento e molte malattie infettive introdotte dai marinai decimarono la popolazione locale, priva di anticorpi. Il Regno delle Hawaii fu fondato nel 1795, quando un capo guerriero dell’isola di Hawaii – conosciuta anche come “Grande Isola” in quanto la più estesa dell’arcipelago – riuscì a sottomettere con una rapida e sanguinosa guerra gli staterelli feudali delle vicine isole di Oahu, Maui, Molokai, Lanai, Kauai e Nihau, unificandoli sotto un unico governo monarchico e salendo al trono col nome Kamehameha I, grazie al sostegno della Royal Navy ed all’importazione di moderne armi da fuoco occidentali. Non a caso la bandiera del Regno delle Hawaii, disegnata dal re Kamehameha I conteneva la Union Jack inglese in un angolo, ad imitazione del vessillo da guerra della Royal Navy, e otto strisce orizzontali rosse, blu, e bianche simboleggianti le otto isole principali dell’arcipelago. L’unificazione pose fine al feudalesimo, trasformando le Hawaii in una moderna monarchia costituzionale indipendente, le cui giovani istituzioni erano modellate sull’esempio delle monarchie europee. La società hawaiana assunse ben presto un carattere multietnico con la naturalizzazione di marinai e commercianti bianchi di varia nazionalità, nonché di immigrati asiatici stabilitisi nell’arcipelago. I numerosi matrimoni misti portarono ad emergere di una classe media composta da meticci educati all’occidentale, che nei decenni successivi occuparono posizioni preminenti nella politica, l’imprenditoria, le Forze Armate e la burocrazia statale delle Hawaii. Anche dal punto di vista religioso, inizialmente lo sciamanesimo tradizionale convisse pacificamente col cristianesimo, nelle declinazioni cattolica ed anglicana, introdotte dagli europei. L’istituzione statale fu però gravemente indebolita da due circostanze profondamente negative. Anzitutto l’arrivo nel 1821 di missionari statunitensi provenienti dal New England, che provocò gravi disordini fra la popolazione locale. Inizialmente osteggiati, ma poi accolti benevolmente e protetti dal Re, i missionari e le loro famiglie erano veri estremisti portatori del più rigido e austero protestantesimo puritano e non nascondevano di disprezzare profondamente i nativi sia dal punto di vista razziale (in quanto non bianchi), che religioso (in quanto pagani idolatri), ritenendosi superiori a loro non solo in quanto puritani, ma soprattutto, in quanto cittadini americani. Sin dall’inizio i puritani si considerarono padroni dei corpi, delle menti e delle anime degli ingenui nativi, impegnandosi a sradicare alla radice lo stile di vita tradizionale degli hawaiani, e prima di tutto libertà sessuale, commercio di alcolici e giuoco d’azzardo. Riusciti a portare alla nuova fede vari esponenti della nobiltà, inclusa la madre del Re, il loro potere aumentò notevolmente e assieme al numero dei convertiti crebbe la loro pesante ingerenza nella politica. Profittando del fatto che nella cultura hawaiana non c’era cosa più grande che donare qualcosa agli amici, gli avidi e scaltri missionari spinsero i convertiti a donare loro porzioni sempre più grandi di terreni agricoli in cambio della salvezza dell’anima, obbligandoli poi a coltivare gratuitamente tali latifondi in condizioni di semi-schiavitù. Quando in seguito venne introdotta la retribuzione obbligatoria del lavoro, i fedeli ormai totalmente succubi dei pastori protestanti, aspettavano con impazienza la funzione domenicale, facendo a gara per donare “volontariamente” gran parte dei loro stipendi alla chiesa. Altro grave vulnus nei confronti della monarchia si dimostrò il fatto che più volte accadde ai re delle Hawaii di morire senza eredi, interrompendo la normale successione dinastica. In quei frangenti fu il Parlamento a dover eleggere democraticamente un nuovo monarca. I vari pretendenti al trono dal 1810 al 1893 vennero scelti tra gli esponenti delle due più grandi dinastie nobiliari delle Hawaii, i Kamehameha e i Kalakaua. Di questa situazione di confusione istituzionale, approfittarono in maniera crescente le famiglie puritane, trasformatesi nell’arco di una generazione da missionari a latifondisti, imponendosi come consiglieri politici e ministri. Essi influenzarono sempre più pesantemente la monarchia, mirando apertamente all’annessione