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Discussione: Un Corelli senza mandolino...

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    Un Corelli senza mandolino...

    La vicenda della battaglia legale portata avanti in Federcalcio dal presidente Claudio Lotito, per vedersi riconosciuto dopo oltre cento anni, lo scudetto negato alla compagine romana a causa dell’ entrata dell’ Italia in guerra nel 1915, è piuttosto conosciuta. In poche parole la Lazio, squadra di grandi possibilità tecniche, che era giunta a battersi per lo scudetto già negli anni 1913 e 1914, non potè disputare la finale nazionale del 1915 che non si tenne mai, a causa del sopravvenuto stato di guerra e la mobilitazione di gran parte dei suoi atleti. Vale la pena di ricordare che a quel tempo il campionato italiano era giocato in due distinti gironi: quello del nord e quello del centro-sud. Pur essendo la Lazio in testa nel girone del centro-sud, le autorità federali assegnarono a tavolino il titolo al Genoa, capolista del girone settentrionale. Grande fu la delusione fra i giocatori, per la mancata disputa di quella finale. Ciononostante, consapevoli dei loro doveri di italiani dinanzi al grave momento della Patria, lasciarono la casacca azzurra e indossarono il grigioverde, combattendo e morendo nelle trincee. Un indizio di come gli atleti biancazzurri affrontassero quella dura (e per loro nuova) realtà ce lo lascia intravedere la narrazione di una “ultima cena” organizzata in una rinomata osteria della Capitale dai tesserati della Lazio Calcio mobilitati, la sera prima di partire per le rispettive destinazioni. I convenuti, che forse si aspettavano una spensierata occasione conviviale, trovarono con loro grande sorpresa il locale decorato da appariscenti corone funebri, recanti i loro nomi. Persino tovaglia e tovaglioli erano listati a lutto! L’ iniziativa goliardica, seppur di gusto discutibile, era stata architettata da uno di loro, Corrado Corelli, con la complicità del gestore del locale, sfegatato tifoso biancoceleste. Dopo gli inevitabili sfottò e la rincorsa generale a toccar mazzi di chiavi, cornetti di corallo e quant’ altro di benaugurante fosse a portata di mano, la cena fra compagni di squadra andò avanti in allegria sino a notte inoltrata quando, in una Roma deserta, le future reclute il cui tasso alcolico doveva essere ormai fuori controllo – sempre su istigazione del Corelli – si tuffarono in una fontana, come a trovare in quel “battesimo laico” la speranza di sopravvivere alla tempesta che già da un anno insanguinava l’ Europa, ed ora aveva coinvolto anche il nostro paese. Alcuni di loro, effettivamente, sopravvissero. In occasione delle celebrazioni per il centenario della Grande Guerra il sito Laziowiki ha rintracciato i nomi di oltre un centinaio tra dirigenti e tesserati nelle varie sezioni della Polisportiva Lazio (football, atletica, ginnastica, istruzione premilitare, nuoto, podismo, scherma, tamburello, tennis da tavolo, tiro a segno, water-polo), che prestarono servizio nelle FF.AA. italiane tra il 1915 e il 1918. Un aggiornato albo d’ oro dei combattenti caduti, feriti e decorati, nonché biografie dettagliate di molti di loro è stato raccolto attingendo ad archivi civili e militari, alla stampa dell’ epoca, alle testimonianze dei familiari e pubblicato dai curatori del sito nel libro “Dal Tevere al Piave, 1915-1918”. Conviene dunque esaminare in dettaglio le vicende di questo capitano Corelli, che non aveva decisamente nulla in comune col suo omonimo cinematografico, neanche il mandolino, cui con tutta evidenza preferiva il pallone.
    Corrado Corelli (chiamato dai tifosi Corelli I per distinguerlo dal fratello Corelli II, anch’ egli calciatore), nacque a Roma il 19 agosto del 1884. Fu tesserato dalla Lazio insieme al fratello Filiberto nel 1908, su iniziativa di Sante Ancherani. Nel mese di giugno di quello stesso anno partecipò con la Lazio al Torneo di Pisa, che vide trionfare i biancocelesti vincendo tre partite nello stesso giorno: un evento diventato leggenda. Giocò nel ruolo di ala dal 1908 al 1921, con la sola parentesi dei quattro anni del conflitto. Fu tra i protagonisti della stagione calcistica 1915, che come sappiamo si interruppe bruscamente, fu chiamato alle armi col grado di sottotenente. In seguitofu promosso tenente e poi nel 1918 divenne capitano. Ufficiale di fanteria, combattè in prima linea per tutta la durata della guerra dimostrando una notevole attitudine al comando. Pluridecorato, per il suo eroismo fu insignito di una M.A.V.M. e due M.B.V.M. ottenute in differenti fatti d’ arme. Tornato alla vita civile assecondò le sue tendenze artistiche, divenendo uno scultore rinomato. Durante la seconda guerra mondiale, fu di nuovo richiamato in servizio e aggregato all’ ARMIR col grado di maggiore, prestò servizio sulle tradotte ferroviarie da e per il fronte russo. Sopravvissuto alla grande ritirata del gennaio 1943, tornò a Roma. Morì il 18 agosto 1968.


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    Fotografie e motivazioni delle decorazioni al Valor Militare accluse al testo sono tratte dal summenzionato libro: “Dal Tevere al Piave, 1915-1918”.
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