Il fez o tarbusc o tachia che dir si voglia, è un semplice copricapo di feltro rosso di altezza variabile secondo i luoghi e le epoche. Diffusissimo tra le popolazioni islamiche, entrò nell’ immaginario popolare all’ alba del colonialismo italiano, quando il Regio Esercito prese in carico le pre-esistenti milizie mercenarie indigene, chiamate “Basci-Bazuk” o “teste matte”. In poco tempo la disciplina e lo spirito di corpo ne fecero un efficiente strumento militare. Erano nati gli Ascari! Per le popolazioni locali, vestire l’ uniforme era uno strumento di affermazione sociale e il caratteristico copricapo era uno status symbol ambito, sinonimo di obbedienza, fedeltà e valor militare. Inevitabilmente nel corso degli anni questo copricapo, travalicò l’ ambito militare e si diffuse presso le più svariate categorie nella società indigena del corno d’ Africa indipendentemente da religioni ed etnie. Oltre a militari e forze dell’ ordine lo si vide in testa praticamente a chiunque avesse una anche minima responsabilità o mansione di fiducia. Addirittura i giovanissimi strilloni dei giornali, che espletavano il loro lavoro nelle città e nei villaggi dell’ A.O.I. negli anni ’30 e ’40 indossavano il fez, a volte attraversato da un nastro col nome del quotidiano, a imitazione degli Ascari della Regia Marina. Si vedano le due immagini accluse. La foto raffigura lo strillone del “CORRIERE SUDETIOPICO” nell’ atto di vendere un giornale a un Dubat somalo durante la guerra d’ Abissinia. Il disegno ritrae invece gli strilloni della “ DOMENICA DEL CORRIERE” all’ Asmara nel 1939.
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