delle Hawaii da parte degli U.S.A. in base alla dottrina del “destino manifesto”. Oltretutto i puritani ritenendosi unici detentore della vera fede non persero occasione di conculcare lo sciamanesimo tradizionale e le altre confessioni cristiane. Ciò provocò ripetute proteste britanniche, e tentativi di instituire un protettorato sulle Hawaii su base religiosa. L’episodio più grave avvenne il 22 agosto 1840, quando l’ammiraglio francese Louis Tromelin giunse nel porto di Honolulu con le navi da guerra La Poursuivante e Gassendi, imponendo al re Kamehameha III di dichiarare il cattolicesimo unica Religione di Stato delle Hawaii. Il 25 agosto in seguito al rifiuto del re, le truppe francesi sbarcarono ad Honolulu, facendo irruzione negli edifici pubblici della capitale e causando danni quantificati in 100.000 $ dell’epoca. Dopo l’incursione francese, Kamehameha III ritenne necessario inviare delegazioni negli Stati Uniti ed in Europa, per ottenere il riconoscimento dell’indipendenza delle Hawaii da parte delle grandi potenze. A questo scopo l’8 aprile 1842 Timoteo Haʻalilio, William Richards e Sir George Simpson vennero nominati rappresentanti plenipotenziari delle Hawaii. L’8 luglio 1842 Simpson partì per l’Inghilterra, mentre Haʻalilio e Richards si recarono negli Stati Uniti. A Washington il 19 dicembre 1842 la delegazione hawaiana ottenne dal presidente statunitense John Tyler il riconoscimento dell’indipendenza hawaiana, così come Sir George Simpson ebbe altrettanto successo in Europa. Il 17 marzo 1843, Luigi Filippo di Francia riconobbe l’indipendenza delle Hawaii su suggerimento di Leopoldo I del Belgio, e il 1 aprile 1843, Sir Aberdeen a nome della Regina Vittoria, assicurò alla delegazione hawaiana che “il governo di Sua Maestà è disposto ed è determinato a riconoscere l’indipendenza delle isole Sandwich sotto la corona del loro attuale sovrano”. Il 28 novembre 1843, si giunse a Londra ad un accordo formale per il riconoscimento di indipendenza del Regno delle Hawaii. La “Proclamazione anglo-francese” congiuntamente firmata dai due sovrani, assicurò alla delegazione hawaiana che: “Sua Maestà la Regina del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda, e Sua Maestà il Re dei francesi, prendendo in considerazione l’esistenza nelle isole Sandwich (isole hawaiane) di un governo in grado di fornire per la regolarità delle sue relazioni con le nazioni straniere, hanno pensato bene di concordare, reciprocamente, a considerare la isole Sandwich come uno Stato indipendente, e mai a prendere possesso, né direttamente o sotto il titolo di protettorato o sotto qualsiasi altra forma, di ogni parte del territorio di cui sono composte.” Il 28 novembre divenne festa nazionale per celebrare il riconoscimento dell’Indipendenza delle Hawaii. In conseguenza di questo riconoscimento, le Hawaii entrarono instaurarono rapporti diplomatici con le altre nazioni, creando oltre novanta legazioni e consolati in tutto il mondo. Alla morte di Kamehameha III il rifiuto della corona da parte della principessa Bernice Pauahi costrinse il Parlamento ad indire delle elezioni per occupare il trono vacante. Dal 1872 al 1873, i parenti della ex famiglia reale Kamehameha vennero presentati come candidati. Il voto popolare e una votazione unanime dell’assemblea legislativa incoronarono Lunalilo. Il nuovo re morì improvvisamente dopo meno di un anno dopo l’ascesa al trono, e come il suo predecessore non lasciò eredi diretti. Ancora una volta, il Parlamento indisse una elezione per scegliere un sovrano. La Campagna elettorale del 1874 fu molto difficile ma infine David Kalakaua, fu eletto assumendo il nome di Kalakaua I. La scelta del Parlamento fu molto controversa, e le truppe statunitensi e britanniche vennero chiamate a reprimere disordini. Grazie alle pressioni dei potenti latifondisti protestanti, nel 1876 gli Stati Uniti ottennero infine una forma di protettorato commerciale sull’arcipelago. Sperando di evitare ulteriori incertezze per il futuro, e di rafforzare l’istituzione monarchica impegnata in uno sfiancante braccio di ferro con quello che i nativi chiamavano in maniera sprezzante “Missionary Party” per mantenere l’indipendenza del Regno, il re Kalakaua I proclamò più eredi al trono stabilendo una precisa linea di successione alla corona delle Hawaii. Alla morte del sovrano avrebbe dovuto salire al trono sua sorella, la principessa Lili‘uokalani, con la principessa Victoria Kaʻiulani seconda in ordine di successione e dopo di lei i principi David Kawananakoa e Giona Kuhio Kalanianaole. Nel 1887, la Costituzione in vigore dal 1864 venne sostituita da una nuova, redatta da Lorrin A. Thurston, già ministro degli Interni di re Kalakaua I. Il sovrano fu obbligato ad approvare il nuovo testo sotto costrizione, alla presenza di 3.000 bianchi armati. Definita “costituzione delle baionette” per sottolineare la procedura extra legale con la quale venne imposta a Kalakaua, essa limitò gravemente la cittadinanza attiva (ovvero le persone che potevano essere elette ed eleggere i parlamentari). Ciò fu ottenuto eliminando per motivi razziali tutti gli asiatici e aumentando la quantità di beni immobili necessari per iscriversi alle liste elettorali. In questo modo moltissimi hawaiani nativi, inclusi alcuni membri della piccola nobiltà, furono esclusi dalla piena cittadinanza e dal diritto di voto. Si trattava in gran parte di sostenitori della monarchia e dell’indipendenza dell’arcipelago rispetto agli Stati Uniti. Quindi ad avvantaggiarsene furono quasi esclusivamente i latifondisti bianchi di origine americana discendenti dai missionari ed alcune famiglie indigene convertite al protestantesimo e totalmente asserviti dai missionari puritani. Parallelamente alle lotte politiche, a partire dagli anni ottanta dell’ottocento le Hawaii subirono una catastrofe ecologica a causa del disboscamento e di tentativi di allevare ovini e bovini da parte dei proprietari terrieri, sostenuti da banchieri e speculatori statunitensi. Con l’importazione di nuove piante e animali la flora e la fauna locale che in mancanza di predatori e concorrenti, non avevano sviluppato particolari forme di difesa, si trovarono aggredite e parte si estinsero. Inoltre la creazione di grandi piantagioni di canna da zucchero, assorbita quasi totalmente dal mercato degli Stati Uniti, ebbe come conseguenza il declino dell’agricoltura tradizionale di sussistenza. Ciò impoverì ancor di più i nativi, che perdettero il lavoro quando per lavorare i campi di canna da zucchero fu agevolata l’immigrazione di lavoratori a basso costo da Cina, Giappone, Azzorre (noti come portoghesi alle Hawaii), Filippine, Corea. Gli hawaiani autoctoni di origine polinesiana vennero ancor più emarginati e giunsero sull’orlo dell’estinzione, tanto da essere ancora oggi minoranza in casa loro, costituendo appena il 5,5 % della popolazione totale dello stato ed essendo da tempo in declino numerico.

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    DALL’ABOLIZIONE DELLA MONARCHIA AL RE DEGLI ANANAS

    Nel 1893 i proprietari terrieri ed i politici di origini americane riunitisi segretamente in un Comitato di Pubblica Sicurezza composto da 13 membri, fomentarono un colpo di stato militare, rovesciando la regina Lili’uokalani ed assumendo il controllo diretto del Regno delle Hawaii. Ciò fu loro possibile grazie all’appoggio delle unità navali americane presenti in quel momento nell’arcipelago, che agirono autonomamente senza ordini superiori. In particolare il comandante dell’incrociatore USS Boston sbarcò due compagnie di marinai ed una terza compagnia dell’U.S.M.C. a sostegno dei golpisti. Per evitare combattimenti fratricidi tra i militari hawaiani fedeli ai congiurati e quelli lealisti, nonché il bombardamento di Honolulu da parte dell’USS Boston, la giovane sovrana ordinò un cessate il fuoco unilaterale, malgrado molti membri del piccolo esercito hawaiano intendessero battersi in difesa della corona. Di fatto l’unica reazione al colpo di stato da parte di Lili’uokalani fu un vano appello alla comunità internazionale affinché venisse restaurata la legalità sulla base della Proclamazione anglo-francese del 28 novembre 1843. Le motivazioni del rovesciamento della monarchia hawaiana furono in sostanza due, una politica ed una economica. Da una parte il “Missionary Party” temeva che la regina potesse abolire o emendare la Costituzione del 1887, fondamento dell’egemonia dei bianchi anglosassoni protestanti sul resto della nazione. Dall’altra i pesanti dazi doganali imposti nel 1890 dagli Stati Uniti sull’importazione dello zucchero prodotto all’estero rischiavano di disastrare l’economia locale, basata sulla monocoltura della canna da zucchero. Secondo i piantatori con l’immediata annessione dell’arcipelago da parte degli U.S.A. lo zucchero hawaiano sarebbe diventato automaticamente zucchero americano, sfuggendo quindi ai suddetti dazi. Infatti il 17 luglio 1893 il Comitato golpista presieduto da Ballard Sanford Dole si autoproclamò Governo Provvisorio delle Hawaii “fino a quando non fosse avvenuta l’annessione da parte degli Stati Uniti”. Contrariamente alle speranze dei congiurati però, l’integerrimo presidente statunitense Cleveland considerò il colpo di stato come illegale ed immorale, biasimando pubblicamente il comportamento dei marinai dell’USS Boston. Di conseguenza il governo americano declinò temporaneamente l’invito di annettere l’arcipelago. Il 4 luglio 1894 venne proclamata la Repubblica delle Hawaii e Dole ne divenne il presidente. Ma anche allora gli Stati Uniti non ritennero opportuno legittimare una entità politica originata da un colpo di stato. Nel 1895 l’atteggiamento riluttante degli americani convinse i lealisti hawaiani di poter suscitare con successo una contro rivoluzione in favore della monarchia. Wilcox ed altri ufficiali riuscirono a radunare circa 600 uomini, che però non furono sufficienti per battere i circa 1200 soldati rimasti fedeli a Dole, appoggiati dai 500 membri di una milizia irregolare composta da protestanti bianchi. Dopo tre battaglie e la definitiva sconfitta dei monarchici, la regina Liliʻuokalani fu portata davanti a un tribunale militare della Repubblica delle Hawaii, condannata per alto tradimento e tenuta agli arresti domiciliari a vita nella sua casa di Honolulu. Ma la fallita rivolta del 1895 diede anche vita ad una serie di problemi dal punto di vista internazionale, provocando il crescente coinvolgimento ed interesse di Giappone, Gran Bretagna e Germania negli affari hawaiani. La possibilità che potenze straniere potessero impadronirsi di quel territorio strategico rovesciando la Repubblica delle Hawaii presieduta da Dole, spinse il governo americano alla completa annessione delle isole che si rivelarono indispensabili per il rifornimento di carbone delle navi da guerra degli Stati Uniti durante il conflitto intrapreso in quello stesso anno per strappare alla Spagna il suo impero coloniale nel Pacifico (Filippine, Marianne, Guam). L’arcipelago divenne definitivamente americano il 4 luglio 1898 col nome di Territorio delle Hawaii, e non fu una sorpresa per nessuno il fatto che a Governatore provvisorio venisse insediato Sanford Ballard Dole. Ma fu un altro Dole a giocare un ruolo cruciale nello sfruttamento intensivo dell’agricoltura hawaiana. James Drummond Dole, nacque il 27 settembre 1877 a Jamaica Plain, nei pressi di Boston, da una famiglia puritana. Il padre, il nonno paterno e il bisnonno materno ricoprirono tutti alte cariche nelle gerarchie ecclesiastiche protestanti. Nel 1899 il giovane James si laureò in agraria al Bussey Institute dell’Università di Harward e in tale occasione ricevette in dono dai parenti la piccola somma di 50$ che investì speculando in borsa. Una volta che i suoi guadagni giunsero a 16.000$ si trasferì a Hawaii, all’età di 22 anni. Giunto a Honolulu il 16 novembre 1899, grazie al suo potente cugino di secondo grado, quel famigerato Sanford Ballard Dole ormai divenuto il padrone incontrastato dell’arcipelago da quando nel 1893 aveva deposto la regina Liliʻuokalani, acquistò dal governo una fattoria e alcuni km2 di terra coltivabile sugli altopiani centrali dell’isola di Ohau e dopo aver sperimentato l’introduzione di varie coltivazioni, vi creò una piantagione di ananas. Oltre alla sua fattoria, Dole realizzò un primo impianto di lavorazione e inscatolamento nella città di Wahiawa. Ma presto in conseguenza della crescente popolarità del prodotto e l’aumento esponenziale fu costretto a costruirne un secondo nei pressi del porto di Honolulu. Costituì una sua società, la Hawaiian Pineapple Company (HAPCO), che in seguito prenderà il nome di Dole Fruit Company, non senza che Sanford Ballard Dole tentasse di opporsi senza successo all’uso commerciale del cognome di famiglia, che almeno alle Hawaii era divenuto sinonimo di potere politico. Dal 1907 James Drummond Dole acquistò spazi pubblicitari sulle maggiori riviste degli Stati Uniti per pubblicizzare i suoi ananas in scatola, creando il primo caso di “product placement” tra i consumatori americani con tale forza che la richiesta raggiunse livelli mai visti. Nel 1913 introdusse una macchina automatica per la lavorazione e l’inscatolamento di trentacinque ananas al minuto, ideata da Henry G. Ginaca, aumentando ulteriormente i suoi guadagni. In quel periodo la coltivazione di ananas dava i profitti più elevati del settore agricolo e mediante accordi con le piccole compagnie concorrenti, appartenenti a proprietari terrieri locali, in gran parte discendenti dalle “Five Big Families”, Dole fu in grado piegare il mercato alla sua volontà, trasformandolo in una enorme industria dominata da un piccolo cartello di società che producevano frutta per il resto del mercato globale. A partire dal 1922 riuscì a convincere i suoi parenti di Boston e delle Hawaii ad investire una notevole somma di denaro, con la quale acquistò totalmente l’isola di Lanai, sviluppandovi la più vasta piantagione di ananas al mondo, estesa su 80 km². La meccanizzazione della produzione e lo sfruttamento oltre ogni limite delle masse di lavoratori immigrati – in gran parte giapponesi – con paghe irrisorie e condizioni di vita quasi schiavistiche, permisero a Dole di abbassare ulteriormente il prezzo dei propri prodotti, eliminando dal mercato qualsiasi concorrenza. Durante tutto il 20° secolo l’isola di Lanai – soprannominata l’isola degli ananas – produsse oltre il 75% degli ananas al mondo. Ma ciò non impedì a Dole di accaparrarsi enormi lotti di terreno agricolo anche sull’isola di Maui. Nel 1927 ispirato dalla trasvolata transatlantica di Lindbergh, istituì la Dole Air Race, destinata a dimostrare la fattibilità di un collegamento aereo diretto tra la California e le Hawaii. Come conseguenza intraprese il trasporto per via aerea dei suoi prodotti verso il continente americano, accorciando tempi di consegna e tagliando fuori dal mercato la Matson Navigation Company, compagnia di navigazione monopolista dei collegamenti tra l’arcipelago e gli Stati Uniti. Una volta stabiliti contatti con le maggiori compagnie aeree nordamericane, si inserì nel business del turismo di massa e della edilizia alberghiera alle Hawaii ed implementandolo anche finanziando film turistici per mostrare al pubblico statunitense le bellezze naturali e l’esotismo da cartolina dell’arcipelago, con protagonisti grandi divi dello schermo del periodo come Shirley Temple. La Grande Crisi del 1929 ebbe come conseguenza un rapido calo nel consumo di prodotti esotici come l’ananas in scatola, e poiché il frutto dell’ananas impiega due anni a raggiungere la piena maturità, all’inizio degli anni trenta la società si trovò impossibilitata ad ammortizzare l’enorme perdita di denaro. Rimosso dalla direzione della sua società nel dicembre 1932, Dole fu rimpiazzato da Atherton Richards. Nonostante ciò l’immenso potere economico e politico acquisito dalla Dole Fruit Company dentro e fuori le Hawaii non conobbe flessioni. A dimostrarlo è il fatto che dopo l’attacco giapponese a Pearl Harbor il 7 dicembre 1941, al contrario di quanto accaduto in California e in altri stati americani, i lavoratori giapponesi residenti alle Hawaii non furono mai internati in massa, perché la ditta era interessata a mantenere la produzione nelle proprie piantagioni al livello prebellico. Il governo federale ebbe persino difficoltà a mantenere in vigore la legge marziale per tutta la durata del conflitto, nonostante l’importanza strategica dell’arcipelago. James Drummond Dole si ritirò a vita privata nel 1948 a causa di crescenti problemi di salute. Morì per un attacco di cuore sull’isola di Maui il 20 maggio 1958. Il 21 agosto 1959 il Congresso degli Stati Uniti accolse le Hawaii come 50º stato federato nell’Unione, con giurisdizione su tutte le isole dell’arcipelago, tranne l’Atollo di Midway, soggetto a servitù militare sotto diretto controllo federale.

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    CHISSA' A QUALE DI QUESTI ALBERI CI IMPICCHERANNO?

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